La fede nell’ora della prova

«Nell’ora della prova, la fede ci illumina. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi la strada della sofferenza e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce» (Lumen fidei 56.57)
La fede è luce. Deve esserlo interamente, fin nei meandri più bui dell’esistenza, segnati dalla sofferenza e dalla morte. Il “caso serio” della fede – la sua sfida radicale – è il male inguaribile, il dolore innocente. Perché la sofferenza, la sofferenza del giusto? Dov’è Dio in presenza del male che s’abbatte inesorabile? Perché credere, continuare a credere, dove il male l’ha vinta sul bene e il dolore morde implacabile? La questione si leva drammatica in presenza dell’umana impotenza. Chiama in causa Dio e la fede con cui l’uomo confida in Dio.
La fede cristiana non si sottrae, si lascia interpellare. Anzi ha proprio qui la sua ragion d’essere: dire una parola di vita all’uomo che soffre. Non lo fa con una filosofia o un’alchimia della sofferenza. Lo fa con la memoria viva della croce di Cristo, con cui Dio è sceso nel fondo più buio del dolore del mondo. «All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce» (57). La fede non cancella la sofferenza, la introduce nell’atto di abbandono del Crocifisso nelle mani del Padre (cf Lc 23,46). «Contemplando l’unione di Cristo con il Padre, nel momento della sofferenza più grande sulla croce, il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù. Perfino la morte risulta illuminata e può essere vissuta come l’ultima chiamata della fede, l’ultimo “Esci dalla tua terra” (Gen 12,1), l’ultimo “Vieni!” pronunciato dal Padre, cui ci consegniamo con la fiducia che Egli ci renderà saldi anche nel passo definitivo» (56). «La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino» (57).

avvenire.it