Inclusione. Disabilità, dopo il crollo l’Italia riprende quota

Disabilità, dopo il crollo l'Italia riprende quota

Il buio è ancora tanto, ma qua e là si scorgono alcuni luci che autorizzano un carico di ottimismo sugli anni che stiamo vivendo e su quelli futuri: trovare un lavoro, per la gran parte delle persone con disabilità, è ancora una scommessa molto difficile, ma rispetto agli anni terribili seguiti all’avvio della crisi economica (il 2012 e il 2013) i numeri del biennio successivo (2014-15) raccontano una situazione meno critica. Aumenta il numero di persone che si iscrivono al collocamento (e dunque che cercano lavoro), ma aumenta anche il numero degli avviamenti effettivi al lavoro con una crescita, fra i contratti stipulati, della quota di quelli a tempo indeterminato. Dati positivi messi nero su bianco nell’ottava Relazione sullo stato di attuazione della legge per il diritto al lavoro dei disabili, che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha trasmesso al Parlamento il 28 febbraio scorso e che Camera e Senato hanno pubblicato nei giorni scorsi.

Una Relazione, basata sui dati del 2014 e del 2015, che arriva in clamoroso ritardo rispetto ai tempi previsti: se quella relativa agli anni 2012/13 era stata trasmessa alle Camere il 4 agosto 2014, cioè sette mesi dopo la chiusura del periodo di riferimento, quella sul 2014/15 è rimasta latitante per tutto il 2016 e per tutto il 2017, arrivando solamente a 2018 inoltrato, con i titoli di coda della legislatura ormai partiti da tempo. Con il paradosso che ci troviamo ora a raccontare i dati di una Relazione biennale (2014/15) quando già si è
concluso anche il biennio successivo, quel 2016/17 che saranno raccontati nella nona relazione. Nonostante il ritardo, il documento – oltre 230 pagine – è molto interessante, soprattutto perchè illustra i primissimi risultati della riforma del collocamento inserita nel Jobs Act: la data spartiacque è il 23 settembre 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, n° 151. E il primissimo bilancio, secondo il ministero del Lavoro (che con Inapp ha curato il testo) è positivo.

È in particolare un dato quello che viene messo in risalto: il numero degli avviamenti a lavoro, che nel 2012 e nel 2013 avevano toccato il minimo storico, scendendo sotto quota 19mila. Nel 2014 il dato è arrivato a toccare le 28mila unità, con un incremento superiore al 50% rispetto ai 12 mesi precedenti, e nel 2015 – a quota 29 mila – si è aggiunto un ulteriore incremento del 5%. Ma l’aspetto più interessante è che nel 2015 si passa da una media di oltre 2mila avviamenti al mese nei primi otto/nove mesi dell’anno a una di 3mila avviamenti mensili nell’ultimo trimestre, quello successivo all’entrata in vigore del decreto n° 151. L’incremento fra il prima e il dopo Jobs Act è del 44,6%. «È quindi probabile – si legge nella Relazione – che alcune delle previsioni della normativa modificata dal decreto 151/2015 abbiano
potuto giocare un ruolo positivo, con particolare riferimento all’ampliamento della possibilità del ricorso alla richiesta nominativa. Ciò sembra ulteriormente avvalorato dal fatto che, se nel 2012 si registrava il ricorso all’avviamento da graduatoria nell’8,5% dei casi, nel 2014 è stato il 5,6% degli avviamenti a rispondere a questa modalità; percentuale che nel 2015 si è abbassata al 5% prima dell’entrata in vigore del decreto
151/2015 e al 3,3% subito dopo».

Sono state 78mila nel 2014 e 92mila nel 2015 le persone con disabilità che si sono iscritte al collocamentoobbligatorio: un aumento considerevole, che arriva fino al +35% se si rapportano i dati del 2015 rispetto a quelli del 2013. In media più uomini (57%) che donne (43%). Considerando le cancellazioni (nel 2015 ce ne è stata una ogni 3,6 nuove iscrizioni), il numero complessivo di persone presenti negli elenchi è stato di 789mila nel 2014 e 775mila nel 2015. Una cifra di cui la Relazione tende a minimizzare la portata, evidenziando che a causa del ritardo con cui vengono aggiornati gli elenchi unici siamo di fronte a una «non corrispondenza» fra quanti vengono «dichiarati come iscritti» e quanti, fra le persone con disabilità, sono effettivamente «disponibili allavoro».

Numeri molto variabili sulle assunzioni presso datori di lavoro pubblici e privati: sono stati 54mila nel 2014 e36mila nel 2015: la maggioranza sono contratti a tempo determinato, anche se rispetto al 2014 (quando lo erano sette su dieci), nel 2015 (percentuale al 63%) si è fatto un maggiore ricorso al tempo indeterminato. Probabilmente, dice la stessa Relazione, a seguito degli incentivi fiscali rimasti in vigore per tutto il 2015.

La Relazione mette in evidenza che nel 2015 il 40% degli avviamenti è avvenuto tramite convenzione, sia presso datori di lavoro pubblici che privati. Considerando la totalità degli avviamenti, la stragrande maggioranza avviene per richiesta nominativa (87%) e un 5% circa con chiamata numerica (avviamenti dalla graduatoria). Una modalità, quest’ultima, ancora meno usata dopo l’introduzione del Jobs Act. Ancora limitato (4%) l’utilizzo di convenzioni quadro con cooperative e del tutto
marginale (0,6%) la possibilità di inserire temporaneamente in cooperative sociali persone con disabilità assunte da altri datori di lavoro.

Inoltre, «dal 1 gennaio 2018 i datori di lavoro privati che occupino da 15 a 35 dipendenti hanno l’obbligo di avere alle proprie dipendenze un lavoratore disabile, e l’obbligo insorge indipendentemente dal fatto che si proceda a nuove assunzioni». È stato poi modificato l’art. 15 della legge 68 del 1999, stabilendo che, «per ogni giorno nel quale non risulti coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota d’obbligo, quest’ultimo è assoggettato alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo di cui all’articolo 5, comma 3 bis (euro 30.64) al giorno, per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata».

Il regime degli incentivi si applica anche per i datori di lavoro che assumono con il meccanismo, ormai generalizzato, della richiesta nominativa. Il decreto ha stabilito che dal 1° gennaio 2016, anche «ai datori di lavoro, inclusi quelli privati che assumano persone con disabilità pur non essendovi tenuti, sarà concesso, a domanda, un incentivo. Un aspetto di rilevante interesse riguarda il fatto che la gestione del sistema degli incentivi è oggi imputato all’Inps e non più alle Regioni.

La domanda, infatti, deve essere trasmessa all’Inps, tramite apposita procedura telematica». L’art. 8 del decreto dispone la creazione, all’interno della Banca dati politiche attive e passive, di una specifica sezione “Banca dati del collocamento mirato”, al fine di raccogliere le informazioni sui datori di lavoro pubblici e
privati obbligati e i lavoratori interessati. In essa «saranno raccolte le informazioni provenienti da parte dei datori di lavoro, degli uffici competenti, dell’Inps e dell’Inail, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano».

Per il 2017 sono erogati dall’Inail 21,2 milioni di euro allo scopo di favorire il reinserimento e l’integrazione delle persone con disabilità da lavoro, mettendo a regime quanto previsto dalla legge di Stabilità per il 2015 (legge 190/2014), la quale, ha attribuito all’Inail «competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro, da realizzare con progetti personalizzati mirati alla
conservazione del posto di lavoro o alla ricerca di nuova occupazione, con interventi formativi di riqualificazione professionale, con progetti per il superamento e per l’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di lavoro, con interventi di adeguamento e di adattamento delle postazioni di lavoro». Sono previste tre tipologie di intervento: per il superamento e l’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi d lavoro; per l’adeguamento e l’adattamento delle postazioni di lavoro; per la formazione. A seconda degli interventi i limiti di spesa sono di 95mila euro per il superamento e l’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di lavoro (finanziabile il 100% dei costi ammissibili), di 40mila euro per l’adeguamento e l’adattamento delle postazioni di lavoro (100% costi ammissibili)
e di 15mila euro per la formazione (60% costi ammissibili).

da avvenire

Musica Sacra / Schütz e Schein, le “Lacrime di Resurrezione” come una favola

A un primo impatto l’effetto è alquanto straniante e può lasciare l’ascoltatore disorientato; la scelta di affidare il ruolo dell’Evangelista della Historia der Auferstehung Jesu Christi – la “Storia della Resurrezione di Cristo” scritta nel 1623 da Heinrich Schütz (1585-1672) – a un cantante libanese (Georges Abdallah) la cui formazione vocale è strettamente legata alla pratica liturgica bizantina può apparire sicuramente originale, se non stravagante.
Nell’intenzione del direttore Simon-Pierre Bestion ricondurre nell’alveo religioso, culturale e musicale del Medio Oriente una partitura così austera e profondamente radicata nella tradizione occidentale come quella di Schütz è un po’ come volerla riportare alla sua origine primigenia di narrazione delle vicende accadute duemila anni fa in terra di Palestina; nelle stesse parole dell’artista francese, accostare «una storia, la storia incredibile della Resurrezione, nello stesso modo in cui racconta una favola a un bambino».
Questa è la sfida, e il risultato può essere più o meno condivisibile. Convincente è senz’altro la prova dell’ensemble strumentale La Tempête e di buona parte del cast di voci soliste (spiccano su tutte quelle di Claire Lefilliâtre e Fiona McGown). E se da un lato le intonazioni levantine di Abdallah aprono orizzonti interpretativi inediti, dall’altro Bestion non tradisce nella sostanza la ricchezza di invenzione dello stile compositivo di Schütz, che combina tecniche polifoniche squisitamente rinascimentali con il mottetto concertante proprio della nuova età barocca e il madrigale con il suo profondo rispetto per la parola cantata (che il maestro tedesco aveva appreso nella Venezia di Giovanni Gabrieli e Monteverdi).
Nelle “Lacrime di Resurrezione” del titolo del disco è compresa anche una selezione di brani dalla raccolta Israelis Brünnlein (Le Fontane d’Israele) di Johann Hermann Schein (1586-1630); anello di congiunzione ideale per meglio capire da dove provenga Schütz e dove arriverà il sommo Bach.

Schütz, Schein
Larmes
de Résurrection
La Tempête, Simon-Pierre Bestion
Alpha/Self-Tàlea. Euro 20,00

Settimana Santa: sabato. Con Maria in attesa della Risurrezione

Nel giorno del silenzio e della meditazione, in cui non si celebra il sacrificio eucaristico, lo sguardo va alla fede e al coraggio della Madre dolorosa. E Paul Claudel.

“La Crocifissione” del pittore tedesco Matthias Grünewald costituisce uno dei pannelli centrali dell’Altare di Isenheim conservato nel Musée d’Unterlinden a Colmar. È datato tra il 1512 e il 1516. Maria è raffigurata con il velo e una veste bianca.

“La Crocifissione” del pittore tedesco Matthias Grünewald costituisce uno dei pannelli centrali dell’Altare di Isenheim conservato nel Musée d’Unterlinden a Colmar. È datato tra il 1512 e il 1516. Maria è raffigurata con il velo e una veste bianca.

Sabato Santo è il giorno del silenzio, della preghiera, del raccoglimento. E dell’attesa, in preparazione alla grande Veglia in cui si celebra la Risurrezione di Cristo. È aliturgico, cioè privo di celebrazioni del sacrificio eucaristico prima della gioia della Domenica di Pasqua. Ma rappresenta anche, per eccellenza, il giorno di Maria. Si ricorda il suo legame indissolubile con il Figlio, il suo dolore di Madre che però non ne offusca la fede incrollabile, non ne fiacca la speranza. La Vergine del Sabato Santo rimane salda nell’ora del dubbio, non fugge di fronte al buio, sa e testimonia che Dio non tradisce le sue promesse. Per dirla con san Paolo nella Lettera ai Romani, mostra che «la speranza non delude» (Rm 5,5).

Da Jacopone da Todi a Paul Claudel

L’immagine di Maria ai piedi della croce, il suo dolore di Madre davanti alla devastante sofferenza del Figlio ha ispirato poeti e artisti. Basti pensare allo Stabat Mater attribuito al beato Jacopone da Todi. Il drammaturgo e diplomatico francese Paul Claudel (1868-1955) noto soprattutto per “L’annuncio a Maria”, nella sua ispirata e poetica “Via Crucis” racconta così il dolore di Maria davanti alla Passione del Signore: «(….) Ella accetta. Accetta, ancora una volta. Il grido strozzato in gola, l’urlo è contenuto nel cuore forte e torchiato. Ella non dice parola e guarda Gesù: la Madre guarda il Figlio, la Chiesa il Redentore. La sua anima si slancia a lui con violenza, come il grido di un soldato morente. Sta ritta davanti a Dio e gli dà a leggere la sua anima, aperta come un libro. Non c’è nulla nel suo cuore che si rifiuti o s’arrenda. Neppure una fibra, nel suo cuore trafitto, che non accetti e consenta. Come Dio stesso che è là, ella è presente. Ella accetta e guarda il Figlio che ha concepito nelle sue viscere. Non dice nulla e adora il Santo dei Santi (….)».

da avvenire

Israele-Gaza. Sangue sulla Marcia del ritorno: 16 palestinesi uccisi, 1.400 feriti

Gli scontri alla barriera di confine tra Israele e la Striscia di Gaza (LaPresse)

Gli scontri alla barriera di confine tra Israele e la Striscia di Gaza (LaPresse)

È cominciata nel sangue la Grande marcia del Ritorno organizzata da Hamas nel 70° anniversario dell’esproprio delle terre arabe per creare lo Stato di Israele. Negli scontri con l’esercito lungo la barriera di confine con la Striscia di Gaza, secondo il quotidiano israeliano Haaretz sedici palestinesi sono rimasti uccisi e almeno 1.400 feriti.
L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver sventato “un tentativo di attacco a colpi di arma da fuoco da una parte di una cellula del terrore” nel nord della Striscia. “Durante l’attacco – ha spiegato un portavoce dell’esercito – due terroristi si sono avvicinati alla barriera di sicurezza e hanno sparato verso i soldati israeliani”.

Secondo stime dell’esercito israeliano, sono circa 30mila i palestinesi che manifestano «bruciando pneumatici, lanciando bombe molotov e pietre». In diversi punti del confine sono stati allestiti accampamenti, in vista del protrarsi della Marcia. Le manifestazioni dovrebbero concludersi il 15 maggio, anniversario della Nakva, la “catastrofe” ovvero l’inizio dell’esodo di centinaia di migliaia di palestinesi dai territori espropriati agli arabi e assegnati al nascente stato di Israele nel 1948.

Un palestinese ferito (Ansa)

Un palestinese ferito (Ansa)

«Una bambina mandata contro i soldati»

«Le forze armate israeliane stanno rispondendo con misure di dispersione dei disordini e sparando a vari istigatori chiave» fa sapere l’esercito in una nota diffusa dal Jerusalem Post. I militari, prosegue il comunicato, «si erano preparati ad agire in vari scenari». «Non consentiremo alcuna violazione o danno alla sovranità israeliana – si legge nel comunicato – o a infrastrutture difensive come la barriera di confine». Per la prima volta sono stati utilizzati anche droni, pilotati a distanza, per lanciare lacrimogeni allo scopo di disperdere la folla.

Per le forze armate dello Stato ebraico, «l’organizzazione terrorista Hamas sta mettendo in pericolo gli abitanti della Striscia di Gaza e li sta usando come copertura per azioni terroriste. Hamas è responsabile di tutti i fatti e delle loro conseguenze». Stando a un comunicato dell’esercito, «una bambina palestinese di sette anni è stata mandata da Hamas verso la barriera del confine, di fronte ai soldati israeliani». «Le forze dell’Idf – prosegue il comunicato – si sono immediatamente rese conto che si trattava di una bambina e si sono assicurate che fosse riportata al sicuro dai familiari».

Questa mattina il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Liberman, aveva scritto un messaggio in arabo su Twitter avvertendo gli abitanti di Gaza a non avvicinarsi al confine: «Chi si avvicina oggi al confine si mette in pericolo. Invito a procedere con la propria vita senza farsi coinvolgere in provocazioni».

Haniyeh (Hamas): il popolo palestinese è unito contro l’occupazione

Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha arringato la folla assicurando che la Marcia sarà «l’inizio del ritorno di tutti i palestinesi». «Il popolo palestinese ha provato varie volte a prendere l’iniziativa e fare grandi cose», ha detto il capo del movimento islamico, ripreso dal quotidiano Haaretz, sottolineando che «questa marcia manda un messaggio: il popolo palestinese è unito contro l’occupazione, contro il blocco (di Gaza, ndr), contro le concessioni e gli accordi sospetti». Per Haniyeh, non ci sarà una soluzione al conflitto israelo-palestinese senza il ritorno «all’intera terra di Palestina».

Scontri anche in Cisgiordania

A fine mattinata scontri con la polizia israeliana sono scoppiati anche in Cisgiordania, all’ingresso di Ramallah e nel quartiere di Baba-Zawiya a Hebron. Decine di manifestanti palestinesi hanno dato fuoco a pneumatici e lanciato pietre. Le forze dell’ordine hanno risposto, cercando di disperderli.

da Avvenire

Via Crucis. Papa Francesco: la vergogna di non avere scelto Cristo, ma potere e denaro

Un momento della Via Crucis (Siciliani)

Un momento della Via Crucis (Siciliani)

La croce passa di mano in mano. Mani giovani, come quelle degli autori delle riflessioni che accompagnano il cammino delle quattordici Stazioni. Mani che hanno sofferto, come quelle di una famiglia siriana e di tre religiosi iracheni. Mani di chi, come la bambina disabile della quarta Stazione, la propria croce l’abbraccia ogni giorno. Per loro e per tutti gli altri prega il Papa, quando alla fine il legno della tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo giunge fino a lui che ha seguito tutto in profondo raccoglimento. Prega con sentimenti «di vergogna e di speranza». E confessa, a nome di ognuno, innanzitutto la «vergogna di aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’apparenza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità». La vergogna «perché persino alcuni ministri» di Dio «si sono lasciati ingannare dall’ambizione e della vana gloria». La vergogna perché noi adulti stiamo lasciando ai giovani «un mondo fratturato dalle divisione dalle guerre; divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati». In pratica la vergogna di aver perso la vergogna». Dice così uno dei passaggi più commoventi della preghiera, composta di persona, con cui papa Bergoglio conclude il rito, nella mite sera inoltrata di una Roma, che nonostante mille timori non rinuncia a stringersi intorno al Pontefice (in 20mila partecipano al rito, intorno all’Anfiteatro Flavio).

Anche la preghiera del Pontefice ha l’andamento di un cammino. Alla vergogna, subentra però «la scintilla della speranza, perché sappiamo – sottolinea Francesco – che la tua unica misura di amarci è quella di amarci senza misura». È l’approdo del “cammino” della preghiera del Pontefice. «La speranza perché il tuo messaggio continua a ispirare, ancora oggi, tante persone e popoli a che solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro».

Papa Francesco in preghiera (Siciliani)

Papa Francesco in preghiera (Siciliani)

Francesco ricorda che questa speranza vive nelle scelte dei giovani che si consacrano a Cristo contro la «la logica del profitto e del facile guadagno»; nel sacrificio dei missionari e delle missionarie che «continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati»; e anche nella Chiesa «santa e fatta da peccatori» che continua «ancora oggi, nonostante tutti tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia» l’amore «illimitato» di Gesù per l’umanità.

Infine il Papa prende per mano i fedeli e li conduce ai piedi del Golgota. Proprio lì, ai lato del Cristo morente ci sono un esempio da evitare e l’altro da imitare. «Aiutaci, Figlio dell’uomo, – invoca papa Bergoglio – a spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe». «Ti chiediamo invece, Figlio di Dio –aggiunge riferendosi all’altro delinquente –, di immedesimarci col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso».

Nel testo scritto distribuito ai giornalisti si parlava anche del pentimento, che «supplica» la misericordia di Dio. Come hanno fatto Davide e Pietro. Ma Francesco non ha letto questa parte in cui si parlava della «lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria», dalla quale solo Gesù ci può liberare.

Il Papa, all’arrivo viene accolto dalla sindaca Virginia Raggi (che saluterà anche alla fine) e la Via Crucis inizia intorno alle 21,15 all’interno del Colosseo, rischiarato da una grande croce luminosa. Il primo a portare il legno è l’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Sarà proprio lui, a riprenderla nell’ultima per consegnarla a Francesco. In mezzo tutti gli altri. I giovani allievi o ex allievi del liceo classico romano “Pilo Albertelli” la portano a coppie in sette Stazioni. Nella quarta, “Gesù incontra sua madre”, tocca a una bambina disabile, Alicia Perinelli, a un barelliere e due sorelle dell’Unitalsi, mentre nella settima il direttore di Caritas Siria, Riad Sargi, la moglie Rubia e i loro tre figli. Al momento della decima Stazione subentrano tre religiosi iracheni: padre José, dei Trinitari, con suor Leya e suor Genevieve, domenicane di Santa Caterina da Siena.

Mentre alla dodicesima è la volta della della famiglia di Andrea Monda, il professore che ha coordinato i ragazzi autori delle meditazioni. Alla tredicesima, invece, “Gesù è deposto dalla croce”, frate Antonio e frate Elivano, francescani di Terra Santa. Rivivono così, attraverso lo sguardo dei giovani i personaggi della passione. Veronica che va oltre le apparenze, il Cireneo, simbolo di quelli che si caricano la croce di altri, la Madonna che non ha mai perso la speranza. E alla fine è come se, idealmente, i giovani restassero a vegliare sotto la croce. Il professor Monda, al termine del rito, li presenta a uno a uno al Pontefice che li saluta con il suo sorriso paterno. Emozionati ma felici. Proprio le loro parole ieri sera hanno scandito il cammino dalla vergogna alla speranza.

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IL LIBRETTO DELLA CELEBRAZIONE

Tra i “cruciferi ci saranno anche i giovani liceali che hanno scritto le meditazioni e il professore che li ha coordinati, Andrea Monda con la sua famiglia.

VALERIO, CHIARA, GRETA: PARLANO I GIOVANI CHE HANNO SCRITTO LE MEDITAZIONI di Giacomo Gambassi

I TESTI DELLE MEDITAZIONI

La suora che sarà tra i cruciferi è Genevieve Al Haday, religiosa irachena dell’ordine delle domenicane di Santa Caterina. La suora – informa il Sir – è scampata con altre sue consorelle alla violenza dello Stato Islamico che costrinse, nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, circa 120mila cristiani a fuggire dalla Piana di Ninive fino ad Erbil, in Kurdistan, per trovare salvezza.

Il Sir ha raccolto la sua testimonianza: “Nella Croce che porterò sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani e anche le lacrime di solitudine di una anziana donna di Roma…” (LEGGI)

La famiglia siriana è quella di Riad Sargi, direttore esecutivo di Caritas Siria. «Noi abbracceremo – ha detto Riad al Vatican News – porteremo tutta la sofferenza del popolo, dei bambini, dei padri e delle madri del nostro Paese».

avvenire

Papa Francesco alla via Crucis: “Sfidiamo le coscienze addormentate” Nella piazza del Colosseo super blindata circa 20 mila fedeli

© ANSA

“Vergogna”: Papa Francesco comincia con questa parola la Via Crucis al Colosseo. Vergogna per quando si sceglie “il potere e il dio denaro”; vergogna per gli uomini, anche di Chiesa, che si fanno prendere dall’ambizione “perdendo la loro dignità”. Vergogna perché “le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre”. Ma il Papa parla anche di speranza: quella di chi è capace di “sfidare la coscienza addormentata dell’umanità rischiando la vita” per servire poveri, scartati, immigrati. E il Papa difende anche la sua Chiesa, “fatta da peccatori” ma capace “nonostante i tentativi di screditarla” di essere “un modello di altruismo, un’arca di salvezza”. E non possono non venire alla mente i tanti attacchi anche interni; Bergoglio chiede a Dio di “spogliarci dell’arroganza dei miopi e dei corrotti che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare”. Una celebrazione blindatissima, quella di stasera, con un dispiegamento di forze di polizia come non si era mai visto.

Nove i varchi di controllo con i metal detector, tanti gli agenti in borghese mescolati anche tra i fedeli. In un clima di allerta a livelli altissimi, le celebrazioni pasquali con il Papa non hanno comunque subito alcuna modifica e, tra i diversi appuntamenti è proprio quello di stasera al Colosseo, e la messa di domenica mattina a piazza San Pietro, dove viene riposta la massima attenzione. Ad accogliere il pontefice al Colosseo c’era, tra gli altri, il sindaco di Roma Virginia Raggi. Il pontefice ha affidato quest’anno le meditazioni della Via Crucis ad un gruppo di liceali romani, coordinati dal loro professore di religione, Andrea Monda. Le delusioni, le ingiustizie, i fallimenti, ma anche il coraggio, la speranza, la solidarietà: sono questi i temi risuonati nelle meditazioni.

“Mi guardo intorno e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono”, diceva una delle preghiere. E ancora: “Cadiamo così tante volte che perdiamo il conto, ma speriamo sempre che ogni caduta sia l’ultima”. “Ti vedo, Gesù”, questo l’incipit di ogni stazione scelto dai giovani autori. Questi ragazzi sono stati anche tra i portatori della croce. Ma, stazione dopo stazione, sono stati rappresentati anche tutti gli scenari dove la guerra imperversa. La Siria, innanzitutto, con Riad Sargi, di Caritas, che ha portato insieme alla sua famiglia la croce per una stazione: “Porto tutta la sofferenza del popolo, dei bambini, dei padri e delle madri del nostro Paese”, aveva detto ai media vaticani. Viene invece dall’Iraq suor Genevieve Al Haday: “Nella croce che porterò – aveva detto al Sir – sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani”. Nel pomeriggio in basilica vaticana si era svolto il rito della Passione col Papa prostrato a terra e il predicatore padre Raniero Cantalamessa che ha invitato i giovani a “salvare l’amore dal possesso e dalla violenza”.

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La Settimana Santa: venerdì. Sant’Agostino, la croce e la fuga dalla Risurrezione

La Crocifissione è una dipinto a tempera su tavola di Paolo Uccello, conservato nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid. La datazione è controversa, ma generalmente la si comprende tra il 1457 e il 1458.

La Crocifissione è una dipinto a tempera su tavola di Paolo Uccello, conservato nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid. La datazione è controversa, ma generalmente la si comprende tra il 1457 e il 1458.

Il Venerdì Santo è il giorno della croce, della passione e morte di Cristo, del suo estremo dono d’amore per la salvezza di ogni uomo. È il giorno del silenzio e della contemplazione, del digiuno e della preghiera. Non si celebra l’Eucaristia ma la Passione del Signore che, di consueto, si articola in tre momenti: Liturgia della Parola, adorazione della Croce, Comunione eucaristica con le ostie consacrate la sera prima durante la Messa in Coena Domini. Contemplando le terribile sofferenze patite da Gesù il cuore si riempie di commozione e gratitudine ma con lo sguardo e il cuore già proiettati sulla Pasqua. La croce infatti ha senso solo perché via alla Risurrezione. «Chi scappa dalla croce, scappa dalla risurrezione» ha sintetizzato mercoledì scorso il Papa.

Una verità da incidere nel cuore

Naturalmente la Passione del Signore ha interpellato santi e mistici di ogni tempo. Uniti, concordi nel ribadire che non esiste fede autentica senza croce. Scrive sant’Agostino: «Come vorrei, o miei fratelli, incidervi nel cuore questa verità! Se volete vivere un cristianesimo autentico, aderite profondamente al Cristo in ciò che egli si è fatto per noi, onde poter giungere a lui in ciò che è e che è sempre stato. È per questo che ci ha raggiunti, per farsi uomo per noi fino alla croce. Si è fatto uomo per noi, per poter così portare i deboli attraverso il mare di questo secolo e farli giungere in patria, dove non ci sarà più bisogno di nave, perché non ci sarà più alcun mare da attraversare. È meglio, quindi, non vedere con la mente ciò che egli è, e restare uniti alla croce di Cristo, piuttosto che vedere la divinità del Verbo e disprezzare la croce di Cristo. Meglio però di ogni cosa è riuscire, se possibile, a vedere dove si deve andare e tenersi stretti a colui che porta chi avanza».

da Avvenire