Thailandia. Il sorriso dei «cinghialotti»: fuori dalla grotta più forti e pazienti

da Avvenire

La squadra dei "Cinghiali selvaggi" affronta i giornalisti di tutto il mondo (Ansa)

La squadra dei “Cinghiali selvaggi” affronta i giornalisti di tutto il mondo (Ansa)

Sorridenti, mentre raccontavano i 18 giorni di paura passati nella grotta inondata di Tham Luang in Thailandia, i 12 “cinghialotti” della squadra di calcio Wild Boars (Cinghiali selvaggi) e il loro allenatore si sono presentati oggi per la prima volta in pubblico. Dopo otto giorni di ricovero seguiti al loro ormai leggendario salvataggio ora stanno bene. Con addosso le magliette del loro team, i ragazzi – tutti tra gli 11 e i 16 anni – e l’allenatore 25enne si sono presentati davanti alle telecamere di tutto il mondo, facendo il tradizionale «wai», con cui si dimostra anche rispetto.

Il ringraziamento. I ragazzi mostrano l'immagine di Saman Gunan, il sub morto per salvarli (Ansa)

Il ringraziamento. I ragazzi mostrano l’immagine di Saman Gunan, il sub morto per salvarli (Ansa)

«Ho detto a tutti di continuare a combattere, di non disperare», ha raccontato uno dei giovani, descrivendo come il gruppo ha lottato per sopravvivere quei giorni. Prima di essere trovati dalla squadra internazionale di salvataggio, coordinata dai Navy Seal thailandesi, che li ha poi riportati in superficie, i cinghialotti hanno passato 9 giorni al buio.

L'allenatore, Ekkapol Janthawong, a sinistra, racconta la terribile esperienza (Ansa)

L’allenatore, Ekkapol Janthawong, a sinistra, racconta la terribile esperienza (Ansa)

Il gruppo aveva programmato di esplorare il complesso di Tham Luang dopo l’allenamento, lo scorso 23 giugno, ma un nubifragio, frequente nella stagione delle piogge, ha inondato la grotta intrappolandoli. Il gruppo ha provato a farsi strada da solo verso l’esterno, ma invano. «Abbiamo iniziato a scavare le pareti – ha raccontato l’allenatore ed ex monaco buddista, Ekkapol Chantawong – non volevamo aspettare fino a che le autorità ci trovassero».

L'emozione è forte (Ansa)

L’emozione è forte (Ansa)

Secondo i dottori, i piccoli calciatori e il loro allenatore sono in buone condizioni fisiche e mentali e hanno recuperato in media 3 chili ognuno. La conferenza stampa è stata controllata in modo severo: un team di psicologi aveva valutato in anticipo le domande per decidere quali potevano o meno essere poste ai ragazzi da un moderatore, in diretta tv.

Il mini campetto di calcio realizzato all'ospedale dove sono stati ricoverati i 'cinghialotti', mostrato alla conferenza stampa (Ansa)

Il mini campetto di calcio realizzato all’ospedale dove sono stati ricoverati i “cinghialotti”, mostrato alla conferenza stampa (Ansa)

«Non sappiamo quali ferite i ragazzi portino nei loro cuori», ha dichiarato il ministro della Giustizia thailandese Tawatchai Thaikaew, che ha chiesto di rispettare la privacy dei giovani per paura che l’attenzione dei media possa avere effetti negativi sulla salute psichica del gruppo. I medici hanno consigliato di non avere contatti con la stampa per almeno un mese, ma l’attenzione del mondo continua a essere alta e già si sta lavorando per trasformare in un film la miracolosa storia di questi ragazzini.

Un altro momento dell'incontro (Ansa)

Un altro momento dell’incontro (Ansa)

Avventuratisi a stomaco vuoto e senza cibo nell’escursione, che doveva durare appena un’ora, i ragazzi hanno vissuto solo di acqua raccolta dalla roccia. «Non avevo forza – ha continuato il più giovane dei ragazzi, Titan – ho provato a non pensare al cibo per non avere più fame».

Si torna a casa (Ansa)

Si torna a casa (Ansa)

Quella dei cinghialotti è stata un’agonia, che ha tenuto col fiato sospeso tutto il mondo, fino a quando non si sono concluse le complesse operazioni di soccorso, in cui un sub thailandese ha perso anche la vita. «Quando ho visto i soccorsi ho pensato fosse un miracolo», ha detto Adul Sam-on, 14 anni, ricordando il momento in cui due sommozzatori britannici hanno trovato il gruppo a diversi chilometri all’interno della grotta. Dopo essere stati trovati, i ragazzi hanno iniziato anche a giocare a scacchi e uno dei Navy Seal è rimasto con loro, la maggior parte del tempo. «Lo chiamavamo il re della caverna», ha ricordato il 14enne Ekkarat Wongsukchan, detto anche Bew.

Alcuni dei giovani hanno detto di aver tratto un insegnamento dalla loro disavventura; uno di loro ha promesso di «essere più attento e vivere la vita in pieno». «Questa esperienza mi ha insegnato a essere più forte e paziente», gli ha fatto eco un compagno di squadra e di avventura. Ora però è tempo di tornare a casa. E alla normalità, anche se non sarà proprio facile.