Le rare raffigurazioni di paesaggio rurale e urbano nella pittura cimiteriale romana

di Fabrizio Bisconti

L’immaginario collettivo contemporaneo guarda alle metropoli con sguardo mobile, considerando le grandi città come luogo ambito di residenza, ma anche come sede degli impegni lavorativi quotidiani e stressanti, da fuggire, da lasciare almeno nel week-end per trovare riposo nei luoghi di vacanza o nelle case di campagna.
Questo rapporto conflittuale, che fa oscillare il giudizio sulle città tra accoglienza e rifiuto, che comporta una coerente immersione nel luogo del lavoro, della professione, della vita civile ed un desiderio di relax, di recupero delle energie, di ritorno alla vita atavica dei padri, consumata in un locus amoenus, in una villa rustica o marittima, replica, per certi aspetti, l’atteggiamento dei contemporanei e due opposte visioni, che, in verità, sembrano paradossalmente complementari, nel senso che l’una condizione non esclude l’altra.
È interessante che questa visione conflittuale e, un po’ ambigua, è tipica anche delle civiltà del passato e non è estranea alla cultura paleocristiana, come lasciano comprendere gli affreschi delle catacombe romane, che rappresentano il patrimonio figurativo cristiano antico più consistente, con le loro quattrocento unità monumentali. Solo in casi estremamente eccezionali la pittura cimiteriale paleocristiana di Roma cala scene o singoli personaggi in una pur generica dimensione ambientale e contro fondali scenici costruiti che ne chiudano o blocchino la narrazione entro termini architettonici ben definiti, preferendo, di gran lunga, il paesaggio naturalistico, ispirato alle ultime esperienze della pittura vesuviana, privilegiando azioni, gesti e accadimenti rispetto ai contesti.

(©L’Osservatore Romano 8 agosto 2012)