30 anni fa se ne andava il grande Ugo Tognazzi indimenticabile ‘colonnello’ della commedia italiana
Nella notte del 27 ottobre di 30 anni fa, sorpreso nel sonno da un’emorragia cerebrale, se ne andava a soli 68 anni Ugo Tognazzi, indimenticabile «colonnello» della commedia all’italiana.
Tognazzi nasce a Cremona il 23 marzo del 1922. La famiglia è tutt’altro che ricca e quando Ugo finisce la scuola è già tempo di trovare un lavoro. Lo assumono in un salumificio ma conserva il posto soprattutto per merito delle recite filodrammatiche che mette in scena al dopolavoro.
A guerra finita approda a Milano e viene baciato dalla fortuna perché si fa notare da Wanda Osiris. Nel 1950 scende a Roma sulla via di Cinecittà. Il primo ruolo sullo schermo glielo affida Mario Mattoli ne « i cadetti di Guascogna » del 1950 a fianco di Walter Chiari. L’anno seguente incontra invece Raimondo Vianello e i due faranno coppia fissa per tutti gli anni ’50 arrivando al trionfale successo soprattutto col varietà televisivo «Un, due, tre ». Nel 1959, a causa di una scenetta satirica sul presidente della Repubblica Gronchi, il programma viene chiuso senza preavviso e i due licenziati dalla Rai. Ma il cinema ha ormai adottato quel lombardo che sforna film a raffica (12 nel solo 1959). Se ne accorge Luciano Salce che con lui si afferma grazie a « Il federale » (1961). Se ne accorge Dino Risi che ne replica il successo con «La marcia su Roma » del ’62.
La carriera di Ugo Tognazzi da quel momento è un’ascesa costante. Nascono capolavori come « La donna scimmia », « L’udienza », «La grande abbuffata ». Per Monicelli darà vita alla saga di « Amici miei ». Con Risi e Scola stringerà un sodalizio profondo. Un vitalismo insaziabile spinge Tognazzi ad evitare gli schemi e le “parrocchie” del cinema italiano: incrocia Elio Petri e Bernardo Bertolucci (“La tragedia di un uomo ridicolo” con cui vince la Palma d’oro a Cannes nel 1981); sostiene gli esordi di Pupi Avati e si traveste da gay per Edouard Molinaro ne “Il vizietto” che sul finire degli anni ’70 lo rilancia nel mondo. Continua a tenere un ritmo di lavoro infernale (almeno due film all’anno) ma dalla metà degli anni ’80 torna sempre più di frequente al teatro, passa molto tempo a Parigi, si fa sorprendere dalla malattia più infida e crudele: la depressione. (ANSA).