Se non ritornerete come bambini… La salvezza passa da un cuore umile

«Se non ritornerete…». Nessuna delle religioni, prima e dopo Cristo, chiede di diventare bambini per conoscere Dio, per entrare nel suo Regno. Solo Gesù indica questa strada. Una proposta che suscitava e continua a suscitare scandalo. È lo scandalo che segna il destino di Adamo ed Eva: «Diventerete come Dio». L’aver colto il frutto proibito è il peccato di orgoglio: la creatura, che è sempre figlia, vuol ergersi a Creatore; l’infinitamente piccolo vuol farsi infinitamente grande; la fragilità e il limite scimmiottano l’onnipotenza. Il peccato originale è rifiutare il nostro essere figli.

E allora ecco l’impensabile: Dio stesso si fa figlio. Nel seno di Maria vive la meravigliosa avventura di piccola cellula che si fa embrione e poi feto e neonato: uomo e Dio fin dal suo minuscolo incipit. «Colui che trascende il tempo e lo spazio – scrive Anna Maria Canopi nell’editoriale di Luoghi dell’Infinito di dicembre –, Colui che non ha né principio né fine viene concepito nel grembo di una donna. Un inno mariano canta: ‘E tieni chiuso nel tuo sacro grembo / il Dio immenso che distende i cieli / a cui risponde il coro delle stelle / e rende gloria tutto l’universo’. Sì, l’Immenso si restringe nello spazio, nel seno della Vergine; l’Eterno si restringe nel tempo. Nasce uomo per poter morire la nostra morte e darci la sua vita, la vita filiale nel rapporto con Dio Padre. Qui si rivela il mistero dell’umile amore di Dio, da cui procede ogni amore che sia veramente dono».

«Se non ritornerete…», il tema che dello speciale di Luoghi, da oggi in edicola, non nasce da una visione mitica del bambino come essere naturalmente buono e perfetto. Siamo stati bambini, prima che padri e madri, e sappiamo dei nostri egoismi, dei capricci, dell’agire istintivo. Peccati che segnano la vita dei nostri figli e di quelli che verranno. Ma il bimbo è piccolo, indifeso, bisognoso di tutto, eppure sempre aperto al sorriso: nient’altro che creatura. E quell’essere creatura, quell’essere figlio gli basta perché è felice di esserlo e non chiede di essere altro, ma soltanto di essere amato. «I bambini – scrive Ermes Ronchi – sanno aprire facilmente la porta del cuore a ogni incontro, non hanno maschere, sono spalancati verso il mondo e la vita. I bambini sono maestri nell’arte della fiducia e dello stupore. Loro sì sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, incapaci di preoccupazioni nel segno della libertà».

La salvezza passa attraverso i bambini per il loro sguardo pieno di meraviglia e di stupore rispetto a se stessi e agli altri e al mondo. Nulla è scontato: il volto amato, una foglia nel vento, l’onda del mare. La salvezza passa attraverso i bambini per la loro fiducia totale, che è consegna della propria vita nelle mani, nel cuore e nella mente della madre e del padre. La salvezza passa per quell’attesa piena di speranza che segna il tempo della crescita dei nostri primi anni, e non c’è ombra capace di soffocarla. La salvezza passa attraverso la libertà dei bambini, che è lo spazio e il tempo del gioco, la possibilità di creare mondi fantastici in cui ritrovano se stessi e gli altri. Certo la vita non è gioco, ma nel tempo che ci è dato siamo chiamati a mettere in gioco tutto noi stessi perché i talenti non restino sepolti.

La salvezza passa per la loro sete di conoscenza che nulla ha a che fare con la sete di possesso. È la curiosità fatta di domande, a partire da quella decisiva: la domanda di bene, di bello e di vero che è l’impronta del Creatore impressa nelle nostre anime. Non solo Dio ci chiede di tornare bambini, ci chiede di accoglierlo bambino. Gesù che nasce a Betlemme sotto Tiberio Cesare non è una favola, è storia. Ma a differenza di tutte le altre storie, in quella notte di duemila e passa anni fa la storia si fa salvezza.

 

Giovanni Gazzaneo – avvenire.it