Reggio Emilia. Don Dino Torreggiani: Chiesa povera e serva

laliberta.info

Il 14 marzo 2024 è stata una data importante per la Famiglia dei “Servi e Serve della Chiesa”. Una delegazione composta dai responsabili generali, da alcuni membri dell’Istituto e da don Lorenzo Zamboni (promotore di giustizia della causa diocesana) ha incontrato il nuovo postulatore, l’avvocato Carlo Fusco, che seguirà a Roma la causa di beatificazione di monsignor Dino Torreggiani.

La delegazione si è quindi spostata al Dicastero delle Cause dei Santi, con la presenza di altri membri dell’Istituto e del dottor Marzio Arduini (storico teologo) per dissigillare la documentazione inviata dall’Istituto dopo la chiusura del processo diocesano. Il lungo lavoro di studio e verifica di tutti i documenti e delle testimonianze – oltre 23.800 pagine – porterà ad un testo finale, la “Positio”, che sarà sottoposto al giudizio dei Cardinali e del Papa.

Il 14 marzo è stato dunque il punto di arrivo di un impegno di ricerca e collaborazione, iniziato oltre 20 anni fa, per consegnare alla Chiesa la testimonianza luminosa di questo figlio totalmente preso da un amore appassionato per il rinnovamento ecclesiale, alla ricerca dei più miseri e trascurati. E questo amore don Dino lo aveva pensato e vissuto come dimensione connaturale dell’essere Chiesa, da vivere in quanto credenti, sia laici che presbiteri.

La missionarietà della Chiesa non può non portare alla ricerca di chi è dimenticato o respinto, per ‘far sentire – diceva don Dino – la sua maternità’ a questi figli, farli rialzare e restituire loro la dignità di figli di Dio. È stato questo il motivo delle ‘mille’ iniziative da lui intraprese in campi diversi, dai ragazzi e giovani dell’oratorio di San Rocco, ai carcerati ed ex carcerati, alla gente dei Luna Park e dei circhi, agli addetti al culto (i sacrestani), fino a delineare la ripresa del diaconato permanente, anticipando in questo il Concilio Vaticano II.

Don Dino ha vissuto con gioia la missionarietà della Chiesa, a cui Papa Francesco ci richiama dall’inizio del suo pontificato, con l’Evangeli Gaudium. Forse potremmo chiederci quanto le nostre chiese vivono una dimensione di ricerca e di annuncio del Vangelo ai più sconsolati o dimenticati.
E ancora, don Dino ha vissuto l’opzione per i poveri come una categoria teologica, nella piena tradizione della Chiesa che Papa Francesco ricorda (EG 198). E voleva che i poveri accolti da lui o dagli altri Servi si sentissero a casa loro (cfr. EG 199).

Tutto nacque dalla prima intuizione di don Dino: “L’idea di mettere sotto il calice della mia prima Messa, all’altare della cara Madonna della Ghiara, un semplice biglietto per fissare le grazie speciali che domandavo alla Madonna: la grazia di praticare i voti religiosi restando sacerdote diocesano, la grazia di darmi alle categorie più abbandonate”.
Tale intuizione sarà feconda di sviluppi. Anzitutto la prospettiva di una vita totalmente donata attraverso l’impegno dei voti, rimanendo inseriti nella realtà sociale ed ecclesiale, condividendo la vita di tutti, come fermento evangelico; è la realtà degli Istituti Secolari, che don Dino precorreva vent’anni prima.

Inoltre l’idea di pronunciare i voti restando prete diocesano dice la fede nel sacramento del Vescovo, centro di comunione, per armonizzare i diversi carismi che lo Spirito distribuisce nella Chiesa; anche in questo don Dino precorreva il Concilio, nella centralità del ministero del Vescovo in una Chiesa ministeriale, tutta al servizio, aspetto che dobbiamo ancora riscoprire nella sua verità e bellezza.

Infine il dono della vita attraverso i voti e la grazia di darsi alle categorie più abbandonate implicano una scelta di povertà e servizio; tale scelta, che fonda il carisma dei Servi della Chiesa, ha trovato conferma nell’esortazione del Concilio (cfr. Lumen Gentium 8, Chiesa – Popolo di Dio) e oggi, nel contesto di globalizzazione e disparità crescente tra ricchi e poveri, alla luce della Laudato si’ e del magistero del Papa, si presenta come scelta di giustizia ineludibile per ogni uomo e donna o comunità civile, tanto più in un cammino di Chiesa.
Infine la vocazione di Don Dino ha avuto origine da un fatto di sangue: aveva otto anni quando un suo parente in un alterco uccise il parroco di san Bartolomeo; sua madre sgomenta gli disse: “Tu prenderai il suo posto, sarai sacerdote!”. Da allora Dino dirà che non ebbe mai alcun dubbio sulla sua vocazione.

Ciò che oggi potrebbe farci sorridere ci richiama comunque a una verità profonda: comprendere la propria scelta di vita è fondamentale, eppure il discernimento è azione in cui siamo inesperti, o a cui ormai non diamo importanza, ne’ tempo. Elemento indispensabile per il discernimento, ricordava anche Papa Francesco (cfr. catechesi del 19.10.2022), è abituarsi a leggere gli eventi della propria vita (“Cosa mi dice quanto è accaduto?”) perché nella vita Dio ci parla. Ascoltiamolo.

 

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