Religioni. Clerc, il silenzio di Dio abita vette impervie

in Avvenire

Lo scrittore e intellettuale francese Hervé Clerc

Lo scrittore e intellettuale francese Hervé Clerc

«Fin dall’infanzia egli si è chiesto: che cosa ci faccio qui? E chi è “io”? Molte persone possono anche vivere tutta la loro esistenza senza neppure essere sfiorate da queste domande – o, se lo sono, ciò accade fuggevolmente, e non faticano a passare oltre. Ma vi sono anche altri generi di persone. Per loro è diverso. Sono più o meno saggi dei primi, su questo si può discutere all’infinito: il fatto è che non si sono mai ripresi da quella specie di stupore che impedisce loro di vivere senza chiedersi perché vivono, qual è il senso di tutto ciò, se pure ve n’è uno. Per costoro, l’esistenza è un punto interrogativo; e, anche se non possono escludere che a questa domanda non vi sia alcuna risposta, pure la cercano, è più forte di loro». Così Emmanuel Carrère, nel suo libro Il Regno, descrive l’amico Hervé Clerc. Ed è il perfetto ritratto dell’inquieto, dell’uomo che si pone in ricerca della verità. Nel libro dello scrittore francese, dedicato al cristianesimo, v’è il racconto dei dialoghi fra i due, delle loro camminate in montagna. Entrambi sempre in ricerca, entrambi agnostici.

Ora Adelphi manda in libreria un volume di Hervé, giornalista a lungo impegnato su vari fronti di guerra: una sorta di corpo a corpo con Dio ove s’intrecciano filosofia e teologia e in particolar modo le tradizioni religiose dell’islam e dell’induismo, dopo che già Clerc aveva dedicato un saggio al buddhismo. Si riaffaccia poi la teologia negativa adombrata dai mistici, da Meister Eckhart ai maestri sufi Rumi e Ibn ’Arabi. A Dio per la parete nordè il titolo del volume, un tentativo singolare di andare oltre la concezione del Dio personale propria dei tre monoteismi. Un’operazione già tentata da Nietzsche, quando nella Gaia scienzaannunciò che «Dio è morto», riferendosi ovviamente al Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e soprattutto al Dio del cristianesimo. Clerc si riconosce nel verdetto inoppugnabile di Nietzsche eppure, pur non credendo nell’esistenza di un Essere personale, «amico e guida degli uomini », ha il coraggio di mettersi a nudo e di rivelare che sin da bambino ha avvertito una “presenza”, qualcosa di «intensamente personale» cui dava del «tu».

Una realtà con la quale, diventando vecchio, scopre di dover fare i conti: «Ritardatario sulla terra, comprendo che è giunto il momento di sporgermi di nuovo verso la misteriosa presenza». Un’esperienza – precisa subito – libera da ogni dogma e da ogni appartenenza religiosa. Come l’amico Carrère, anch’egli ha avuto una madrina, Jacqueline Frié, che li ha avvicinati al cristianesimo, ma è stata per entrambi una parentesi breve ed essi hanno verso le religioni un atteggiamento di rispetto ma anche di scetticismo. Solo che Carrère al cristianesimo ha dedicato un libro originalissimo, il già citato Il Regno, mentre Clerc ha preferito guardare a Oriente, studiando l’induismo, il buddhismo e l’islam. Di quest’ultimo ha avuto modo di apprezzare il sufismo, andando oltre l’idea dell’islam come religione immobile, idea che ben conosciamo in Occidente nella versione parodistica che ne danno gli integralisti. Quello sufi invece è un islam aperto ed è esso che dobbiamo riscoprire se vogliamo far prevalere il dialogo e il confronto e non la violenza. A sua volta l’induismo è saggezza e tolleranza. E niente affatto politeista, come siamo abituati a credere: lo è solo nel suo aspetto superficiale ed esteriore. In realtà «gli indù sanno perfettamente che il fondo delle cose è uno solo».

Il modello di Clerc è l’intellettuale dell’Umanesimo, che riuscì a conciliare la cultura giudeocristiana e quella grecolatina: da lì nacque l’Europa. «Oggi – scrive – questo lavoro è più complicato di un tempo. Per arrivare a una visione aperta del mondo l’umanista non deve più dipanare solo due matasse, ma tre: i monoteismi, islam incluso; il polo greco, portatore dell’indispensabile pensiero critico; i poli indiano e cinese». Cosa rimane alla fine di questo lungo viaggio, di cui va sottolineata l’assoluta sincerità, di Hervé Clerc? La drammatica presa d’atto della desolazione del mondo postmoderno, cui fa da contraltare l’emergere della «faccia desertica di Dio». Così, il Dio della parete nord cui l’autore si rivolge è una realtà abissale, impersonale, senza forma né volto. Un Dio che dà le vertigini e che non si può nemmeno nominare. Quello che egli vede all’orizzonte è il riproporsi del “Dio nudo” di mistici come Plotino e Meister Eckhart. Ed è un Dio impossibile da vedere, sinonimo quasi di “nulla” e di “vuoto”. Un Dio che si fa deserto. Qui si rischia la bancarotta del senso, lo ammette lo stesso Clerc, ma forse si intravede «l’abbozzo di un altro senso, ancora intatto, che è sempre Dio, ma visto sull’altro versante, nella sua faccia oscura, nella sua immensa discrepanza rispetto a tutto ciò che abbiamo saputo, immaginato, pensato e detto di Dio finora».

Questo Dio assomiglia molto all’“ultimo Dio” di Heidegger e, come diceva Pareyson, certamente l’immagine del nuovo Dio che deve comparire all’orizzonte resta vaga, nebulosa, sospesa. Alquanto lontana dal Dio dei cristiani. Eppure, forse che questo “vuoto”, che poi non è altro che il “silenzio”, la “reticenza” dei mistici, non è già di per sé una chiamata dell’anima a Dio? Come diceva Michel de Certeau, «la frase mistica è un artefatto del silenzio che vela più cose di quelle che sveli». Il suo carattere sostanziale si ritrova nella formula di Bonaventura del «trovare Dio in tutte le cose». Quali che siano le conclusioni di Clerc, gli va dato atto che la sua ricerca attesta il ruolo centrale della meditazione per la vita dell’uomo. Tuttavia, a parte una citazione di Michael Lonsdale, l’attore protagonista del film Uomini di Dio («la causa della diffusione del male nel mondo è l’impotenza di Dio, perché nella sua lotta contro il male l’unica arma di Dio è l’amore. Dio non costringe nessuno»), ciò che manca nel suo libro è la dimensione del prossimo, del-l’altro, dell’agape. Che emerge in tutta la sua forza ed evidenza alla fine del libro di Carrère, quando lo scrittore racconta la condivisione di alcuni giorni nella comunità dell’Arche di Jean Vanier. «Anche se lo trovo un po’ imbarazzante – commenta – mi sembra bello che della gente si riunisca per stare il più vicino possibile a ciò che c’è di più povero e vulnerabile nel mondo e in se stessi. Mi dico che è questo, il cristianesimo».

E dopo aver danzato con una ragazza down ospite della comunità, conclude: «Devo ammettere che quel giorno, per un attimo, ho capito che cos’è il Regno». Che non è molto diverso da quanto scrive Marguerite Yourcenar, citata da Clerc con ammirazione. Leggiamo cosa mette in bocca a un monaco nel romanzo storico L’opera al nero: «Per quante notti ho respinto l’idea che Dio lassù non è che un tiranno o un monarca incapace, e che l’ateo che lo nega è il solo a non bestemmiarlo… Poi una luce s’è fatta in me […]. E se ci ingannassimo postulando la sua onnipotenza e vedendo nei nostri mali l’effetto della sua volontà? Se dipendesse da noi ottenere che giunga il suo Regno? Ho già detto che Dio si delega; mi spingerò oltre… Forse egli non è che una fiammella nelle nostre mani, e dipende da noi alimentarla e non lasciarla spegnere; forse siamo la punta più avanzata alla quale egli perviene. Quanti infelici offesi dall’idea della sua onnipotenza accorrerebbero dal fondo del loro sconforto se si chiedesse loro di venire in aiuto alla debolezza di Dio?».

Idee. Un’opera aperta chiamata cervello

Un'opera aperta chiamata cervello

da Avvenire

Ambiente e cervello sono uniti da un matrimonio indissolubile, senza possibilità di divorzio; l’ambiente è l’insieme di stimoli che il cervello con i suoi sensori riceve dal mondo in cui vive. Un cervello senza stimoli è praticamente in coma. Che farebbe un uomo senza l’ambiente con il quale il suo cervello colloquia e interagisce che sarebbe l’uomo senza un tu, in carne ed ossa, come dice Martin Buber? La macchina cerebrale è di enorme complessità ed è composta da 86 miliardi di neuroni e da 100.000 miliardi di sinapsi. Il numero delle sinapsi cresce nella prima infanzia fino verso i tre anni per diminuire drasticamente nella vecchiaia. Con una punta di ironia si può notare che quando portiamo un bambino dal pediatra, quest’ultimo ha circa la metà delle sinapsi del piccolo paziente! La curva di crescita e decrescita delle sinapsi è la curva della nostra esistenza del nostro comportamento fisico e mentale. La struttura delle sinapsi si mantiene dinamica per tutta la vita, esse cambiano funzione e rapporti sotto gli stimoli ambientali. Il cervello è una macchina molto lenta se paragonata alla velocità di elaborazione dei computer o semplicemente del nostro smartphone che è almeno un milione di volte più veloce. Avrete notato che viaggiando in treno a bordo di un Frecciarossa non potete più leggere il nome delle stazioni, né vedere i particolari del paesaggio. Il nostro cervello visivo è una macchina lenta e non ha capacità di elaborazione sufficientemente rapida da percepire immagini che passano velocemente sulla retina. Il colloquio cervello ambiente è reso possibile dal fenomeno della plasticità cioè dalla proprietà che le strutture cerebrali hanno di cambiare struttura e funzione in risposta agli stimoli ambientali. È la magica proprietà per la quale possiamo imparare e ricordare. Durante un periodo situato subito dopo la nascita, chiamato periodo critico o sensitivo, la plasticità è incredibilmente alta e quasi inquietante. Questa enorme plasticità del sistema nervoso pone problemi, oltre che di conoscenza, pedagogici, sociali e politici in quanto è inerente al futuro comportamento del cittadino. Per questo motivo grande è la responsabilità delle strutture educative, famiglia, scuola eccetera, cui è richiesta una profonda coscienza morale. L’Accademia dei Lincei si impegna attivamente per la scuola dei più giovani. Il periodo sensitivo di alta plasticità è presente in tutti i mammiferi ma nell’uomo dura molti anni come se egli avesse l’imprinting di dover a lungo andare a scuola dall’ambiente.

Da sempre la scienza, pur consapevole dell’unicità dell’individuo, pone metodologicamente l’attenzione sulle evidenti somiglianze, macroscopiche e microscopiche tra i diversi cervelli umani. L’unicità dell’individuo è comunque assicurata dall’irriducibile variabilità dei corredi genici e delle esperienze individuali, in particolare quelle della prima infanzia. Questa variabilità è il patrimonio a cui attinge la società per diversificare i ruoli e valorizzare i talenti di ciascuno. Resta il fatto che cervelli cresciuti in ambienti simili e che quindi hanno sviluppato strutture e funzioni cerebrali simili, comunicano più facilmente: «O mantoano, io son Sordello / della tua terra…» scrive Dante nel canto VI del Purgatorio. La facilità di comunicazione agevola la costituzione di gruppi coesi cui corrisponde quella che in senso antropologico si definisce una cultura. Ora quello che l’uomo conosce, le sue tradizioni, in una parola la sua cultura, sono stampate nel suo cervello. Non si può, tuttavia, sottovalutare il rischio che lo sviluppo dei moderni mezzi di comunicazione, prima tra tutti la televisione, diffondendo messaggi uguali a moltitudini di persone, tenda a fare aumentare pericolosamente il cervello collettivo, più di quello che è richiesto per la socialità all’interno della specie. Mangiamo la stessa “pappa” sensoriale e culturale e sviluppiamo quindi strutture cerebrali simili. Ci adoperiamo con zelo diligente per limitare il nostro potenziale biologico di libertà in cambio di facilitazioni non indifferenti per la vita e lo sviluppo del gruppo e in generale per le interazioni sociali.

L’uomo vuole la sicurezza piuttosto che la libertà come dice Il Grande Inquisitore nei Fratelli Karamazov. La lotta contro la diversità all’interno della specie è una lotta contro natura e contro il piccolo singolo uomo che vuole gridare il suo nome. I mezzi di comunicazione e la globalizzazione che ne è in parte conseguenza hanno certamente influito sul nostro comportamento riducendo, a mio avviso, i rapporti individuali. Si vive in un mondo di decisioni rapide in una corsa continua dove non c’è più tempo per ascoltare, conversare e forse neanche per riflettere e pensare e certamente non c’è più tempo per occuparsi del prossimo. Il vero pericolo, a mio avviso, è che diventi un cervello che perde il suo compito di analizzatore critico e sia soggetto ai messaggi dei media più settoriali e come quelli che consumare sia un bene per l’umanità e che uccidere possa essere anche permesso.

Il mercato è diventato il dio laico dei nostri tempi producendo quello che io, in un saggio ( Elogio della lentezza)ho chiamato «una bulimia dei consumi e un’anoressia dei valori». Recentemente i ricercatori, tra i quali io stesso, si sono posti il problema dell’influenza che un ambiente ricco di stimoli, un ambiente arricchito, ha sul cervello, in particolare nell’invecchiamento, una condizione caratterizzata da numerose disfunzioni nelle modalità sensoriali, motorie e cognitive. A Pisa, in un ambizioso esperimento, “Train the brain”, abbiamo tentato di applicare ai pazienti con morbo di Alzheimer in fase iniziale (MCI) la metodologia dell’arricchimento, con lo scopo di dimostrare la possibilità di rallentare almeno l’evoluzione della malattia. Un sommario dei risultati, molto incoraggianti, e dei protocolli terapeutici è stato pubblicato nei Scientific Reports di “Nature” (2017). Voglio richiamare l’attenzione sulla situazione dell’anziano che, con la globalizzazione e il cambio dei costumi familiari, lo sviluppo rapido della tecnologia delle comunicazioni, si pensi semplicemente allo smartphone, è spesso ridotto in solitudine con una pericolosa diminuzione delle afferenze verbali e sensoriali che non possono che accelerare il suo declino cognitivo. Scuola e assistenza sanitaria sono in crisi progressiva, occorre richiamarci alla saggezza dei nostri governanti per opportuni rimedi. In tutti gli animali il cuore, è “ ultimum moriens”,nell’uomo anche la speranza è dura a morire; sant’Agostino esprime con profondità questo stato mentale con parole che sono una preghiera ma anche un programma politico che io mi ripeto per guidare la mia vita. Riporto queste parole con l’augurio che diventi programma comune: «La speranza ha due bellissimi figli; lo sdegno e il coraggio. Il primo di fronte a come vanno le cose, il secondo per cambiarle».

Inps. Misure contro la povertà, oltre 1 milione di beneficiari da gennaio

Misure contro la povertà, oltre 1 milione di beneficiari da gennaio

Nel primo semestre 2018 «sono stati erogati benefici economici a 267mila nuclei familiari raggiungendo 841mila persone. Esistono inoltre trattamenti Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) erogati a ulteriori 44mila nuclei familiari che non si sono ancora trasformati in Rei (Reddito di inclusione), pertanto tali trattamenti possono essere logicamente sommati ai trattamenti Rei potendo concludere che nel primo semestre del 2018 sono stati raggiunti dalle misure contro la povertà circa 311 mila nuclei con il coinvolgimento di oltre un milione di persone». È quanto rileva l’Inps nell’osservatorio sul Reddito di inclusione in relazione ai nuclei beneficiari e persone coinvolte nel periodo gennaio-giugno 2018 con i dati aggiornati al 19 luglio.

L’importo medio mensile, pari a 308 euro, risulta variabile a livello territoriale, con un range che va da 242 euro per i beneficiari della
Valle d’Aosta a 338 euro per la Campania. Complessivamente le regioni del Sud hanno un valore medio del beneficio più alto di quelle del Nord di 53 euro (+20%) e del Centro di 38 euro (+13%). L’importo medio varia sensibilmente, per costruzione della misura, per numero dei componenti il nucleo familiare, passando da 178 euro per i nuclei mono componenti a 435 euro per i nuclei con sei o più componenti.

Gli effetti del Jobs act
Il lavoro cambia e mutano i pesi sul piatto della bilancia tra collaboratori e lavoratori dipendenti: tra il 2015 ed il 2016 sono crollati i cocopro, i collaboratori occasionali e gli associati in partecipazione ed è aumentato il numero di chi è andato ad infoltire le schiere dei lavoratori dipendenti privati. Ad incidere gli interventi legislativi degli ultimi anni. È quanto risulta dal Dossier dell’Inps sugli effetti del Jobs act che prende in considerazione gli anni tra il 2010 ed il 2016. Lo studio sugli andamenti della gestione separata per i
lavoratori autonomi è stato elaborato,spiega l’Ente per rispondere alle richieste del Comitato amministratore del Fondo parasubordinati. In dettaglio, tra il 2015 ed il 2016 i collaboratori a progetto sono diminuiti del 54% passando da 376.774 a 173.801 e, nello stesso anno si sono ridotti notevolmente anche i collaboratori occasionali (-59%) e gli associati in partecipazione (-58%) nel 2016 rispetto al 2015. «Una buona parte di queste riduzioni è dovuta ad una transizione in lavoro alle dipendenze», si legge nel dossier che mostra un calo complessivo totale di tutti i rapporti di collaborazione passati complessivamente da 1.111.684 nel 2015 a 917.888 del 2016 con un reddito salito dai 20.475 euro ai 22.849 di media con punte verso l’alto in Veneto, 28.387 euro, e in basso in Calabria con 10.735 euro. Nel 2015, inoltre, unico anno nell’arco di sei (tra il 2010 e il 2016) la quota di quelli che cessano di essere parasubordinati per diventare l’anno successivo lavoratori dipendenti privati a tempo indeterminato è più della metà, il 60,8%: un dato che secondo l’Inps «è soprattutto ascrivibile, alla cosiddetta decontribuzione triennale».

avvenire

A scuola 170.000 alunni con disturbi intellettivi

Sono in aumento gli alunni con disabilità nelle scuole italiane, soprattutto quelli con disturbi di salute mentale che raggiungono quota 170mila. Lo rileva l’Istat nel Report ‘Salute mentale 2015-17’. Nell’anno scolastico 2016-17, afferma l’istituto, “gli alunni con disabilità sono circa il 3% degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado e quelli con disabilità intellettiva sono pari a 2 alunni con disabilità su 3”. (ANSA).

Estate: 4-11 agosto traffico da bollino nero

(ANSA) – ROMA, 26 LUG – Traffico da “bollino nero” su strade e autostrade italiane le mattine del 4 e 11 agosto, quando è previsto l’esodo estivo. Il prossimo fine settimana sarà invece da “bollino rosso” come tutti i week end di agosto e a ferragosto. Traffico da rientro in città è invece previsto nelle ultime due domeniche di agosto e nel primo fine settimana di settembre. Questo prevede il calendario messo a punto da Viabilità Italia, nell’ambito del Piano dei servizi per l’esodo estivo 2018, presentato al Viminale.

Estate: ferie fanno conti con maltempo, Sud ok con stranieri

(ANSA) – ROMA, 26 LUG – Italiani “succubi” delle previsioni e sensibili al maltempo: lo conferma l’indagine realizzata da Confturismo Confcommercio e Istituto Piepoli secondo cui 300 mila connazionali hanno cancellato o spostato una vacanza tra maggio e luglio per il meteo avverso. A fronte di previsioni iniziali positive che prospettavano incrementi di arrivi e spesa dei turisti sul territorio nazionale, l’estate 2018, fortemente penalizzata dal maltempo a giugno e per buona parte di luglio, registra per ora situazioni molto differenti da zona a zona e comunque non si attendono incrementi rispetto al 2017.

Meridione e Isole, ad esempio, hanno subito frequenti incursioni temporalesche che hanno determinato un numero doppio di giorni piovosi: quest’ultimo dato pone il giugno 2018 al 2/o posto fra i mesi di giugno più piovosi degli ultimi 60 anni al Sud e Isole, alle spalle del giugno del 1976.

Il Sud tiene grazie agli stranieri: se nel 2017 registrava solo il 15% della spesa totale di questa categoria di turisti in Italia, il dato di quest’anno balza al 21%.

Canti «made in Reggio» per il Papa

laliberta.info

L’inno ufficiale e i brani della Messa scritti dall’IDML

Occuperà circa 24 ore filate a Roma, tra sabato 11 e domenica 12 agosto, l’incontro dei giovani italiani con papa Francesco, intitolato “Siamo Qui!”, in preparazione al Sinodo di ottobre. I momenti più forti? Una notte bianca per le chiese della Città eterna (aperte per la riflessione, l’adorazione e le confessioni), preghiera e tanta festa. Il primo giorno, a partire dalle 13, i partecipanti confluiranno al Circo Massimo, dove alle 16.30 saranno coinvolti dai “The Sun”; alle 18.30 arriverà il Papa e mezz’ora dopo comincerà la veglia di preghiera. Dopo la cena, la serata proseguirà a suon di musica per poi sfociare nella notte bianca dello spirito. Domenica mattina i giovani saranno tutti in piazza San Pietro per la Messa che Bergoglio presiederà alle 9.30 e per la recita dell’Angelus a conclusione dell’evento.
Reggiana la colonna sonora che accompagnerà il raduno, a partire dall’inno ufficiale “Proteggi il mio cammino”, scaricabile in versione audio mp3 e come spartito in pdf dal sito www.laliberta.info.
Il testo (che pubblichiamo) è un’invocazione di protezione sui pellegrini, intendendo tutti coloro che attraversano la vita e cercano di dirigere al meglio i propri passi. L’inno è un po’ la punta dell’iceberg di una fervente attività compositiva che ha visto nascere nei mesi scorsi anche le parti della nuova Messa – con “Signore pietà”, “Gloria”, “Salmo responsoriale”, “Alleluia”, “Santo”, “Anamnesi”, “Dossologia” e “Agnello di Dio” – e due nuovi canti ispirati ai temi del Sinodo, “L’ora decima” e “Dove abiti”. Il lavoro di scrittura dei testi, di composizione e di arrangiamento è un progetto a più mani a cui hanno partecipato il reggiano monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema, Francesco Lombardi, Theo Spagna e Giovanni Mareggini, che dirigerà cori e orchestra anche a Roma. Tutto si è sviluppato in seno al nostro Istituto di Musica Liturgia “Don Luigi Guglielmi” con l’impegno diretto di tanti docenti e allievi della scuola e del Coro Diocesano, come anticipato da La Libertà il 14 febbraio scorso. Dopo quasi sei mesi, torniamo a fare il punto con il direttore dell’IDML.

Allora Mareggini, tutto pronto per Roma?
L’opera di scrittura è terminata, ma IDML e Coro Diocesano di Reggio stanno lavorando alacremente per curare gli ultimi dettagli della composizione e dell’animazione musicale che la Cei e il Vaticano hanno loro affidato per l’11 e il 12 agosto. Quest’anno le ferie salteranno…

Come sono nati i nuovi brani, tra l’inno e gli altri canti?
Si tratta di un lavoro complessivo – di cui l’inno rappresenta solo la parte più evidente – ispirato al tema della chiamata e della sequela di Cristo, che chiede a ognuno di mettersi in cammino con Lui e ci indica il movimento come unico atteggiamento possibile per il cristiano, soprattutto per un giovane.

 

Il Perdono d’Assisi, il privilegio dell’indulgenza

L’ indulgenza plenaria rappresenta uno dei momenti più sentiti per i cattolici poiché si ha la possibilità di rimuovere dall’animo una parte delle conseguenze dei peccati.

Si ottiene una volta all’anno da mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del  due agosto.

La volontà di San Francesco d’Assisi nel richiedere fortemente questa indulgenza nacque dall’apparizione di Gesù e della Madonna che lui stesso ebbe mentre stava pregando nella Porziuncola (piccola chiesa all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi).

Alla domanda posta da Gesù di quale grazia lui desiderasse, Francesco rispose di volere il perdono completo per tutti coloro che, visitando la Chiesa, si fossero confessati e pentiti.

Questa richiesta fu esaudita dalla Madonna a patto che Francesco si recasse direttamente dal Papa a chiedere l’istituzione di codesta indulgenza come “rappresentante” di Cristo.

Il Papa e i suoi cardinali rimasero abbastanza dubbiosi nel proclamare l’ indulgenza poiché le argomentazioni di Francesco riguardavano l’assenza di pagamento con moneta e senza l’obbligo di fare un grande pellegrinaggio penitenziale per potersi confessare.

Superate queste perplessità, fu accetta la domanda stabilendo il 2 di Agosto come unico giorno all’anno per potersi liberare dalle colpe e dalle pene.

La concessione da parte del Papa Onorio III, risalente al 1612,  fu documentata  attraverso il Diploma di Teobaldo scritto dal frate e vescovo di Assisi Teobaldo.

All’inizio questa confessione era valida solo se veniva attuata nella Porziuncola poi ben presto si estese a tutte le chiese francescane e parrocchiali anche se Assisi e la sua Basilica rimasero il fulcro più importante.

Il Manuale delle Indulgenze è un testo normativo ufficiale della Chiesa cattolica che indica le azioni da compiere per ottenere l’indulgenza plenaria consistendo nel confessarsi, nel fare la comunione eucaristica,  nel recitare il Credo o il Padre Nostro e nel visitare una chiesa.

Si può richiedere l’indulgenza per se o per i defunti.

in vaticano.com