Libro Preti per una Chiesa in uscita

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L’esercizio del ministero cattolico in Occidente, come è noto, è stato profondamente segnato dall’atteggiamento che la Chiesa ha assunto tra la fine del I e il corso del II millennio rispetto alle questioni che via via le si sono presentate: il rapporto con il potere temporale, le istanze interne di riforma, la nascita degli Stati, la crisi luterana, il confronto con la modernità, fino alla dialettica con i grandi totalitarismi del Novecento. Volendo dunque interrogarsi sulle condizioni di esercizio del ministero attuale incarnato nella vita di numerosi preti, è necessario dare uno sguardo alla storia.

Soprattutto per quanto riguarda l’Italia, è impossibile non tener conto del cammino ecclesiale degli ultimi secoli e prescindere da alcune precise scelte che lo hanno orientato. Nello stesso tempo, è evidente che il XXI secolo si è aperto suggerendo alla comunità credente priorità diverse rispetto a quelle consegnatele dalla tradizione. Alcune annose questioni hanno trovato una composizione pacifica, mentre si sono creati scenari nuovi che interpellano i cristiani. La tesi di fondo del volume è che i cambiamenti storici possono essere un’occasione di riforma e di crescita, a condizione che non siano vissuti come traumi irreparabili in quanto mettono in crisi lo status quo. Il ministero cattolico, proprio per il retaggio storico che lo caratterizza, è un’istituzione che richiede un ripensamento audace perché possa svolgere efficacemente il servizio a cui è chiamato.

Dopo una ricognizione storico-teologica, l’A. ipotizza alcuni sentieri su cui il ministero ordinato dovrebbe incamminarsi. Le riflessioni proposte individuano essenzialmente tre indirizzi. Il primo è costruire un nuovo rapporto tra presbiteri e comunità. La teologia del popolo di Dio suggeriva di intendere il servizio di presidenza all’interno di un’ecclesiologia comunionale nella quale il ministro non fosse solo, ma una delle espressioni della comunità. Tale visione, sostiene l’A., ha avuto scarse ricadute pratiche e ha lasciato le prassi pastorali nel complesso intatte. È tutta la Chiesa, compresi i suoi ministri, chiamata a una riforma. Senza questo orizzonte ampio rischia di rimanere sterile ogni possibile cambiamento.

Il secondo impulso viene dalla necessità di rivedere la formazione permanente dei preti. Spesso si osserva che essa è lasciata all’autodeterminazione del singolo ed è considerata quasi un lusso che, nelle frenetiche circostanze attuali, non ci si può più permettere. Questo fa sì che quella del sacerdote sia una delle attività in cui è meno curata l’esigenza di aggiornamento e dove in fondo si afferma la consapevolezza che, una volta apprese alcune nozioni, esse siano sufficienti per sempre. La rapida evoluzione di fenomeni sociali e culturali, in realtà, mette in luce drammaticamente il bisogno di formazione come una delle sfide più sottovalutate degli ultimi anni.

Infine, l’A. prende atto della drastica riduzione quantitativa dei preti e suggerisce di ripensare la loro presenza capillare sul territorio. Finora la crisi vocazionale è stata compensata sia dalla sostituzione sempre più incipiente con sacerdoti ordinati nati all’estero e in servizio nelle diocesi locali mediante convenzioni stabilite tra vescovi, sia da un esercizio straordinario chiesto ai singoli, spesso chiamati a guidare anche quattro o cinque comunità diverse.

Da questo scaturisce l’umile invito dell’A. a percorrere invece vie più faticose e più lente, come quelle delle unità pastorali, della sinodalità e della ricerca di nuove forme di ministerialità. Si tratta di percorsi su cui la riflessione teorica è già piuttosto matura, sebbene essi siano stati attivati forse con timidezza, con l’insorgere di dubbi che il volume tenta saggiamente di illuminare. La «Chiesa in uscita», grande paradigma missionario di papa Francesco, diviene a tale riguardo il supplemento di maggiore audacia e creatività per offrire validi elementi a quanti si spendono nella proclamazione e testimonianza del messaggio salvifico di Cristo, buon Pastore.

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