I quarantanni. Brescello applaude il suo Gino cervi

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Fu un attore completo, di grande temperamento e umanità. Tutti lo ricordiamo come il burbero Peppone nei cinque film della saga di Don Camillo tratti dalle novelle di Giovannino Guareschi e girati a Brescello, nel cuore della “sua” Emilia, dal 1951 al 1970. In realtà, la carriera di Gino Cervi ha toccato, con identica intensità, decine e decine di ruoli drammatici e brillanti al cinema, in teatro, in televisione, alla radio e nel doppiaggio, di cui fu maestro (sua la voce di Lawrence Olivier e Orson Welles).Ma proprio nel paese della Bassa padana dove si accesero, davanti alla cinepresa, le avventure del sindaco e del parroco più rissosi e simpatici della storia del cinema, si celebrano, oggi e domani, i quarant’anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Punta Ala (Grosseto) il 3 gennaio del 1974.  «Storia e mito di Gino Cervi» è il titolo dell’iniziativa, promossa dal Comune e dalla Fondazione Paese di Don Camillo e Peppone: conferenze, proiezioni, approfondimenti, ricordi, dibattiti e testimonianze con la partecipazione di studiosi, giornalisti, amici e colleghi del grande attore. Una festa per ricordarlo tra i brescellesi con i quali l’attore si intratteneva sempre volentieri, parlando in dialetto, durante le pause di lavorazione dei film, e che lo amavano come fosse uno di loro.
Gino Cervi nacque a Bologna il 3 maggio 1901.

Figlio di un critico teatrale, respirò l’aria del palcoscenico (innamorandosene) sin da bambino accompagnando il padre ad assistere agli spettacoli. Cominciò a recitare in una filodrammatica, di nascosto dal papà che non voleva facesse l’attore. Il suo esordio ufficiale nella prosa risale al 1924, con la compagnia di Alda Borelli: fu co-protagonista de La vergine folle, di Henri Diamant Berger. Quattro anni più tardi conobbe durante una tournée teatrale la giovane attrice Angela Rosa Gordini, detta Ninì, che sposerà. Dal loro matrimonio nacque Antonio, detto Tonino (Gino lo volle battezzare col nome di suo padre), che in seguito diventerà regista e produttore cinematografico.

Dopo molte esperienze teatrali, tra cui quella esaltante con la grande compagnia Tofano-Maltagliati, e sul set (si ricorda, tra le altre, la magistrale interpretazione del cardinale Lambertini nell’omonimo film di Gorgio Pàstina, del 1954), Cervi fu chiamato dal regista francese Julién Duvivier a interpretare il sindaco comunista Giuseppe Bettazzi (lui, liberale convinto!) nel primo film della serie di Don Camillo: dovette in realtà “sostituire” lo stesso Guareschi che, scelto per ricoprire il ruolo, dopo le prime riprese fu “licenziato” perché ritenuto inadatto a recitare. Cervi comunque, con il suo Peppone, riuscì a convincere tutti entrando, insieme con l’”amico” Fernandel, nella leggenda. E pensare che il produttore Peppino Amato, in un primo momento, aveva indicato lui al regista come possibile interprete del manesco pretone.

La “figuraccia” di Guareschi sul set, dunque, fu per tutti provvidenziale. «In ogni caso, dopo la mia prova, nessuno pensò che Peppone potesse essere senza baffi perché era l’unica cosa di quell’esperienza sul set che aveva davvero funzionato» commentò con ironia lo scrittore. Così, Cervi, dopo alcune scene girate con i fastidiosi mustacci finti, decise di farseli crescere.

E non se li tagliò quasi più. Anzi, proprio i baffi, neri e severi, divennero il segno inconfondibile di un altro suo personaggio, il commissario Jules Maigret interpretato in modo impeccabile negli sceneggiati Rai ispirati ai racconti di Georges Simenon e andati in onda, con grande successo di pubblico, dal 1964 al 1972.

Istrionico ed espressivo in tutti i registri interpretativi, Gino Cervi era noto per la sua presenza “meditativa” sulla scena e per una certa lentezza nel passare da una battuta all’altra recitando davanti alle telecamere (come si può notare sia in Maigret, sia negli spot pubblicitari di un famoso brandy): era la conseguenza di un’abitudine contratta sul palcoscenico, quando doveva seguire il suggeritore; in tv non poteva fare a meno del “gobbo” perché, diceva, gli mancava il tempo di imparare le battute a memoria, per i troppi impegni che aveva con il cinema e con il suo amato teatro.

Al convegno di Brescello parteciopano il critico letterario Marino Biondi, lo scrittore Fabrizio Sebastian Caleffi, il critico cinematografico Roberto Chiesi, il critico teatrale Fernando Giovale, gli storici del teatro Giulia Tellini e Alessandro Tinterri.  Interverrà l’attore Gianni Cavina.

 

Fulvio Fulvi – avvenire.it