16 gennaio 2018: la nostra Chiesa ricorda il Vescovo Beniamino Socche nel 53° della morte (16 gennaio 1965)

Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla

16 gennaio 2018: la nostra Chiesa ricorda il Vescovo Beniamino Socche nel 53° della morte (16 gennaio 1965)

Martedì 16 gennaio ore 10.30 in Cattedrale

Celebrazione eucaristica di memoria e suffragio

presieduta da

mons. Adriano Caprioli

Processione finale e preghiera alla tomba di monsignor Socche
presso la Madonna Pellegrina

Il Vescovo Socche verrà ricordato anche nell’Eucaristia delle ore 8 in Cripta

Anno nuovo, novità per l’UP!

Carissimi,

orami sapete che la nostra Diocesi sta camminando decisamente verso le Unità Pastorali (UP): entro il 2020 (mancano solo due anni!), la Diocesi dovrebbe cioè presentare un volto nuovo, non più 317 parrocchie, ma 60 UP, dove le parrocchie non vengono soppresse (almeno è stata la scelta qui a Reggio, a differenza es. di Modena), ma devono integrarsi e formare 60 centri vivi di evangelizzazione su tutto il territorio.

Nel progetto iniziale, c’era indicazione ambiziosa di formare un’unica UP per tutte le dieci parrocchie del Centro Storico! Grazie anche ad una particolare mia insistenza, i “capi” hanno accolto che almeno per il 2020 si arrivi a due UP nel Centro storico. Quindi la nostra dovrebbe allargarsi a comprendere anche Sant’Agostino. Altra scelta che è stata fatta è di arrivare a questa integrazione non per decisione dall’alto, ma attraverso alcuni incontri con i Consigli Pastorali, per cominciare a lavorare insieme a settembre. Non è detto quindi che io a settembre diventi parroco anche a Sant’Agostino e se, in tal caso, ci saranno rinforzi per affiancarmi (non pensate a un giovane curato perché per avere un prete giovane bisogna avere un UP di almeno 15000 fedeli!)

Il Vicario generale ha spiegato tutto ciò a quelli di Sant’Agostino prima di Natale. E il primo passo successivo sarà incontro congiunto tra il Consiglio di Sant’Agostino e l’assemblea dei nostri rappresentanti di Duomo-San Prospero-Santa Teresa + il Consiglio pastorale di Santo Stefano-San Zenone. E questo dovrebbe avvenire in una sera della prima metà di febbraio, cioè prima che inizii la Quaresima.

Per preparare questo incontro, ci è parso utile incontrarci in alcuni a preparare incontro congiunto con il Vicario. Don Guido e i rappresentanti di Sant’Agostino ci invitano presso la loro parrocchia questo mercoledì 17 gennaio alle 21.

Raccolgo personalmente io le… adesioni, via e-mai, via whatsapp, o, meglio, “de visu”!

Grazie dell’attenzione e buona domenica! d. Daniele Casini.

Il coraggio di Libero Grassi apre la nuova serie tv sugli eroi antimafia

Giorgio Tirabassi è Libero Grassi nella serie di Canale 5 "Liberi sognatori"

Giorgio Tirabassi è Libero Grassi nella serie di Canale 5 “Liberi sognatori”

«Non abbasserò la testa. Cedere alla mafia, sarebbe come perdere l’anima». Libero Grassi parla oggi allo spettatore attraverso lo sguardo deciso e umano del bravissimo attore Giorgio Tirabassi, capace con un accenno degli occhi di rendere tutta la forza dell’uomo comune che ha il coraggio di dire no. Libero Grassi, Mario Francese, Renata Fonte e Emanuela Loi sono i quattro protagonisti di Liberi Sognatori. Le idee non si spezzano mai, nuova produzione Mediaset e Taoduefilm che parte domenica 14 gennaio su Canale 5. Quattro film su quattro persone comuni, quattro “eroi borghesi” capaci di opporsi alla mafia tra gli anni ’70 e ’90. Il primo appuntamento, A testa alta – Libero Grassi, con la regia di Graziano Diana, racconta la storia dell’imprenditore tessile siciliano (interpretato da Giorgio Tirabassi) ucciso a Palermo nell’agosto 1991 per non aver voluto pagare il pizzo alla mafia. «Quando interpretai Borsellino per la tv nel 2004 ero terrorizzato, ma presi il coraggio proprio dalle sue parole – ha spiegato stamattina alla presentazione milanese Tirabassi –. Oggi sono onorato di dare il volto a un uomo comune dal coraggio eccezionale che, ammetto, io non ho».

Giorgio Tirabassi e Michela Cescon in 'A testa alta. Libero Grassi' in onda su Canale 5 il 14 gennaio

Giorgio Tirabassi e Michela Cescon in “A testa alta. Libero Grassi” in onda su Canale 5 il 14 gennaio

Nel cast Michela Cescon nel ruolo della moglie Pina e Diane Fleri in quello della figlia Alice, che con la famiglia ha collaborato alla lavorazione del film. Un racconto corale e commovente, ricco di speranza nel finale dove accanto all’imprenditore lasciato all’inizio solo nella sua lotta, si uniscono le sue operaie e, dopo la sua morte, migliaia di giovani da cui è nata l’associazione Addiopizzo. Ed è proprio ai giovani che si rivolge Pietro Valsecchi, produttore Taodue della serie: «Vogliamo raccontare ai più giovani, che spesso ignorano le pagine più buie della nostra storia, i nomi e le vicende delle donne e degli uomini che sono stati in prima linea contro la violenza e le ingiustizie». E il direttore di Canale 5 Giancarlo Scheri ha sottolineato l’impegno di Mediaset a proseguire sul tema dell’impegno civile: se gli ascolti premieranno la serie, sono già in cantiere altri quattro film tv.
Le domeniche successive i protagonisti saranno il giornalista del Giornale di Sicilia Mario Francese, interpretato da Marco Bocci, accanto a Claudio Gioé, ucciso a Palermo nel 1979 a causa delle sue inchieste; Emanuela Loi, poliziotta 24enne uccisa nell’esplosione di via D’Amelio nel luglio 1992 mentre faceva la scorta al giudice Paolo Borsellino (nel cast Greta Scarano e Riccardo Scamarcio); Renata Fonte, (interpretata da Cristiana Capotondi), consigliere comunale del comune di Nardò (Lecce) uccisa nel 1984.

da Avvenire

Televisione. Su Tv 2000 la lingua italiana in dono agli stranieri

Lo scrittore Eraldo Affinati in una classe durante il programma «Italiani anche noi» su Tv 2000

Lo scrittore Eraldo Affinati in una classe durante il programma «Italiani anche noi» su Tv 2000

Un paio d’anni fa quando Monica Mondo mi propose di raccontare in televisione le Penny Wirton, all’inizio ero esitante. Io e mia moglie, Anna Luce Lenzi, fondatori di queste scuole di insegnamento della lingua italiana agli immigrati, uno a uno, senza voti e senza burocrazie, che prendono il nome da un romanzo di Silvio D’Arzo, non ci sentivamo pronti per misurarci col piccolo schermo. Ci è venuto in aiuto don Lorenzo Milani: «Il sapere serve solo per darlo». Il Priore di Barbiana è diventato allora la guida ideale. Le sue frasi ancora profetiche, nel sogno di un’altra scuola, che scandiscono il programma, appaiono alternate a citazioni di grandi scrittori della nostra letteratura, come se queste e quelle fossero il tetto della casa spirituale che accoglie gli immigrati. E poi forse sono stati proprio loro, i tanti allievi e volontari sparsi lungo lo Stivale, a darci la spinta ulteriore per metterci in gioco. Sentivamo l’urgenza di far conoscere un’altra Italia: quella di chi lavora a fondo perduto senza pensare al risultato che potrà ottenere ma avendo fede nell’azione in cui crede. Anziani pensionati desiderosi di donare la loro esperienza e giovani liceali che fanno il tirocinio formativo: ognuno con un carattere, sensibilità e motivazione diversa, posti di fronte a profughi africani, arabi, slavi e orientali, spesso analfabeti nella lingua madre; persone che non hanno mai tenuto una penna in mano. E così, grazie all’intuizione preziosa di Paolo Ruffini, direttore dei programmi di Tv 2000, siamo partiti per questo viaggio in dieci tappe intitolato Italiani anche noi. Si tratta di una trasmissione che si propone di svolgere un compito umano ancora irrisolto non solo nel nostro Paese ma anche in Europa: favorire il confronto, trovare azioni comuni, regalando il sorriso insieme al servizio. Dove, se non nella lingua italiana, possiamo fare questo? Nella prima puntata (in onda domani sera alle 19.30), vedremo Bandjugul, un omone con lo sguardo di bambino, che nel suo villaggio natale non era mai andato a scuola e adesso la sogna per i figli ancora lontani.

A Viterbo saranno di scena i cosiddetti «ragazzi speciali» che, vicino alle giovani nigeriane, presentano due fragilità: una si prende cura dell’altra. A Trebisacce, nella Calabria remota, parleremo del valore dell’amicizia come risposta alle mafie e alla sopraffazione. A Lucca, sullo sfondo del manicomio dove Mario Tobino ambientòLe libere donne di Magliano, sarà proprio Isabella, nipote del grande scrittore, ad accompagnare i migranti nelle chiese accanto alla celebre cinta. La puntata girata a Forlì, in particolare, è stata molto significativa: la sede di quella Penny Wirton si trova infatti al Centro della Pace di Via Anderlini, la strada dove, ricoverata in un centro anziani, vive Antonia Laghi, la donna che durante la Seconda guerra mondiale gettò dei papaveri rossi sul cadavere di mio nonno, partigiano romagnolo fucilato dai nazisti. Quando mi sono reso conto di tale prossimità, ho avuto l’impressione che il Novecento, questo secolo tragico e sanguinario, avesse voltato pagina. Anche alla stazione ferroviaria di Udine ho provato una simile emozione: è da lì che mia madre, Maddalena Cavina, il 2 agosto del 1944 fuggì dal treno che, diretto al confine austriaco, la stava deportando nei lager tedeschi. Aveva diciassette anni. Per me vedere Francesco Di Lorenzo, responsabile della Penny Wirton friulana, andare quasi di fronte a quei binari a chiedere agli immigrati seduti ai tavolini di un bar di partecipare alla scuola, rappresenta un motivo di speranza.

È la ragione per cui, come tutti gli insegnanti, ho fiducia nel futuro: il tema della puntata di Ferrara. Come nell’opera di Giorgio Bassani, in questa città che ha il colore del corallo trovi sempre un muro che divide, una finestra da cui la gente osserva, una barriera qualsiasi. Mi è piaciuto pensare che una Penny Wirton estense potesse essere ancora più simbolica delle altre: come se docenti e studenti fossero riusciti a scavalcarli, questi muri, insegnandoci a parlare con gli spiriti del nuovo mondo. A Milano, dove Laura Bosio coordina i numerosi volontari, alcuni studenti africani hanno letto davanti alle telecamere l’Addio ai monti manzoniano. Raccontare i Promessi Sposi ai ragazzi immigrati è come riverniciare con una tinta nuova la letteratura italiana: misurare, attraverso il loro sguardo attento, la dimensione universale di quella nostra storia. Capire fino a che punto questo romanzo, per venire davvero compreso, debba essere condiviso. A Bari in un cortile dove si mischiano piatti e profumi pugliesi e africani, abbiamo ritrovato il senso profondo di un verso che Federico II abbozzò agli albori della lingua italiana: «La vostra cera umana / mi dà conforto e facemi allegrare».

Con l’ultima puntata siamo infine tornati nella capitale insieme a Mohamed e Tijan, miei ex studenti alla Città dei Ragazzi, la celebre comunità educativa basata sull’autogoverno fondata da monsignor Carroll- Abbing, dove tutto è cominciato, i quali mi hanno indicato il cammino che resta ancora da percorrere verso la cittadinanza vera, non solo quella timbrata sul passaporto, il cui ottenimento pure tanta incredibile fatica ancora comporta, ma il sentimento di appartenenza e accettazione di valori comuni che deve crescere dentro tutti noi. Per questo l’immagine simbolo del programma è forse proprio quella di Sharif, il figlio del mio scolaro della Sierra Leone, nato all’ospedale San Camillo di Roma. A nemmeno due anni l’irresistibile bambinello nero batte il tasto del pianoforte e chiude la sigla annunciando i titoli di coda. È già lui, nonostante tutto, il nuovo italiano.

da Avvenire

Elezioni. Ecco come si voterà il 4 marzo

Ecco come si voterà il 4 marzo

Il 4 marzo per la prima volta l’Italia andrà a voto con il Rosatellum, sistema di voto misto che prevede un 36 per cento di collegi
uninominali e per la restante parte collegi plurinominali. Nonostante la presenza di collegi uninominali e nonostante la possibilità di unirsi in coalizione, si tratta di una legge elettorale prevalentemente proporzionale.

COME SONO ATTRIBUITI I SEGGI

Per la Camera dei deputati sono istituiti 232 collegi uninominali. Nei collegi uninominali le coalizioni e i partiti che corrono da
soli propongono un solo nome. Chi prende più voti, viene eletto. Gli altri 386 seggi vengono assegnati con metodo proporzionale in base ai voti raccolti dalle singole liste nei collegi plurinominali. Per la ripartizione, conta la percentuale presa dalla lista su scala nazionale. Ogni collegio plurinominale elegge un massimo di deputati in base alla grandezza della popolazione. Completano l’Assemblea di Montecitorio i 12 deputati eletti all’estero.

Per il Senato sono istituiti 116 collegi uninominali in cui le coalizioni e i partiti che corrono da soli si sfidano con un solo candidato.
Chi vince, viene eletto. Gli altri 193 seggi vengono assegnati con metodo proporzionale in base ai voti raccolti dalle singole liste nei collegi plurinominali. La ripartizione dei seggi, per il Senato, avviene su base regionale. I seggi attribuiti dai collegi plurinominali variano a seconda della grandezza della popolazione. Completano l’Assemblea i 6 senatori eletti all’Estero.

Ripartizione dei seggi nelle Regioni

Ripartizione dei seggi nelle Regioni

COME SI VOTA

L’elettore avrà due schede, una per la Camera e una per il Senato. Sulla scheda troverà i candidati al proprio collegio uninominale e i partiti che lo sostengono. A fianco al simbolo del partito, c’è il listino di circa 4-8 nomi dei candidati nel collegio plurinominale. L’indicazione ufficiale è quella di barrare solo il simbolo del partito scelto. In tal modo il voto sosterrà sia il candidato uninominale sia il partito nella parte proporzionale. Se si barra il nome del candidato uninominale, il voto non viene invalidato ma per il proporzionale viene assegnato in quota parte alle liste che compongono la coalizione a sostegno del candidato uninominale. Si può anche apporre una doppia X sul nome del candidato uninominale e su uno dei partiti che lo sostiene. Non è ammesso, e viene invalidato, il voto disgiunto: non si può cioè votare un candidato uninominale e un partito non collegato a quel nome.

Modello di scheda elettorale

Modello di scheda elettorale

COALIZIONI E PLURICANDIDATURE

La legge elettorale prevede che più liste si apparentino per sostenere gli stessi candidati uninominali. Sono ammesse le pluricandidature: ogni candidato può essere presentato dal proprio partito in 5 collegi. Anche chi si presenta nel collegio uninominale può avere il “paracadute” della candidatura in uno o più collegi plurinominali.

LE SOGLIE

Il sistema di voto non prevede un premio di maggioranza. C’è invece una soglia di sbarramento del 3 per cento sotto la quale una lista – apparentata o non – non ha diritto di accesso in Parlamento. Se una lista che corre in coalizione non raggiunge il 3 per cento, ma resta sopra l’1, allora i suoi voti vengono spartiti tra gli altri partiti dell’alleanza. I voti dati a una lista coalizzata che resta sotto l’1 vengono dispersi.

da Avvenire

Pallone e stampelle. La Nazionale di calcio amputati prepara il Mondiale

Poverini… loro? «Per noi provano compassione, ma non sanno cosa siamo capaci di fare…», spiega Francesco Messori, capitano e fondatore nel 2012 insieme al Centro sportivo italiano (Csi) della “Nazionale di calcio amputati“. Tosti e parecchio, stanno preparandosi per il Mondiale di ottobre in Messico. «Ci stiamo allenandoe giorno dopo giorno, ora dopo ora, abbiamo un unico obiettivo: arrivarci preparati al massimo», dice Gianni Sasso, che della nazionale è attaccante, preparatore atletico e manager.

Escono dal campo grondanti sudore, alla faccia delle temperature di questo periodo. «Essendo il capitano, devo essere quello che dà l’esempio agli altri», racconta Francesco, che ha ventitré anni, senza una gamba è nato e spiega che «è un onore rappresentare l’Italia» ed «un orgoglio aver creato questa squadra». Perché «i ragazzi che giocavano al calcio, dopo l’amputazione pensavano che la loro vita fosse finita. Non è così».

Fra poco avranno un quadrangolare di preparazione e poi altre amichevoli, intanto devono recuperare un paio d’infortunati, ma il tempo c’è. Hanno il limite di non avere una gamba o un braccio? «Si supera non vergognandosi di ciò che sè, non nascondendosi, dimostrando quanto si è in grado di fare», svela Francesco. Soprattutto, però, il passo decisivo è un altro: «Non farti abbattere da chi dice che non ce la puoi fare e credere sempre in te stesso». Proprio come in campo e fuori «cerchiamo di fare io e i miei compagni della Nazionale».

Avvenire

Diocesi di Albano. Nasce la casa di accoglienza per padri separati

Uno scorcio dell'interno della Casa di accoglienza per papà separati inaugurata ad Albano

Uno scorcio dell’interno della Casa di accoglienza per papà separati inaugurata ad Albano

Una casa per i papà separati, un luogo dove ricostruire il rapporto coi propri figli. È la casa di accoglienza Monsignor Dante Bernini, inaugurata oggi in località Tor San Lorenzo di Ardea. Un’iniziativa della Diocesi di Albano, il progetto “Per essere ancora papà”, che nasce dall’insorgenza di una nuova necessità sociale: lo stato di difficoltà in cui alcuni uomini finiscono al momento della separazione.

La bella struttura in riva al mare, offerta in comodato d’uso per sette anni dalle suore Pastorelle, potrà ospitare per un periodo di 6 mesi, prorogabili a 12, fino a 14 papà in camere singole con bagno. Ci sono poi camere dove i papà potranno stare nei giorni di “visita” insieme ai figli, sale comuni, una cappella.

Gli interni della Casa di accoglienza inaugurata dalla diocesi di Albano: c'è anche la cappella

Gli interni della Casa di accoglienza inaugurata dalla diocesi di Albano: c’è anche la cappella

Non è una mera erogazione di servizi, bensì la possibilità di offrire percorsi umano/spirituali che promuovano, stimolino e orientino le persone che la abitano a riacquistare l’autonomia e l’indipendenza perduta, implementando le proprie capacità», spiega la responsabile Luciana Mandolini.

L'esterno della palazzina che ospita la Casa di accoglienza

L’esterno della palazzina che ospita la Casa di accoglienza

Si comincia con sette papà, storie drammatiche e commoventi (domenica su Avvenire), seguiti da un’equipe di professionisti e volontari. «Un’iniziativa – ha sottolineato, dopo aver tagliato il nastro, il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro -, nata in occasione del Giubileo della Misericordia. Era necessario un ulteriore anello alla catena di quello che già si faceva per tante emergenze. Non si tratta solo di dare una stanza a persone in difficoltà. È qualcosa di più. Quello che ci deve caratterizzare è un servizio alla genitorialità. Perché i figli non divorziano». Il vescovo, che è anche segretario del C9, il gruppo di cardinali che sta aiutando il Pontefice nella riforma della Curia, ha poi rivelato di aver parlato del progetto a papa Francesco. «Mi ha risposto incoraggiando: “Sei nel giusto”».

Avvenire