Vangelo della domenica 2 Febbraio 2020. I miei occhi hanno visto la tua salvezza

(a cura Redazione “Il sismografo”)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Parola del Signore
Commento di mons. Pierbattista Pizzaballa
Il racconto dell’episodio della Presentazione di Gesù al tempio è riportato solo dall’evangelista Luca, che dedica i primi capitoli del suo Vangelo alle vicende dell’infanzia del Signore.
La cornice è quella del tempio di Gerusalemme, dove Maria e Giuseppe portano il bambino per adempiere la Legge che voleva che tutti i primogeniti fossero riscattati.
In realtà, l’evangelista concentra qui una serie di riti anticotestamentari, ma apparentemente con poca precisione, lasciando anche alcune questioni in sospeso. Al versetto 22, infatti, parla della “loro” purificazione, quella cioè della mamma e del bambino, mentre la purificazione riguardava soltanto la madre, e non il figlio. Luca poi passa subito ad un altro rito: la presentazione del neonato a Dio nel tempio, rito che ai tempi di Gesù non era più in uso, mentre poi omette quello del riscatto del primogenito, che invece era prescritto dalla Legge (Nm 8,14-16), e che però si poteva compiere dovunque, senza necessariamente andare al tempio.
L’intenzione dell’evangelista è quella di poter raccontare l’evento centrale, ovvero l’incontro con Simeone e Anna, israeliti fedeli al Signore che, in obbedienza allo Spirito, ricevono la rivelazione della presenza del Messia.
Da una parte, infatti, è sottolineata l’obbedienza alla Legge: in 3 versetti, dal 22 al 24, Luca parla per 3 volte dell’obbedienza di Maria e Giuseppe alla Legge del Signore (“Secondo la legge di Mosè… come prescrive la legge…”).
Dall’altra, troviamo un’altra obbedienza, quella di Simeone allo Spirito: di nuovo, in tre versetti (dal 25 al 27) è nominato per tre volte lo Spirito, che muove i passi di Simeone incontro al Messia atteso. In questo brano il vero protagonista è lo Spirito Santo.
Possiamo dire che l’obbedienza alla Legge muove i passi della sacra famiglia verso il tempio, e l’obbedienza allo Spirito muove quelli di Simeone. In quel momento, in un certo senso, l’antica legge si incontra in maniera nuova con lo Spirito Santo e la sua legge. È così che accade l’incontro e la rivelazione.
Simeone, dunque, mosso dallo Spirito, riconosce in quel bambino il Messia atteso e innalza a Dio una preghiera. Egli chiede di potersi congedare dalla vita, ora che ha portato a termine la sua missione, quella di attendere il Signore. Lo Spirito, infatti, gli aveva preannunciato che non sarebbe morto senza aver prima visto “il Cristo del Signore” (26). Ora questo è accaduto, e il tempo dell’attesa è finito.
Simeone non ha fatto nulla di particolare, non ha nulla di cui vantarsi, se non quello di aver visto che Dio è stato fedele a ciò che gli aveva gratuitamente promesso. E ha visto la salvezza del Signore.
Non ha visto solamente un bambino, non ha visto il Cristo di Dio; con gli occhi dello Spirito, ha visto che questo Bambino, questo Messia, è Colui che salva, è la salvezza.
In altre parole, Gesù, che è portato al tempio per essere riscattato, è riconosciuto come colui che riscatterà il suo popolo e tutte le genti, come Colui che porterà la salvezza definitiva. Per tutti questo Messia sarà una luce.
È stato lo Spirito che ha permesso a Simeone e poi alla profetessa Anna di vedere ciò che la folla nel Tempio non ha potuto notare. È lo Spirito Santo che consente di vedere la salvezza che si realizza, che consente cioè di andare oltre ciò che gli occhi della carne vedono, e carpire il senso profondo degli avvenimenti.
Il modo in cui questo avverrà rimane più misterioso e c’è come un’ombra che cala all’interno di questa luminosa profezia. La salvezza passerà attraverso l’ostilità e il rifiuto: sarà una sofferenza a caro prezzo.
Questa salvezza, da subito annunciata come una salvezza per tutti, diventa tuttavia anche un segno di contraddizione, un motivo di rifiuto. «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione — e anche a te una spada trafiggerà l’anima —, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34–35).
Perché di fronte ad essa, sarà necessario prendere posizione, schierarsi: per chi non l’accoglie sarà pietra d’inciampo, e per chi l’accoglie sarà risurrezione e vita.
In questa festa si celebra anche la giornata della vita religiosa, ovvero di coloro che, come Simeone ed Anna, spendono la loro vita solamente attendendo l’incontro con il Signore, nella preghiera e nel servizio della carità e, come i due vegliardi, annunciano di vedere con gli occhi dello Spirito la salvezza, di cui hanno fatto esperienza e che è un dono per tutti.
+Pierbattista