L’inchiesta. Tratta di baby-calciatori africani

Falsi certificati di maternità per tesserare giocatori minorenni provenienti dall’Africa e venderli a società di categoria superiore. Undici partite truccate e un possibile giro di totoscommesse (ancora da accertare). Trema di nuovo l’italico mondo del pallone. L’inchiesta giudiziaria stavolta è partita da Prato ma rischia di allargarsi al resto del Paese visto che i destinatari delle cessioni dei baby-calciatori, tutti ivoriani e senegalesi, risultano club professionistici come Inter, Fiorentina e Cittadella, ai quali sono stati chiesti gli atti societari.

Intanto sono finiti nei guai, con l’accusa d’immigrazione clandestina, falso documentale e favoreggiamento reale, l’amministratore delegato della locale squadra (che milita in Lega Pro), Paolo Toccafondi, sottoposto alla misura cautelare dell’interdizione per quattro mesi dalle funzioni dirigenziali, il presidente della società dilettantistica di Sesto Fiorentino, la Sestese, Filippo Giusti, e l’agente sportivo Filippo Pacini, entrambi agli arresti domiciliari. Una donna di origine ivoriana che si sarebbe prestata al raggiro è stata portata invece in carcere: avrebbe falsamente attestato di essere la madre di un calciatore tredicenne in seguito diventato oggetto di una trattativa di compravendita dal Prato alla Fiorentina, società che però sarebbe del tutto estranea alla vicenda, ritenendosi, anzi, ‘parte lesa’. Ieri mattina, gli agenti della Squadra mobile hanno eseguito perquisizioni – ottenendo, pare, riscontri concreti – anche a carico di arbitri, presidenti, segretari e direttori sportivi di altre squadre di calcio. Undici persone sono state raggiunte da informazioni di garanzia, una ventina i soggetti coinvolti nell’operazione di polizia.

È dunque scoppiata un’altra “calciopoli”? Presto per dirlo, anche se, secondo la Procura, sarebbero stati alterati alcuni risultati di match nei campionati di Lega Pro, Eccellenza e Promozione: una frode messa in atto probabilmente anche per consentire ai due sodalizi toscani di evitare le retrocessioni e quindi rimanere nelle rispettive categorie. Come e quanto si sia sviluppato questo sistema di corruzione, però, è ancora tutto da stabilire. Si indaga anche per scoprire se esiste un “giro” di scommesse clandestine. Ma l’attenzione del procuratore della Repubblica di Prato, Giuseppe Nicolosi, che coordina le indagini, è incentrata soprattutto sul trasferimento di due giovanissimi talenti calcistici della Costa d’Avorio che – in base all’ipotesi accusatoria – avrebbero fatto ingresso in Italia esibendo documentazioni fittizie – come presunte parentele, maternità biologiche e filiazioni naturali – al fine di ottenere illeciti profitti per le società che ne detenevano il cartellino di tesseramento (Prato e Sestese, appunto). I certificati sospetti sono stati presentati nelle richieste di espatrio all’ambasciata italiana di Abidjain e all’Ufficio immigrazione della questura di Prato. Lo scopo era quello di ottenere il rilascio dei visti di ingresso (a quanto pare fasulli) per motivi di ricongiungimento familiare, con l’ottenimento del successivo permesso di soggiorno.

Le ‘irregolarità’ sin qui scoperte potrebbero essere solo la punta dell’iceberg di un sistema criminale ben più complesso: si parte dall’accusa, per le persone fin qui coinvolte, di violazione delle disposizioni del Testo Unico concernete la disciplina dell’immigrazione ma l’indagine potrebbe allargarsi ad altre possibili imputazioni. Decisiva, per la denuncia del caso, è stata la prova del Dna da cui risulterebbe che un calciatore ragazzino non è il figlio naturale della donna che lo aveva dichiarato. È stato l’allenatore della Sestese a segnalare alla polizia l’esistenza di uno «strano meccanismo di regolarizzazione» che riguardava alcuni atleti africani. Da qui l’inchiesta. I risultati delle investigazioni sui sospetti brogli sono stati trasmessi alla procura federale della Figc (Federazione italiana gioco calcio).

Nel mirino ci sono 12 partite fra cui lo spareggio Prato- Tuttocuoio di Ponte a Egola (Pisa) per la permanenza in Lega Pro, due sfide giocate il 22 e il 28 maggio scorsi e terminate con un doppio pareggio 0-0, 22 che ha consentito al Prato di salvarsi e restare fra i professionisti. «Ci sono indizi di combine – ha detto il procuratore Nicolosi – ma è un’attività che dobbiamo approfondire, tre le persone coinvolte per il momento ed è una vicenda che per ora guardiamo tutta dal lato pratese. Non escludiamo, pertanto, degli sviluppi».

Non risulta indagato il presidente uscente del Prato, Nicola Radici, mentre le investigazioni colpiscono direttamente, come abbiamo detto, l’attuale massimo dirigente della società tpscana, Paolo Toccafondi, nei confronti del quale però non ci sono provvedimenti restrittivi della libertà. Per il reato di frode sportiva il codice penale prevede la pena massima di tre anni di reclusione, quindi non consente misure cautelari di qualsisasi tipo. «Si tratta tuttavia di una vicenda molto grave sotto il profilo dell’ordinamento sportivo» ha precisato il procuratore Nicolosi.

da Avvenire