Clemente Riva e il «Vangelo della semplicità»

La Messa a 20 anni dalla scomparsa del presule rosminiano, ausiliare del settore Sud dal 1975 al 1998, protagonista del dialogo ebraico – cristiano

Un uomo «grande perché umile», che ha dato tanto alla Chiesa, si è speso per la diocesi di Roma, per la quale è stato vescovo ausiliare per oltre vent’anni, e che si è impegnato a fondo per il dialogo ecumenico e interreligioso. Un uomo che chi ha avuto «il privilegio di conoscere oggi ringrazia Dio. Chi non lo ha conosciuto ha perso molto». A vent’anni dalla morte di monsignor Clemente Riva,  rosminiano, studioso del Concilio Vaticano II, il padre generale dei Rosminiani don Vito Nardin ha presieduto la Messa in suffragio sabato 30 marzo nella basilica dei Santi Ambrogio e  Carlo al Corso.

Nardin ha tratteggiato alcuni aspetti della sua eredità spirituale, a cominciare dal suo mettere al centro la carità e l’amore per gli ultimi, e ha evidenziato la sua umiltà manifestata anche nella scelta di rimanere a vivere con i confratelli anche dopo l’ordinazione episcopale, rifiutando così l’alloggio a lui destinato. «Una volta – ha ricordato padre Nardin – mi chiese anche di confessarlo. Se non è umiltà questa: un vescovo che si confessa con un confratello».

Clemente Riva, profondo conoscitore di Antonio Rosmini del quale ripubblicò “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa”, vescovo ausiliare del settore Sud dal 1975 al 1998, viene inoltre ricordato per il suo intervento al Convegno del 1974 sui mali di Roma e per il ruolo ricoperto nel dialogo fra cattolici ed ebrei, che culminò con la visita di San Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma domenica 13 aprile 1986. Per molti è stato «il vescovo che Rosmini auspicava», ha ricordato padre Nardin, che durante l’omelia ha proposto tre spunti di riflessione riferiti alla visione rosminiana e all’esperienza pastorale di Riva: l’uomo al centro della città, l’uomo come centro della creazione e infine come centro dell’azione di salvezza messa in atto dalla Santissima Trinità. «Monsignor Riva – ha affermato – metteva l’uomo al centro della città, della vita umana, sociale e cristiana».

Alla Messa, concelebrata dal vice rettore della basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, era presente anche Gianni Maritati, giornalista Rai e presidente dell’associazione culturale “Clemente Riva” nata a Ostia nel 2010 per promuovere la cultura del sapere, del dialogo e della solidarietà sull’esempio del vescovo Riva. Il 4 luglio 2011 proprio sul litorale romano, su proposta di Maritati, è stato intitolato il parco Clemente Riva per ricordare un uomo «modesto che utilizzava sempre i mezzi pubblici. Aveva uno stile francescano e una grandissima capacità di relazione pastorale. Mi manca – il ricordo di Maritati – il suo mettersi alla pari con gli altri, la sua gioia di stare tra la gente». Per il ventennale della morte di Riva le edizioni Rosminiane – Stresa hanno ripubblicato il suo ultimo libro “Al centro della città metterei l’uomo”, edito nel 1985, che raccoglie otto relazioni scritte tra il 1981 e il 1984 dalle quali emergono il suo pensiero e la sua esperienza pastorale.

«Il nostro desiderio – ha concluso Maritati – sarebbe quello di ripubblicare tutte le opere scritte da monsignor Riva». Roberto Cutaia, autore di “Clemente Riva, un grande pastore di anime”, ha ricordato la «grandezza della sua umiltà, la capacità di sorprendere anche attraverso i piccoli gesti. Per tutta la vita ha incarnato il Vangelo della semplicità. Era un uomo di preghiera dal quale trasudava la spiritualità rosminiana».

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