A Verona la biblioteca più antica del mondo

”1 agosto 517”. Una data, un frate ”birichino” e la Biblioteca oggi più antica del mondo. Potrebbe essere l’incipit di un nuovo ”Nome della rosa” (e in effetti da questi volumi trasse ispirazione anche Umberto Eco). Invece è la storia della Biblioteca Capitolare di Verona e del Codice Ursicino, preziosissimo tomo di un centinaio di delicatissime pagine in pergamena che tra pochi giorni compirà 1500 anni.

”Il Codice – racconta all’ANSA il Prefetto della Biblioteca, Bruno Fasani – prende il nome dall’amanuense che vi copiò la vita di San Paolo di Tebe e di San Martino di Tours, scritta da Sulpicio Severo nel IV secolo”. Un libro bellissimo, con i primi caratteri semionciali e scene toccanti come ”il dialogo tra San Martino e il Diavolo” sulla misericordia del Padre verso il Figlio peccatore. Ma Ursicino, concluso il lavoro, non rispettò le norme in uso e lo datò. ”Questo codice – scrisse – fu terminato a Verona, il primo agosto, quando era console Agapito, uomo assai illustre, durante la decima indizione (appunto il giorno 1 agosto 517) per mano di Ursicino, lettore della chiesa veronese”. ”Il Codice, conosciuto in tutto il mondo, è quindi preziosissimo – prosegue Fasani – non solo per i contenuti che propone, ma perché attesta che in quel periodo, regnante re Teodorico, a Verona esisteva già da tempo, probabilmente dal secolo prima, se non dalla fine del IV secolo, uno Scriptorium, che produceva testi di vario genere.

Questo è il motivo per cui è legittimo affermare, come ci è riconosciuto a livello universale, che la Biblioteca Capitolare di Verona è la più antica esistente al mondo”, costituita prima ancora di quella di Santa Caterina del Sinai (VI sec), di San Gallo e di Salisburgo (VII-VIII sec). Qui nei secoli studiò il figlio di Carlo Magno, Pipino, spedito dal padre che considerava Verona la ”nuova Atene”, e poi anche Dante Alighieri e Francesco Petrarca, che vi scoprì l’amore per le epistole. Sopravvissuta al terremoto, alla peste, alle ruberie di Napoleone, all’alluvione del 1882 e alle bombe degli americani (grazie ad alcuni illuminati ufficiali tedeschi che ne salvarono alcuni tomi), oggi la Biblioteca Capitolare, ”la regina delle collezioni ecclesiastiche” come la definì il paleografo Elias Avery Lowe, custodisce un tesoro di oltre 1200 manoscritti, 245 incunaboli, 2500 cinquecentine, 2800 seicentine e altri 70 mila volumi. ”Li abbiamo digitalizzati per gli studiosi – prosegue Fasani – Ma arrivano da tutto il mondo a vedere gli originali, anche i Presidenti della Repubblica Mattarella e Napolitano, Papa Benedetto e Giovanni Paolo II”. Oltre al Codice Ursicino qui è conservato ”il Codice Gaio, l’unico al mondo in cui è trascritto il diritto romano antico”, senza le manipolazioni della decadenza imperiale, ”copiato nel IV secolo dagli scritti del legislatore Gaio del 172 d.C”. E poi ”l’Indovinello veronese, primo testo del volgare italiano e delle lingue romanze”, ”il più antico codice XXVIII De Civitate Dei di sant’Agostino”, l’Evangeliario Purpureo Veronese, vergato in lettere d’oro e argento su pergamena purpurea, ”sul quale giurò Teodorico alla sua incoronazione”.

Per il compleanno del Codice Ursicino si terranno incontri e visite guidate ma ”l’obbiettivo – conclude Fasani – è aprire la Biblioteca al grande pubblico come museo. A settembre partirà una campagna di crowfunding e per fine anno realizzeremo una prima mostra con l’Università di Verona: ‘Come si scriveva nel Medioevo”.

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