Il card. Bassetti sulla scuola: “Italia fanalino di coda Ue su stipendi docenti”

Tv2000

Il presidente della Cei parla a Tv2000 durante la serata ‘Giù le mani dalla scuola’, in onda mercoledì 18 settembre ore 21.05. Il programma lancia la serie ‘Maestri’ in onda dal 20 settembre in seconda serata. Programmazione speciale di Tv2000 in occasione dell’apertura del nuovo anno scolastico. 
“Purtroppo siamo il fanalino di coda dell’Europa anche nella retribuzione degli insegnanti. Lo voglio dire con forza”. Lo dice il presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Gualtiero Bassetti, ospite della serata ‘Giù le mani dalla scuola’, in onda su Tv2000 mercoledì 18 settembre ore 21.05.

In Venezuela si annuncia un tavolo nazionale per la pace con parte dell’opposizione



L’Osservatore Romano

Mentre il leader dell’opposizione Juan Gaidó ha dichiarato di considerare «esaurito» il dialogo con il governo di Nicolás Maduro, promosso dal Governo norvegese, il governo venezuelano e alcune parti dell’opposizione hanno annunciato ieri di aver raggiunto un accordo per un Tavolo nazionale di dialogo per la pace.Guaidó ha affermato che «coloro che usurpano il potere hanno bloccato una soluzione pacifica», rifiutandosi di discutere e concordare una proposta presentata dalla sua delegazione «per mettere fine a questo conflitto». «La proposta di soluzione che abbiamo messo a punto — ha sottolineato Guaidó — è stata consegnata ai mediatori del Regno di Norvegia e ai rappresentanti di Maduro».

Assicurazioni auto, il prezzo medio scende a 405 euro

avvenire

Si tratta, rilevano all’Ivass (l’Istituto di vigilanza), del costo più basso dal 2012, da quando cioè è iniziata la rilevazione statistica. Sconti legati alla presenza della scatola nera

Assicurazioni auto, il prezzo medio scende a 405 euro

Buone notizie per gli automobilisti italiani. Continua e si rafforza, infatti, l’andamento decrescente dei prezzi delle assicurazioni auto. Gli ultimi dati del Bollettino Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) relativi al secondo trimestre 2019 indicano un calo su base annua dell’1,5% (dal -0,9% del primo trimestre), con un premio medio Rc auto su base nazionale di 405 euro. Si tratta del prezzo più basso dal 2012, da quando cioè è iniziata la rilevazione statistica. 

Il calo è più intenso al Sud e nelle isole: a Enna, Caltanissetta, Catanzaro e Vibo Valentia le riduzioni sono state superiori al 4,5% (fino al 5,7%). A Roma i prezzi sono diminuiti del 4%. Nonostante la riduzione in atto in alcune aree, tuttavia, l’Ivass sottolinea come il livello dei prezzi rimane comunque molto eterogeneo fra le diverse province. L’89% delle polizze usufruisce di uno sconto in media del 34%, mentre le imprese tradizionali tendenzialmente riconoscono sconti più elevati a percentuali più ampie di assicurati. 

A favorire la riduzione dei prezzi applicati per la Rc auto sono anche i successi legati alle frodi: non a caso è in aumento il numero di assicurati che installano la scatola nera, la cui diffusione però resta ancora molto eterogenea con una maggiore “penetrazione” al Sud. Il 21,5% delle polizze Rc auto stipulate nel secondo trimestre del 2019 prevede uno sconto legato proprio alla presenza del dispositivo. Negli ultimi 12 mesi la tendenza ha nuovamente accelerato: rispetto all’anno precedente i sistemi che registrano stili di guida e dati di percorrenza sono aumentati di 1,4 punti percentuali (contro il mezzo punto percentuale dello scorso anno). Il successo della scatola nera è eterogeneo: la popolarità maggiore si riscontra al Sud con valori superiori al 40% (Reggio Calabria, Crotone e Napoli) ed è massima a Caserta (63%).

Musica Classica. Isabelle Faust: «Con Bach viaggio in un altro mondo»

La violinista tedesca domani a Pisa esegue per Anima Mundi le Sonate e Partite per violino solo. «Una meditazione intellettuale ed emotiva estrema. Per un pubblico preparato»

La violinista tedesca Isabelle Faust

La violinista tedesca Isabelle Faust

Avvenire

Sei Solo a Violino senza Basso accompagnato. Così Johann Sebastian Bach scrive sul frontespizio del manoscritto, datandolo 1720. Nelle pagine che seguono tre Sonate e tre Partite, tra loro alternate, in cui Bach (che al momento della conclusione della partitura ha 35 anni) affronta la sfida di sviluppare attraverso uno strumento essenzialmente monodico architetture musicali complesse e armonicamente ricche, mentre il contrappunto si fa “virtuale”, spingendo la memoria a completare le polifonie latenti nella scrittura. Domani a Pisa, nell’ambito del festival Anima Mundi, sarà Isabelle Faust a trasformare in suono questo universo vertiginoso. Quasi due ore e mezza di musica, una vera impresa per l’esecutore e per il pubblico che la violinista tedesca, tra le principali protagoniste della scena concertistica internazionale, scompone in due parti: una prima alle 18 e una seconda alle 21. E sulle quali gravita monumentale la Chaconne che chiude la Partita in re minore, tra i vertici dell’intera opera di Bach. «LaChaconne – scriveva Brahms a Clara Schumann – è per me uno dei brani musicali più belli e incomprensibili. Su un pentagramma, per un piccolo strumento, un uomo scrive un intero mondo dei pensieri più profondi e dei sentimenti più potenti. Se avessi immaginato che avrei potuto creare, persino concepito il pezzo, sono abbastanza sicuro che l’eccesso di eccitazione e l’esperienza sconvolgente mi avrebbe mandato fuori di testa». Isabelle Faust suonerà il suo Stradivari “Bella Addormentata” nel Camposanto, l’area cimiteriale di Piazza dei Miracoli realizzata con la terra riportata a Pisa dalla Quarta crociata. Una curiosa convergenza: secondo infatti la musicologa Helga Thoene la Chaconne sarebbe un “tombeau” per la prima moglie Maria Barbara (morta proprio nel 1720), celando al proprio interno le citazioni di undici corali “funebri”.

Signora Faust, nel suo approccio a un brano sono molto importanti lo studio delle fonti e della tradizione interpretativa ma anche dei testi degli autori stessi come ad esempio i diari, le lettere… Cosa cambia nel- la comprensione della intima struttura musicale di un pezzo conoscere la vita e la personalità di un compositore? E cosa vuol dire ‘autenticità’ nell’interpretazione?

Non credo che una autenticità nel senso dell’esperienza del compositore (parlo ovviamente dei compositori di un altro tempo) sia veramente possibile oggi. Viviamo in un altro mondo e abbiamo un altro bagaglio di esperienze musicali, altre orecchie chi sono abituate a musica di tutti i colori. Ma nonostante tutto questo, per me è importantissimo cercare di avvicinarmi al compositore e alla sua opera attraverso tutti le informazioni che abbiamo a disposizione oggi. Così, con un po’ di fortuna, la mia immagine di un brano e quella della persona dietro le note possono diventare sempre più complete. Questo processo mi aiuta a sentirmi vicina all’origine della musica che interpreto.

Quanto e come entra nella partitura, invece, il presente, ossia il tempo e il mondo in cui viviamo?

Io credo che, sempre cercando di conoscere il compositore e la sua idea sulla sua opera, un interprete deve per forza ricreare la musica che suona attraverso la sua propria ricchezza intellettuale e emozionale. Questo significa, automaticamente, che nell’attualità di ogni interpretazione il mondo contemporaneo gioca un ruolo inevitabile. E lo stesso vale per il pubblico, che si trova sempre a mettere la sua esperienza musicale in relazione con la sua “ palette”, il suo repertorio emozionale che consiste di tutto quello che ha vissuto in questo mondo di oggi.

Anima Mundi è una rassegna di musica sacra. Queste Sonate e Partite non hanno (per lo meno apparente) legame con un contesto sacro e in particolare liturgico. In che senso allora è “musica sacra”?

È musica scritta da un compositore che ha vissuto in una società dove la religione giocava un ruolo preminente. Anche se queste Sonate e Partite non sono esattamente scritte per il servizio liturgico in chiesa, è una musica che porta in un mondo altro attraverso un vero e proprio viaggio. Si tratta quasi di una meditazione posta a un livello intellettuale, ma anche emozionale, estremo.

Lei suonerà la Chaconne come ultimo brano delle due parti del concerto, mentre nella sequenza originale bachiana si colloca a due terzi circa. Cambiano gli equilibri dell’architettura? O la Chaconne è un “ monstrum” tale da avere una vita a sé?

Sicuramente queste pagine non sono state pensate da Bach per essere eseguite come un ciclo intero, come invece io farò a Pisa. È un’esperienza praticabile sostanzialmente solo nel mondo attuale e per fortuna c’è un pubblico ben selezionato che chiede di ascoltare questa musica in questa forma. Metto la Chaconne alla fine della serata perché né io né il pubblico normalmente siamo capaci di ascoltare/suonare altro dopo questo movimento immenso…

Il violino è uno strumento abituato a stare in compagnia. Cosa accade quando resta da solo?

Oh, vede, in realtà con le Sonate e le Partite non sono mai sola: si è sempre almeno in due o tre. E nelle fughe anche in quattro…

Religione. L’Africa animista riletta col Vangelo

Cosa significa essere animisti, ma soprattutto cosa vuol dire arrivare al cattolicesimo dalla religione degli antenati. Il lucido sguardo di un africano, teologo gesuita, alla luce di papa Francesco

Una cerimonia della popolazione Fon, nel sud de Benin

Una cerimonia della popolazione Fon, nel sud de Benin

Avvenire

Anticipiamo uno brano di Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa (Emi, pagine 248, euro 23), il primo libro tradotto in italiano del teologo Agbonkhianmeghe E. Orobator, gesuita, responsabile della Compagnia di Gesù per tutta l’Africa. Già rettore dell’Hekima University College di Nairobi, Orobator è considerato uno dei teologi più quotati del Continente africano.

Animismo’ è stato ed è tuttora un’etichetta peggiorativa e dispregiativa. Nel passato e nel presente ha fornito a sociologi, storici e teologi uno strumento utile per interpretare e codificare la religione del-l’altro, in questo caso quella africana. È dimostrato che questo esercizio di interpretazione e codificazione ritrae il suo referente come primitivo e pagano. Non c’è dubbio che questo approccio sia irrazionale e riduttivo. Semplifica una realtà molto complessa. Tuttavia, accettando l’etichetta ‘animista’, si può portare avanti un discorso e analizzare l’esperienza religiosa africana basata su un incontro diretto piuttosto che su stereotipi e pregiudizi. Mi interessa particolarmente esprimere un giudizio critico, ma rispettoso dei valori insiti nella religione africana, pur restando al tempo stesso fedele al Vangelo come principale depositario del messaggio cristiano. Com’è davvero essere animista? Nel rispondere a questa domanda, lo scopo principale è delineare i fondamenti di un immaginario, di una pratica e una coscienza religiosi solitamente denigrati dai seguaci delle cosiddette religioni del mondo. Dai miei ricordi, e mentre continuo a trarre ispirazione da questa tradizione, emerge come fondamentale per l’intero sistema religioso in Africa una fede profonda nella vitalità del creato. In altre parole, questa tradizione rappresenta una profonda e intensa convinzione che nulla è privo di vita nel mio ambiente naturale, e che «esiste un potere invisibile insito in qualsiasi cosa in ogni momento». Trasposto nelle parole di papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune, ciò significa che «ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua […] Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio» (n. 84).

Dall’albero ancestrale, chiamato ikhinmwin( Newbouldia laevis), che sorgeva al centro della nostra proprietà, al fiume che scorreva a est della città e al turbine di vento che spesso credevamo trascinasse le persone nel mondo degli spiriti, tutto nell’immediato ambiente naturale della mia formazione trasudava forza, energia e vitalità. Difficilmente c’era qualcosa che non incutesse un certo grado di rispetto, e tutto aveva uno scopo. L’albero ancestrale era oggetto di reverenza e contrassegnava lo spazio sacro e il luogo di culto e delle pratiche rituali per la nostra fattoria. Il premio Nobel Wangari Maathai avvalora questa credenza nell’affermare che alberi come questo sono «riconosciuti dalle comunità come punti nodali che connettono il mondo celeste con quello terrestre […] luoghi dove risiedono gli antenati e/o i loro spiriti. Era così che consideravamo e ci riferivamo al sempreverde ikhinmwin. Una stanza delle medicine non è semplicemente la stanza di una casa, un albero non è soltanto un albero. Non c’è da stupirsi, dunque, che oltre a collegare due mondi, costituisca uno spazio di riunione e comunione per famiglie e comunità in cui le differenze vengono messe da parte per ristabilire rapporti e connessioni fondamentali. La sua importanza sta anche nel fatto che facilita la fondamentale capacità di relazione delle dimensioni orizzontale e verticale dell’esistenza. Anche il fiume esigeva rispetto, era oggetto di venerazione da parte degli adoratori della dea dell’acqua. Il turbine di vento incuteva religioso timore.

Non era un vento come gli altri, era lo strumento degli dei. Quando successivamente sono venuto a conoscenza della dottrina della creazione nel cristianesimo e della sacralità presente nel cattolicesimo, aveva senso pensare al ‘vento’, all’’alito’ o allo ‘spirito’ di Dio che aleggiava sulle acque, accarezzando l’universo e risvegliando la natura alla vita all’alba della creazione (Gen 1,1). La mia visione del dominio «su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1,28) acquista significato da questa formazione religiosa. Da convertito al cristianesimo cattolico, come milioni di altri africani ho compiuto una transizione dalla mia fede ancestrale alla fede cristiana. Non è un passaggio facile. Sarebbe pretenzioso sostenere che ho compiuto una rottura netta col mio passato, penso che ciò sia praticamente impossibile. Il presente è sempre impregnato del passato; da qui deriva la mia predilezione per termini come viaggio, percorso, traiettoria e pellegrinaggio quando parlo della mia esperienza religiosa. Forse sarebbe stato più facile tagliare il legame col passato se fosse consistito semplicemente in credenze, dottrine e dogmi sostituibili. Invece, era e continua a essere uno stile di vita. E, per citare un proverbio africano, «per quante volte un leopardo attraversi il fiume, non perderà mai le macchie». Ho resistito e continuo a opporre resistenza alla concezione secondo cui il mio stile di vita africano, radicato nella fede di mio padre e animato dallo spirito di mia madre, non sia altro che una ricerca irrazionale di Dio «nelle ombre e sotto le immagini», per ricorrere a un’altra espressione negativa del documento del Vaticano II Lumen gentium( n. 16).

Il modo di vivere dei miei genitori si basava su immagini per facilitare l’incontro con un regno del mistero luminoso e tangibile; irradiava energia ed evocava mistero e rispetto, piuttosto che ombre. Allo stesso modo, non mi sento lacerato fra due tradizioni religiose. E mi rifiuto di accettare l’etichetta di ‘schizofrenia della fede’ o di ‘doppia mentalità religiosa’ che certi teologi regolarmente impongono agli africani che credono che Dio continui a parlare attraverso il loro stile di vita ancestrale, nonostante egli si sia rivelato in Gesù Cristo. È un’esperienza di tensione piuttosto che di divisione, di ispirazione anziché di disperazione. È una ricerca di integrazione e armonia piuttosto che un’esperienza di alienazione e conflitto. Per questa ragione, mi sono di immenso conforto le parole di Paolo VI quando afferma che «l’africano, quando diviene cristiano, non rinnega se stesso, ma riprende gli antichi valori della tradizione ‘in spirito e verità?’». Non è mia pretesa lasciar intendere che la religione africana sia un’oasi incontaminata di purezza etica. Soltanto, ritengo che etichettarla per quello che non è distorce e limita l’esperienza religiosa di milioni di persone. Sostengo quindi che la religione africana, esperienza religiosa vitale e immaginario spirituale ancora attivo in molte parti dell’Africa, possieda un vero talento in grado di rinnovare la comunità globale dei credenti.

Solidarietà. Palermo-Strasburgo a piedi, il missionario Biagio Conte al Parlamento Ue

Oltre mille chilometri di cammino in 65 giorni per lanciare un appello agli Stati europei e a ciascun cittadino: «Una società che lascia indietro i più deboli non può essere giusta»

Il missionario laico Biagio Conte con il presidente del Parlamento Ue David Sassoli

Il missionario laico Biagio Conte con il presidente del Parlamento Ue David Sassoli

avvenire

Armato di un ramoscello d’ulivo e di una lettera il missionario laico palermitano Biagio Conte ha raggiunto a piedi la sede di Strasburgo del Parlamento europeo, ha incontrato il presidente David Sassoli e alcuni deputati, si è intrattenuto con funzionari e giovani. Oltre mille chilometri di cammino in 65 giorni per lanciare un forte appello a tutti gli Stati europei, a ciascun cittadino: «Una società che lascia indietro i più deboli non può essere una giusta e corretta società, prima o poi rischia la destabilizzazione, la crisi, il crollo».

Col saio verde, il bastone in mano e la croce, è stato accolto con sorrisi e abbracci da chi aveva tanto sentito parlare di quell’uomo con la barba folta e gli occhi azzurri, vincitore del premio Cittadino europeo nell’anno 2012 per aver fondato a Palermo una cittadella di accoglienza di chi è emarginato dalla società, senzatetto e migranti. Oltre 1.100 persone vivono nelle strutture gestite dai volontari. Da qui si leva un grido all’Europa, perché non dimentichi i valori con cui è nata.

Il missionario laico Biagio Conte con il presidente del Parlamento Ue David Sassoli

Il missionario laico Biagio Conte con il presidente del Parlamento Ue David Sassoli

«Carissime autorità e noi tutti insieme dobbiamo impegnarci per contribuire e rafforzare sempre più l’Unione Europea soprattutto nella solidarietà, nell’ospitalità e nell’accoglienza. Una giusta e stabile società non può lasciare indietro i più deboli – scrive in un messaggio fratel Biagio – Attenzione che l‘indifferenza emargina, uccide chiudere la porta, produce maggiore povertà, disagio, violenza, destabilizzazione, ingiustizie e guerre. Invece l’accoglienza è integrazione. Abbiamo tutti il dovere di non alzare barriere, ancor peggio muri, noi non siamo fatti per dividere, separare le nazioni ma per unire».

«Da quattro anni attraversa l’Europa a piedi per diffondere un messaggio di solidarietà, rispetto e uguaglianza. Per ricordarci che ognuno di noi ha una missione, e che insieme possiamo costruire un mondo migliore», dice il presidente David Sassoli.

Biagio Conte continuerà il suo cammino sulle rotte dell’emigrazione, quella che compiono anche tante famiglie del Sud Italia.
Toccherà il Lussemburgo e si dirigerà nell’altra sede del Parlamento europeo, Bruxelles.

Sant’Egidio. Lo «spirito di Assisi» rilancia l’appello da Madrid: nuove vie di pace

Ansa

Nel documento che ha concluso l’incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio il no ai muri di ogni tipo e all’indifferenza che lascia indietro i più deboli. La denuncia: si consuma l’unico pianeta

Una firma e poi una fiammella che si accende. Si illuminano i due grandi candelabri che dominano sul palco di fronte all’ingresso della Cattedrale dell’Almudena. E fanno tornare alla mente Assisi e quell’incontro profetico voluto da Giovanni Paolo II che nel 1986 aveva radunato i leader spirituali per la “Giornata di preghiera per la pace”. Qui siamo a Madrid. E per tre giorni soffia nella capitale spagnola lo “spirito di Assisi”. Che la Comunità di Sant’Egidio tiene vivo nell’annuale incontro internazionale nato sulla scia dell’evento wojtyliano. Questo è l’appuntamento numero 33 concluso martedì in tarda serata lanciando un Appello ai potenti della terra e agli uomini di buona volontà per «cercare nuove vie di pace a 80 anni dall’inizio della seconda guerra mondiale».

Il testo, una pagina dattiloscritta che sinterizza gli spunti emersi da ventisette tavole rotonde, viene sottoscritto dai capi religiosi giunti da tutto il mondo che poi si passano idealmente di mano in mano la “luce dell’amicizia” che risplende nella piazza incastonata fra la Cattedrale e il Palazzo reale.

I bambini hanno appena mostrato dal palco l’Appello sventolando i loro foulard e lo consegnano al pubblico che arriva fino alla cancellata della storica residenza dei re spagnoli. «Non nascondiamoci dietro il muro dell’indifferenza» che lascia indietro «i più deboli, quanti sono colpiti dalla violenza e dal disprezzo sociale», si legge nel documento. Nel testo che viene proclamato in spagnolo ma è tradotto in più lingue, si chiedono agli Stati «più ricchi» le risorse «per evitare che milioni di bambini muoiano senza cure» e per «mandarli a scuola». Quindi si esprime la preoccupazione «perché vediamo consumarsi l’unico pianeta di tutti come se fosse solo di alcuni» e perché «vediamo riaffacciarsi il culto della forza e le contraddizioni nazionalistiche». Viene ribadito che «chiunque usa il nome di Dio per giustificare la guerra, la violenza e il terrorismo profana il nome di Dio». E guai a quei credenti che si lasciano «utilizzare da chi sacralizza confini e conflitti». Così si richiama il tema di questa edizione, “Pace senza confini” che, chiarisce l’Appello conclusivo, davvero «è possibile».

Ansa

Ansa

Poi l’impegno alla preghiera, come voleva Giovanni Paolo II, per avere «il dono degli occhi di Dio che liberano dalla cecità e fanno riconoscere l’altro come fratello». E la preghiera precede la cerimonia finale: i cristiani delle diverse confessioni riuniti insieme nella Cattedrale; gli ebrei nella casa Sefarad-Israel; i musulmani vicino alla chiesa castrense; i buddisti in un salone. Poche centinaia di metri separano gli uni dagli altri. Ma non ci sono steccati. «I luoghi sono diversi perché diverse sono le religioni. La confusione e il sincretismo non sono nel giusto sentire dei credenti», spiega nel suo intervento il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, che annuncia anche la sede dell’incontro 2020: Roma. Intanto a Madrid «abbiamo vissuto la bellezza di un mondo senza frontiere. La fierezza delle nostre diversità non contrasta con la bellezza dell’unità nella pace», aggiunge Impagliazzo. Il suo sguardo si alza verso l’alto. «Il cielo è uno solo. Il Dio del cielo e della terra, della pace e della misericordia è per tutti». E chiarisce che «siamo qui» per ascoltare il «grido dell’uomo e della donna che soffrono, oppressi da malattie, povertà, guerre, catastrofi naturali». E se il presidente della Comunità parla di un «ambiente che oggi mostra segni di grande sofferenza» ed esprime «solidarietà ai popoli dell’Amazzonia» al centro anche dell’imminente Sinodo in Vaticano, l’Appello che parte dalla Spagna denuncia lo sperpero «in maniera incosciente di aria, acqua, terra». Impagliazzo definisce la pace «una forza più potente e convincente della violenza, della prepotenza del denaro e degli interessi di parte». E, ricordando i 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, ribadisce il forte «no ai muri di ogni tipo».

I capi religiosi sono al suo fianco. Hanno attraversato la piazza con un corteo “del dialogo” dopo l’ora di preghiera. E sulle note dell’Hallelujahtratto dal Messiah di Händel si scambiano il segno della pace che diventa abbraccio in molti casi. «Come sta bene il cuore quando ci dedichiamo a costruire ponti e scommettiamo sulla cultura dell’incontro», afferma l’arcivescovo di Madrid, il cardinale Carlos Osoro Sierra, che ha voluto nella sua Chiesa l’iniziativa di Sant’Egidio. E cita la domanda di Dio a Caino che aveva appena ucciso Abele: «Dov’è tuo fratello?». «La globalizzazione dell’indifferenza che ci chiude in noi stessi fa sì che la risposta sia sempre la stessa: “Non lo so”. Tuttavia l’umanità porta inscritta in sé la vocazione alla fraternità». Ecco allora la consegna che Osoro Sierra lascia: «Usciamo da qui con l’impegno a essere “seminatori di pace”». Ovunque. A cominciare da chiese, sinagoghe, moschee, centri spirituali. Perché tocca agli uomini di fede imboccare vie di «dialogo, perdono, riconciliazione», dice il cardinale. Oltre ogni confine.