Religioni / Dalla semplice tolleranza all’autentica fratellanza

L’Osservatore Romano

Uno strumento da studiare, approfondire e diffondere, fondamentale per passare dalla semplice tolleranza alla vera collaborazione tra fedeli di differenti religioni impegnati nella promozione di una coesistenza pacifica: così il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot ha definito il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato nella capitale degli Emirati Arabi Uniti da Papa Francesco e dal Grande imam di Al-Azhar nel febbraio 2019.
Il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ne ha parlato a Ginevra giovedì 27 febbraio, durante un evento di alto livello sulla libertà religiosa, che si inserisce nella cornice della sessione del Consiglio dei diritti dell’uomo in corso dal 24 febbraio al 20 marzo. Organizzato dalla missione permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate, in collaborazione con la delegazione emiratina, l’incontro nella città svizzera ha avuto per tema la cosiddetta “Dichiarazione di Abu Dhabi” e il ruolo del dialogo interreligioso per il godimento universale del diritto alla libertà di religione o di credo. Le conclusioni dei lavori — cui sono intervenuti anche relatori musulmani — sono state affidate all’osservatore permanente della Santa Sede, il nunzio apostolico Ivan Jurkovič. Il Documento — ha esordito il cardinale Ayuso Guixot — è «una pietra miliare sulla strada del dialogo interreligioso» che indica dove «siamo arrivati insieme», ma è anche «un punto di partenza» per «lavorare quotidianamente insieme per il bene comune e contribuire, come credenti, insieme alle persone di buona volontà, a guarire il nostro mondo ferito». Infatti, ha spiegato, il concetto di fratellanza «implica inclusione non solo nel mio gruppo, comunità, cultura, religione, ma di tutti come fratello o sorella. Vivere in fraternità diventa la dinamica con la quale superiamo le differenze e costruiamo ponti di convivenza».
Il missionario comboniano ha poi osservato come davanti ai tanti ostacoli, scontri, pregiudizi e conflitti la Dichiarazione inviti «a superare ogni difficoltà rimanendo sempre radicati nella nostra identità, evitando qualsiasi tipo di sincretismo». Ecco allora la succitata necessità «di passare dalla semplice tolleranza alla convivenza fraterna, condannando chiaramente le conversioni forzate a una particolare religione o cultura, o a uno stile di civiltà contrari al background di origine». E in tale contesto si inserisce la tematica della libertà religiosa, da considerarsi «non come una questione politica o ideologica. Piuttosto — ha chiarito — la preoccupazione principale dovrebbe essere la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e inalienabili date dal Creatore a ciascuna persona, promuovendo società inclusive, in cui le credenze e pratiche religiose possano essere espresse apertamente e senza risposte punitive».
Anche perché ad Abu Dhabi il Pontefice e il leader sunnita, sottoscrivendo il Documento, hanno denunciato con coraggio qualsiasi attacco alla libertà di religione originato da ostilità ed estremismi. Si tratta infatti di una deviazione dagli insegnamenti religiosi, attraverso il ricorso alla manipolazione politica e a interpretazioni fatte da gruppi che, nel corso della storia, hanno sfruttato il potere del sentimento religioso nel cuore di uomini e donne per farli agire in un modo che non ha nulla a che fare con le verità della fede.
Ne è seguito un accorato appello a non «strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco», e a smettere di utilizzare «il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione», dato che «Dio non ha creato uomini e donne perché siano uccisi o si scontrino tra loro, e neppure perché vengano torturati o umiliati».
Con lo sguardo rivolto all’odierna società globalizzata, ha fatto notare il porporato, la Dichiarazione mette nero su bianco che «non può esserci riconciliazione tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud a meno che non iniziamo da un punto comune: la condanna e il rifiuto di qualsiasi tipo di violenza o guerra come una soluzione alle differenze». Da qui l’auspicio che vengano posti in atto «sforzi concreti per l’integrazione e l’armonia» senza le quali i conflitti sono destinati a perseverare.
Spostando poi l’attenzione su un altro passaggio del Documento, il porporato ha individuato nelle società secolarizzate un ulteriore pericolo per la libertà religiosa. «Sono — ha spiegato — le minacce portate da una coscienza umana desensibilizzata, da un allontanamento dai valori autentici e da un individualismo accompagnato da filosofie materialistiche che deificano la persona umana e introducono valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendentali. Insomma, è stata la denuncia, si è di fronte a un «materialismo antropologico», che «può potenzialmente minare la dignità umana, ignorando la natura spirituale della persona e portando a un ateismo pratico che non riesce a riconoscere e difendere i diritti spirituali, incluso quello alla coscienza».
Un altro punto chiave rilanciato dal presidente del dicastero vaticano riguarda la protezione dei luoghi di culto: sinagoghe, chiese e moschee. Ogni tentativo di attaccarli con assalti violenti, bombardamenti o distruzioni, è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni e una violazione del diritto internazionale.
Inoltre nel Documento si ravvisa la necessità di rafforzare il concetto di uguaglianza davanti alla legge basata sul principio di cittadinanza, indipendentemente da religione, razza o etnia. E questo anche nei luoghi in cui a un determinato credo viene accordato uno status costituzionale speciale. Del resto, ha ricordato il relatore, lo stesso Grande imam di Al-Azhar ha affermato proprio ad Abu Dhabi che non dovrebbero esserci differenze né distinzioni tra cristiani e musulmani in merito ai diritti e alla cittadinanza in nessun Paese.
Papa Francesco ritiene che la motivazione per il dialogo interreligioso sia l’impegno reciproco per la pace e la giustizia, ha concluso il cardinale. In effetti, esso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e quindi diventa un dovere per i cristiani e per altre comunità religiose. La promozione dell’amicizia come modello per il dialogo interreligioso rivela ciò che il Pontefice chiama «cultura dell’incontro», chiedendo una disponibilità ad ascoltare e collaborare per il bene dell’umanità e per difendere il diritto alla libertà religiosa. I credenti sono chiamati a offrire la loro collaborazione alle società in cui sono cittadini, invocando i loro valori comuni e le loro convinzioni più profonde riguardo al carattere sacro e inviolabile della vita e della persona umana. Il credente coerente e credibile è perciò testimone e portatore di valori che possono contribuire notevolmente alla costruzione di una società più giusta.
L’Osservatore Romano, 28-29 febbraio 2020