III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) commento Leture di don Fabrizio Crotti

Il testo odierno comprende il sommario di introduzione alla narrazione del ministero di Gesù (1,14-15) e due racconti gemelli di chiamata al discepolato di due coppie  di fratelli(1,16-20).

Il sommario dà i termini essenziali dell’annuncio di Gesù;il racconto della chiamata funge da paradigma di cosa significhi “convertirsi e credere al vangelo”.

L’indicazione dell’arresto di Giovanni suona letteralmente “dopo che Giovanni fu consegnato”. La scelta del verbo “consegnare” è importante perchè ritorna negli insegnamenti su passione-morte-risurrezione del Figlio dell’uomo (ad es. 8,31). La forma la passivo può essere interpretato come passivo teologico. E’ dunque Dio che consegna Giovanni(al carcere). Per un lettore attento che conosca il vangelo marciano, è chiaro l’imprigionamento di Giovanni alla pasqua di Gesù. Il destino di Giovanni, primo predicatore (cfr il verbo Kerussein in 4,4.7 per Giovanni ein 1,14 per Gesù) si rapporta a quello futuro di Gesù. Il contenuto del vangelo è indicato in quattro brevissime frasi, parallele a due per due.

La prima “il tempo è compiuto”dichiara la venuta del tempo definitivo(Is 40,1).

La seconda “il regno di Dio è vicino” è la spiegazione del perchè si sia giunti al tempo definitivo. La congiunzione va inteso nel senso fondativo di perché. Il vicino regno  di Dio è l’agire stesso di Dio, il suo regnare(cfr Sal 47;93;96-99). Secondo Gesù l’operare di Dio nella storia si è fatto vicino. Importante è come si traduce il verbo  riferito al Regno di Dio.

La preferenza va per “si è fatto vicino”, tenendo presente che il valore del tempo perfetto greco ed in contenuto semantico del verbo.

In questa prima frase si esprimono unitariamente due dati essenziali. E’ già accaduto qualcosa e gli effetti di questo essere accaduto sono adesso in pieno vigore: non semplicemente il regno si sta avvicinando, ma si è fatto vicino.

Secondo aspetto: è vero che il tempo si è compiuto, però c’è ancora qualcosa da attendere.

L’essersi fatto vicino del regno non è ancora l’essere venuto. Si può comprendere questa articolata dichiarazione così: Gesù, che adesso ha cominciato a proclamare il regno di Dio, rendendo possibile la sequela a lui, dà la possibilità di accogliere l’avvenuta vicinanza del regno di Dio. Al tempo stesso è vero che il regno di Dio (cioè l’agire di Dio) non ha ancora raggiunto il dispiegamento della sua forza piena. Questo avverrà soltanto nella pasqua del Signore.

L’essersi fatto vicino del regno di Dio va compreso in adeguata relazione con l’essere venuto del regno in potenza che viene indicato in Mc 9,1:”alcuni dei presenti vedranno il regno di Dio venuto con potenza”.

Probabilmente, questa distinzione, essenziale per la comprensione della teologia di Mc e non solo, sta un punto importante per la predicazione di quest’anno liturgico con Mc. Occorrerebbe riuscire a rispettare questi due livelli di comprensione del regno, seguendo l’evangelista che, prima di iniziare a parlare del regno che viene con potenza nella pasqua, per i primi lunghi 8 capitoli(quantitativamente la metà del vangelo) si sofferma a presentare l’essersi fatto vicino del regno: vicino nella presenza, nella parola, negli esorcismi e nelle guarigioni di Gesù di Nazaret.

Ai due indicativi perfetti succedono due imperativi presenti.”Convertitevi”chiede un completo cambiamento di mentalità, come aveva già richiesto  il Battista. “E credete al vangelo” è  la spiegazione più adeguata di cosa si intende quando parla di richiesta di conversione da parte di Gesù. La congiunzione e può essere intesa in questo caso come un cioè. Ci si converte, se ci si fida del lieto annuncio che la predicazione propone.

Non si tratta di una riconversione di cultura o di un passaggio da una religione ad un’altra, ma piuttosto di collegare la vita che si sta vivendo a un principio nuovo, esterno a questa vita e intuibile solo attraverso la fede e la scelta della vita. Si tratta di riferire noi stessi e tutto quello che viviamo a quanto viene operato da Dio, sia adesso (nell’essersi fatto vicino del regno), sia nell’orizzonte futuro di un intervento conclusivo (il venire in potenza del regno). E’ da questo fidarsi del vangelo di Dio annunciato da Gesù che vengono le trasformazioni dello stile concreto di vita delle persone, come mostra, nelle righe seguenti, la situazione di coloro che lasciano il mestiere di pescatori per seguire Gesù e diventare pescatori di uomini.

Non commentiamo i due racconti di chiamata, tenendo presente che di vocazione hanno perlato abbondantemente le letture di domenica scorsa.

 

Per quanto rigurada la prima lettura rileviamo alcuni comportamenti importanti di Giona 3.

‘- l’intervento di Dio all’inizio e alla fine del racconto.all’inizio Dio chiama il profeta e gli affida un messaggio da annunziare. Alla fine Dio vede le opere dei niniviti e si impietosisce.

i niniviti sono come un modello della disponibilità a convertirsi appoggiandosi sulla forza della parole annunziata. Gesù si ricorderà di questa prontezza e la metterà a confronto con la chiusura da lui riscontrata (Lc11,30).

  • nel raconto odierno Giona appare come un fedele esecutore della missione ricevuta. Se si guarda a all’insieme del libro, Giona appare anche lui come un convertito.
  • La lettura inizia con:”furivolta a Giona una seconda volta questa parola”. Giona è di fatto un annunciatore ancora bisognoso di ulteriore conversione.

 

La seconda lettura è in connessione col vangelo sulla valutazione del tempo:”il tempo è compiuto”e “il tempo si è fatto breve.

Ci sono però delle differenze. Mentre il vangelo insiste sul già la lettera punta piuttosto sul non ancora considerato cronologicamente vicino.

Mentre il vangelo caratterizza il presente come il luogo in cui l’agire di Dio  si è fatto vicino, in Paolo abbiamo la contrapposizione tra tempo presente e tempo futuro.il tempo presente sta passando. La qualificazione del presente è data dall’idea di un rivolgimento futuro che sta già facendo irruzione. Anche questa caratterizzazione del presente porta un invito di conversione, esemplificato in alcuni atteggiamenti: sposarsi, piagere, godere, comprare. Le realtà del mondo vanno vissute nella consapevolezza della loro non definitività.

Occore fare attenzione al “come se”. Non si tratta di un’atarassia stoica ma di considerare le attuali realtà in rapporto alle realtà future come transitorie per cui non degne di un attaccamento eccessivo.

L’impostazione paolina evitando un dualismo reale e quindi affermando si il valore del mondo futuro sia la consistenza del mondo presenti, permetterà lo sviluppo di una concezione positiva della realtà terrena, impossibile anacronistica in un contesto come quello paolino.