Giornata mondiale contro la malaria, 216 milioni casi nel mondo

Con 216 milioni di casi nel mondo, secondo il report 2016 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e 445.000 decessi, la malaria rimane tutt’oggi la principale causa di mortalità infantile e di infermità in 91 Paesi tropicali. E’ quanto sottolinea, in occasione della Giornata mondiale contro la malaria, l’Istituto Pasteur Italia. Oltre il 70% di tutti i decessi per malaria riguarda bambini sotto i cinque anni, dei quali oltre l’80% in Africa sub-sahariana. In questa regione solo il 19% dei bambini colpiti da malaria riesce a ricevere un trattamento a base di artemisinina e ogni 2 minuti muore un bambino a causa di questa malattia. Secondo l’Unicef, si tratta di una ”malattia prevenibile e curabile che mette a rischio metà della popolazione mondiale.

Nel 2016 quasi 300 mila bambini sotto i 5 anni sono morti a causa della malaria: 800 giovani vite perse ogni giorno. Fra tutte le malattie trasmissibili, la malaria è terza, dopo polmonite e diarrea, per numero di bambini morti di età fra un anno e cinque mesi”. Ciononostante, ”i finanziamenti si sono fermati, mettendo milioni di vite e decenni di investimenti a rischio” lamentano l’Unicef e la Roll Back Malaria Partnership hanno lanciato l’hashtag #readytobeatmalaria, per aumentare la consapevolezza sull’importanza di sconfiggere per sempre questa malattia.

”Le zanzare Anopheles, formidabili vettrici dei plasmodi malarici, hanno sviluppato resistenza agli insetticidi.   La specie più mortale (Plasmodium falciparum) ha anche sviluppato resistenza ai più recenti farmaci derivati dall’Artemisia, nel Sud-Est Asiatico” segnalano i microbiologi clinici italiani dell’Amcli, secondo i quali la malaria è l’unica vera urgenza in parassitologia, in poche ore (4-6) un soggetto può sviluppare una forma grave con elevato rischio di perdita della vita.

A fine 2017, il Consorzio internazionale Anopheles gambiae 1.000 genomes (Ag1000G) – creato nell’ambito del Network internazionale sulla genomica ed epidemiologia della malaria – ha presentato su Nature i primi risultati ottenuti analizzando il genoma di 765 esemplari di Anopheles gambiae e Anopheles coluzzii. Il lavoro è stato possibile grazie al contributo di ricercatori di 29 gruppi di ricerca europei, statunitensi e africani. I dati ottenuti hanno evidenziato una straordinaria variabilità genetica e pongono le basi per affrontare le nuove sfide nella lotta alla malaria: dallo sviluppo di strategie di controllo genetico, allo studio di metodi per arginare il fenomeno, sempre più emergente, della resistenza agli insetticidi.(ANSA).

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21 marzo. Sindrome di Down: una campagna a sostegno dell’inclusione scolastica

Per la Giornata mondiale sulla sindrome di Down CoorDown lancia ufficialmente “Lea goes to school”: un video sull’inclusività

La scuola inclusiva è un mondo tutto da costruire: molti Paesi negano o limitano il diritto degli studenti con disabilità a essere educati in scuole o classi regolari e persino l’Italia, pur avendo un quadro normativo tra i più avanzati ha ancora molta strada da fare.

Perché la piena inclusione si realizzi servono modifiche strutturali e organizzative, un adeguamento dei programmi,una formazione specifica per insegnanti e dirigenti scolastici, servono genitori che colgano l’importanza di questo processo e ne agevolino lo sviluppo e studenti che imparino a stare in classe con gli altri, anche con chi è diverso da loro.

L’educazione inclusiva è un diritto umano fondamentale di ogni bambino: come ricorda il video lanciato per la tredicesima edizione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down, in programma mercoledì 21 marzo 2018 da CoorDown Onlus il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down.

da Avvenire

Giornata della Felicità, la top ten del cibo salva-umore Dal latte alle mele,per Uber Eats anche cioccolato e carne rossa

Il buon cibo può regalare felicità e migliorare l’umore. A dimostrarlo sono alcuni studi divulgati in occasione della Giornata mondiale della felicità in programma domani 20 marzo e indetta dall’Onu. L’Italia è solamente al 47esimo posto, ricordano i produttori di mele della Val Venosta, nel World Happiness Report, il rapporto delle Nazioni Unite sulla felicità percepita nel mondo.

”Non rinunciare al gusto delle cose naturali” può offrire un motivo in più per cercare di vivere al meglio la celebrazione di domani. In particolare, secondo il Consorzio dei produttori altoatesini, godersi ciascun morso della mela Kanzi, osservare il suo colore intenso, assaporarne l’aroma e la notevole quantità di fibra, il sapore e la consistenza mentre si mastica può essere uno stimolo a godersi la vita.

Intanto, la piattaforma che si occupa di consegna di cibo a domicilio Uber Eats in collaborazione con Jozef Youssef, chef e studioso di gastronomia sperimentale, ha realizzato una ricerca a livello europeo indicando una lista dei primi 10 cibi che, secondo test scientifici, danno la carica risultando utili per la produzione di serotonina, noto anche come neurotrasmettitore della felicità. Tra questi: la patata dolce, il salmone, il kale cioè il cavolo riccio, la banana, i mirtilli, la carne rossa, il mango, la cioccolata, le noci e il kimchi, pietanza tipica della gastronomia coreana.

Per Youssef anche la consistenza e il colore degli alimenti, sono in grado di produrre effetti positivi. Ad esempio i cibi croccanti e gommosi, insieme a cibi ricchi di antiossidanti come avocado, mango, mirtilli e fichi prevengono e alleviano lo stress. E cibi ricchi di nutrienti come il pesce aiutano in una giornata impegnativa al lavoro. Mentre pollo, carne rossa, cioccolato e arachidi sono ricchi di triptofano, un tipo di amminoacido che aumenta la serotonina, il neurotrasmettitore che ci rende più felici. Uber Eats ha inoltre rilevato che i carboidrati, insieme ai cibi verdi e gialli, come le banane, aiutano a ritrovare il buon umore. I dati dell’analisi segnalano, tra l’altro, che le persone tristi mangiano hamburger, pizza o dolci per sentirsi meglio.

Tra i prodotti che danno maggiormente piacere ci sono anche i lattiero caseari, almeno secondo Assolatte. Per l’associazione italiana lattiero casearia formaggi, burro, yogurt e latte sono alimenti che coinvolgono tutti i sensi e regalano veri attimi di soddisfazione.(ANSA).

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Giornata del Dono 2017. «La vita è il dono più grande»

Il dono più grande che Dio ci ha fatto è la vita. E la vita fa parte di un altro dono divino originario che è il Creato. Ricevendo i partecipanti all’Incontro promosso dall’Istituto Italiano della Donazione, in occasione della Giornata del dono 2017, che si celebrerà il prossimo 4 ottobre, il Papa è andato alla radice del nostro essere uomini e donne. Creature immerse nel disegno d’amore che il Padre buono ha voluto offrire, in Cristo, ai propri figli.

E nella misura in cui ci apriamo e lo accogliamo – ha sottolineato Francesco –, possiamo diventare a nostra volta dono d’amore per i fratelli. «Ce lo ha ricordato Gesù durante l’Ultima Cena, quando lasciò ai suoi discepoli il “comandamento nuovo” dell’amore». Nuovo certo, perché «non si tratta di un amore qualsiasi, ma dell’amore stesso di Gesù, che ha dato la sua vita per noi. Un amore che si traduce nel servizio agli altri: poco prima, infatti, Gesù aveva lavato i piedi ai discepoli. Un amore che sa abbassarsi, che rifiuta ogni forma di violenza, rispetta la libertà, promuove la dignità, respinge ogni discriminazione. Un amore disarmato, che si rivela più forte dell’odio. Questa è la regola dell’amore per quanti vogliono seguire Gesù: lasciarsi afferrare da Lui, amare con Lui, modellare le proprie azioni sulla sua infinita generosità».

E seguire Cristo è sinonimo di vita riuscita, felice. «La Giornata del dono» allora – ha proseguito il Papa – «è un’opportunità stimolante prima di tutto per i giovani: perché possano scoprire che il dono è una parte di noi stessi che viene gratuitamente regalata all’altro, non per perderla, ma per aumentarne il valore. Donare fa sentire più felici noi stessi e gli altri; donando si creano legami e relazioni che fortificano la speranza in un mondo migliore». Una consapevolezza che si traduce anche in responsabilità. Verso gli altri e verso il Creato che ci è casa. «Abbiamo il compito – ha osservato il Pontefice – di conservare e consegnare integro alle future generazioni il pianeta, che abbiamo ricevuto come dono gratuito dalla bontà di Dio. Di fronte alla crisi ecologica che stiamo vivendo, la prospettiva del dono ricevuto e da consegnare a chi verrà dopo di noi è motivo di impegno e di speranza».

avvenire

4 ottobre. L’Italia è una Repubblica fondata anche sul dono

La giornata nazionale si celebra mercoledì 4 ottobre e serve a far crescere una cultura alternativa a quella del mercato. Perché esiste anche un’economia del dono

Una piccola legge dal grande significato. Si può dire così per spiegare la portata della Legge 110 del 14 luglio 2015, primo firmatario l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che ha istituito il Giorno del Donoche si celebra in tutt’Italia mercoledì 4 ottobre. Poche righe, tre articoli soltanto, che mettono però in connessione le «attività donative» con la «crescita della società» e con i «valori primari della libertà e della solidarietà affermati dalla Costituzione» (art.1). In sintesi, una legge che afferma che il nostro convivere si fonda anche sulla cultura del dono. Ma sarebbe più corretto dire «soprattutto», perché è esperienza quotidiana di ognuno di noi che senza quel di più, non scritto nei contratti, nelle leggi, insomma non formalizzato e formalizzabile ma assolutamente essenziale, tante cose non funzionerebbero o lo farebbero con molta maggiore fatica e a costi assai più elevati. Il dono, insomma, è un lubrificante indispensabile per rendere le nostre vite quello che sono, nella sfera personale e nella sfera sociale, di conseguenza anche in ambito economico-produttivo. Nel quale però per troppo tempo si è pensato che le cose potessero funzionare bene anche solo grazie e regole e logiche di mercato.

Nonostante il valore del dono si possa considerare di rango costituzionale, poiché è difficile immaginare come i «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2 della Costituzione Italiana) si potrebbero adempiere senza la quotidiana alimentazione del dono, il racconto della cultura del dono non è semplice. Spesso è oscurato, relegato ai margini, o recuperato solo in circostanze emergenziali (terremoti, disastri naturali). Per questo assume straordinaria rilevanza l’insieme delle iniziative attivate dall’Istituto italiano della Donazione, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani), con la seconda edizione del Giro dell’Italia che Dona, che avrà il suo culmine nelle celebrazioni del 4 ottobre e nell’udienza privata con Papa Francesco dei vincitori del concorso #DonareMiDona (vedere articolo in pagina). Dal 23 settembre all’8 ottobre la manifestazione accende infatti i riflettori su quella larga parte del Paese che vive la dimensione del dono con la giusta consapevolezza. Ed è significativo anche il fatto che le centinaia di adesioni al Giro siano arrivate da soggetti diversi: oltre ai singoli cittadini, le associazioni non profit, i Comuni, le scuole, le stesse imprese (l’elenco delle iniziative su www.giornodeldono.org).

Il racconto della cultura del dono passa anche da quello dell’economia del dono, con specifico riferimento alledonazioni degli italiani a sostegno del non profit. Secondo i dati diffusi da Iid (130 le organizzazioni non profit intervistate), si tratta di un’economia ragionevolmente in salute: nel 2016 le onp che hanno aumentato la propria raccolta fondi (43%) sono quasi il doppio rispetto a quelle che l’hanno vista diminuire (22%). Per quanto riguarda il 2017, la larga maggioranza (oltre l’80%) stima di confermare o anche migliorare i risultati dell’anno precedente. E molto davanti rispetto ad aziende e fondazioni, la fonte principale (più generosa) da cui derivano le entrate del non profit si confermano i privati cittadini.
Se le donazioni restano fondamentali, costituendo una fonte insostituibile di supporto per il mondo dell’economia sociale, ancora più fondamentale è però tenere viva l’attenzione e accrescere la consapevolezza della rilevanza della cultura del dono. Che è l’obiettivo della campagna legata al Giorno del Dono. A San Valentino gli innamorati usano dire che ogni giorno dovrebbe essere una celebrazione del loro amore: per ilGiorno del Dono vale la stessa cosa.

Avvenire

Oggi Domenica 8 Maggio la Giornata delle comunicazioni sociali

In uno degli ultimi post sul suo profilo Facebook il vescovo Antonino Raspanti (Nino, secondo il suo account) ha scritto: «L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale». La frase è tratta dal Messaggio di papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra oggi. Al centro il «fecondo incontro» – come lo definisce Bergoglio – fra comunicazione e misericordia. «Annunciare la misericordia sui social network può sembrare arduo», spiega il pastore che guida la diocesi di Acireale ed è presidente della Commissione episcopale Cei per la cultura e le comunicazioni sociali. «Invece – prosegue – un aiuto ci viene proprio dal Papa che offre alcune indicazioni da prendere a prestito quando abitiamo la Rete che, come giustamente sottolinea, non va considerata un’espressione tecnologica ma una piazza in cui sempre più persone si incontrano. Ecco, Francesco ci invita innanzitutto al rispetto del prossimo. Poi esorta a non seminare odio, a non condurre alla divisione, a non procurare ferite. Di fatto non possiamo riversare sul web tutta la nostra spazzatura “interiore”. Ciò lacera e innesca sterili polemiche. Serve, al contrario, favorire la riconciliazione, mitigare le avversità, creare ponti, incentivare il dialogo».

Addirittura il Pontefice suggerisce di «prendersi cura» dell’altro, anche attraverso le reti sociali. «Francesco pensa alla comunicazione come prossimità – osserva Raspanti –. Il che significa farci prossimi e stare vicino a chi ci legge o ci risponde. Come sarebbe bello che ci impegnassimo a risanare conversazioni o messaggi che sono pieni di livore o che raccontano tensioni e disagi… Certo, ci vuole un cuore nuovo che si traduce in un atteggiamento nuovo con cui stare nei social network». Tuttavia la verità non va taciuta, evidenzia Bergoglio nel Messaggio. «Fra giustizia, verità e misericordia non c’è alcuna contrapposizione. Anzi in Dio e nel volto di Gesù crocifisso sono un’unica e medesima cosa – chiarisce il vescovo –. Se guardo all’ambiente digitale, uno stile misericordioso non è sinonimo di lassismo. Ci sono momenti in cui occorre prendere posizione e dire quanto si pensa con chiarezza. È un dovere di onestà intellettuale: non si può ricorrere a tattiche o restrizioni mentali per cercare l’applauso a ogni costo sul web».

Francesco consiglia di «scegliere con cura parole e gesti». «È ciò che dovremmo fare quando parliamo o dialoghiamo in modo da non separare, mortificare, scartare ma pacificare, confortare, accompagnare – afferma il presule –. L’uso di un vocabolario di misericordia è una grande arte, un esercizio di discernimento. Direi che è un atto che, da una parte, rimanda alla creatività e, dall’altro, esige responsabilità. Il linguaggio è simile alla materia nelle mani di un artista. In questo caso l’artista è di chi fa comunicazione. Ebbene, si può scrivere o parlare in un modo o in un altro». Raspanti fa un esempio. «Nel nostro Paese ci sono argomenti che possono incendiare facilmente gli animi. Penso a quelli eticamente, politicamente o socialmente sensibili, in quest’ultimo caso il lavoro o l’immigrazione. Quando si interviene su questi temi, occorre evitare scontri di basso profilo».

Il Papa esorta anche all’«ascolto» per costruire una società che sia una «famiglia». «Nei social network crediamo di essere protagonisti. In realtà siamo ingabbiati dentro schermi e algoritmi che determinano molto del nostro dire e del nostro sapere. A ciò si aggiunge una concezione individualistica: parlo sempre di me. Il risultato è che non si riesce più ad ascoltare e quindi a conversare. Paradossalmente l’inflazione di comunicazione ci lascia più soli. È la contraddizione del nostro tempo. Sarebbe, quindi, opportuno che, invece di incentrare post e messaggi su noi stessi, incentivassimo discussioni su problemi, valori e questioni che toccano le persone». Nel Messaggio non manca un monito alla Chiesa, in particolare ai «pastori», a evitare «l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico» e la «freddezza del giudizio». «Va congiurato un atteggiamento che, abbracciando i sani principi e la corretta dottrina, li usi per imporre fardelli, come dice il Vangelo di Matteo – conclude il vescovo –. Una Chiesa “ospedale da campo” sa guarire le piaghe dell’uomo con umiltà profonda e nel segno del servizio».

avvenire

Giovedì 11 febbraio si celebra la 24^ Giornata Mondiale del Malato

Questa edizione ha per tema «Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5)».

La celebrazione diocesana è prevista alle 18.30 presso la chiesa della Madonna dell’Uliveto a Montericco di Albinea. Presiederà la Messa il Vicario generale monsignor Alberto Nicelli in occasione della festa della Beata Vergine di Lourdes.

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Proseguiamo nella pubblicazione delle schede teologico-pastorali preparate dall’Ufficio diocesano di Pastorale della Salute e tratte dall’analogo documento predisposto dall’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute della Cei. Questa settimana proponiamo le schede numero 3,4 e 5; la sequenza si concluderà nel prossimo numero (ricordiamo che le precedenti uscite sono su La Libertà del 23 e del 30 gennaio 2016). Queste schede costituiscono un aiuto nel prepararsi alla celebrazione diocesana della Giornata del Malato presieduta dal Vicario generale in occasione della festa della Beata Vergine di Lourdes, l’11 febbraio alle 18.30 nella chiesa dell’Hospice a Montericco.

Schede teologico-pastorali Gesù, il volto umano-divino della misericordia di Dio

“Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio” (Bolla, 1). Egli l’ha narrata vivendola nel suo corpo, “facendola” nelle sue azioni, piegandosi amorevolmente su ogni forma di miseria umana, verso tutti coloro che fisicamente o moralmente avevano bisogno di pietà, di compassione, di presenza, di aiuto, di sostegno, di comprensione, di perdono. La misericordia di Gesù è stata globale e radicale, offerta prima ancora che richiesta, poiché è proprio dell’amore misericordioso fare il primo passo, come ricorda sovente papa Francesco con l’espressione primerear. “I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in lui parla di misericordia e nulla è privo di compassione … ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero” (Bolla, 8).

laliberta.info

VIII Giornata Diocesana del Seminario Domenica 24 gennaio 2016 Traccia di riflessione a commento delle letture della Santa Messa

VIII Giornata Diocesana del Seminario
Domenica 24 gennaio 20126
Traccia di riflessione a commento delle letture della Santa Messa

Prima lettura: Ne 8,2-4.5-6.8-10
Seconda lettura: 1Cor 12,12-30
Vangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21

Le letture di questa III domenica del tempo ordinario (anno C) ci introducono bene ad una riflessione sul tema del sacerdote come ministro di misericordia, nella consapevolezza che “la nuova evangelizzazione non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole” (papa Francesco, 14/10/2013). Interpretando senza fatica le indicazioni che ci vengono dal recente magistero, possiamo affermare che la misericordia è il tratto distintivo di tutto il ministero presbiterale, il suo asse portante.
Nella prima lettura ci viene offerta la descrizione della solenne assemblea liturgica a Gerusalemme nel tempo del ritorno dall’esilio, una sorta di nuovo battesimo per tutto il popolo, che “tendeva l’orecchio al libro della legge “. La Parola di Dio è il racconto dell’agire misericordioso di Dio nei confronti dell’umanità e i leviti sono chiamati ad interpretarne il senso perché il popolo comprenda la lettura e rilegga la sua vicenda dalla prospettiva di Dio.
“La misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni” (MV 9)
È questa memoria che suscita in noi lacrime di compunzione per i nostri tradimenti e le nostre infedeltà all’alleanza con il Dio misericordioso e pietoso, ma soprattutto è questa memoria che ci permette di vivere “felici, colmi di gioia, sereni” nel saperci così tanto amati e che ci chiede di corrispondere a questo circuito di misericordia. “È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.” (MV 9). ). Va inteso in questo senso l’invito che Neemia rivolge al popolo di condividere la mensa “portando porzioni a quelli che nulla hanno di preparato”.
Il sacerdote, ministro della Parola, ci aiuta a spezzare questo Pane e a farci commensali di questa liturgia di misericordia e di compassione che ha nella Scrittura una delle sue “porte” fondamentali (“Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio”, MV 13).
Nella seconda lettura Paolo prende a prestito dalla letteratura pagana questo apologo per esprimere il mistero di comunione che è la Chiesa; la qualità che sembra emergere in questo organismo così sapientemente disposto e articolato è la cura che le varie membra debbono avere reciprocamente tra loro per custodire l’unità. Quelle più deboli, le più “periferiche” potremmo dire, sono le più necessarie; e se un membro soffre, gli altri com-patiscono con lui.
“Ciascuno secondo la propria parte” ci ricorda il principio di ordine della creazione di Gen 1. Il mistero della ricapitolazione in Cristo risulta evidente nel suo Corpo mistico, dove ognuno è chiamato con la sua vocazione a far risplendere questo mosaico in cui ogni tessera è fondamentale, “fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”. (Ef 4,13)
La collaborazione al ministero apostolico fa sì che il sacerdote sia come la giuntura tra le membra che permette loro, attraverso l’olio della Grazia, di nutrirsi e di mantenere il tono “battesimale” con le esigenze che comporta. Egli ricorda loro anzitutto il mistero di unità e di comunione, vocazione universale che orienta e sostiene quella particolare di ciascuno, e che non è possibile custodire senza la misericordia e la compassione. Nel discernimento vocazionale, il sacerdote aiuta i fratelli a capire il dono particolare affidato a ciascuno per edificare la Chiesa, quella pro-esistenza che ci fa capire che la nostra vita ha senso solo nella misura in cui si fa dono a qualcuno, offerta di sé per i fratelli, corrispondendo a quel dinamismo responsoriale che conferisce verità e pienezza a qualsiasi vocazione.
Ed è proprio la consapevolezza della propria pro-esistenza che anima la pagina del Vangelo di questa domenica, in cui Gesù dà l’avvio al suo mistero pubblico nella sinagoga di Nazareth. La citazione di Isaia e la rilettura attualizzante di Gesù hanno un chiaro riferimento giubilare, che in questo Anno Santo sembra risuonare in modo ancora più incisivo. Sono indicati i cinque cardini della missione profetica di Gesù che hanno come destinatari privilegiati gli ‘anawim, “coloro che sono curvi”. Risulta evidente che “nella visione di Cristo, i poveri devono essere oggetto dell’attenzione, della cura e della premura della Chiesa” (G. Ravasi, Il significato del Giubileo, EDB 2015, p. 55).
Ritorna anche un termine caro a Luca, “oggi”, che usa solitamente per annunciare la salvezza di una persona che ha accolto Cristo: pensiamo ad esempio a Zaccheo (“Oggi la salvezza è entrata in questa casa”) o al miserabile che condivide con lui l’ignobile sorte della croce (“Oggi sarai con me in paradiso”). È l’oggi dello Spirito, in cui Dio visita il suo popolo e questi è chiamato a riconoscere la qualità di questo kairos: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. […], perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. (Lc 19,42ss.)
Il sacerdote, nella comunità cristiana, è chiamato a promuovere e a guidare questo discernimento ecclesiale dei segni dei tempi. Francesco, rivolgendosi al clero della diocesi di Roma, così affermava nel marzo dello scorso anno: “Noi siamo qui per ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la Chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il tempo della misericordia. Di questo sono sicuro. Noi stiamo vivendo in tempo di misericordia. Nella Chiesa tutta è il tempo della misericordia.”. (Francesco al clero romano, 06/03/14)
Non a caso il brano di Lc 4 è quello previsto dalla liturgia come pericope evangelica nella S. Messa Crismale, in cui i sacerdoti rinnovano le promesse della loro ordinazione presbiterale e si associano alla preghiera con cui il vescovo benedice il santo crisma, l’olio dei catecumeni e quello degli infermi, segni sacramentali di quella Grazia che ci consola, ci libera, ci illumina e ci rinnova e che ci permette di non vi rattristarci, “perché la gioia del Signore è la vostra forza!” (Ne 8,10)

d. Alessandro Ravazziniazzini

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