La “tentazione” del Padre nostro

Sempre, quando mi alzo la mattina, prego con le parole latine del Veni Sancte Spiritus e con il Padre Nostro. Due preghiere brevi, semplici ma intense.

Per quanto riguarda il Padre Nostro, da tempo, all’espressione «non ci indurre in tentazione» sostituisco la dizione «non ci abbandonare “nella” tentazione», discostandomi, anzi disubbidendo alla direttiva della Cei che invita a pregare dicendo «non ci abbandonare “alla” tentazione».

Dov’è la differenza?  L’espressione «non ci abbandonare “alla” tentazione» mantiene, anche se in maniera soft, quel concetto scandaloso di Dio-soggetto-della-tentazione, che vorrebbe superare. Abbandonare alla tentazione significa lasciare che…., permettere, non impedire; il che fa poca differenza, se non nella “gradualità” dell’azione, con l’indurre! Permettere che una cosa avvenga da parte di chi ha il potere di impedirla è come farla! C’è sempre una responsabilità.

«Non ci abbandonare “nella” tentazione», invece, significa ben altro, sarebbe come dire “non lasciarci soli”, “non lasciarci soli a salmodiare le nostre paure”. E per noi che sappiamo che le invocazioni a Dio sono imperativi per la nostra coscienza, sarebbe come dire: «non farci sentire soli»! E quindi come dire a noi stessi: «Coraggio, continua a lottare; non sei solo!».

di don Aldo Antonelli / Adista