Dio e i cioccolatini

di Gilberto Borghi | 31 marzo 2016  – vinonuovo.it
«Chi è in grado di conoscere Dio sa apprezzare l’idea del cioccolato, senza doverne per forza usufruirne. Arriva alla fine della sua vita e spesso, il cioccolatino scopre di avercelo in tasca, forse senza neanche averlo chiesto»

Appena finita la lezione alla scuola di Teologia, una mia studentessa mi inchioda. Anche lei insegna religione. Anche lei in una scuola superiore. “Professore, le lascio questo scritto. È di una mia studentessa di quarta. Lo legga, credo che le potrebbe piacere”. Ovviamente non ho resistito alla tentazione.

«Ha smascherato la fede magica di chi crede di conoscere Dio e poi gli chiede di fare il dispensatore di cioccolatini. Questa frase, tra le tante lette in classe è quella che più mi è rimasta impressa. Credo riassuma pienamente il senso di una vita intera. Voglio dire, non ho mai apprezzato quei credenti praticanti che vivono il rapporto con Dio come un modo, una via che semplifica la propria vita; quei fedeli che vedono in Dio un “essere supremo” che affranca dalle fatiche, che assolve i dolori, che per l’appunto, distribuisce i cioccolatini. E’ facile vivere in questa maniera, lavandosi le mani da ogni responsabilità.

Ho sempre apprezzato, al contrario, le persone che riuscivano a vedere in Dio piuttosto un accompagnatore, un amico, di quelli poco discreti, che non hanno paura di dirti le cose come stanno e di darti qualche schiaffo in faccia, quando serve. Un amico un po’ scomodo, scomodo come la verità, ma uno dei pochi amici che durano per tutta la vita.

Personalmente fatico a classificarmi in una delle due categorie: non ho mai detto un “Padre nostro” in più per avere cioccolatini, come ricompensa. Ma dall’altro canto non credo che sarei in grado di riconoscere e apprezzare l’esistenza di un amico che in anni e anni di amicizia non ti ha mai fatto vedere neanche l’ombra di un cioccolatino (comunque, non è il mio caso).

Chi è in grado di conoscere Dio sa apprezzare l’idea del cioccolato, senza doverne per forza usufruirne. Chi sa conoscere Dio arriva alla fine della sua vita e spesso, il cioccolatino scopre di avercelo in tasca, forse senza neanche averlo mai richiesto. Perché, ecco, ci sono tanti tipi di cioccolato, così come ci sono diverse felicità e diverse strade per raggiungere Dio. Alle volte è davvero semplice! Lo si trova nelle strade, nella gente, nelle situazioni. C’è chi lo trova nel dolore e nella sofferenza; chi semplicemente lo trova dentro di sé; una volta bussa forte, una volta più piano.

Io personalmente lo trovo nella musica, lo sento forte e chiaro, mi parla, ogni tanto lo ascolto, ogni tanto no. Lo trovo nella gente che incontro, nei passi che faccio, negli errori che commetto e nelle soddisfazioni che, alle volte ricevo. Lo trovo nella solitudine e nel silenzio della notte. Non credo sia un Dio dispensatore di cioccolatini. Non credo che saprò mai quale sia il suo vero volto, ma ho sentito più volte il forte odore del cioccolato e chissà se un giorno, come Chiara, troverò un cioccolatino in una delle mie tasche».

Si, Chiara. Chiara Corbella Petrillo, la cui storia dal 13 giugno 2012 ha fatto più volte il giro del mondo. E in questa ragazza di quarta superiore ha lasciato un segno. Che ci permette di riflettere, ancora una volta, su come questa generazione oggi può percepire la presenza di Dio. Generazione post-secolare e post-cristiana. Che a me richiama, almeno tre caratteri.

Prima che essere un Dio pensato, quello che oggi è possibile è innanzitutto un Dio percepito. Perciò, per questi ragazzi, è più facile incontrarlo nel mondo emozionale, più che in quello razionale, benché le due cose non si escludano a vicenda.

Secondo. Un Dio che sollecita più il desiderio di più vita vera e piena, e molto meno, invece, il bisogno di rassicurazione e di risposta al mistero. E quindi più che vivere la vita per risolvere il mistero, spinge a stare nella vita per vivere il mistero.

Terzo. Un Dio che sa molto più di strada e di realtà, che non di istituzione e teoria. Che perciò è accattivante proprio perché inatteso e “fuori dal recinto”, capace perciò di scomodare chi fa del recinto la propria difesa rispetto alla realtà.