Il volto di Cristo al centro della terza edizione della “Settimana della Bellezza”

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da Vatican News

E’ il grido di Davide nel Salmo 26, “il tuo volto io cerco”, a segnare il tema della terza edizione della “Settimana della Bellezza”. Da oggi, venerdì 19 ottobre, al 28, si alterneranno testimonianze, momenti di riflessione e rappresentazioni artistiche per aiutare la riflessione sul valore del proprio volto, di quello di Dio e degli altri. In questa prospettiva, “Il tuo volto io cerco”, diventa una preghiera a Dio e un invito all’uomo di oggi così spesso spersonalizzato.

“ L’invito che più volte il Papa ha rivolto ai cristiani: quello di inforcare lenti nuove con cui guardare all’altro che ci sta di fronte, per assumere uno sguardo più accogliente e meno sospettoso ”

Il volto e l’invito del Papa

Il volto è il tema sul quale il vescovo di Grosseto, Rodolfo Cetoloni, ha chiesto all’intera Diocesi di riflettere durante questo anno pastorale.
“Il desiderio di fondo – ha infatti commentato – è di assumere l’invito che più volte il Papa ha rivolto ai cristiani: quello di inforcare lenti nuove con cui guardare all’altro che ci sta di fronte, per assumere uno sguardo più accogliente e meno sospettoso o impaurito, più aperto allo stupore della novità che l’altro porta con sé sempre. A partire dalla contemplazione del volto per eccellenza: quello di Dio. E’ un tema che può coinvolgere tutti, dai bambini agli adulti, da chi è credente a chi è lontano da un personale cammino di fede”.

Un evento di fede e cultura

Arrivata alla sua terza edizione, anche quest’anno proposta e realizzata con il coinvolgimento di numerosi uffici della Diocesi di Grosseto, “La Settimana della Bellezza” è costruita su di un intreccio di eventi culturali e religiosi dal respiro universale, in grado di raggiungere credenti e non e di suscitare il desiderio di ricerca e di informazone di cui in questo periodo storico si ha tanto bisogno. Un risultato a cui hanno contribuito le diverse realtà coinvolte.

Un lavoro di equipe

Alla realizzazione dell’evento, hanno collaborato il quotidiano “Avvenire” con il suo mensile di arte e cultura “Luoghi dell’Infinito”, la Fondazione Crocevia e, da quest’anno, anche la Fondazione Polo Universitario Grossetano, il Comune di Grosseto, la Fondazione Grosseto Cultura con Clarisse Arte e il Museo archeologico e d’arte sacra della Maremma.

Il card. Tagle

Guardando al lungo elenco di ospiti che parteciperanno, si può dire che “La Settimana della Bellezza” rappresenti un crocevia di esperienze, vite e desideri. Ospite d’onore, il card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, che raggiungerà Grosseto durante una pausa dei lavori del Sinodo dei giovani. Lunedì 22 terrà nella Cattedrale una lectio magistralis sul tema della “Settimana” mentre, il giorno successivo, parteciperà all’incontro con i giovani: “Cronache e mappe dal profondo. Quando la parola si fa volto”. Con lui, anche il direttore di Avvenire, Marco Taqruinio e il poeta Davide Rondoni.

I 50 anni di Avvenire

La Settimana della Bellezza, sarà anche l’occasione per celebrare i 50 anni del quotidiana della Cei. Martedì 23 ottobre, la tavola rotonda “Avvenire, 50 anni di storia, di volti e di Chiesa” con il direttore Marco Tarquinio e il giornalista Umberto Folena.

Giornata Missionaria Mondiale: tutti protagonisti dell’evangelizzazione

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Si celebra domenica prossima, 21 ottobre, la 92.esima Giornata Missionaria Mondiale. Stamattina la presentazione in Sala Stampa vaticana in cui si è richiamato il messaggio del Papa rivolto in particolare ai giovani

da Avvemire

La Giornata missionaria mondiale 2018 è stata presentata stamattina nella Sala Stampa della Santa Sede dal card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; mons. Giampietro Dal Toso, presidente delle Pontificie Opere Missionarie e padre Fabrizio Meroni, del PIME, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria e direttore dell’Agenzia Fides, introdotti da Paloma García Ovejero, vice direttore della Sala stampa. Una Giornata quest’anno un po’ speciale perchè concomitante con il Sinodo dei Vescovi sui giovani. E il tema del Messaggio di Papa Francesco per l’occasione, pubblicato il 20 maggio scorso, si rivolge proprio alle nuove generazioni e s’intitola: “Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tutti”.

L’opera missionaria della Chiesa non è finita

Il card. Filoni ha subito ricordato la voluta coincidenza e le prime parole della lettera-messaggio del Papa che suonano come un gesto coinvolgente: ”Cari giovani, – scrive Francesco – insieme a voi desidero riflettere sulla missione che Gesù ci ha affidato”. Il Papa ha sottolineato ai giovani, ha detto il porporato, che ogni vita è una missione, è una vocazione. E che tutti sono protagonisti della missione della Chiesa e cioè l’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini del mondo. Confini non solo geografici, ha sottolineato. Molti sono ancora i popoli che non hanno ricevuto il primo annuncio – i due terzi della popolazione mondiale, secondo le statistiche – ma molte sono anche le comunità dove c’è bisogno di una seconda opera di evangelizzazione. Il compito della Chiesa, dunque, non è finito.

I doni che derivano dal Vangelo

Il prefetto ha anche precisato quanto il Vangelo, attraverso la Chiesa, sia una ricchezza per i territori in cui arriva in termini anche sociali, in scuole, ospedali, e in termini di educazione al dialogo e alla convivenza pacifica. In molte parti del mondo, ha poi sottolineato, sono nate o stanno crescendo le giovani Chiese che sempre più stanno prendendo coscienza di essere loro stesse missionarie per i loro territori. Con il sostegno della Chiesa universale e, concretamente, della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

La Giornata missionaria mondiale

La Giornata missionaria mondiale vuol essere, dunque, il momento culmine di questo sostegno. Attraverso due modalità, ha spiegato mons. Dal Toso: prima di tutto la preghiera, perché la fede è sempre comunque un dono di Dio e attraverso la raccolta di offerte durante le celebrazioni eucaristiche della domenica in cui ricorre la Giornata. L’opera missionaria ha infatti necessità anche di sostegno concreto per poter essere portata avanti.

Le giovani Chiese protagoniste dell’evangelizzazione

Riguardo alla raccolta fondi, mons. Dal Toso ha detto come le giovani Chiese locali siano sollecitate alla trasparenza amministrativa e al buon uso dei contributi finanziari ricevuti. Ad una domanda sugli esiti di questa raccolta, il presidente della Pontificie Opere Missionarie, ha affermato che esso corrisponde all’andamento del senso di appartenenza delle persone alla Chiesa e alla fede. La secolarizzazione in tante società ha portato ad una flessione delle offerte ma, ha precisato, anche alcuni Paesi europei hanno visto di recente una crescita. Le offerte durante le Messe non sono tuttavia le uniche forme di raccolta e si sta studiando anche un utilizzo maggiore delle possibilità che Internet mette oggi a disposizione.

Nel 2019 un ottobre missionario strordinario

Da padre Meroni l’annuncio, infine, di una nuova iniziativa voluta da Papa Francesco: un ottobre missionario straordinario da tenersi l’anno prossimo in occasione dei 100 anni della Lettera apostolica di Papa Benedetto XV: “Maximum Illud“ che cambiò l’atteggiamento missionario della Chiesa. Tema dell’iniziativa sarà: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. L’obiettivo è risvegliare nei credenti la consapevolezza d’essere missionari proprio in quanto battezzati. Padre Meroni ha sottolineato anche il legame tra il Sinodo per l’Amazzonia e l’ottobre missionario straordinario 2019: il Papa infatti desidera che essi rappresentino l’unica passione della Chiesa per l’evangelizzazione.

Tutti hanno diritto di ricevere l’annuncio del Vangelo

Ed è importante, ha affermato ancora il card. Filoni, sollecitato anche dalla domanda di un giornalista, capire come il concetto di missione sia maturato nel tempo all’interno della Chiesa. Da un atteggiamento di tipo quasi ‘colonialistico’ ad una proposta rispettosa della cultura e dell’identità di ciascun popolo. Non proselitismo, ma testimonianza e annuncio di Cristo guidati dall’amore verso il Signore e verso le persone. E ha ricordato le parole di San Paolo quando invita a “dare ragione della vostra speranza”.

Religione. Ravasi esplora tutti i giovani della Bibbia

da Avvenire

Andrea Mantegna, “Presentazione al tempio” (1455)

Andrea Mantegna, “Presentazione al tempio” (1455)

La parola più usata nell’Antico Testamento? Dopo il nome divino Jhwh (“Jahweh”) è ben, vale a dire “figlio”. Ce lo ricorda il cardinale Gianfranco Ravasi nel volume Cuori inquieti. I giovani nella Bibbia, pubblicato in occasione del Sinodo dei giovani voluto da papa Francesco. «La Bibbia – commenta il biblista, presidente del Pontificio consiglio della Cultura – è per certi versi un libro di figli buoni e cattivi che vedono alla fine entrare in scena in mezzo a loro il Figlio per eccellenza, Gesù Cristo». E osserva che il vocabolo ben deriva dal verbo ebraico banah,che significa “costruire, edificare”. «La casa infatti – spiega – cresce con le pareti, fatte di pietre vive e protese verso l’alto e il futuro, che sono i figli». Ed è pieno di episodi biblici in cui i figli si confrontano con i padri (da Isacco e Abramo al figliol prodigo), o i fratelli spesso litigano fra loro (da Caino e Abele alla vicenda rocambolesca di Giuseppe), questo libro che cerca di porre in rapporto gli eventi raccontati in quello che è stato giustamente definito il Grande Codice della cultura occidentale e il mondo di oggi, caratterizzato dal motto “digito, ergo sum”.

I nostri adolescenti, che trascorrono cinque ore almeno della loro giornata davanti al computer, comunicano in modo assai differente rispetto agli adulti e agli anziani, più abituati al dialogo vis-à-vis. Non a caso Ravasi cita la nota espressione di papa Giovanni: «Voi dite sui vecchi le stesse cose che dicevamo noi da ragazzi. È giusto. Ma un giorno altri ragazzi diranno lo stesso di voi». Ma, aggiunge il cardinale, «noi della generazione precedente trasmettiamo, con la nostra indifferenza, con le nostre prediche moralistiche, con l’assenza dei valori genuini, rami secchi che i giova- ni rigettano e non possono far rinverdire. Si crea, così, una sorta di deserto comune in cui ci trasciniamo». Per questo non bisogna mai smettere di rimarcare, in questi dialogo fra nuove e vecchie generazioni, che nell’animo dei giovani rimane sempre un’inquietudine positiva. Come ha detto l’attuale pontefice in un videomessaggio del luglio 2016 al raduno ecumenico “Insieme” di Washington: «So che c’è qualcosa, nei vostri cuori, che vi rende inquieti, perché un giovane che non è inquieto è un vecchio».

La parte più intensa del volume è quella dedicata a Gesù giovane. Servendosi dei pochi cenni che emergono dai Vangeli e rinunciando alle suggestioni di quelli Apocrifi, Ravasi ci ricorda che Gesù non è stato solo bambino ma anche adolescente e giovane, morendo poco più che trentenne, un’età che oggi consideriamo giovanile. Nel ritratto che emerge tutto parte dalla linea di demarcazione dell’episodio di Gesù dodicenne al tempio tra i dottori, «una sorta di bar-mizvah» che nella cultura giudaica significava l’ingresso nella giovinezza, con l’ammissione al culto e all’osservanza della Torah. Il piccolo saggio dedicato a Gesù consente di puntualizzare varie questioni aperte, dal mestiere che egli praticava (falegname o carpentiere?) alle lingue che parlava (aramaico, ebraico e anche greco?), se egli sapesse leggere e scrivere, sino al fatto se avesse fratelli o sorelle o se fosse sposato. Come accennato, Ravasi ricostruisce molte vicende delle Scritture in cui i giovani si confrontano con i vecchi, come nel caso di Salomone, il re famoso per la sua saggezza, e del figlio Roboamo, non solo inesperto ma del tutto incapace di governare. Solo la vera sapienza e lungimiranza possono costituire la stoffa del buon uomo politico e «non è automatico indizio di buon governo né un sovrano di lungo corso né un giovane e aitante innovatore ».

Per ricordarci la maledizione del profeta Isaia che riferiva questo oracolo divino: «Io metterò come loro capi dei ragazzi, dei monelli li domineranno»: ad una classe politica sprecona spesso finisce per succederne una del tutto incapace e arrogante. Ai nostri ragazzi portati ad avere rapporti amorosi spesso fugaci, il libro porta l’esempio supremo del Cantico dei Cantici: il poemetto insegna la verità autentica sulla relazione interpersonale, a partire da tre elementi. Il primo è la corporeità, che si esprime anche nella sessualità, «celebrata come un dono divino di attrazione e fecondità». Al secondo posto viene l’eros, che in questo libro biblico sta per «tenerezza, bellezza, fascino, sentimento, passione». L’ultimo anello è rappresentato dall’amore, nel quale i due protagonisti del Cantico «si donano nella totalità dell’essere ». Concetto ben illustrato dalla citazione di un altro testo famosissimo, Il Profeta del poeta libanese Gibran: «Amatevi l’un l’altro ma non fate dell’amore una catena: lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento tra i lidi delle vostre anime… Siete nati insieme e insieme sarete in eterno. Sarete insieme anche quando le ali bianche della morte disperderanno i vostri giorni. Sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio».

Milano. Ecco la App che trova la Messa più vicina a te

Ecco la App che trova la Messa più vicina a te

Nasce durante il Sinodo dei giovani. E non è un caso. Si tratta di una nuova app gratuita, ideata e sviluppata da quattro universitari di Milano, che mostra la localizzazione delle chiese più vicine. Con DinDonDan sarà immediato trovare gli orari di apertura delle chiese, le Messe feriali e festive e gli orari di disponibilità dei sacerdoti per le confessioni a Milano.

QUI È POSSIBILE SCARICARE DINDONDAN dal Google Play Store

DinDonDan nasce dall’idea di Alessandro e Angelo (Ingegneria), Federico (Giurisprudenza) e Giacomo (Design), spinti dal desiderio di mettere insieme le loro competenze, e intende mettere a portata di mano tutte le informazioni utili di ogni singola chiesa, sia per chi è di passaggio a Milano sia per chi, per qualunque motivo, si trovi lontano dalla parrocchia abituale.

ECCO COME FUNZIONA LA APP DINDONDAN

DinDonDan localizza l’utente, gli mostra le chiese più vicine con gli orari delle Messe, permettendogli di selezionare quelle ancora accessibili (si pensi a chi rientra in città la domenica sera). Preziosa la funzione “filtro”, per selezionare giorni e orari e avere una mappa personalizzata.

Grazie alla “segnalazione modifiche” DinDonDan permette agli utenti di segnalare eventuali modifiche agli orari, il che la rende continuamente aggiornata e partecipativa. Con l’opzione “Aggiungi chiese” si possono segnalare chiese e orari non ancora presenti nel database. C’è poi una sezione con testi di papa Francesco sul significato della Messa. Così l’utente ha a portata di smartphone non solo il «dove» e il «quando», ma anche il «perché».

Al momento DinDonDan mostra le chiese di Milano e dintorni, ma l’obiettivo è di espandersi verso altre zone d’Italia.

da Avvenire

Per informazioni, chiarimenti e segnalazioni si può scrivere: dindondanapp@gmail.com

QUI È POSSIBILE SCARICARE DINDONDAN dall’App Store

Missione. Il Nobel del cuore. I tre premiati: la vita per il Vangelo

da Avvenire

Carla Magnaghi - Suor Evelina Mattei - Padre Giampaolo Carraro

Carla Magnaghi – Suor Evelina Mattei – Padre Giampaolo Carraro

Solo un pazzo, oppure un uomo di grande fede, può immaginare che sia possibile «evangelizzare l’inferno». Ma è esattamente ciò che dal 2005, a San Paolo del Brasile, sta facendo padre Gianpietro Carraro. Questo missionario di 58 anni – nato a Sandon di Fossò ( Venezia) e ordinato prete a Chioggia nel 1987 – ha scelto di vivere insieme al popolo della strada: senza fissa dimora, drogati, alcolizzati, gli “scarti” della società in cui papa Francesco ci invita a vedere la carne di Cristo.

Don Gianpietro riceve oggi a Concesio (Brescia) il Premio Cuore amico, il cosiddetto Nobel dei missionari, che ogni anno viene attribuito a persone che si siano particolarmente distinte nel campo della carità, nel mondo. Insieme a lui verranno premiate Evelina Mattei, suora Maestra di Santa Dorotea di 70 anni, impegnata nella Repubblica Democratica del Congo, e Carla Magnaghi di 76 anni, laica consacrata dell’Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità, attiva in Sud Sudan. In Brasile da 24 anni, nel 2005 padre Gianpietro ha iniziato un’esperienza nuova, chiamata Missão Belém (Missione Betlemme) che nel 2010 ha ricevuto l’approvazione diocesana del cardinale Odilo Scherer. «Una chiamata nella chiamata», la definisce lui, dopo l’esperienza nella Comunità di Villaregia e, successivamente, nell’Alleanza della Misericordia, un’associazione missionaria di San Paolo che si occupa dei poveri. Oggi la Missione Belem conta una sessantina di consacrati e consacrate con voti, centinaia di membri volontari, oltre a migliaia di amici e collaboratori presenti in Brasile e Haiti: nelle sue case sono accolte oltre 1.500 persone. Molti di coloro che vengono ospitati e recuperati dalla strada provengono dalla “crackolandia”: una terra di nessuno, nel cuore di una delle città più popolose e cosmopolite del Brasile, dove a tutte le ore si spaccia e si consuma la droga dei poveri.

Un vero e proprio inferno – chi scrive lo può testimoniare, essendoci stato – dove il missionario porta non solo una parola di consolazione e speranza, ma anche l’annuncio esplicito di Cristo come possibilità per una vita nuova. Tra quelli che hanno accolto la buona notizia di un Dio che ama anche i più derelitti ci sono persone che oggi, completamente riabilitate, guidano comunità e case di accoglienza; altri sono diventati persino sacerdoti. A condividere fin dalle origini l’impegno a fianco di meninos de rua, tossicodipendenti, anziani abbandonati e prostitute, c’è Calcida, una consacrata brasiliana, molto più del classico braccio destro del missionario: egli stesso la definisce cofondatrice di Missione Belem.

Con il contributo del Premio Cuore Amico, verrà realizzato un nuovo centro di accoglienza, per la cui costruzione saranno impegnati molti volontari della Missione Belém. I soldi del premio serviranno, invece, a Carla Magnaghi per potenziare le attività del Centro “Usratuna” (Nostra Famiglia in arabo) a Juba. Originaria del Varesotto, è entrata a 18 anni nell’Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità, fondato dal beato don Luigi Monza. Da insegnante si è appassionata all’attività riabilitativa per bambini con disabilità e si è specializzata in psicomotricità e logopedia, lavorando per molti anni fra Como e Varese. Diventata esperta nel linguaggio dei segni, segue anche i bambini con sordità. Nel 1991 prende dimora in Sudan mentre infuriano i bombardamenti e il conflitto tra Spla (movimento di liberazione del Sud) e l’esercito.

A Juba il suo Istituto aveva aperto il Centro Usratuna su richiesta del comboniano Agostino Baroni, arcivescovo di Khartoum, perché fosse un segno di carità in un contesto islamico. All’epoca Juba era un villaggio immerso in un contesto di estrema povertà. Dopo soli cinque mesi dal suo arrivo viene preso d’assalto dai ribelli e il Centro Usratuna è invaso da più di tremila civili che vi si rifugiano per sfuggire alla violenza: vi resteranno ben sei mesi. Anche oggi in Sud Sudan infuria la guerra, tra Dinka e Nuer, con due milioni di rifugiati e una gravissima crisi economica. Carla che, negli anni, ne ha viste davvero di tutti i colori («per un periodo, nel 1991-92, Osama Bin Laden ha abitato vicino a noi, ma allora nessuno sapeva chi fosse!») ha sempre mantenuto, come le sue consorelle, un rapporto di amicizia, ricambiato, con i musulmani, senza mai dar adito ad accuse di proselitismo. Pure suor Evelina Mattei è una che di fegato ne ha da vendere. Più della metà dei suoi 70 anni li ha passati in Africa.

Era partita dal paese di PaoloVI nel 1975, fresca di diploma di infermiera e ostetrica. In Burundi, lavora in due dispensari, dove accoglie bambini e assiste le mamme, offrendo loro nozioni di igiene e alimentazione. La guerra però costringe la comunità delle suore a rifugiarsi nell’ex Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo. Apre una nuova comunità, insieme ad alcune consorelle, a Kaniola. E lì si prende a cuore soprattutto la sorte delle donne: costruito un centro di maternità, suor Evelina spende lì le sue migliori energie. Nel 2009 viene mandata a Bukavu, nel periodo della guerra più cruenta. Suor Evelina vede la morte in faccia, con i soldati armati di machete e si prodiga nel campo profughi allestito in città. Oggi è a Burhiba dove, nel carcere sovraffollato e privo di medicine, porta la sua competenza medica e il suo sorriso agli ammalati. Grazie alla somma ricevuta con il Premio Cuore Amico la missionaria vuole infatti migliorare la difficile situazione sanitaria dei detenuti nella prigione centrale della città.

Il premier si salva: la Macedonia cambia nome

il premier socialdemocratico Zoran Zaev aveva minacciato elezioni anticipate in caso di voto contrario (Ansa)

il premier socialdemocratico Zoran Zaev aveva minacciato elezioni anticipate in caso di voto contrario (Ansa)

Il Parlamento macedone ha votato in tarda serata di ieri a favore dell’accordo con la Grecia per il nuovo
nome del Paese (Macedonia del Nord), approvando con la maggioranza dei due terzi le necessarie modifichecostituzionali. I voti a favore della modifica costituzionale sono stati 80, il minimo richiesto dalla maggioranza dei due terzi nel Parlamento di 120 seggi. Non si sono registrati voti contrari dal momento che numerosi deputati erano assenti al momento del voto. In caso di voto contrario il premier socialdemocratico Zoran Zaev aveva minacciato elezioni anticipate in tempi brevi. La seduta del parlamento, prevista per le 15 di questo pomeriggio, è stata a più riprese ritardata, e nelle ultime ore Zaev è riuscito evidentemente ad assicurarsi tra le file dell’opposizione i nove voti che mancavano alla maggioranza per arrivare alla quota minima dei due terzi dell’aula.

In Parlamento i voti a favore della modifica costituzionale sono stati 80 (Ansa)

In Parlamento i voti a favore della modifica costituzionale sono stati 80 (Ansa)


Con il sì del parlamento all’accordo concluso con Atene lo scorso giugno, per la Macedonia si spiana ora la strada all’ integrazione in Ue e Nato. L’approvazione dell’intesa sul nome era stata posta infatti dalla comunità internazionale come condizione per l’integrazione euroatlantica di Skopje.
Il 30 settembre scorso un referendum sull’accordo non aveva avuto successo essendo rimasta l’affluenza al di sotto del quorum minimo del 50%. La stragrande maggioranza dei votanti si era tuttavia espressa a favore dell’intesa con la Grecia, che è fortemente avversata dall’opposizione conservatrice e nazionalista, e dal presidente Gjorgje Ivanov. A loro avviso l’accordo è anticostituzionale e dannoso per gli interessi nazionali della Macedonia.
L’accordo di giugno aveva posto fine a una disputa con la Grecia lunga 27 anni, durante la quale Atene – contestando il nome del Paese ex jugoslavo nel timore di pretese territoriali sulla sua provincia settentrionale che si chiama Macedonia – aveva bloccato ogni avvicinamento di Skopje a Unione Europea e Nato.

Un campo di calcio per salvare il rione Conocal. Sport come educazione civica

Il pallone sgonfio ai bordi di quello che dovrebbe essere un luogo di gioco e di crescita per tanti ragazzi

Il pallone sgonfio ai bordi di quello che dovrebbe essere un luogo di gioco e di crescita per tanti ragazzi

Un pallone sgonfio giace ai bordi del campo di calcio dell’Istituto comprensivo Eduardo De Filippo. Intorno erbacce e rifiuti. Sullo sfondo i palazzoni del rione Conocal, uno dei quartieri-ghetto sorti nelle periferie di Napoli nel post-terremoto. Su quel campo gli insegnanti, gli studenti, i genitori del quartiere ieri sono tornati insieme al procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho per lanciare un messaggio forte alle istituzioni: «Vogliamo avere una scuola uguale a tutte le altre, dove si può giocare a calcio e si può andare in palestra normalmente».

Qui, nel rione Conocal di Napoli, la gente chiede un campo di calcio come in tanti altri quartieri d'Italia

Qui, nel rione Conocal di Napoli, la gente chiede un campo di calcio come in tanti altri quartieri d’Italia

Sono tornati a riappropriarsi dei propri spazi, i ragazzi del De Filippo. Da lì lanciano l’appello al presidente del Coni Giovanni Malagò affinché faccia qualcosa per far tornare il loro campetto alla normalità. Già, perché in questo angolo di Napoli ai bambini non è consentito nemmeno di poter fare una semplice partita a calcetto. Tra i palazzoni del quartiere domina il degrado. E dove c’è il degrado domina la camorra, che nelle ultime settimane ha alzato il tiro, sempre più minacciosa, e spara nelle strade. Il Sabato delle Idee, il pensatoio fondato dallo scienziato napoletano Marco Salvatore, ha così deciso di portare nel Conocal le istituzioni, l’università, la Chiesa, la magistratura, ma soprattutto gli artisti del mondo dello spettacolo e gli sportivi che possono dire di avercela fatta e di essersi affrancati dal degrado delle periferie napoletane.

Uno studente su tre al Sud abbandona la scuola. Oltre un milione di giovani è destinato a un futuro di serie B. E il numero maggiore in Europa è proprio in Campania e in Sicilia. Una generazione perduta. Lo sa bene il rettore dell’Università Federico II di Napoli, Gaetano Manfredi, che ammonisce i ragazzi del Conocal: «Chi non studia, e chi non ha competenze è condannato a restare fuori dalla società e può finire nella morsa della camorra. Perciò studiate».

Lo sport ha anche un valore civico e sociale

Lo sport ha anche un valore civico e sociale

I ragazzi del De Filippo rispondono con i cartelli che hanno preparato per l’occasione, aiutati dai loro insegnanti: “Noi non siamo bambini di serie B”, “Dateci un punto di riferimento e toglieteci dalla strada”. Il Sabato delle Idee è qui per portare al Conocal quell’idea di “rammendo sociale e fisico” mutuata dalla riflessione dell’architetto Renzo Piano. Un rammendo che deve partire dal campo di calcio abbandonato dell’istituto, perché niente come lo sport può essere efficace in contesti come questo. Lo sa bene Gianni Maddaloni da Scampia, che mostra ai bambini la medaglia d’oro del suo miglior allievo, il figlio Pino, ricordando loro: «Anche voi ce la potete fare».

Lo sport come educazione civica. Su questo filo si muove anche il discorso accorato del procuratore nazionale Antimafia ai ragazzi. «Lo sport mi ha insegnato tanto da ragazzo. Innanzitutto mi ha insegnato che ci sono delle regole che vanno rispettate e che c’è un avversario che va altrettanto rispettato. Sono valori che, trasportati nella vita civile, possono fare veramente la differenza».

avvenire

Garante dei minori. «Tutti i bambini hanno pari diritti»

Il Garante Filomena Albano

Il Garante Filomena Albano

Pensa positivo, il Garante dell’infanzia Filomena Albano, che al convegno di Firenze dedicato a ‘I minori in stato di abbandono nel mondo: strumenti giuridici a confronto’ ha voluto presenziare per dare il segno forte della presenza dell’Authority accanto alle famiglie italiane «disposte ad accogliere e far diventare figlio – spiega – un bimbo che non lo era». Come se ci fosse bisogno di sottolinearla, adesso più che mai, la forza di quell’Italia che quotidianamente apre braccia e porte.

Alla fine nei giorni scorsi è dovuta intervenire anche lei sul caso di Lodi e delle mense “vietate” ai bimbi stranieri…
L’ho fatto ribadendo la Convenzione Onu sui diritti del fanciul- lo su cui si fonda tutto l’operato dell’autorità che presiedo. E quella Convenzione parla chiaro: tutti i bambini presenti in un Paese hanno pari diritti e pari opportunità. Questo vale anche per l’Italia, che la Convenzione ha ratificato.

Cosa l’ha colpita di più della vicenda?
Il suo epilogo positivo. Il fatto che ci sia stata una mobilitazione straordinaria delle persone semplici, che abbia trionfato la solidarietà. E però, voglio dire anche questo, l’accoglienza ha bisogno d’essere strutturata in un Paese civile. Servono risposte complesse, di sistema e istituzionali, che vanno messe in rete e devono creare reti. Questo vale anche per le adozioni e su questo sono impegnata come Garante.

A cosa si riferisce in particolare?
A quel che accade dopo la trafila burocratica dell’adozione, parte che evidentemente compete alla Commissione adozioni internazionali. Penso alla scuola per esempio, dove ancora troppo poco si fa per garantire una reale inclusione dei bimbi adottati: questi piccoli vengono quasi sempre inseriti “all’istante”, nel momento dell’anno in cui arrivano nel nostro Paese, e in classi che non corrispondono alla loro età anagrafica. E poi penso alla formazione delle famiglie, che devono sempre più aprirsi a bambini non più piccolissimi, e a bambini anche con bisogni speciali: questo è possibile attraverso un sostegno e appunto progetti di formazione capillare. Si tratta di famiglie accoglienti, sono un’enorme risorsa, ma questa accoglienza va sostenuta attraverso interventi strutturati da parte dello Stato.

Oggi lei si trova a a Firenze anche per l’appuntamento con la scuola di formazione dei tutor toscani dei minori stranieri non accompagnati. Anche in questo caso il Paese ha dato una risposta di accoglienzastraordinaria.
È così. Le oltre 4mila richieste avanzate si stanno trasformando in rapporti di tutorship a tutti gli effetti, grazie agli abbinamenti stabiliti dai giudici. Poco fa, incontrando la presidente del tribunale dei minori dell’Aquila, ho scoperto che lì hanno esaurito tutte le candidature: significa che chi si era fatto avanti e si è anche formato per quel ruolo ora aiuta concretamente un minore solo. Ma la stessa attenzione ai diritti dei bambini la stiamo registrando sul fronte dell’affido. Cioè? Abbiamo avuto un record di richieste da parte di atenei, associazioni, enti pubblici e privati, consultori per la nostra Carta sui diritti dei figli nella separazione, presentata appena qualche giorno fa. Sono talmente tante che fatichiamo ad evaderle.

avvenire