L’eresia ultima: una fede disincarnata

Particolare del quadro di Duccio di Buoninsegna (1300 ca) "La guarigione del cieco nato" (tempera e oro su tavola, Londra, National Gallery)

Particolare del quadro di Duccio di Buoninsegna (1300 ca) “La guarigione del cieco nato” (tempera e oro su tavola, Londra, National Gallery)

Placuit Deo è la recente Lettera della Congregazione per la Dottrina della fede, del 22 febbraio 2018, che spiega ai vescovi le odierne cattive interpretazioni della salvezza cristiana. La salvezza è quella che Gesù di Nazareth è venuto a portarci, mostrandoci il nuovo volto di Dio, sempre e solo amore, attraverso la sua morte-risurrezione e la sua vita tutta donata, in quest’amore, ai fratelli: perché tutti gli uomini siano salvi in Cristo, secondo la volontà salvifica universale del Padre. Con l’Incarnazione, Egli assume la nostra umanità (= è il Salvatore della nostra umanità, non di altro) e la vive in assoluta pienezza e perfezione (= è la salvezza della nostra umanità per questa via, non per un’altra). Il ragionamento è allora molto semplice: la salvezza cristiana, portata da Gesù, è «perfezione e bellezza» della nostra umanità.

Di conseguenza, la salvezza cristiana è la liberazione e la redenzione da ciò che rende “disumana” la nostra umanità, o perché la limita, impedendole di sprigionare le infinite energie di bene che le sono interiori, o perché la rende opaca, negandole la sua radiosa bellezza nell’amore o perché la corrompe in tante forme di barbarie facilmente riconoscibili nella vita degli esseri umani. E quando? Quando gli uomini si odiano, uccidono, si fanno le guerre, si dominano schiavizzando, si sfruttano mercificando e così via. Anche quando, non hanno occhi per il dolore e le sofferenze degli altri, percepiti più come nemici che come fratelli e si dividono in tante forme di competizioni, quali lupi rapaci contro altri lupi. La salvezza cristiana riguarda ogni uomo, tutti gli uomini e tutto l’umano. Non riguarda solo la sua anima, o le sue idee, ma anche il suo corpo, le sue emozioni interiori e i suoi legami con Dio, gli uomini e il cosmo.

La salvezza cristiana è «salvezza comune», salvezza di popolo. Non è cosa che possa viversi isolatamente, da soli, in autonomia individualistica, perché questa salvezza è “cristiana”: nasce, cioè dall’evento dell’Incarnazione di Dio e pertanto si vive nella carne degli esseri umani, nella stoffa storica e “polverosa” delle vicende umane, spesso “sorde” all’ascolto del comandamento di Gesù sull’amore: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Quel «come» è singolare, perché appartiene a Gesù e solo a Gesù, identificando il cristianesimo di chi s’impegna ad amare «come» Gesù. Chi pretendesse amare “diversamente” non sarebbe cristiano e vivrebbe nei «fraintendimenti odierni» della salvezza che il Documento Placuit Deo identifica, rievocando antiche eresie: il pelagianesimo (mi salvo da solo, con le mie sole forze, non ho bisogno di altri, nemmeno di Dio, semmai potrei seguirlo come modello esteriore, ma non ho bisogno della sua grazia) e lo gnosticismo (mi salvo nell’interiorità della mia conoscenza e in modo intimistico).

Le ferite più dolorose inferte al corpo di Cristo, da questi «riduzionismi» della salvezza cristiana, riguardano la «sacramentalità» della Chiesa cattolica come la «via incarnata» con la quale la salvezza si realizza e si comunica, perché direttamente riferita alla fonte sorgiva e inesauribile della salvezza di Cristo, cioè la sua umanità piena, perfetta e vera. Questi riduzionismi, – frutti dell’individualismo e il soggettivismo produssero in tempi di utopia rinascimentale il protestantesimo –, in tempi di «retrotopia» (Zygmunt Bauman), producono l’eresia ultima, ilcattolicesimo convenzionale. Non se ne fa menzione nel Documento della Congregazione: non viene “nominata”, ma descritta abbondantemente. L’eresia ultima – qui intesa come mistificazione o riduzione della salvezza cristiana –, si vive, infatti, nel cattolicesimo convenzionale, nel mascheramento complessivo che pur mantiene inalterato il linguaggio cattolico: segni rituali, dottrine, manifestazioni, organizzazioni, preghiere, tutto è cattolico, ma non più cristiano (cioè senza l’umanità di Gesù e senza la «carne di Cristo»).

Il cattolicesimo convenzionale è l’alienazione religiosa: dove si prega, ma non si opera la carità, dove s’invoca Dio e non si obbedisce al suo comandamento dell’amore, dove si chiede misericordia e non si perdona. Un «cattolicesimo svuotato di cristianesimo» è l’eresia ultima, perché non fa funzionare la salvezza cristiana nella carne degli esseri umani, disincarnando l’Incarnazione.

Vescovo di Noto

da Avvenire