Sanremo: Trionfa Marco Mengoni, sul podio Elio e i Moda’

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Marco Mengoni con il brano ‘L’essenzialé è il vincitore del 63.mo festival di Sanremo.

“Grazie, è stato un onore partecipare a questo Sanremo”: è il commento a caldo di Marco Mengoni, appena proclamato vincitore del 63/o Festival di Sanremo.

“Dedico la vittoria a tutte le persone che mi hanno sostenuto e continuano a farlo, la dedico alla mia ‘crew’ di lavoro, che è nuova è si è fatta un mazzo tanto per arrivare qui e creare un nuovo progetto, la dedico a Luigi Tenco e ringrazio la famiglia per aver mandato degli auguri sentiti”.  “Sono contento – ha detto Marco -, mi sembra di essere un po’ cresciuto grazie alle collaborazioni avute in questi anni”.

A completare il podio del festival di Sanremo sono Elio e le Storie tese, secondi con ‘La canzone mononota’, e i Modà, terzi con ‘Se si potesse non morire’.

Il premio della Critica Mia Martini del 63.mo Festival di Sanremo va a Elio e le Storie tese per ‘La canzone mononota’. Dopo il premio della Critica Mia Martini, anche il premio per il miglior arrangiamento del 63.mo festival di Sanremo va a Elio e le storie tese per ‘La canzone mononota’.

“Siete state eroici, grazie dell’amicizia. Arrivare vivi era la prima cosa, poi la gente si é divertita. Sono molto contento. Scrivete che Luciana è un gigante. Stasera in particolare. Una leggerezza assoluta. Domani ho Che tempo che fa e non sarò qui , se volete mi telefonate… Arrivederci a tutti”: Fabio Fazio fa un salto in sala stampa dopo la finale del festival di Sanremo e prima di partire alla volta di Milano dove domani condurrà su rai3 Che tempo che fa

E’ iniziato nel segno di Wagner e Verdi la finale del festival di Sanremo 2013. A dirigere l’orchestra sinfonica di Sanremo Daniel Harding, uno dei direttori d’orchestra più prestigiosi del mondo. Un modo per chiudere il discorso iniziato con la prima serata proprio da Verdi, con il Va pensiero. Stasera La cavalcata delle Valchirie e la Marcia trionfale dell’Aida, a rimarcare il legame tra la musica d’arte e il pop del festival.

Luciana Littizzetto farfallina. La mattatrice del festival è entrata in scena con un costume da farfalla. “Sono Belan, siamo tre fratelli, Belen, Belan e …” ha detto ridendo. “Mi sono anche un po’ stufata di mettermi i costumi, vestiti tu da zombie che ci metti un attimo.

L’orchestra sinfonica di Sanremo “agonizza, vittima di scelte politiche sbagliate” e ha bisogno di risorse: è la lettera-manifesto, indirizzata a Luciana Littizzetto, che l’attrice ha letto stasera sul palco di Sanremo aderendo alla richiesta di solidarietà dei musicisti.

Scendere le scale dell’Ariston a piedi nudi: lo ha fatto stasera Bianca Balti durante la serata finale del festival di Sanremo. La top model indossa un abito sirena di pizzo bianco firmato Dolce e Gabbana.

Max Gazzé in stile David Bowie. Per la sua performance in finale Gazzé si è presentato con una lente a contatto azzurra all’occhio destro, a riprodurre una delle più celebri peculiarità fisiche di Bowie, le iridi di colore diverso. Poi è sceso in sala, ha fatto alzare Fabrizio Frizzi ed è salito in piedi sulla sua poltrona per dirigere il pubblico che cantava il ritornello del suo brano, ‘Sotto casa’.

Dopo la denuncia della violenza sulle donne, l’elogio della ‘non bellezza’. Luciana Littizzetto nel suo monologo ha parlato, con tono leggero, della necessità di non sentirsi schiavi della bellezza, “nella vita non conta essere belli, conta essere fighi”. E ha chiuso il suo intervento citando i non belli che hanno dato lustro all’Italia, da Ennio Flaiano a Totò, Rita Levi Montalcini, Leopardi, Aldo Fabrizi, Eduardo De Filippo, Tina Pica, Ligabue (“il pittore”), Pavarotti “e già che ci sono risalgo fino a Noé, che non era Brad Pitt, ma ha salvato un mucchio di bestie”.

Fabio Fazio fa l’ospite “maschio” del festival. La Littizzetto con Bianca Balti lo hanno annunciato come si fa con le star femminili: diligentemente, Fazio è sceso dalla scala e si è sottoposto alle domande della coppia femminile coalizzata.

“Finché ci sono loro in questo paese non cambierà mai, dicono una cosa e ne fanno un’altra, non mantengono le promesse, sono incompetenti, bugiardi, inaffidabili, mandiamoli tutti a casa”: Claudio Bisio arriva per la prima volta a Sanremo e propone un monologo ‘politico’. “Non parlavo degli eletti, ma degli elettori, stavo parlando di noi, degli italiani, perché siamo noi i mandanti, noi che li abbiamo votati. Se li guardate bene è impressionante come ci assomigliano, sono come noi italiani, precisi sputati”.

Bisio ha esordito sottolineando la difficoltà di un monologo comico sul palco dell’Ariston, dove “sono passati Gorbaciov che ha parlato della democrazia, Toto Cutugno che ha portato l’Armata Rossa, Belen che ha portato la farfallina: io potrei portare il biscione, il tatuaggino che ho sulla caviglia, dopo dieci anni a Mediaset è il minimo”. In realtà, ha continuato, “mi ha fregato Benigni, con il cavallo bianco, il tricolore, l’inno di Mameli, la Costituzione, ha alzato troppo livello, io sono cresciuto con Topolino”. Dopo aver chiesto il ‘permesso’ al pubblico – memore delle contestazioni a Maurizio Crozza – ha affrontato il tema elezioni: “Se andassero tutti a casa cambierebbe poco: non parlavo degli eletti, ma degli elettori, stavo parlando di noi, degli italiani”. I politici, ha spiegato, “ricalcano il popolo, c’é l’imbroglione l’affarista, il servitore di due padroni, a volte di tre, quelli che cambiano casacca guidati dagli ‘scipiloti’, la pulzella che fa di tutto maritarsi con il riccone, c’é il prof universitario che sa tutto lui, ‘choosy’, ‘spending review’. E’ tutto un campionario di quello che noi siamo”. Poi giù con un affondo contro l’incoerenza e i luoghi comuni, “di quelli che vanno al family day ma ci vanno con le famiglie, perché sono cattolici. Ma se sei cattolico devi andare a messa, confessare i peccati, fare penitenze, novene, il digiuno di venerdì. Divorziare è vietatissimo, se divorzi sono ‘casini’, con la ‘c’ minuscola”, precisa. “E se sei fascista allora devi invadere l’Abissinia, non devi passare per via Matteotti, devi dire che Mussolini, a parte le leggi razziali, ha fatto cose buone”. Il comunista, poi, deve “mangiare bambini, poi andare a Berlino tirar su il muro, vedere solo film della Corea del nord”. Il moderato, invece, deve essere “una medriocrissima via di mezzo”. Bisio ne ha anche per l’onestà: “Non puoi gridare governo ladro se non rilasci neanche uno scontrino. Ho visto ciechi accompagnare la moglie in macchina, chi si lamenta dell’immigrazione e affitta in nero ai gialli, danno sempre la colpa allo Stato, sempre e comunque anche se cade un meteorite e la moglie li tradisce”. E ancora sul voto di scambio: “Nella recente inchiesta sulla ‘ndrangheta hanno venduto un voto per 50 euro, vendere un voto e’ come vendere l’anima. E l’anima si vende a caro prezzo. Faust gli avrebbe cagato in testa”.

Ancora un colpo di teatro firmato da Elio e le storie tese. Con “un bacio piccolissimo” travestiti da nani con strumenti in miniatura per la finale, “La canzone mononota”, che è un colpo di genio, eseguita con travestimenti da grassoni, con trucco cinematografico che richiede qualche ora di preparazione. Meritata l’ovazione.

Stavolta Bianca Balti è entrata in scena all’Ariston con i tacchi a spillo, in abito lungo nero di pizzo, con lo strascico, e mentre sfilava è inciampata.

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Silenzio in Italia, parte il Festival di Fazio

Cari Amici,
ogni volta ci sono tanti Festival di Sanremo. Mai uno solo.
C’è il Festival delle ipotesi: chi lo condurrà? A quale squadra creativa verrà affidato? Chi sarà il manager? ecc. C’è il Festival delle attese: quali gli interpreti in gara?
C’è il Festival degli uffici stampa, che si spalleggiano a vicenda, coinvolti in un’unica cordata: quello della Rai e quello del Comune della città ligure, che investe molto del proprio budget nella manifestazione di febbraio e poi quelli delle aziende che decidono di investire pubblicitariamente sull’evento televisivo dell’anno. Fatta idealmente la propria puntata nell’immaginaria roulette degli ascolti, tutti coloro che investono sul Festival hanno interesse che sia un’edizione di successo. Premiata dagli ascolti, celebrata dalla critica.
C’è un Festival che dura quasi una settimana, e ce n’è un altro, quello vero, che dura un anno intero. É fatto di anticipazioni e smentite, di corollari che contano molto di più degli argomenti centrali, che è cornice infinita, molto più importante del suo contenuto.
Comunque vada, Sanremo non può che essere un successo, perché la cordata degli interessi in gioco è molto vasta, intrecciata, potente.
Fabio Fazio ha scelto autori intellettuali, per alimentare la propria immagine di divulgatore di cultura e una co-conduttrice simpatica quanto dissacrante, cui deve gran parte del successo – sempre relativizzabile, peraltro − di Che tempo che fa.
Non è la sua prima volta. E il suo primo Festival, dissacrante, disincantato, con frequenti inquadrature sul parterre addormentato, ebbe successo di pubblico ma esiti ferali sull’immagine del Festival come evento.
Fazio può osare (un casting debole, pochissima attenzione al vero cuore della gara canora: chi vincerà?) perché come sua tradizione può contare in partenza su due pubblici che in genere sono inconciliabili: quelli che lo seguiranno perché Sanremo è Sanremo, unico luogo comune rimasto nella ritualità televisiva italiana, e quelli che lo seguiranno convinti di manifestare, guardandolo proprio quest’anno, la loro diversità. La loro condizione di spettatori critici, che si concedono al Festival con distacco, come fenomeno dal quale prendere facilmente le distanze, ma li porta per una volta a confrontarsi, senza miscelarsi, con il gusto della folla.
Di fronte a Sanremo, prima ancora che parta la sigla, tutti i programmi s’inchinano come i grattacieli in uno spot degli anni ’80 di Michelangelo Antonioni dinanzi ad una piccola vettura della Renault.
Il passaparola è uno solo: nessuna controprogrammazione.
Né da parte degli intellettuali che prima o poi Fazio ospiterà a presentare i loro libri, né da parte di chi potrebbe proporre alternative popolari al luogo comune più seguito dell’anno. Sfilandosi, uno per uno, i protagonisti del piccolo schermo rendono l’onore delle armi al vincitore prima ancora che sia sceso in campo. Decine di motivazioni convivono senza contraddirsi e decretano in partenza che il vero vincitore è uno solo: chi si è aggiudicato la conduzione del Festival. La profezia del successo si auto-avvera e non è difficile immaginare il coro mediatico che si leverà a salutare un trionfo annunciato. Chi ha puntato su Sanremo ha pensato proprio a tutto: anche a fare in modo che nella roulette degli ascolti rimanesse un solo colore. Che per gli italiani sia almeno una parentesi di autentico sollievo canoro.

Dino Boffo