Africa. La malaria ora ha il suo vaccino. «Un passo storico»

In Malawi, Kenya e Ghana avviata la vaccinazione per 360mila bambini. Il Mosquirix è efficace per ora in un caso su due, ma gli scienziati sono già al lavoro per migliorarlo
Una zanzara Anopheles

Una zanzara Anopheles – Ansa

Un pizzico sulla gamba, un gemito e una lacrimuccia. Villaggio di Tomali, sud del Malawi, Paese africano tra i più poveri al mondo. Uno dopo l’altro i bambini portati dalle loro madri ricevono il primo vaccino della storia contro la malaria, una delle malattie più letali, responsabile di 400mila morti l’anno in tutto il pianeta. Se il programma pilota, avviato anche in Kenya e Ghana, darà i suoi frutti, il passo per la medicina sarà stato di primaria importanza. Perché è vero che al contrario dei normali vaccini quello testato nei tre Paesi africani ha efficacia solo nel 40 per cento dei casi, ma gli esperti sono convinti che la strada è quella giusta.

«Si tratta di un momento storico: è la prima volta che parte un programma di vaccinazione pilota contro la malaria», ha sottolineato l’Oms. Due terzi delle vittime della malaria sono bambini sotto i 5 anni e la gran parte dei contagi si registra nell’Africa sub-sahariana. L’Oms stima che l’80% dei casi si verifichi in 15 Paesi africani (Nigeria in testa, con il 25% del totale) e in India.

Charity ha sette mesi, sua madre Esther ha aspettato pazientemente il suo turno per la vaccinazione. «Sono contenta, anche se ci hanno spiegato che il vaccino non è ancora perfezionato sono sicura che servirà a far stare mia figlia meglio». La stessa Esther racconta di soffrire dei sintomi della malaria (tra cui febbre altissima e dolori muscolari) almeno una volta l’anno oltre a temere fortemente per la vita dei suoi bambini. Nella locale lingua chichewa la malaria si chiama «malungo» e durante la stagione delle piogge, che dura cinque mesi, è molto difficile non subirne il contagio. Pozze stagnanti, dove le zanzare si diffondono, circondano strade e villaggi. La clinica più vicina al villaggio di Tomali è distante due ore di bicicletta e più si è lontani dai presidi sanitari maggiori sono i rischi per i bimbi contagiati. Il personale sanitario riesce a visitare il villaggio una o due volte al mese, offrendo in quei giorni cure di base. Occuparsi della malaria porta via a medici e infermieri gran parte del tempo. «Se questo vaccino funziona, avremo anche più ore a disposizione per occuparci di altre malattie», sottolinea un’infermiera. I medici spiegano alla gente del villaggio che il vaccino non sostituirà i farmaci antimalarici o l’uso delle zanzariere, ma che sarà un’arma in più, l’arma che mancava.

Ci sono voluti tre decenni di ricerca per sviluppare il vaccino, che funziona contro il più comune e mortale delle cinque specie di parassiti che provocano la malaria. A produrre il Mosquirix, come è stato battezzato, Glaxo-SmithKline con l’aiuto di un organismo non profit, Path’s Malaria Vaccine Initiative. Vettore del parassita sono le zanzare Anopheles: la loro puntura trasmette nel sangue i parassiti, che, se riescono a localizzarsi nel fegato, maturano e si moltiplicano prima di invadere i globuli rossi e cominciare a provocare i sintomi. A quel punto sono necessari farmaci che uccidono i parassiti, non sempre disponibili e spesso insufficienti per i bimbi più piccoli. Il Mosquirix usa una proteina del parassita nel tentativo di bloccare l’infezione al livello iniziale. Il sistema immunitario del bimbo vaccinato dovrebbe riconoscere il parassita e produrre gli anticorpi necessari a debellarlo.

Gli scienziati, peraltro, sono già al lavoro per arrivare a soluzioni più efficaci. Approvato nel 2015 dall’Oms, il Mosquirix è offerto nei tre Paesi pilota a 360mila bambini in quattro dosi, la prima delle quali a 5 mesi di età e l’ultima a due anni. Alla clinica di Migowi, in Malawi, i dottori vedono segnali di speranza. Nel primo periodo di vaccinazioni, i casi di contagio si sono quasi dimezzati. Agnes Ngubale racconta di aver avuto la malaria e ora vuole proteggere sua figlia Lydia, 6 mesi. «Mi piacerebbe che fosse in salute e che da grande diventasse un dottore», sorride. Poi memorizza la data per la seconda dose di vaccino: stesso giorno, il prossimo mese.

da Avvenire

Giornata mondiale contro la malaria, 216 milioni casi nel mondo

Con 216 milioni di casi nel mondo, secondo il report 2016 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e 445.000 decessi, la malaria rimane tutt’oggi la principale causa di mortalità infantile e di infermità in 91 Paesi tropicali. E’ quanto sottolinea, in occasione della Giornata mondiale contro la malaria, l’Istituto Pasteur Italia. Oltre il 70% di tutti i decessi per malaria riguarda bambini sotto i cinque anni, dei quali oltre l’80% in Africa sub-sahariana. In questa regione solo il 19% dei bambini colpiti da malaria riesce a ricevere un trattamento a base di artemisinina e ogni 2 minuti muore un bambino a causa di questa malattia. Secondo l’Unicef, si tratta di una ”malattia prevenibile e curabile che mette a rischio metà della popolazione mondiale.

Nel 2016 quasi 300 mila bambini sotto i 5 anni sono morti a causa della malaria: 800 giovani vite perse ogni giorno. Fra tutte le malattie trasmissibili, la malaria è terza, dopo polmonite e diarrea, per numero di bambini morti di età fra un anno e cinque mesi”. Ciononostante, ”i finanziamenti si sono fermati, mettendo milioni di vite e decenni di investimenti a rischio” lamentano l’Unicef e la Roll Back Malaria Partnership hanno lanciato l’hashtag #readytobeatmalaria, per aumentare la consapevolezza sull’importanza di sconfiggere per sempre questa malattia.

”Le zanzare Anopheles, formidabili vettrici dei plasmodi malarici, hanno sviluppato resistenza agli insetticidi.   La specie più mortale (Plasmodium falciparum) ha anche sviluppato resistenza ai più recenti farmaci derivati dall’Artemisia, nel Sud-Est Asiatico” segnalano i microbiologi clinici italiani dell’Amcli, secondo i quali la malaria è l’unica vera urgenza in parassitologia, in poche ore (4-6) un soggetto può sviluppare una forma grave con elevato rischio di perdita della vita.

A fine 2017, il Consorzio internazionale Anopheles gambiae 1.000 genomes (Ag1000G) – creato nell’ambito del Network internazionale sulla genomica ed epidemiologia della malaria – ha presentato su Nature i primi risultati ottenuti analizzando il genoma di 765 esemplari di Anopheles gambiae e Anopheles coluzzii. Il lavoro è stato possibile grazie al contributo di ricercatori di 29 gruppi di ricerca europei, statunitensi e africani. I dati ottenuti hanno evidenziato una straordinaria variabilità genetica e pongono le basi per affrontare le nuove sfide nella lotta alla malaria: dallo sviluppo di strategie di controllo genetico, allo studio di metodi per arginare il fenomeno, sempre più emergente, della resistenza agli insetticidi.(ANSA).

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SCIENZA E SALUTE. Malaria, il vaccino funziona

Balzo in avanti nello sviluppo di un vaccino contro la malaria. Ricercatori statunitensi sono riusciti a mettere a punto il primo vaccino che simula la puntura di una zanzara e che in test clinici finora si è rivelato efficace nella quasi totalità dei casi. Se la loro efficacia verrà confermata, le iniezioni potrebbero essere messe a disposizione della popolazione già nel giro di tre anni.
Come riportava ieri la prestigiosa rivista Science, il vaccino, chiamato «PfSPZ» e sviluppato in Maryland dalla società bio-tech Sanaria, è stato ottenuto dalla dissezione delle ghiandole salivari delle zanzare portatrici del Plasmodium (il parassita responsabile della malattia). Quest’ultimo – uno sporozoa – viene indebolito, in modo da non innescare la malaria, e unito a un veicolo vaccinale che viene iniettato almeno cinque volte consecutive direttamente in vena ai volontari. Ogni puntura viene fatta a un mese di distanza dall’altra.
L’ultima versione ha protetto tutti e sei i volontari che si sono prestati a fare da cavia con la dose più alta (135mila sporozoi). Un test con un vaccino simile sviluppato e sperimentato due anni fa, iniettato sotto pelle e non in un vaso sanguigno, aveva protetto solo due dei 44 volontari su cui era stato provato.
In un altro gruppo di nove cavie umane che hanno ricevuto quattro iniezioni la dose massima ha protetto sei su nove volontari. Il coautore dello studio, Robert Seder del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, ha dichiarato aScience che i dati sono «molto promettenti», ma ha aggiunto una nota di cautela. Lo scienziato ha ammesso infatti che il vaccino ha bisogno di ulteriori sviluppi per essere considerato efficace e diffuso: «Dobbiamo ripetere i test su un più grande numero di persone, rispetto al numero di volontari impiegati finora», ha detto a Science. Seder ha anche spiegato che il vaccino riproduce l’esperienza empirica dei ricercatori, che hanno scoperto come siano necessarie circa mille punture di zanzare per generare la completa immunità del corpo umano al parassita.
Stephen Hoffman, amministratore delegato di Sanaria, sta collaborando anche con gli ingegneri biomedici dell’Università di Harvard per automatizzare il processo di dissezione delle zanzare e ottenere il plasmodio da indebolire per ottenere il vaccino. Al momento la società ha a disposizione tra 12 e 15 tecnici che possono lavorare su 150 zanzare a testa ogni ora. La compagnia ritiene che «entro tre o cinque anni sarà possibile commercializzare un vaccino sicuro ed affidabile».
La malaria ancora oggi infetta 220 milioni di persone (il dato è dell’Organizzazione mondiale della sanità e risale al 2010) e ne uccide 660mila l’anno, in maggioranza bambini africani. Non esiste una vera e propria cura ma solo medicine che ne controllano i sintomi.
Al momento ci sono altri 20 vaccini contro la malaria allo studio nel mondo. Il più avanzato, a parte quello di Sanaria, è stato sviluppato dal gigante farmaceutico GlaxoSmithKline ed è nella fase finale dei test clinici, che coinvolge 15mila bambini in Africa.

Elena Molinari – avvenire.it

Esperimento Usa: zanzare ogm contro la malaria

Non è fanta­scienza: un esercito di superzanzare potrebbe essere la soluzione contro la malaria, che ancora oggi colpisce 250 milioni di persone all’anno. Gli insetti ogm, lasciati proliferare nelle zone a rischio, creerebbero in breve tempo una specie immune dai parassiti malevoli, diminuendo drasticamente i rischi per l’uomo. Insomma, le zanzare passerebbero da problema a risorsa. Gli stessi ricercatori americani, di fronte agli esiti dell’esperimento, sono rimasti stupiti: una volta potenziato il gene, il blocco delle infezioni è stato totale.
avvenire