In Italia si stanno diffondendo le “famiglie missionarie a km 0”, esperienze di coppie che vivono in edifici parrocchiali dismessi e propongono “nuovi modi per abitare la Chiesa”

In un tempo in cui talora i cattolici si sentono assediati e corrono il serio rischio di rinchiudersi in fortini, fisici o simbolici, le storie che ho raccolto dicono che si possono incarnare modalità più evangeliche, missionariamente efficaci perché elementari nella loro grammatica (accoglienza reciproca, servizio e condivisione, apertura al diverso) e, quindi, immediatamente comprensibili anche all’uomo di oggi e in un tempo come il nostro.

Sono le “famiglie missionarie a km zero”, realtà di condivisione tra famiglie che spesso abitano in edifici ecclesiastici, come canoniche e oratori, e che fanno dello stesso “abitare” una forma di annuncio. Una nuova presenza della Chiesa tra la gente, una presenza “formato famiglia” ormai diffusa, in forme diverse, in varie regioni d’Italia.

Nello spirito della Evangelii Gaudium, a queste famiglie non interessa occupare spazi: non vanno in parrocchia con obiettivi di “potere” o per accedere agli incarichi più prestigiosi. Al contrario, insieme con i sacerdoti e la comunità, stanno innescando processi, liberando energie talvolta sopite. Cosa accadrà e quali risultati si otterranno da tali sforzi non è dato loro sapere. Molte famiglie potrebbero non vedere, se non in piccola parte, l’esito delle fatiche fatte; eppure già oggi tutte (sono loro stesse a dirlo) sperimentano «il centuplo quaggiù»: quella ricchezza sovrabbondante, imprevedibile e immeritata, che il Signore fa vivere a quanti, come nel loro caso, si mettono in gioco per il Vangelo.

Il “centuplo” – per le “famiglie missionarie a km zero”, che vivono ogni giorno in case disordinate e tra mille “interferenze” – sono le coccole che le signore anziane del quartiere riservano ai figli, le mille attenzioni che parrocchiani di ogni età manifestano per i nuovi arrivati in casa, gli abbracci e le torte ricevute in dono, le relazioni che si moltiplicano e infittiscono, il vicino che si riavvicina alla Chiesa perché l’ha trovata accogliente. E, su tutto, la percezione di una vita più ricca e piena proprio perché donata.

Tutt’altro che trascurabili, a detta degli stessi protagonisti, sono i benefici che anche i sacerdoti che vivono questa esperienza ricevono in dono. Uno dei preti incontrati in questo viaggio ha detto: «La testimonianza del Vangelo è più credibile se frutto di una condivisione e di una vita fraterna, comunitaria. Vale anche per noi preti. Il celibato, se combinato alla vita solitaria, più che una testimonianza rischia di trasformarsi in una comodità, diventando un segno che non parla agli uomini e alle donne di oggi».

Il «centuplo quaggiù» è accordato infine alla comunità dove le “famiglie missionarie a km zero” si trovano a vivere. Grazie a loro, diventa più immediato cogliere che al cuore della parrocchia c’è non “un uomo solo al comando”, ma una fraternità di persone con ruoli, vocazioni ed età diverse. E questo contribuisce a trasformare la parrocchia in profondità: da una realtà alla quale ci si rivolge per chiedere e ottenere una serie di servizi (religiosi o di altro tipo) a luogo di vita, ossia dove si incontrano gli altri e si sperimenta la gioia del Vangelo.

Il fatto di ridare vita, restituendo loro anche un senso, a strutture parrocchiali (oratori o canoniche che siano) abbandonate o non più presidiate, è l’immagine visibile di un’operazione, ben più importante, che le “famiglie missionarie a km zero” compiono: restituire alla comunità cristiana una capacità di ri-generare, con audacia e creatività, spazi e relazioni, perché il Vangelo si incarni anche oggi, sempre più, nella vita della gente.

Il libro di Gerolamo Fazzini «Famiglie missionaria a Km0» (Edizioni Ipl, p.176, euro 18) verrà presentato a Milano giovedì 17 ottobre alle ore 18,30 presso il nuovo Centro Pime di via Monte Rosa 81. Insieme all’autore interverranno la coppia Manuela Salari e Fabio Panzeri e don Ambrogio Basilico parroco della chiesa della Pentecoste a Quarto Oggiaro (Milano)

vinonuovo.it

I magistrati. «Non esiste un sistema Bibbiano, ma veleni di soggetti in malafede»

Nel caso emiliano su 100 richieste di affido 85 erano state negate e sui 9 casi affrontati nell’inchiesta 5 erano già stati risolti dal Tribunale dei minori

La fiaccolata dopo le rivelazioni dell'inchiesta 'Angeli e demoni', relativa ad un presunto giro di affidi illeciti, Bibbiano (Reggio Emilia), 20 luglio 2019 (Ansa)

La fiaccolata dopo le rivelazioni dell’inchiesta ‘Angeli e demoni’, relativa ad un presunto giro di affidi illeciti, Bibbiano (Reggio Emilia), 20 luglio 2019 (Ansa)

Avvenire

Chi ha sbagliato dovrà pagare, ma non esiste un “sistema emiliano”fondato su una gestione di assoluto potere da parte dei servizi sociali. Sbagliata anche la scelta di offrire nell’immediatezza all’opinione pubblica una notizia così rilevante – cioè l’inchiesta su Bibbiano – «senza alcun filtro, cautele, sufficienti e autorevoli spiegazioni dei percorsi investigativi e della peculiarità del caso». Scelta che ha determinato «una devastante e generalizzata delegittimazione delle professioni di aiuto, di assistenza, di cura e protezione delle persone di minore età e della funzione del Giudice delle relazioni».

Dietro il linguaggio tecnico dei magistrati minorili – che ieri hanno concluso a Lecce la loro tre giorni nazionale – si coglie il disappunto per come è stata gestita la vicenda Bibbiano e, soprattutto, per le ricadute sull’intero sistema di protezione dei minori fuori famiglia. In un comunicato dai contenuti molto fermi, con qualche “espressione pop” insolita per l’aplomp giuridico dei magistrati, la presidente dell’Aimmf (Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia) Maria Francesca Pricoco, segnala che sull’episodio sono arrivate «recenti e puntuali precisazioni» da parte del presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna, Giuseppe Spadaro.

Si tratta delle notizie che avevano ripreso anche su “Avvenire” di giovedì scorso, relative alle verifiche compiute su 100 casi affidati ai servizi sociali della Val d’Enza dal 2017 al 2019. Per 85 procedimenti la proposta di allontanamento dalla famiglia avanzata dai servizi sociali della Val d’Enza era stata respinta. Dimostrazione – spiegano i magistrati minorili – che non c’è stata assenza di «approccio critico e valutativo» da parte del Tribunale.

Sarebbe da aggiungere che, anche per i nove casi esaminati nell’inchiesta avviata dalla procura di Reggio Emilia, cinque erano già stati risolti dai giudici minorili ancora prima che il caso esplodesse, rimandando i minori alle proprie famiglie. E due si sono conclusi nelle settimane successive. Informazioni che sarebbero state preziose ma che nessuno, annunciando alla stampa i provvedimenti cautelari – 17 ai domiciliari e 27 indagati – si è premurato di chiarire.

In assenza di queste precisazioni, «il sistema della Giustizia minorile e familiare è stato enormemente esposto alle speculazioni e, in qualche ipotesi – scrivono ancora i responsabili dell’Aimmf – anche a comportamenti rivendicativi di soggetti in malafede, catalizzando le istanze “di pancia” degli “scontenti”, e amplificando l’inutile logica del sospetto su tutto e su tutto».

Accuse molto pesanti la cui portata investe da una parte i rapporti tra uffici giudiziari, dall’altra gli interventi di persone – tra cui non pochi addetti ai lavori – che in questi mesi si sono distinte per attacchi sistematici e indiscriminati a giudici, comunità, psicologi. Tutti ugualmente colpevoli senza distinzione – almeno a parere di questi “scontenti” – di congiure ai danni dei bambini. Evidentemente le cose sono più complesse e differenziate. I magistrati non negano che servano riforme profonde per migliorare il sistema e che esistano criticità e carenze, ma non serve distruggere tutto, gettando al vento «percorsi evolutivi virtuosi e d’esperienza».

Nobel a tre economisti per ricerche sulla lotta alla povertà globale

Avvenire

Assegnato congiuntamente a tre economisti per gli studi sperimentali

Nobel a tre economisti per ricerche sulla lotta alla povertà globale

Il premio Nobel per l’economia è stato assegnato congiuntamente agli economisti Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer per l’approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale. Tutti e tre sono ritenuti piuttosto giovani per aver vinto il premio Nobel (nessuno di loro arriva ai 60 anni).

Banerjee, che ha 58 anni è un economista indo-americano e lavora al Massachusetts Institute of Technology (MIT); Duflo, che ha 47 anni, è un’economista franco-americana e anche lei è impiegata al MIT (i due sono sposati); Kremer ha 54 ed è un economista americano dell’Università di Harvard.

Duflo ha già scritto diversi libri sul tema ed in Francia, il suo paese d’origine, è nota da tempo come una dei principali economisti della “nuova sinistra“.

(Ansa)

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I tre hanno introdotto un nuovo approccio per ottenere risposte affidabili circa i migliori modi per combattere la povertà, hanno spiegato i responsabili della Royal Swedish Academy of Science. La ricerca condotta dai nuovi premi Nobel “ha considerevolmente migliorato la nostra abilità di lottare la povertà globale. In soli due decenni, il loro nuovo approccio ha trasformato l’economia dello sviluppo, che è diventato ora un fiorente campo di ricerca”, è scritto in un comunicato.

Esther Duflo, premio Nobel per l'Economia 2019 (Ansa)

Esther Duflo, premio Nobel per l’Economia 2019 (Ansa)

In particolare, “come risultato di uno dei loro studi, più di 5 milioni di ragazzi indiani hanno beneficiato di programmi scolastici di tutoraggio correttivo”. Nella motivazione si segnala come i tre vincitori “hanno introdotto un nuovo approccio per ottenere risposte affidabili sui modi migliori per combattere la povertà globale”: fra questi, “suddividere questo problema in questioni più piccole e più gestibili, come ad esempio gli interventi più efficaci per migliorare la salute dei bambini”.

Ad esempio a metà degli anni ’90, Kremer e i suoi colleghi “hanno dimostrato quanto possa essere efficace un approccio sperimentale, usando test sul campo per mettere alla prova una serie di interventi che avrebbero potuto migliorare i risultati scolastici nel Kenya occidentale”. Quanto a Banerjee e Duflo, spesso in collaborazione con lo stesso Kremer, “hanno condotto studi simili su altre questioni e in altri paesi, tra cui l’India. I loro metodi di ricerca sperimentale ora sono centrali negli studi economici sullo sviluppo”.

(Ansa)

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Il premio, dal valore di 9 milioni di corone svedesi (circa 915.000 dollari), si somma ai cinque premi creati per volontà di Alfred Nobel, industriale e inventore della dinamite, istituiti dalla banca centrale svedese e assegnati per la prima volta nel 1969.