A Napoli reparto chiuso per la festa del primario Il direttore della Asl sospende il primario e da lunedì comincerà l’ispezione

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Il reparto di Chirurgia Vascolare del nuovo Ospedale del Mare a Napoliè stato chiuso con dimissione di tutti i pazienti nella notte tra venerdì e sabato scorsi per consentire a medici e infermieri di partecipare alla festa organizzata in un locale a Pozzuoli dal neo primario per celebrare il nuovo incarico”. Lo denuncia il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, componente della commissione Sanità, affermando di aver ricevuto diverse segnalazioni in tal senso. “Ho contattato il direttore dell’Asl Napoli 1, Mario Forlenza, ed il direttore sanitario dell’Ospedale del Mare, Giuseppe Russo, per chiedere conferma sull’incredibile vicenda” aggiunge.

Dal canto suo, Forlenza annuncia di aver disposto “la sospensione del primario di Chirurgia Vascolare, Francesco Pignatelli, in attesa di ulteriori accertamenti”. “Lunedì formalizzerò il provvedimento” fa sapere. Spiega Borelli: “L’intero reparto si sarebbe organizzato tra ferie, turni, malattie, affinchè nessuno potesse mancare all’evento”.

Da lunedì comincerà un’ispezione nel Reparto di Unità operativa complessa di Chirurgia Vascolare dell’Ospedale del Mare a Napoli dopo la sospensione del primario. Lo annuncia il direttore generale della Asl Na1, Mario Forlenza, il quale ha sospeso – “per motivi cautelari con riferimento a notizie riferite da più parti” – il primario, dottor Francesco Pignatelli. La vicenda è relativa alla chiusura del reparto “con dimissione di tutti i pazienti nella notte tra venerdì e sabato scorsi per consentire a medici e infermieri di partecipare alla festa organizzata in un locale a Pozzuoli dal neo primario per celebrare il nuovo incarico” come denunciato dal consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli.

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Thailandia: 4 ragazzi sono fuori dalla grotta. Gli altri 8 ragazzi e l’allenatore fuori domani

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Quattro dei ragazzi intrappolati in Thailandia sono fuori dalla grotta di Tham Luang:  “Sono al sicuro e stanno abbastanza bene”, riferisce un capo della polizia locale all’inviato della tv britannica Itv.  Gli altri otto ragazzi e l’allenatore ancora all’interno della grotta Tham Luang – ha dichiarato il governatore Narongsak Osatanakorn, responsabile delle operazioni di soccorso – saranno riportati all’estero tra 10-20 ore per motivi logistici e una necessaria preparazione dell’equipaggiamento.

 

Le ambulanze con i primi due ragazzi usciti in superficie hanno lasciato il campo base all’entrata della grotta Tham Luang per dirigersi verso gli elicotteri in stand by in un prato lì vicino. I ragazzi saranno trasferiti in un ospedale di Chiang Rai, a circa 60 chilometri. VIDEO

 

Sono iniziate da alcune ore le operazioni per far uscire i 12 ragazzi e il loro coach intrappolati nella grotta.

Sia i giovani che le famiglie sono state avvisate dell’inizio del recupero. Sarà recuperata una persona per volta. ‘Sono pronti fisicamente, e i loro cuori sono forti e determinati’ ha detto il governatore Narongsak Osatanakorn, che dirige le operazioni

LO SPECIALE – Corsa contro il tempo per salvare i ragazzi

Si immergono 2 sub per ciascuna persona costretta nella cava. Il pool, 13 divers stranieri e cinque Navy Seal thailandesi, è stato descritto come “un team di all-star”.

Il recupero ha avuto inizio alle 10 locali, le 5 in Italia. I primi non torneranno in superficie prima delle 21 locali (le 16 in Italia). Le operazioni potrebbero durare “un paio di giorni”, e sono dipendenti anche dal maltempo.

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F1: trionfo Ferrari al Gp di Silverstone, Vettel: “Vincere qui è fantastico”

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Trionfo Ferrari al gran premio di Silverstone, decima prova del mondiale di F1. Vince Sebastian Vettel, davanti a Lewis Hamilton e a Kimi Raikkonen, al termine di una gara entusiasmante. Vettel consolida il primo posto nella classifica mondiale.

E’ felice e non sta nella pelle Vettel dopo la vittoria. Non potrebbe essere altrimenti visto che il tedesco della Ferrari, oltre a espugnare il regno del suo rivale storico Lewis Hamilton, ha consolidato il primato nella classifica del mondiale. “Vincere qui è un sogno” dice Vettel dopo la gara, contento anche di aver superato, “forse anche per l’adrenalina”, i fastidiosi dolori al collo che ieri l’avevano costretto a interrompere in anticipo le terze libere per correre dal fisioterapista.

Turchia: treno deraglia nel Nord, almeno 10 morti e 73 feriti

Treno deraglia in Turchia (Fonte: Twitter) © Ansa

Un treno è deragliato a Tekyrdag, nel nord ovest della Turchia, causando almeno 10 morti e 73 feritii. Secondo i media locali ono deragliati sei vagoni su sette. Sul posto sono arrivate molte ambulanze.

Il convoglio, diretto da Edirne a Istanbul, era partito alle 15:45 locali con 362 persone a bordo. Secondo fonti del ministero dei Trasporti, i vagoni usciti dai binari sono 5 su 6. La zona dove si è verificato l’incidente appare molto fangosa a causa di recenti forti piogge. Secondo i media locali, la terra potrebbe essere franata per questo motivo. Le condizioni rendono inoltre difficoltose le operazioni di soccorso. Il presidente Recep Tayyip Erdogan e il premier Binali Yildirim sono costantemente informati della situazione dalle autorità locali e seguono la vicenda.

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A Manila il Genfest 2018: superare ogni confine

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“Ho sempre pensato che la guerra fosse lontana da me – mi sono reso conto, invece, che è molto più vicino di quanto pensassi. Sono Tommaso Sono cresciuto a Vicenza, una città nel nord Italia, dove ho vissuto una vita per lo più pacifica”. Così ha esordito Tommaso Carrieri sul palco del Genfest 2018 nel World Trade Center di Manila. E’ una delle testimonianze che vogliono trasmettere ai giovani, arrivati da tutto il mondo, il messaggio che è possibile vivere la fraternità anche con persone e gruppi diversi. Tommaso non fa parte del Movimento dei Focolari, ma condivide con le persone del Movimento la stessa speranza in un mondo unito e lo stesso impegno per la pace.

La testimonianza di fraternità di Tommaso

“Quando ero alle elementari ho avuto alcuni compagni di classe che provenivano da diversi Paesi. Ricordo che avevo un buon rapporto con loro, e soffrivo quando altri compagni di classe li prendevano in giro o li facevano sentire in disaccordo. Volevo fare qualcosa per fermare questo tipo di ingiustizie, ma non sapevo come. Nel 2014 sono andato in Giordania, in Medio Oriente, dove ho vissuto in prima persona le conseguenze della guerra. Ho visitato i campi profughi e ho interagito con persone provenienti dalla Siria e dall’Iraq che hanno dovuto fuggire dai loro paesi per salvare le loro vite. Questa esperienza ha cambiato la mia vita e la mia prospettiva del mondo. Mi sono sentito ispirato a tornare nel mio paese e creare consapevolezza sul non-senso della guerra.

Nasce l”associazione “Non dalla Guerra”

Tommaso è co-fondatore dell’associazione “Non dalla Guerra”, conseguenza di quella esperienza. Ai giovani che lo ascoltano spiega: “Il nostro obiettivo è educare le persone alla pace mostrando loro cos’è la guerra e avvicinando la guerra a persone privilegiate, come me, che non hanno sperimentato le sue atrocità. Raccontiamo alla nostra gente la realtà che abbiamo visto nei Paesi devastati dalla guerra e su come quei conflitti stanno distruggendo le società minando la speranza, la libertà e la possibilità di costruire un futuro migliore”.

Per noi non è abbastanza

“Non Dalla Guerra” ha attirato l’attenzione di migliaia di persone. Siamo stati in grado di portare il nostro messaggio a istituzioni importanti come il Parlamento europeo e abbiamo partecipato a conferenze in diversi paesi in tutto il mondo. Inoltre, ogni anno coinvolgiamo molti giovani a partecipare a progetti di volontariato in collaborazione con Caritas Jordan, la Caritas giordana. E vogliamo fare di più! Sentiamo di avere una responsabilità e questa responsabilità per noi ha un volto, una storia e il nome delle persone che abbiamo incontrato e che stanno ancora lottando a causa dell’assurdità della guerra”.

Il programma del Genfest continua

La prima giornata del Genfest a Manila prevede in serata un Festival musicale preparato dai giovani dell’Asia. Sabato e domenica workshops e forum su diversi temi e azioni concrete di solidarietà e cura dell’ambiente fatte dai giovani stessi, poi ancora testimonianze e un concerto di musica internazionale, mostre e percorsi interattivi e infine gli interventi di Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari con l’annuncio del luogo del prossimo Genfest 2024.

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Papa Francesco: non c’è alternativa alla pace in Medio Oriente

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Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Nella notte del “Medio oriente in agonia”, la pace si raggiunge con “la volontà reale di ascolto e dialogo”, non con “le tregue garantite da muri” e “le prove di forza”. Con queste parole, pronunciate sul sagrato della Basilica di San Nicola a conclusione della visita a Bari, Papa Francesco ribadisce che non c’è alternativa possibile alla pace. Auspicando che “l’’arte dell’incontro prevalga sulle strategie dello scontro”, il Pontefice esorta a trasformare “le urla di guerra in canti di pace”. (Ascolta il servizio, con la voce del Papa, sul discorso a conclusione della visita a Bari)

Per fare questo è essenziale che chi detiene il potere si ponga finalmente e decisamente al vero servizio della pace e non dei propri interessi. Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta alle occupazioni di terre che lacerano i popoli! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Medio Oriente per profitti estranei al Medio Oriente!

Guerra figlia del potere e della povertà

La guerra – aggiunge Francesco – è una piaga che colpisce soprattutto la povera gente:

Pensiamo alla martoriata Siria, in particolare alla provincia di Deraa. Lì sono ripresi aspri combattimenti che hanno provocato un ingente numero di sfollati, esposti a sofferenze terribili. La guerra è figlia del potere e della povertà. Si sconfigge rinunciando alle logiche di supremazia e sradicando la miseria. 

Tanti conflitti – spiega poi il Pontefice – “sono stati fomentati anche da forme di fondamentalismo e di fanatismo” ma “la violenza è sempre alimentata dalle armi”:

Non si può alzare la voce per parlare di pace mentre di nascosto si perseguono sfrenate corse al riarmo. È una gravissima responsabilità, che pesa sulla coscienza delle nazioni, in particolare di quelle più potenti. Non si dimentichi il secolo scorso, non si scordino le lezioni di Hiroshima e Nagasaki, non si trasformino le terre d’Oriente, dove è sorto il Verbo della pace, in buie distese di silenzio. Basta contrapposizioni ostinate, basta alla sete di guadagno, che non guarda in faccia a nessuno pur di accaparrare giacimenti di gas e combustibili, senza ritegno per la casa comune e senza scrupoli sul fatto che il mercato dell’energia detti la legge della convivenza tra i popoli!

La speranza ha il volto dei bambini

Per aprire sentieri di pace, il Papa chiede infine che siano tutelate anche le minoranze, che sia garantito il diritto alla comune cittadinanza. Anche i cristiani – sottolinea – sono “ cittadini a pieno titolo, con uguali diritti”. Volgendo lo sguardo a Gerusalemme, Francesco ribadisce poi che lo “status quo esige di essere rispettato secondo quanto deliberato dalla Comunità internazionale”. “Solo una soluzione negoziata tra Israeliani e Palestinesi – aggiunge il Papa – potrà condurre a una pace stabile e duratura, e garantire la coesistenza di due Stati per due popoli”. In Medio Oriente, dove “da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia”, la speranza – conclude Francesco – ha il volto dei bambini:

Gli occhi di troppi fanciulli hanno passato la maggior parte della vita a vedere macerie anziché scuole, a sentire il boato sordo di bombe anziché il chiasso festoso di giochi. L’umanità ascolti – vi prego – il grido dei bambini, la cui bocca proclama la gloria di Dio (cfr Sal 8,3). È asciugando le loro lacrime che il mondo ritroverà la dignità.

Dopo il pranzo all’arcivescovado, il congedo del Papa dai Patriarchi e, a seguire, dalle autorità locali. Prima di lasciare Bari per fare rientro in elicottero in Vaticano, Francesco ha visitato brevemente la cattedrale del capoluogo pugliese.

Contratti temporanei e riforma. Per battere la precarietà il primo passo è conoscerla

da Avvenire

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L’annuncio dell’imminente approvazione da parte del governo del cosiddetto Decreto Dignità ha riportato al centro del dibattito il tema del precariato. Convitato di pietra di ogni riflessione sul mercato del lavoro negli ultimi vent’anni, quella del precariato sembra essere una vera e propria ferita aperta per il nostro Paese. Ferita che rischia però di non essere compresa a fondo e, soprattutto, di non essere esaminata e riconosciuta con le lenti giuste, alla luce dei cambiamenti che il lavoro sta sperimentando.

Al di là dei giudizi sui singoli contenuti del decreto è importante provare a delineare le diverse sfaccettature che il tema del precariato oggi può assumere. La tentazione di ridurre tutto a una dimensione formalistica, fatta di leggi e contratti, è sempre in agguato. Tanto che oggi sembra essere pacifica l’equiparazione tra precarietà e contratti di lavoro temporanei, siano essi a tempo determinato o in somministrazione. Tutto ciò che non ha durata indeterminata sarebbe quindi causa di precarietà, ossia di quel senso di instabilità che si prova a non avere una prospettiva certa del futuro. E questo avrebbe conseguenze molto concrete come il ritardo nella costituzione di una famiglia o la difficoltà di ottenere un mutuo. Presentata in questi termini la questione sembrerebbe chiara, e si renderebbe necessario e perfino urgente un intervento che si concentri soprattutto nel limitare l’utilizzo di quei contratti temporanei che la genererebbero. Ma questa lettura rischierebbe di essere parziale. Se è vero, infatti, che è riscontrabile in diversi casi una coincidenza tra breve durata e precarietà, questo avviene soprattutto in quei casi in cui le imprese utilizzano i contratti di lavoro temporaneo con logiche opportunistiche che scaricano il rischio sui lavoratori. Al contrario vi sono molti casi in cui la temporaneità del contratto è determinata, soprattutto nelle imprese più avanzate e innovative, dal posizionamento su mercati incerti e volatili e dalla necessità di ragionare per progetti e cicli e non per archi di tempo lunghi.

Ma questo non è vero solo dal punto di vista delle imprese, ma anche da quello dei lavoratori. Non si ricorda quasi mai infatti come circa il 40% dei contratti a tempo indeterminato avviati ha una durata inferiore ai due anni, a causa della volontà dei lavoratori, spesso di quelli più competenti e delle fasce d’età giovanili, di provare nuove esperienze e di costruire carriere discontinue. Con questo non si vuol dire che il problema della precarietà si risolve da sé, né che non debba essere affrontato. Ma che deve essere inserito all’interno di una logica di governo del ‘mercato del lavoro’ che non può essere la stessa di trent’anni fa. Temere la transizione perché in sé rischiosa significa avere un mercato del lavoro che non segue le sfide dei nuovi modelli produttivi. Investire in politiche attive e rifondare il welfare sulla persona piuttosto che sui contratti con cui lavora non è, quindi, in contraddizione con un intervento sulle forme di vera precarietà come i contratti brevi e i reiterati, i tirocini che proliferano senza controllo, il ripensamento dei voucher o il rafforzamento di quei contratti che sanno conciliare flessibilità e tutele, come lo staff leasing. Ma il tutto inserito in quadro più ampio nel quale anche imprese e sindacati hanno grandi responsabilità: un conto è infatti pensare l’uso del lavoro temporaneo nella manifattura, un altro nel commercio, in agricoltura o nei servizi. Pensiamo ad esempio alla maggioranza delle imprese, che forma solamente i lavoratori permanenti o ai sindacati che tendono, seppur con eccezioni, a rappresentare il posto di lavoro più che il lavoratore.

La vera sfida per combattere il precariato è quindi quella di comprenderlo e conoscerlo, a partire dai lavoratori stessi e da chi ha la responsabilità di rappresentarli. Questo in un Paese come il nostro dove ogni intervento regolatorio di tipo restrittivo, oltre a rompere gli equilibri raggiunti dalle parti sociali nei diversi settori produttivi, finisce spesso con l’alimentare un fiorente mercato del lavoro in nero che ha dimensioni di gran lunga maggiori del lavoro temporaneo.

Incidenti sul lavoro. Due edili italiani morti in Svizzera

Due edili italiani morti in Svizzera

Due operai edili italiani sono morti sul lavoro vicino a Bellinzona, nel Canton Ticino (Svizzera). Carlo Venini, 25 anni e Oscar Fascendini, 36 anni, entrambi della provincia di Sondrio e dipendenti dell’impresa Condotte-Cossi Costruzioni di Roma, sono stati travolti e uccisi da una pesante struttura in legno che stavano montando in un cantiere dell’autostrada A2. Sull’incidente indaga la Polizia Cantonale.

Vittime in aumento

Non si ferma, dunque, la strage quotidiana sul lavoro. Nel 2017, gli infortuni mortali certificati dall’Inail sono stati 617, mentre nei primi cinque mesi del 2018, le denunce di incidenti mortali sono state 389, 14 in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna, invece, nei primi sei mesi dell’anno i morti nei luoghi di lavoro sono stati 366, mentre se si contano anche le vittime “in itinere”, cioè lungo il tragitto casa-lavoro, si arriva a 650 decessi in sei mesi.

da Avvenire