II Domenica di Quaresima (anno B) – 25 febbraio 2024

Trasfigurati con Gesù sul Monte

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.

Marco 9,2-4

La liturgia di oggi, II domenica di Quaresima, mette al centro il mistero di Cristo, Figlio amato, offerto in sacrificio puro e santo per la salvezza del mondo: protagonista della I lettura (Genesi 22) è il patriarca Abramo, invitato a offrire a Dio «in olocausto il suo figlio, l’unigenito, l’amato» (cfr. Genesi 22,2). Isacco è figura cristologica potentissima: Egli è figlio, è l’unigenito di Abramo e Sara, è l’amato di suo padre e di sua madre, è colui nel quale è posto il loro compiacimento.

È chiesto al padre, Abramo, cui Isacco è stato dato da Dio, «dal quale ha origine ogni paternità in cielo e in terra» (Efesini 3,15), come dono e compimento della promessa di fecondità (Genesi 12; Genesi 15; Genesi 17-18), di “sacrificare” questo figlio, nel quale risiede ogni sua speranza: Abramo non capisce, ma sa che Dio è fedele e si fida; vive la notte della passione e del non senso, cammina per tre giorni (cfr. Genesi 22,4) finché «da lontano vede il luogo» indicato da Dio per l’offerta. Isacco è legato come «agnello» immolato, collocato sull’altare, offerto in sacrificio: ma proprio in quel «terzo giorno», dalla potenza di Dio, da Colui che è la Vita, dà la vita e ama la vita, è restituito a suo padre vivo, risorto per una fecondità innumerevole, «come le stelle e come la sabbia» (Genesi 22,17).

“Sacrificare” vuol dire, in ogni tempo e condizione dell’esistenza, vedere e riconoscere la presenza di Dio, anche nel dolore; significa “rendere sacro”, cioè offrire a Dio, ciò che viviamo: la notte della sofferenza e della morte non è mai l’ultima parola, ma è via arcana per la Vita senza fine, nella quale risplende la gioia e la gloria piena cui siamo chiamati fin dalle origini del mondo. Il credente ha questa certezza nel cuore, capace di illuminare le tenebre: «Ho creduto anche quando dicevo “sono troppo infelice”» (Salmo 115, Responsorio); Cristo, «risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi» (II lettura, Romani 8). L’esperienza della Trasfigurazione (Vangelo, Marco 9) dice ai tre discepoli chiamati da Gesù, «loro soli, in disparte su un alto monte», quello che l’esperienza del Monte Moria aveva detto ad Abramo: Dio si fa vedere, si manifesta quale è, Egli vince la morte! Immediatamente prima Gesù aveva annunciato la sua passione, preludio della Risurrezione; Pietro aveva dichiarato di non accettare quella verità e il Maestro lo aveva rimproverato, invitando ciascuno a prendere la sua croce, perdendo anche la vita per Lui, unica via per salvarla (Marco 8,32 ss.).

Di fronte alla paura degli apostoli Dio manifesta l’amore grande e il compiacimento che ha posto nel suo Figlio, compimento di tutte le promesse e pienezza delle Scritture, con le quali, nelle persone di Mosè (la Legge) ed Elia (i Profeti), Gesù dialoga: è una carezza per Pietro, Giacomo e Giovanni, che in quel momento di rivelazione sono confermati nella fede e rinsaldati nella sequela! Pietro definisce «bello» quello che vede e che vive, specialmente l’essere insieme ai suoi fratelli con Gesù, in compagnia della Scrittura, «nell’intimità» (è questo il senso dell’essere “in disparte”) con lo Sposo; ancora una volta egli vorrebbe evitare di scendere giù, di affrontare la sofferenza e la quotidianità, ma è proprio lì che deve seminare, anche tra le lacrime, il Vangelo della salvezza. Così per noi: discesi dal monte, dove «il Signore si è fatto vedere», siamo inviati a testimoniare la Vita che ci ha dato!

Famiglia Cristiana

Liturgia II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

Grado della Celebrazione: Domenica

Colore Liturgico VIOLA

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La trasfigurazione occupava un posto importante nella vita e nell’insegnamento della Chiesa primitiva. Ne sono testimonianze le narrazioni dettagliate dei Vangeli e il riferimento presente nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1,16-18).
Per i tre apostoli il velo era caduto: essi stessi avevano visto ed udito. Proprio questi tre apostoli sarebbero stati, più tardi, al Getsemani, testimoni della sofferenza di nostro Signore.
L’Incarnazione è al centro della dottrina cristiana. Possono esserci molti modi di rispondere a Gesù, ma per la Chiesa uno solo è accettabile. Gesù è il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. La vita cristiana è una contemplazione continua di Gesù Cristo. Nessuna saggezza umana, nessun sapere possono penetrare il mistero della rivelazione. Solo nella preghiera possiamo tendere a Cristo e cominciare a conoscerlo.
“È bello per noi stare qui”, esclama Pietro, il quale “non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento”. La fede pone a tacere la paura, soprattutto la paura di aprire la nostra vita a Cristo, senza condizioni. Tale paura, che nasce spesso dall’eccessivo attaccamento ai beni temporali e dall’ambizione, può impedirci di sentire la voce di Cristo che ci è trasmessa nella Chiesa.

Foglietto, Letture e Salmo II Domenica di Quaresima ANNO C

II DOMENICA QUARESIMA  (ANNO C)

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola

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Nella Trasfigurazione, Gesù è indicato come la vera speranza dell’uomo e come l’apogeo dell’Antico Testamento. Luca parla dell’“esodo” di Gesù, che contiene allo stesso tempo morte e risurrezione.
I tre apostoli, vinti dal sonno, che rappresenta l’incapacità dell’uomo di penetrare nel Mistero, sono risvegliati da Gesù, cioè dalla grazia, e vedono la sua gloria. La nube, simbolo dell’immensità di Dio e della sua presenza, li copre tutti. I tre apostoli ascoltano le parole del Padre che definiscono il Figlio come l’eletto: “Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo”. Non c’è altro commento. Essi reagiscono con timore e stupore. Vorrebbero attaccarsi a questo momento, evitare l’attimo seguente della discesa dalla montagna e il suo fardello di abitudine, di oscurità, di passione.
La Gloria, Mosè ed Elia, scompaiono. Non rimane “che Gesù solo”, sola verità, sola vita e sola via di salvezza nella trama quotidiana della storia umana. Questa visione non li solleverà dal peso della vita di tutti i giorni, spesso spogliata dello splendore del Tabor, e neanche li dispenserà dall’atto di fede al momento della prova, quando i vestiti bianchi e il viso trasfigurato di Gesù saranno strappati e umiliati. Ma il ricordo di questa visione li aiuterà a capire, come spiega il Prefazio della Messa di oggi, “che attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione”.