Preti: conoscenza di sé e supervisione

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Sei parroco! Forse penserai: finalmente, forse sarai più perplesso. Oppure, dopo il primo incarico come parroco, ne inizierai un secondo in una nuova parrocchia.

Sono questi degli esempi di cambiamenti significativi nella vita di un prete che vengono vissuti in modo molto diverso: con entusiasmo, con trepidazione, con tristezza, con rabbia, con apatia, con vigore…

Ovviamente molto dipende dal contesto ma anche, e soprattutto, da come «funziona» ciascuno di noi. In realtà, nonostante la complessità della vita quotidiana e semplificando al massimo il concetto, per semplicità di esposizione, ciascuno di noi a situazioni simili reagisce in modo simile. A volte non ce ne accorgiamo perché o non siamo abituati a conoscerci in profondità o perché non riusciamo a riconoscere la somiglianza tra situazioni solo apparentemente diverse.

Il nostro modo di reagire, di relazionarci, potremmo dire di «funzionare» abitualmente può essere più o meno «sano», più o meno «libero», più o meno «virtuoso».

In che senso?

Se ogni volta che discuto con le catechiste, poi salgo in canonica e bevo o mangio oltremodo, oppure non dormo per due notti, oppure vado in ansia per diversi giorni forse non è probabilmente una reazione «sana». Se ogni volta che la sagrestana  mi chiede quale casula voglio indossare rispondo in modo altezzoso, forse non sono del tutto «libero» nel mio reagire. Se ogni sera riesco a ringraziare il Signore per la giornata trascorsa è probabilmente un modo «virtuoso» di agire.

Questi tre esempi banali, spero siano stati in grado sia di far intuire le diverse sfumature sia che, nella realtà, non è così facile cogliere le differenze.

Ecco la prima vera questione da affrontare: ciascuno di noi ha il diritto di essere aiutato a comprendere se ha necessità di rivolgersi al medico, allo psicologo, allo psichiatra, al formatore psicodinamico, al confessore, al padre spirituale o magari a due o più di queste figure. Mi permetto di aggiungere due dettagli: 1) credo che oltre il diritto, ciascuno di noi − proprio in un’ottica di fede − abbia anche il dovere di fare tutto il possibile per «funzionare» al meglio nel corpo, nell’anima, e nella mente; 2) da soli non ci si può veramente orientare per una vita spirituale, psicologica e fisica vissute in pienezza.

Dobbiamo dunque educarci a comprendere che abbiamo bisogno di persone preparate, ciascuno nel proprio ambito, che ci aiutino a conoscerci in profondità e ad orientarci per vivere al meglio del realisticamente possibile. Purtroppo confiniamo questo stile di crescita solo alle situazioni di «difficoltà» mentre in realtà questa dovrebbe essere considerata una soluzione possibile nella vita «ordinaria».

Noi preti siamo abituati all’idea che si debba studiare, tenersi aggiornati, pregare, fare gli esercizi spirituali ma facciamo una grande difficoltà ad accettare che sia necessario conoscersi profondamente per essere davvero uomini liberi.

C’è poi un secondo ambito estremamente interessante su cui riflettere e a cui desidero accennare seppur in modo velocissimo: le relazioni tra preti che lavorano nella stessa parrocchia, nella stessa equipe, nello stesso ufficio. Conoscere me stesso è fondamentale ma non è sufficiente. Quando si lavora insieme e si condividono responsabilità in contesti di aiuto, di pastorale, di curia è utile sapere che esiste un sostegno che è la supervisione. Non si tratta di un super esperto in questioni pastorali ma una persona preparata che riesca a mettere il gruppo di preti che lavorano insieme nella condizione di parlarsi con assertività, nel rispetto del proprio e dell’altrui modo di «funzionare» e della propria Storia con l’obiettivo di conoscersi non più solo come singola persona ma come presbiterio, come equipe.

Immagino che molti, giunti al termine di questa breve riflessioni siano perplessi: benissimo! Cogliere questo disagio potrebbe già essere una buona motivazione per approfondire il discorso con le persone di cui maggiormente ci si fida!

Marco Vitale, presbitero della Diocesi di Roma, è formatore e guida di esercizi spirituali ignaziani (marcovitale.pvt@gmail.com). Fa parte della redazione della rivista Presbyteri.

in settimananews

Conte: al Colle per le dimissioni Premier, l’azione di questo governo qui si arresta

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(ANSA) – ROMA, 20 AGO – “Alla fine di questo dibattito mi recherò dal presidente della Repubblica per dimettermi”. Lo ha detto il premier, Giuseppe Conte, intervenendo nell’Aula del Senato. “La crisi in atto compromette l’azione di questo governo che qui si arresta”, ha sottolineato durante il suo discorso.
“Ora il presidente della Repubblica – ha aggiunto – guiderà il Paese in questo passaggio delicato. Colgo l’occasione per ringraziarlo per il sostegno che mi ha dato”.

Conte: incosciente uso simboli religiosi. Salvini bacia il rosario in Senato mentre il premier parla

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“Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare di accostare agli slogan politici i simboli religiosi. Sono episodi di incoscienza religiosa che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e di oscurare il principio di laicità alla base dello Stato moderno”. Lo afferma il premier Giuseppe Conte nel corso delle comunicazioni al Senato. Durante il discorso del premier in Aula, il vicepremier ha baciato ripetutamente un rosario bianco. Il ministro degli Interni era seduto proprio accanto al presidente del Consiglio.

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Conte ha rassegnato le dimissioni. Consultazioni al Quirinale domani alle 16

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questa sera al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Avv. Giuseppe Conte, il quale ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica ha preso atto delle dimissioni e ha invitato il Governo a curare il disbrigo degli affari correnti. Le consultazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella inizieranno domani alle 16 al Quirinale.

Il premier è salito al Colle dopo la lunga giornata in Senato senza rilasciare dichiarazioni. Il premier all’uscita da Palazzo Madama e’ stato salutato da una cinquantina di persone con uno striscione che lo acclamano urlando “Conte, Conte” e “Presidente, Presidente”. “Nessun problema, se ti manca il coraggio sul piano politico” di assumersi la responsabilità della crisi “non c’è problema, me l’assumo io. Questa è la conclusione, unica, obbligata, trasparente. Vi ringrazio tanto, io vado dal presidente della Repubblica”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte concludendo la sua replica al Senato. “Prendo atto che al leader della Lega Matteo Salvini – ha aggiunto – manca il coraggio di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti. E’ evidente che la responsabilità della crisi porta visibile la sua firma”. “Non possiamo, se amiamo le istituzioni e i cittadini, affidarci a espedienti, tatticismi, giravolte verbali che faccio fatica a comprendere. Io apprezzo la coerenza logica e la linearità d’azione. Se c’è mancanza di coraggio, non vi preoccupate, me ne assumo io la responsabilità”. Lo afferma il premier Giuseppe Conte nella replica al dibattito in Aula al Senato soffermandosi sul ritiro della mozione di sfiducia da parte della Lega.

Conte si dimette. “C’è bisogno di politica con la p maiuscola”

“Questo governo si arresta ma c’è ancora molto da lavorare”. Il premier parla nell’aula del Senato e richiama gli impegni per il futuro dell’Italia: dai giovani alla coesione sociale, dallo sviluppo sostenibile alle famiglie con persone disabili

ROMA – “Mi recherò alla fine del dibattito parlamentare dal presidente della Repubblica per comunicare la fine di questa esperienza di governo e per rassegnare nelle sue mani le mie dimissioni da presidente del Consiglio”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, nelle sue comunicazioni al Senato in merito alla crisi di Governo. Ringraziando il capo dello Stato, il premier ha ribadito che “il presidente della Repubblica, supremo garante degli equilibri costituzionali, guiderà il Paese in questo delicato passaggio istituzionale”.

Questo governo qui si arresta ma c’è ancora molto da lavorare. C’è bisogno di politica con la p maiuscola”, sottolinea il premier, che significa “capacità di progettare il futuro: un futuro che guarda ai giovani, alla coesione sociale, allo sviluppo sostenibile, all’inclusione sociale”.

“Occorre lavorare per offrire ai nostri giovani giuste opportunità di vita personale e professionale. Ogni giovane che parte e non ritorna è una sconfitta per il futuro del nostro Paese; se non riusciremo a trattenerli, esporremo l’Italia a un destino di inesorabile declino”, prosegue. E ancora: “Le scuole devono diventare laboratori di apprendimento dove il come imparare deve essere più importante di cosa imparare”. Per Conte occorre “orientare tutto il sistema di formazione verso lecompetenze digitali che saranno sempre più richieste anche nel mercato del lavoro” e “potenziare la ricerca realizzando un sistema di coordinamento più efficace tra università ed enti anche attraverso un’Agenzia nazionale”.  Occorre “proseguire nelle politiche di inclusione sociale per recuperare al circuito lavorativo le fasce della popolazione attualmente emarginate. Ce lo impone la Costituzione”.  Un passaggio del suo discorso Conte lo riserva alle famiglie delle persone con disabilità. “Non possono rimanere abbandonate a se stesse. Occorre procedere con la massima sensibilità politica per lenire questo disagio personale, familiare e sociale”.

E anche rispetto al progetto di autonomia differenziata “che andrà doverosamente completata” il premier ribadisce la necessità di non  sacrificare i principi di solidarietà sociale e coesione nazionale. “E’ necessario varare un piano di rilancio del Sud che contenga un più organico progetto di valorizzazione degli investimenti e di incremento dell’occupazione anche nelle aree più disagiate del Paese”.

L’Italia che Conte immagina dovrà essere leader nel campo dei nuovi modelli economici eco-sostenibili. “In Europa già ci distinguiamo per l’utilizzo delle energie rinnovabili; – spiega – dobbiamo puntare all’utilizzo delle tecniche scientifiche più innovative e sofisticate per consolidare questo primato. Abbiamo già progetti all’avanguardia – pensate – nello sfruttamento dell’energia derivante dai moti ondosi. Possiamo sfruttare nuove tecniche di produzione in base alla cosiddetta biomimesi. L’obiettivo da perseguire deve essere un’efficace transizione ecologica in modo da pervenire a una articolata politica industriale che, senza scadere per carità nel dirigismo economico, possa gradualmente orientare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto”.  Conte guarda a “un nuovo modello di crescita, non più economicistico. Dobbiamo incentivare le prassi delle imprese socialmente responsabili, che permetteranno di rendere il nostro tessuto produttivo sempre più competitivo anche nel mercato globale. Confido che la cabina di regia “Benessere Italia”, che ho da poco istituita, possa tornare ben utile a questi scopi, anche in futuro”.

Il discorso di premier tocca anche il tema dell’Europa. “Abbiamo bisogno di un’Europa più sostenibile, più solidale, più inclusiva, soprattutto più vicina ai cittadini, che mostri considerazione anche per coloro che abitano le numerose periferie (e non parlo solo di quelle geografiche). – dice – Occorre lavorare per rafforzare i diritti delle donne, per affrontare le nuove questioni sociali e per riconoscere nuovi diritti, ai quali l’ordinamento europeo deve offrire tutela e protezione grazie al suo raffinato sistema di tutela multilivello, che – credetemi – è unico al mondo per intensità, per completezza”.

Da Salvini “scarsa sensibilità istituzionale e grave carenza di cultura costituzionale” oltre a “opportunismo politico”. E’ l’attacco del premier al leader della Lega. “Far votare i cittadini è l’essenza della democrazia, sollecitarli a votare ogni anno è irresponsabile”, aggiunge il premier Conte. “La decisione della Lega la reputo grave. Il disegno riformatore viene interrotto”, Salvini ha violato “il solenne impegno sottoscritto nel contratto di governo”. E’ “altamente probabile il rischio di esercizio provvisorio”. “Palesemente contraddittorio – aggiunge il premier – appare il comportamento della Lega che dopo aver presentato la mozione di sfiducia in Parlamento al governo non ritiri i propri ministri”. “Caro Matteo – continua Conte – pieni poteri per governare il paese e invocare le piazze a tuo sostegno, questa concezione mi preoccupa”.

Poi la “vicenda russa”. “Merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale. – attacca ancora il premier – Presentandoti in Parlamento invece di negarti avresti evitato di mandare il presidente del Consiglio al tuo posto rifiutandoti per giunta di condividere con lui le informazioni di cui sei in possesso”. Il ministro Matteo Salvini indica i banchi del Pd che applaudono il premier Conte e fa un gesto congiungendo indice e pollice come a dire ‘tutto torna’. Poi, Conte si toglie un sassolino dalle scarpe: “Non te l’ho mai detto Matteo: accostare agli slogan politici i simboli religiosi sono comportamenti che non hanno nulla a che vedere con la libertà di coscienza religiosa, sono piuttosto episodi di incoscienza religiosa che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello stato moderno”. (DIRE – Rs)

L’intervento. Simone Cristicchi: l’umanità ascolti la musica dello spirito

Da lunedì 19 al 25 agosto ad Arcidosso (Grosseto) torna Narrastorie, il “Festival del Racconto di strada” ideato da Simone Cristicchi giunto alla sua quarta edizione. Si parte il 19 agosto con don Luigi Verdi, fondatore della comunità di Romena, seguito da Simone Cristicchi e Mogol. Il 20 agosto Luigi D’Elia narrerà don Lorenzo Milani conCammelli a Barbiana e Valentina Lodovini è protagonista di Tutta casa, letto e chiesa di Franca Rame e Dario Fo. Il 21 Moni Ovadia avràCarta bianca per riflessioni e letture mentre il monaco zen Pino Doden terrà una lezione sul sentiero spirituale buddhista. Il 22 è la volta di Andrea Rivera e dei suoi i suoi monologhi dal sapore tragicomico e del filosofo Marco Guzzi che rifletterà sulla gioia. Il 23 il teologo e sacerdote Guidalberto Bormolini indagherà “L’ingresso nel mistero”; il 24 Arisa in concerto mentre la scrittrice Claudia Cinquemani viaggerà tra le leggende della Maremma. Il festival chiude il 25 agosto; tra gli eventi in programma laboratori per bambini, la Santa Messa e il concerto della Corale di Buddusò.

Credo fermamente che per fondare un’idea di futuro, i tempi che viviamo necessitino di un’inversione di marcia, di un cambio di prospettiva capace di farci vedere la realtà con occhi nuovi, ristabilendo un ordine di priorità, fuori e dentro di noi: individuare quali sono le cose davvero importanti, le parole fondamentali che possano risvegliare la ‘scintilla di luce’ coperta dalla cenere della modernità. Ammettere il mutamento antropologico in atto, e provare ad attrezzarsi per affrontarlo con autocritica e sincerità, è un primo passo verso quell’equilibrio salvifico, in grado di trasmutarci in altre forme, migliori.

Soltanto attraverso un equilibrio tra spirito e materia l’essere umano può continuare ad evolversi! Sacro per me è tutto ciò che reca in sé una scintilla di mistero. Un albero è sacro, come il verso di un poeta. La nascita di un bambino, come sala di terapia intensiva, che è uno dei luoghi più sacri e misteriosi che abbia mai visitato. Anche l’ispirazione creatrice ha qualcosa di inafferrabile: non sappiamo da dove arrivi, se sia un segno dall’Infinito o il frutto di uno sguardo acuto, poetico sulla realtà. Il vero artista può divenire un’antenna capace di captare questi segnali, è il ‘creatore’ per eccellenza, e da sempre questo lo avvicina alla dimensione del sacro.

La Chiesa conosce bene il valore e la potenza dell’arte, come medium col mondo dello Spirito. Nel discorso agli artisti papa Paolo VI si esprime così: «E se Noi mancassimo del vostro ausilio, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto…». Un anno fa, nel monastero di Decani in Kosovo ho assistito per la prima volta alla liturgia ortodossa, restando incantato dal coro dei monaci nella supplica a santo re Stefano: le voci baritonali si intrecciavano in contrappunti creando un effetto simile al sorround,stimolando emozioni fortissime, capaci di trasportarti in una dimensione trascendente. Esiste una nutrita schiera di artisti famosi – da Björk e Brian May – che giungono a Decani da tutto il mondo per assistere a quell’esecuzione liturgica. Nelle parrocchia che frequentavo da bambino ci si arrangiava suonando una chitarra scordata. La Chiesa dovrebbe vietarlo.

La musica “alta” è espressione dello Spirito Lo è per sua natura. E non intendo certe nenie New age per la meditazione, ma la musica strumentale e sperimentale, la classica e quella corale, hanno in loro quel caleidoscopio sonoro capace di trasportarci altrove. La musica è un rapporto delicato tra anima e vibrazioni, che in determinati momenti e contingenze vanno a toccare delle corde profonde in grado di elevare lo spirito. Oggi è molto raro che ciò accada: siamo costretti a subire un ascolto violento di musica scadente, pressoché ovunque, dai supermercati ai ristoranti. Siamo assediati da una mediocrità musicale senza precedenti. Dall’altro fronte, per quanto riguarda il rapporto tra ‘forma canzone’ e sacro, alcuni album di Franco Battiato raggiungono vette inarrivabili. Basti ascoltare il brano L’ombra della luce, una preghiera universale e senza tempo.

Il valore della narrazione Credo che la parola narrata abbia un fascino immortale: dalla veglia contadina all’odierno teatro di narrazione, è la celebrazione perfetta dell’incontro tra l’umano e l’invisibile. Il poeta in particolare, diventa sacerdos quando riesce nell’intento di toccare l’anima di chi lo ascolta, quando riesce a influenzare la materia con lo spirito emesso attraverso la parola. Il teatro stesso realizza da sempre questo sortilegio. Il festival Narrastorie propone un teatro controcorrente, che punta all’essenziale, a un rapporto diretto tra narratore e spettatore. Quest’anno il tema è ‘Spirito e Materia’, e prevede incontri pomeridiani dedicati ai grandi temi della spiritualità: da don Luigi Verdi, fondatore della Fraternità di Romena; a Guidalberto Bormolini, dei Ricostruttori nella preghiera; fino al grande filosofo e poeta Marco Guzzi, ideatore dei Gruppi Darsi Pace. Ci sarà spazio anche per una lezione sulla via dello Zen, con il monaco Pino Doden Palumbo e il racconto della vita di don Lorenzo Milani, con Luigi D’Elia.

«Tornare umani» è il monito di don Verdi Ma per tornare umani il primo passo è riprendere un ritmo di vita più sopportabile, con spazi di silenzio e attenzione. Se non rallentiamo, è impossibile accorgerci della trasformazione in atto. Attenzione vuol dire essere presenti a se stessi, non lasciarsi addormentare, ma anche uscire fuori da sé e prendersi cura di ciò che c’è fuori dal nostro ego. Il teatro e l’arte possono essere strumenti indispensabili per guardare la realtà con occhi diversi, sperimentare il qui e ora, per interrogare i propri limiti e porsi le domande fondamentali. Oggi che il virtuale ha quasi sostituito il reale, sono rimasti pochissimi i luoghi dove una comunità si possa ritrovare davanti a uno specchio: una di queste isole dove tornare a respirare è proprio il teatro, e dobbiamo averne cura. Un’altra parola chiave per ritrovare la propria umanità è ‘umiltà’: viene da humus e significa terra fertile: siamo umili quando torniamo ad essere dei campi arati, pronti e disponibili a ricevere i semi di bellezza e conoscenza che tutti ci sono donare. Nell’antica Grecia la politica interpellava i filosofi per capire come rendere i cittadini più felici: sembra incredibile! Quanto di più lontano dall’abbaiare sguaiato e continuo di oggi, che serve solo a confondere le acque e le anime. Il politico un tempo era un autentico ‘costruttore di felicità’, affidandosi alla parola dei saggi: il politico era innanzitutto una persona umile. Questo mi pone un dubbio terrificante: la politica ci rende davvero delle persone felici? Ma soprattutto: anche volendoli cercare, dove sono i maestri?

Si è felici nell’accoglienza L’uomo ha smesso di guardarsi dentro, e fa un’enorme fatica a scrollarsi di dosso quegli istinti primitivi che sembrano aver preso piede anche in un mondo ipertecnologizzato. Il tema dell’accoglienza dicono sia spinoso, quando dovrebbe essere la base della nostra civiltà, un cardine dell’essere umano: trovo un’aberrazione persino il fatto che se ne discuta, dai salottini comodi della sinistra, alla propaganda di bassissimo livello dell’altra sponda. È ovvio che servano delle regole condivise e che ognuno debba fare la sua parte, ma al di là di questo, non si dovrebbe dimenticare il grande filosofo Kierkegaard, quando ci ricorda che «la felicità è una porta che si apre dall’interno: per aprirla bisogna umilmente fare un passo indietro ». Oggi invece trionfano chiusura, arroganza, grettezza e mancanza di umiltà. La vera felicità è condivisione, è passare dall’unisono all’uni-siamo: è rendersi conto che ognuno di noi viene al mondo per dare alla luce se stesso, portare quella luce a tutti gli altri, e tutti insieme illuminare il mondo. A Subiaco, nella grotta dove si ritirò san Benedetto, c’è questa questa bellissima scritta in latino: « Non nisi in obscura sidera nocte micant ». Soltanto nella notte oscura, brillano le stelle. Bisogna ritagliarci un piccolo frammento di libertà e di resistenza all’omologazione – e il festival Narrastorie è anche questo – qualcosa che ci permetta di diventare frammenti di luce, tante scintille di consapevolezza, tante piccole stelle che insieme tornano a illuminare il cielo. Non abbiamo bisogno di urla, ma Non servono schiaffi, ma carezze. Credo che quando la barbarie sembra la normalità, la tenerezza è l’unica rivoluzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Per fondare un’idea di futuro occorre vedere la realtà con occhi nuovi, ristabilire le priorità fuori e dentro di noi». Il cantautore Simone Cristicchi parla di arte, società e senso del sacro, temi al centro della nuova edizione del suo “Narrastorie” Il cantautore Simone Cristicchi / Ambra Vernuccio

Avvenire

Scuola. Salta la pubblicazione in Gazzetta, l’educazione civica slitta al 2020

È l’educazione civica la prima vittima della crisi di governo, che ancora non è stata dichiarata ma potrebbe essere ufficializzata martedì. In questo agosto ad alta tensione, tra una dichiarazione e una smentita, un comizio e un’intervista, nei corridoi del Parlamento si è persa la legge 1264 “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”, approvata in via definitiva dal Senato lo scorso 1° agosto, ma non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

E proprio qui sta il problema. Secondo il primo comma dell’articolo 2 della legge in questione, «l’insegnamento trasversale dell’educazione civica» è introdotto «a decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge». Prevista quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Che, per far sì che la materia fosse introdotta già dall’anno scolastico 2019-2020 – come annunciato dallo stesso ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che un minuto dopo l’approvazione parlava di «giornata storica per la scuola italiana» – doveva avvenire entro il 16 agosto. In questo modo, l’entrata in vigore sarebbe caduta entro il 31 agosto, giorno di chiusura dell’anno scolastico 2018-2019. E, quindi, l’anno scolastico successivo sarebbe stato il 2019-2020, che avrà inizio il 1° settembre. La mancata pubblicazione entro il termine di metà agosto, invece, farà giocoforza slittare l’entrata in vigore (quando sarà), dopo il 1° settembre e, quindi, già nel nuovo anno scolastico. Di conseguenza, l’anno scolastico successivo all’entrata in vigore della legge, sarà il 2020-2021.

Un bel pasticcio, insomma, per una riforma, presentata come la cura del malessere che, da troppo tempo, si respira nella scuola – sfociato anche in bullismo e aggressioni ad insegnanti – rimasta, invece, impantanata in Parlamento.

«Comunque vada a finire, siamo di fronte all’ennesima occasione persa», commenta, amaramente, la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi. Che, all’indomani dell’approvazione della legge, ne aveva già segnalato le criticità. Come, per esempio, la mancata attribuzione di un monte ore aggiuntivo per realizzare le 33 ore annue di educazione civica previste dalla norma, «da svolgersi – recita, in proposito, il comma 3 dell’articolo 2 – nell’ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti». In altri termini, sottolineava Gissi, si «pone inevitabilmente a carico delle istituzioni scolastiche il compito di far quadrare i conti nella programmazione annuale dell’attività».

Il limbo in cui è finita la legge, a giudizio della leader sindacale, potrebbe allora essere utilmente impiegato per porre mano a questa e altre criticità della riforma. Come, per esempio, la mancata indicazione di un docente specifico per insegnare la nuova materia, affidata «in contitolarità» a più professori, che fanno riferimento a un non meglio specificato collega «con compiti di coordinamento».

Il tutto, altro punto dolente segnalato dal sindacato, senza «incrementi o modifiche dell’organico, né ore di insegnamento eccedenti rispetto all’orario» e senza la previsione di «compensi, indennità, rimborsi di spese o altri emolumenti». Insomma, una riforma a costo zero, che lascia «molto perplessa» la segretaria Gissi. «Anche questa vicenda – conclude – dimostra che in tanti si cimentano con la scuola, ma senza avere la necessaria conoscenza della complessità delle questioni».

Tutte problematiche su cui il Ministero dell’Istruzione, sollecitato daAvvenire, non ha voluto prendere posizione. A partire dalla domanda principale: perché la legge non è stata pubblicata entro i termini previsti? «Non mi stupirei se si trattasse di distrazione o incuria», dice, laconicamente, Cristina Giachi, vicesindaca di Firenze e presidente della Commissione istruzione, politiche educative ed edilizia scolastica dell’Anci. L’Associazione dei Comuni italiani si era fatta promotrice di una proposta di legge di iniziativa popolare sull’educazione alla cittadinanza, sottoscritta da più di centomila cittadini, che aveva dato avvio all’iter parlamentare arrivato a conclusione il 1° agosto.

«La nostra proposta era più articolata e, alla fine, si è arrivati a questo compromesso – ricorda Giachi –. Questo slittamento potrebbe anche essere l’occasione per rimetterci mano, anche se non sono fiduciosa che ciò possa avvenire. Per il governo è stata soltanto una battaglia di bandiera senza la minima attenzione ai contenuti. E anche questo scivolone finale dimostra la scarsa cura che ha caratterizzato l’intera vicenda. L’ennesima occasione persa».

Il 2 agosto, all’indomani dell’approvazione della legge, Avvenire aveva salutato con favore il ripristino dell’Educazione civica a scuola

Avvenire

Collegio cardinalizio, ecco come “cambierà” nei prossimi mesi

Avvenire

Ieri ha compiuto 80 anni il porporato irlandese Sean Baptist Brady, arcivescovo di Armagh dal 1996 al 2014, creato cardinale da Benedetto XVI nel novembre 2007. Ordinato sacerdote a Roma nel 1964 Brady si è laureato in diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense nel 1967. Il suo primo incarico è stato quello di docente presso il St. Patrick’s college di Cavan, dal 1967 al 1980, quando è stato nominato vice rettore del Pontificio Collegio Irlandese a Roma. Nel 1987 è diventato rettore del medesimo Collegio, incarico che ha mantenuto fino al 1993, quando è ritornato in Irlanda per diventare parroco. Nel dicembre 1994 è stato nominato arcivescovo coadiutore di Armagh e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 febbraio 1995. Quando il cardinale Daly, il 1° ottobre 1996, ha presentato la rinuncia al governo pastorale, gli è succeduto come arcivescovo di Armagh e Primate di tutta l’Irlanda. Dall’ottobre 1996 al settembre 2014 è stato anche presidente della Conferenza episcopale irlandese.

Con gli 80 anni di Brady il numero dei cardinali elettori scende a 118 su 216 (di cui 72 creati da ciascuno degli ultimi tre Pontefici). Dei “votanti” 57 sono quelli creati da Francesco, 43 da Benedetto XVI e 18 da Giovanni Paolo II. Tra i votanti ci sono ora 50 europei (di cui 22 italiani), 21 latinoamericani, 12 nordamericani, 16 africani, 15 asiatici e 4 dell’Oceania. I curiali e quelli residenti a Roma sono 27 (tra cui 11 italiani), mentre i “religiosi” sono 23 (di cui 4 della congregazione salesiana, la più rappresentata; seguono con 2 ciascuna i gesuiti, i domenicani e gli spiritani). Dopo l’Italia le nazioni con più porporati sono gli Stati Uniti (9), Spagna (5) e poi Brasile, Francia, India e Polonia (4 ciascuno). Canada, Germania e Messico ne hanno 3, mentre ne contano 2 Argentina, Perù, Portogallo e Venezuela. L’Irlanda non ha più cardinali elettori.

Da qui a fine anno ci saranno altri quattro cardinali che supereranno gli 80 anni: l’africano Laurent Monsengwo Pasinya il 7 ottobre; il polacco Zenon Grocholewski l’11 ottobre; l’italiano Edoardo Menichelli il 14 ottobre; e l’indiano Telesphore Placidus Toppo il 15 ottobre. E saranno in quattro a farlo nel corso del prossimo anno: il libanese Bechara Boutros Rai il 25 febbraio; gli italiani Agostino Vallini il 17 aprile e Lorenzo Baldisseri il 29 settembre; lo statunitense Donald William Wuerl il 12 novembre.
Tenendo conto del limite di 120 cardinali votanti stabilito da Paolo VI e confermato (ma più volte superato) dai successori, a fine anno quindi ci saranno (almeno) sei “posti liberi” per un eventuale Concistoro (ma la data classica della solennità di Cristo Re, il 24 novembre, cade durante il viaggio in Thailandia e Giappone, tuttavia non ancora confermato ufficialmente), “posti liberi” che saliranno ad (almeno) dieci nel 2020.