Covid: casi scendono sotto i 10 mila, sono 9.338, 73 morti Incidenza positivi/tamponi sale al 9,4%

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(ANSA) – ROMA, 19 OTT – Scendono sotto i 10 mila i casi di positività al coronavirus. Nelle ultime 24 ore i contagiati sono stati 9.338. Si tratta del primo calo da una settimana. I tamponi effettuati sono stati 98.862. I deceduti sono 73. Lo rende noto il bollettino del ministero della Salute. Sale al 9,4% l’incidenza del numero di persone risultate positive rispetto al numero complessivo di tamponi effettuati nelle ultime 24 ore (precisamente il 9,44%). Sono 134.003 le persone attualmente positive al Covid in Italia (7.766 in più rispetto a ieri). Di queste, 7.676 (+545) sono ricoverate nei reparti ordinari mentre 797 (+47) sono in terapia intensiva: 113 sono in Lombardia, 111 nel Lazio, 85 in Campania e 72 in Sicilia. I decessi hanno raggiunto quota 36.616 (+73)e i guariti sono in tutto 252.959 (+1498). I contagiati totali in Italia sono 423.578. (ANSA)

“Ripartiamo insieme”: linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid

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Cosa vuole dire essere “cristiani” nel tempo della pandemia e dopo l’esperienza del lockdown? Quale insegnamento possono trarre le nostre Chiese locali e la catechesi in generale da questa stagione dell’umanità? Come può la comunità cristiana modificare se stessa per essere più aderente al Vangelo e più capace di annunciarlo al mondo di oggi? A queste domande cerca di dare una risposta il Documento elaborato dall’Ufficio Catechistico Nazionale (UCN) che propone piste da percorrere e spunti di riflessione per una conversione ecclesiale che favorisca una maggiore aderenza alla vita delle persone e maggior efficacia nell’azione catechistica.
“Siamo consapevoli che anche la Chiesa italiana si trova in un delicato tempo di passaggio, che è anche una grande opportunità: se da un lato riprenderà al più presto la proposta catechistica con le dovute precauzioni sanitarie, dall’altro sentiamo forte l’esigenza di un nuovo discernimento sulla realtà pastorale e sociale e sul rilancio dei percorsi catechistici”, spiega mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’UCN.
Il testo si compone di due parti: la Sintesi dei Laboratori ecclesiali sulla catechesi (svolti da maggio a luglio) che rappresenta una foto realistica della catechesi nella Chiesa italiana scattata “dal basso” da quanti operano sul campo, e “Per dirci nuovamente “cristiani”. Spunti per un discernimento pastorale alla luce di At 11, una riflessione che offre alcune chiavi di lettura per decodificare il presente e per individuare nuove vie evangeliche nel prossimo futuro. Si tratta del frutto prezioso del lavoro sinodale – svolto in questi ultimi mesi – che ha visto molti Vescovi protagonisti durante i laboratori sull’annuncio, insieme ai membri della Commissione Episcopale per la Dottrina, l’Annuncio e la Catechesi, ai Vescovi delegati regionali per la catechesi e ai membri della Consulta nazionale, ai Direttori CEI degli Uffici Pastorali e ai rappresentanti di AC e AGESCI.
All’indomani del lockdown che ha messo in evidenza alcuni limiti che la prassi abitudinaria non consentiva di vedere, il Documento si presenta dunque come uno strumento utile per i Vescovi, i Direttori degli Uffici catechistici e i catechisti stessi che sono in prima linea nella fase di ripartenza del nuovo anno pastorale. Nella consapevolezza che “alla Chiesa interessa accompagnare ciascuno nei passaggi di vita, piuttosto che il semplice espletamento di un precetto; far vivere e far maturare l’esperienza sacramentale; alimentare e nutrire una speranza affidabile; attivare processi di trasformazione, piuttosto che cercare affannosamente soluzioni immediate”.​

Chiese europee: la comunità internazionale si impegni per la pace in Nagorno-Karabakh

ROMA-ADISTA. Aumentare gli sforzi per una soluzione pacifica duratura nella regione del Nagorno-Karabakh, l’area contesa fra Armenia e Azerbaigian. Lo chiede al “Gruppo Minsk ” dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e al Servizio europeo per l’azione esterna responsabile per gli affari esteri dell’Unione Europea (Eeas) la Conferenza delle chiese europee (Kek), organizzazione ecumenica che rappresenta 114 chiese.

Nelle lettere ai copresidenti del Gruppo Minsk dell’Osce e all’Alto Rappresentante Eeas, il segretario generale della Kek, Jørgen Skov Sørensen, ha espresso grave preoccupazione per l’attuale escalation del conflitto tra Armenia e Azerbaigian. «Esortiamo l’Eeas – ha detto – a offrire tutte le sue capacità diplomatiche e di mediazione per una soluzione pacifica in linea con i principi del diritto internazionale e le sue norme, per garantire una pace duratura e al fine di prevenire una ricaduta del conflitto nella regione del Caucaso».

Il segretario generale della Kek ha anche sottolineato la necessità di una collaborazione efficace, suggerendo «l’inclusione di leader religiosi nel processo di negoziazione da entrambe le parti per aiutare il processo di riconciliazione». Ha inoltre incoraggiato le organizzazioni internazionali a garantire l’accesso agli aiuti umanitari.

In sciopero della fame, sta morendo un attivista palestinese detenuto senza processo

In sciopero della fame, sta morendo un attivista palestinese detenuto senza processo

Il “Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati”, la Ong  B’Tselem (ebraico: ????, “a immagine di”, come in Genesi 1,27), ha lanciato l’allarme sulla situazione del palestinese 49enne Maher Al-Akhras, detenuto in regime di “fermo amministrativo”: è «sul punto di morire», ha informato a causa di un digiuno completo che non intende sospendere e che ha reso necessario il ricovero all’ospedale Kaplan di Rehovot. Arrestato nel luglio scorso nei pressi di Nablus perché accusato di intrattenere legami con la Jihad islamica, un gruppo armato estremista palestinese, e sottoposto a detenzione amministrativa, non ha mai subito un processo o ricevuto accuse formali dalla procura militare israeliana. È ancora in fermo “cautelare”, per non meglio precisate “ragioni di sicurezza”, fondato su una nota dello Shin Bet, il servizio segreto.

La detenzione amministrativa applicata da Israele – spiega in un lancio di oggi l’agenzia AsiaNews – permette di fermare un sospetto per lunghi periodi, anche senza accuse precise, e può essere rinnovato ogni sei mesi in modo unilaterale. Tale misura, un tempo applicata solo verso militanti palestinesi, ora vale anche per gli israeliani sebbene i critici si mostrino scettici sulle modalità di applicazione.

Invocando la liberazione dell’attivista palestinese, per la quale si è espresso anche il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh, ieri – informa ancora l’agenzia ­ ieri sono scese in piazza alcune decine di manifestanti nel centro di Ramallah. Dall’8 ottobre, inoltre, è partita una campagna internazionale su Twitter con gli hashtag #SaveMaher #DignityStrike.

Gli avvocati di Maher Al-Akhras hanno presentato la richiesta di scarcerazione davanti alla Corte suprema, ma l’istanza deve essere ancora studiata dai giudici che hanno chiesto ulteriore tempo prima di prendere una decisione.

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“Preti Operai. Borghi Politi Fanfani e l’esperienza toscana”: il documentario e il trailer

“Preti Operai. Borghi Politi Fanfani e l'esperienza toscana”: il documentario e il trailer

«Che non cessi mai nel cuore dell’uomo la speranza umana, la solidarietà con gli sfruttati, la certezza che domani abbatteremo ciò che è vecchio per fare la novità del Vangelo»…

“Preti Operai. Borghi Politi Fanfani e l’esperienza toscana” è il titolo del documentario sull’esperienza dei preti operai in Italia, rivoluzionaria nella società e nella Chiesa. Il film sarà proiettato per la prima volta mercoledì 21 ottobre, alle ore 21, al Cinema Excelsior di Empoli. A causa delle necessarie cautele anti-contagio, a questa prima, scrive Luigi Consonni a nome della redazione della rivista Preti Operai che lancia l’evento, potranno partecipare poche persone, e per questo è necessario prenotarsi, telefonando o scrivendo un messaggio al 339/3004746. «Un video-documento da conoscere», scrive ancora Consonni, «che potremo gustare nella prossima primavera a Bergamo (covid permettendo). E che, su richiesta, potremo mostrare di nuovo in giro per l’Italia».

Nel frattempo, è disponibile su YouTube il trailer https://www.youtube.com/watch?v=ynlQCPi95pU&feature=youtu.be con interessanti contenuti che anticipano la proiezione.

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Dal gruppo di ricerca “DiReSoM” una proposta per continuare a celebrare in sicurezza

Il gruppo di ricerca DiReSoM, coordinato dal Prof. Pierluigi Consorti, ordinario di diritto e religione all’Università di Pisa, e composto da professori e ricercatori di diverse università statali italiane – che nel corso di questa pandemia ha attivato il primo portale web internazionale su diritto, religione e coronavirus (www.diresom.net) –, ha pubblicato un secondo Position Paper sulla necessità di garantire le celebrazioni religiose in sicurezza, dopo il Dpcm del 13 ottobre 2020. “Si può parlare – afferma Consorti – di disordine nell’emergenza, quando invece, in questo momento che vede la curva epidemiologia salire progressivamente, abbiamo bisogno di maggiore ordine, soprattutto nella produzione delle fonti normative”. “Chiediamo così al governo italiano e alle rappresentanze confessionali una maggiore chiarezza nel definire gli standard di sicurezza da garantire per le celebrazioni religiose con partecipazione di fedeli”. Tante norme sono ormai cadute in desuetudine ed un’operazione di chiarezza da parte delle istituzioni civili e religiose si rende quanto mai necessaria, anche perché “osserviamo con preoccupazione – continua – un’applicazione disomogenea dei Protocolli sanitari sul territorio nazionale”.

Un esempio può essere rappresentato, per la Chiesa cattolica, dal sacramento della Confermazione. “Il Protocollo tra governo italiano e Chiesa cattolica – sostiene ancora Consorti -, allegato all’ultimo Dpcm, prevede al paragrafo 3.10 la sospensione delle celebrazioni delle cresime. Ma da una lettera che la Presidenza della Cei ha inviato ai vescovi italiani, a luglio 2020, sembra che dopo un’interlocuzione con il governo, sia stata data la possibilità di riprendere il rito. Adesso il Dpcm del 13 ottobre rinvia espressamente ai Protocolli sanitari siglati con le confessioni religiose, e, quindi, anche a quello firmato con la Chiesa cattolica. Ora, ci chiediamo, questa sospensione è ritornata operativa? E non basta a sciogliere il dubbio un comunicato stampa della Conferenza episcopale italiana”.

“Se così fosse – conclude Consorti – le tante celebrazioni delle cresime, programmate in queste settimane in diverse diocesi italiane, dovrebbero essere sospese. È necessario garantire la dimensione collettiva del diritto alla libertà religiosa, e quindi lo svolgimento dei riti, ma in condizioni di sicurezza”.

Il testo completo del documento può essere letto al seguente link: https://diresom.net/2020/10/15/per-continuare-a-celebrare-in-sicurezza-riordinare-lemergenza/.

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La Chiesa e il suo dono (la missione)

di: Gabriele Ferrari

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Chi conosce il libro, ormai classico, di David J. Bosch, Transforming Mission (Trad. italiana La trasformazione della missione, Queriniana, Brescia 2000) sa che si sono elaborati parecchi paradigmi (almeno 11, se non vado errato) con cui si può interpretare la missione. Già il fatto della moltiplicazione dei paradigmi succedutisi, mostra che la missione è un evento e un processo di una profondità quasi inesauribile dovuto certamente al fatto che la missione ha le sue radici nella ss.ma Trinità e si svolge in un mondo in continua accelerata evoluzione.

In quest’ultimo decennio la missione è tornata ad essere un tema imprescindibile della teologia. Papa Francesco ha riportato la missione in primo piano nel suo progetto di riforma della Chiesa e la “Chiesa in uscita” (Evangelii gaudium 20) è un’idea centrale nel magistero di Francesco che ha chiesto a ogni Chiesa una «conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno» (Evangelii gaudium 25) come obiettivo centrale del proprio programma pastorale. Se la Chiesa vuol tornare a essere pienamente se stessa, deve ricuperare il suo “essere missione”.

Finito il regime di cristianità, in un tempo segnato dal fenomeno della secolarizzazione e in un contesto di rapida globalizzazione, la Chiesa deve fare i conti con un molteplice pluralismo e non può pretendere di esportare sic et simpliciter la verità di cui è depositaria e servitrice e imporla a chi non la conosce: cederebbe a un indebito complesso di superiorità e trasformerebbe l’annuncio in una forma di violenza che la Chiesa non deve permettersi; nello stesso tempo, essa non può ignorare il mandato missionario di Gesù finendo in un relativismo religioso che vive la missione come un «dialogo in assenza di verità» (p. 153): una contraddizione della missione.

E allora, alla fine, che cos’è missione? Archiviate le missioni (dette anche missioni estere), il termine missione rischia di essere un termine pass-partout applicabile ad ogni impegno da quello politico all’economico, dal sociale al religioso e apostolico. È quindi importante e urgente continuare a precisare il senso e l’ambito di questo termine che si colloca tra la teologia e l’ecclesiologia.

Questo è il tentativo messo in atto – secondo noi con successo – da don Roberto Repole, prete della diocesi di Torino, docente di teologia sistematica alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, sezione di Torino, presidente dal 2011 al 2019 dell’Associazione teologica italiana. Egli affronta il vasto campo della missione della Chiesa e vi si addentra con un nuovo paradigma, il paradigma del dono, come dice il titolo del suo libro: La Chiesa e il suo dono, la missione fra teo-logia ed ecclesiologia, apparso nella Biblioteca di teologia contemporanea della Queriniana (2019).

La tesi dell’opera è chiaramente esposta nel titolo: la missione è il dono della Chiesa, la quale è in se stessa dono, perché si riceve da Dio Trinità che, pure nel mistero del Verbo incarnato, si rivela essere dono o, se si vuole, ospitalità offerta all’umanità.

Per comprendere il senso del dono, Repole interroga la filosofia contemporanea e mostra anzitutto che non ogni dono è necessariamente dono, perché che ci sono dei doni che creano dipendenza e non libertà. Per questo Jacques Derrida conclude con affermazione provocatoria: «se c’è un dono, esso è impossibile», che vuol dire che il dono, in quanto dono, produce un contro-dono nella reciprocità, una specie di restituzione. Reagisce e completa quest’affermazione Jean-Luc Marion, il quale afferma che il dono è possibile e vive di gratuità, perché non richiede nulla in contraccambio; esso crea reciprocità e, nella sua sovrabbondanza, produce una ulteriore apertura che è ridondanza: bonum diffusivum sui, perché il dono si riassume nel fare spazio all’altro, nel concedergli ospitalità.

Dopo aver assodato la possibilità e le condizioni del dono, Repole, nella seconda parte dell’opera, scruta con rispetto e devozione – in pagine non solo di profonda teologia, ma spesso anche di afflato mistico che nutrono il cuore e fanno pregare – il mistero della ss.ma Trinità che è il grembo della missione. Tutto nella Trinità è dono. In essa il Figlio, dono del Padre e da lui inviato nel mondo, riceve dal Padre il dono dello Spirito per trasmetterlo al mondo attraverso la sua Chiesa.

Il Figlio, al momento della sua risurrezione, ascende al Padre portando con sé tutta la natura umana che egli ha assunto nell’incarnazione e così la Chiesa diventata grazie allo Spirito il corpo di Cristo, animato dal dono dello Spirito, si trova accolta, ospitata nella ss.ma Trinità. Così anche la Chiesa, ospitata dal Padre nella comunione dello Spirito Santo, ridonda il dono ricevuto, facendosi dono, ospitalità per il mondo, ospitalità per tutti. Ospite di Cristo e in Cristo, la Chiesa popolo di Dio nella forma di Corpo di Cristo e in forza dello Spirito, vive della vita di Dio e ne fa dono al mondo quando annuncia il mistero pasquale di Gesù: «Se ciò che si deve donare nell’annuncio è lo spazio che si è aperto in Cristo, questo non verrà “detto” se non laddove ci siano dei cristiani che si fanno essi stessi spazio ospitale per gli altri uomini: l’annuncio non può avvenire senza questa testimonianza; e viceversa» (p. 343). Questa è la missione della Chiesa la quale, sia detto qui per inciso, rigenera continuamente se stessa e, grazie alla missione, è continuamente in fieri (cf. p. 279).

La missione è il dono ricevuto e condiviso nell’annuncio, nel dialogo con le culture e le religioni non cristiane, nel servizio del mondo, soprattutto ai più poveri e agli scarti della società e nella creazione di altre comunità che, a loro volta, vivono lo stesso dinamismo del dono.

Chi conosce un po’ lo svolgersi della missione, sia in senso diacronico nel corso cioè della sua storia, sia nel senso sincronico nella sua attuale dinamica, troverà in questo libro di Repole una preziosa conferma del cammino della missione nella storia e nella prassi missionaria e un’illuminata presentazione delle sue attuali componenti emerse in questi ultimi decenni della storia. Comprenderà anche la logica di certe scelte fatte da papa Francesco che possono sembrare incomprensibili e, a qualcuno, anche non ortodosse, soprattutto se non ha seguito il cammino della storia e della Chiesa in questi ultimi tempi.

Il libro di Repole è un libro che dovrebbe leggere chi vuol conoscere e vivere la missione, come una dinamica connaturale con il divenire cristiano. Non basta ripetere che la Chiesa è «per sua natura missionaria» (Ad gentes 2) e che deve essere “Chiesa in uscita”, bisogna cercare le ragioni di quest’affermazione e trarne coerentemente le conseguenze nella vita delle comunità cristiane. Questo è ciò che il libro di Repole permette di fare e per questo è un libro da consigliare.

  • Roberto RepoleLa Chiesa e il suo dono. La missione fra teo-logia ed ecclesiologia, Queriniana, Brescia 2019, pp. 421, € 30,00.
  • Settimana News

Affidare i “processi” al popolo di Dio. Audacia che occorre esercitare per imboccare, senza ulteriori ritardi, i sentieri aperti dal primo papa gesuita

di: Roberto Oliva

avviare processi

Il 19 ottobre di sei anni fa si chiudeva la III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia che ha raggiunto il suo culmine nella pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale più discussa di sempre, Amoris laetitia. Il dibattito provocato ha fatto emergere le prime importanti frizioni intorno al pontificato di Francesco, che il prossimo 17 dicembre compirà 84 anni.

Il recente contributo di Marcello Neri “Per Francesco” su SettimanaNews ha evidenziato l’ormai palese bipolarismo che ruota attorno all’odierno pontificato: l’opposizione dei reazionari e la crescente onda degli scontenti. Lo sbocco imprevedibile del Sinodo sull’Amazzonia (nonostante il papa stesso lo abbia definito ancora aperto) suscita pressanti domande circa l’audacia che occorre esercitare per imboccare, senza ulteriori ritardi, i sentieri aperti dal primo papa gesuita.

Il suo modo di procedere, il peso degli anni e la fatica delle resistenze che incontra, non possono costituire in alcun modo motivo per tirare i remi in barca o per delegare al prossimo papa il coraggio delle scelte audaci. A. Melloni ha ipotizzato la pandemia da Covid-19 come l’evento che segnerà l’inizio della fine del papato di Bergoglio, servendosi della drammatica immagine che lo ritrae in una Piazza San Pietro deserta la sera del 27 marzo 2020.

Ma non corriamo forse il rischio di sprecare le occasioni nate dai processi innescati da papa Francesco? Cosa attende ancora la comunità ecclesiale, soprattutto dopo la crisi pandemica in atto?

Queste domande possono diventare un autentico esercizio di discernimento comunitario, tenendo presente quello che papa Francesco ha precisato sin dall’inizio del suo pontificato: occorre «avviare processi, più che occupare spazi» (Evangelii gaudium, 223): ma chi è responsabile, cioè continuatore dei processi avviati?

Siamo tentati di ammettere che questa domanda interpella in prima istanza l’episcopato, oggetto (prima e durante il Vaticano II) di un’attenta analisi teologica sul rapporto con il successore di Pietro (basta valutare a tal proposito la cosiddetta Nota explicativa praevia del 16 novembre 1964). Il nodo dell’episcopato era e continua a essere cruciale per la recezione dinamica del Vaticano II in ordine alla riforma della Chiesa: poiché resta affidata ai ministri ordinati la possibilità di accelerare o ridurre i processi in corso.

La valorizzazione da parte di Francesco del Sinodo dei Vescovi percorre questa strada, sebbene la comunione dell’interno del corpo episcopale con il suo capo non possa ridursi solo a momenti circoscritti, ma debba animare realmente una communio non solo affettiva ma anche effettiva (troviamo l’espressione affectus collegialis in Lumen gentium 23). La menzione e valorizzazione del collegio episcopale, rispetto all’accentuazione del primato petrino del Vaticano I, favorisce il coinvolgimento dei vescovi in merito alla responsabilità in questione, unitamente alla Chiesa locale che governano.

Non si tratta qui di sgravare unicamente la responsabilità dei vescovi, e nemmeno di avallare l’impostazione “gerarcologica” della Chiesa, bensì di valorizzare la ricchezza della Chiesa locale nella quale si riflette l’universalità del popolo di Dio. Si valuta quindi la responsabilità dell’episcopato (strettamente connesso al nostro tema il problema delle nomine episcopali!) perché si valorizzi la preziosità teologica e ministeriale della Chiesa locale composta da battezzate e battezzati.

La ripresa evidente dell’ecclesiologia del popolo di Dio da parte di Francesco indica il desiderio urgente di consegnare i processi aperti a tutto il popolo dei battezzati. È come se Francesco passasse il testimone dei processi avviati, non alle sensibilità più o meno aperte dei vescovi, ma al fiuto della fede del santo popolo di Dio. Questo non secondo una logica meramente retorica o populista, bensì secondo una ecclesialità realmente cattolica che abbia la libertà di esprimersi per mezzo di carismi e ministeri.

La crisi pandemica in atto ha palesato le deficienze che attanagliano la Chiesa (non soltanto a causa degli scandali economici), fornendo allo stesso tempo la possibilità di aprire a un’ecclesiologia non manovrata esclusivamente dalle istanze clericali, ma arricchita dal sacerdozio comune dei battezzati e delle battezzate.

Settimana News