Con una eccezionale liturgia durante la quale sono state venerate le reliquie che la tradizione attribuisce all’apostolo Pietro, alla presenza tra gli altri dei capi delle Chiese cattoliche orientali, si è concluso il secondo anno della fede. Lo aveva indetto Benedetto XVI per ricordare il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio (11 ottobre 1962) e a lui Papa Francesco ha voluto subito rivolgere – ancora una volta con un tratto di toccante delicatezza – un “pensiero pieno di affetto e di riconoscenza per questo dono che ci ha dato”, in un’omelia tanto semplice quanto efficace.
Proprio la memoria del martirio di Pietro e di Paolo, collocato nell’anno 67, aveva spinto Paolo VI a ideare per la prima volta un anno della fede, aperto il 29 giugno 1967 e concluso il 30 giugno 1968 con la professione del Credo del popolo di Dio, non molto tempo dopo la conclusione del Vaticano II. Era questo lo sfondo dell’iniziativa, perché – come osservò Papa Montini l’8 marzo 1967 – “se il concilio non tratta espressamente della fede, ne parla ad ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine”.
E le parole del Vaticano II sono state riprese da Papa Francesco quando ha detto che a Cristo, centro della storia e della vita di ogni uomo, “possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di cui è intessuta la nostra vita”. Infatti, “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” si legge all’inizio della Gaudium et spes.
Alla luce della fede – testimoniata dagli apostoli Pietro e Paolo e approfondita per il nostro tempo dal concilio Vaticano II – il vescovo di Roma ha voluto dunque rileggere l’anno trascorso come tempo opportuno e favorevole (kairòs, nel linguaggio delle Scritture cristiane) per riscoprire la bellezza di un cammino che per ogni fedele è iniziato con il battesimo e viene indicato a chi voglia avvicinarsi all’unico Signore. Ed è lui che viene incontro all’uomo e posa su ogni persona il suo sguardo, aveva spiegato Papa Francesco parlando ai catecumeni del desiderio di Dio.
Nella domenica conclusiva dell’anno liturgico che è dedicata alla meditazione su Cristo re dell’universo il vescovo di Roma ha spiegato con parole dense ed efficacissime il senso di questa signoria: che è centro della creazione, centro del popolo, centro della storia (e cioè della storia dell’umanità e della storia di ogni uomo, ha specificato). Centralità di Gesù Cristo che va riconosciuta e accolta “nei pensieri, nelle parole e nelle opere”, ha detto Papa Francesco che ha subito aggiunto che soltanto così pensieri, parole e opere saranno di Cristo.
La riflessione del Pontefice ha così interpellato la storia di ogni uomo. Per implorare, con le parole del buon ladrone, Gesù e il suo sguardo, e continuare il cammino.
g.m.v.
(©L’Osservatore Romano 25-26 novembre 2013)