Dischi Sacra / L’incrocio di tradizioni della “Missa Galeazescha” di Compère

Recenti studi musicologici hanno riallineato le date di nascita di una decina di grandi autori del passato, rimescolando le carte e portando nuova luce sull’effettivo ruolo di innovatori di alcuni maestri rinascimentali. Tra questi, ritorna a brillare la stella di Loyset Compère (1445 circa-1518), compositore francese di cui l’anno prossimo ricorre il 500° anniversario della morte e che sta oggi conoscendo una ritrovata fortuna grazie anche al lavoro di riscoperta di interpreti illuminati che portano in rilievo la reale influenza del suo operato.
Per esempio come protagonista della vita musicale del ducato di Milano sotto il dominio di Galeazzo Maria Sforza, che volle formare presso la sua corte una cappella degna delle più rinomate istituzioni “ultramontane”. Con ogni probabilità Compère scrisse intorno al 1470 la Missa Galeazescha, per la cui registrazione il direttore Paolo da Col ha riunito intorno al suo gruppo Odhecaton altre formazioni di primo piano nel panorama italiano della musica antica, come gli ensemble Pian&Forte, La Reverdie e La Pifarescha.
In realtà non si tratta di una Messa tradizionale, ma di un ciclo compiuto di motetti missales destinati a essere eseguiti in sostituzione delle parti del consueto Ordinarium (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus). Musiche di ampio respiro e assoluta magnificenza, che colpiscono per l’estrema cura nei minimi dettagli e per il grandioso effetto nella visione d’insieme, qui raggiunto anche grazie alla maestria con cui Da Col riesce a controllare e combinare le forze in campo (come nello splendido mottetto Virginis Mariae laudis “in loco Agnus”). Perché, come scrive Daniele Filippi nel booklet del cd, la Missa Galeazescha si trova «all’incrocio fra diverse tradizioni: committenza sforzesca e talento fiammingo, magistero contrappuntistico e improvvisazione polifonica, retaggio medievale e nuove istanze umanistiche. Un incrocio polimorfo e scintillante, tutto da esplorare nell’esecuzione, nell’analisi, nell’ascolto…».

Loyset Compère
Missa Galeazescha
Paolo da Col
Odhecaton
Arcana / Self-Tàlea. Euro 19,00

da Avvenire

Santa Famiglia Anno B. Il Vangelo. La vecchiaia del mondo e l’eterna giovinezza di Dio

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. […]

Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Una giovanissima coppia col suo primo bambino arriva portando la povera offerta dei poveri, due tortore, e la più preziosa offerta del mondo: un bambino.
Non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna si contendono il bambino. Sulle braccia dei due anziani, riempito di carezze e di sorrisi, passa dall’uno all’altro il futuro del mondo: la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio.
Il piccolo bambino è accolto non dagli uomini delle istituzioni, ma da un anziano e un’anziana senza ruolo ufficiale, però due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. Perché Gesù non appartiene all’istituzione, ma all’umanità. L’incarnazione è Dio che tracima dovunque nelle creature, nella vita che finisce e in quella che fiorisce.
«È nostro, di tutti gli uomini e di tutte le donne. Appartiene agli assetati, a quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; a quelli che sanno vedere oltre, come la profetessa Anna; a quelli capaci di incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro» (M. Marcolini).
Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Sono parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io, noi, le conservassimo nel cuore: anche tu, come Simeone, non morirai senza aver visto il Signore. È speranza. È parola di Dio. La tua vita non finirà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per te il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire.
Io non morirò senza aver visto l’offensiva di Dio, l’offensiva del bene, l’offensiva della luce che è già in atto dovunque, l’offensiva del lievito.
Poi Simeone canta: ho visto la luce da te preparata per tutti. Ma quale luce emana da Gesù, da questo piccolo figlio della terra che sa solo piangere e succhiare il latte e sorridere agli abbracci? Simeone ha colto l’essenziale: la luce di Dio è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata, amore in ogni amore. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall’uomo, è qui adesso, mescola la sua vita alle nostre vite e nulla mai ci potrà più separare.
Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e la grazia di Dio era su di lui. Tornarono alla santità, alla profezia e al magistero della famiglia, che vengono prima di quelli del tempio. Alla famiglia che è santa perché la vita e l’amore vi celebrano la loro festa, e ne fanno la più viva fessura e feritoia dell’infinito.
(Letture: Genesi 15,1-6; 21,1-3; Salmo 104; Ebrei 11,8.11-12.17-19; Luca 2,22-40)

di Ermes Ronchi in Avvenire

Il calendario. Le celebrazioni di papa Francesco per fine anno

Tutte le liturgie nei giorni delle festività natalizie saranno trasmesse in diretta su Tv2000, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano

Domenica 31 dicembre, alle 17, nella Basilica di San Pietro, papa Francesco celebrerà i primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui faranno seguito l’esposizione del Santissimo Sacramento, il tradizionale canto dell’inno «Te Deum», a conclusione dell’anno civile, e la benedizione eucaristica.

Lunedì 1° gennaio 2018, alle 10, nella Basilica Vaticana, la Messa celebrata da papa Francesco nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nell’ottava di Natale, che sarà anche la 51ª Giornata mondiale della pace sul tema «Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace».

Sabato 6 gennaio alle 10, Basilica di San Pietro, Francesco celebrerà la Messa nella solennità dell’Epifania del Signore, seguita dall’Angelus alle 12.
Tutte le liturgie nei giorni delle festività natalizie saranno trasmesse in diretta su Tv2000, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano.

da Avvenire

Solidarietà in azione. Marta, a 79 anni, recupera il cibo per i poveri, in bicicletta

da Avvenire

Una bicicletta è progettata per trasportare una persona e non certo decine di chili di cibo. Eppure, la bici della signora Marta ormai ci è abituata, grazie a un cestello davanti al manubrio, una cassetta appoggiata sulla ruota posteriore e un sellino ben appiattito.

Da anni viene caricata quasi come un camioncino e spinta a mano da una donna forte, determinata e che semplicemente ha voglia di fare del bene. Marta ha 79 anni (saranno 80 a luglio) e ogni mattina, insieme all’inseparabile due ruote di un bel colore verde acceso, percorre il consueto itinerario nel quartiere Santa Rita di Torino, la zona in cui vive da molti anni. Intorno alle 9 passa davanti a tre diversi supermercati e, guardando nei cassonetti dell’immondizia all’esterno, cerca ciò che viene quotidianamente gettato, ma che resta ancora perfettamente commestibile. Raccoglie tutto il possibile e se ne va a casa con la sua bicicletta smisuratamente carica, con oltre 40 chilogrammi di generi alimentari ogni giorno.

«È incredibile – racconta – quanto spreco ci sia ancora oggi. Viene gettato il cibo prossimo alla scadenza oppure quello contenuto in confezioni non più perfette, magari a causa di un urto durante il trasporto. In questo periodo, ad esempio, ci sono le arance: se una è andata a male, buttano via intero l’intero sacchetto da 5 chili. È vergognoso». Ma la signora Marta è tenace: di origine contadina, per molti anni ha intervistato la gente in tutto il Piemonte per le indagini di mercato. Oggi è in pensione, vive con il marito, ha un figlio medico e una figlia biologa e tre nipoti iscritti a Medicina.

Non si vergogna, però, a rovistare nella spazzatura, anche se viene guardata continuamente con sospetto dai passanti e di certo senza particolare simpatia neppure dai responsabili dei supermercati: «Non mi interessa. Lo faccio perché so che ci sono persone che hanno bisogno e che mi aspettano». Tre volte alla settimana, infatti, carica la sua auto di tutte le provviste raccolte e va a distribuirle a chi ha bisogno a Casalborgone, un paese di duemila persone a circa 30 chilometri da Torino.

«Ho iniziato quasi per caso, portando qualche genere alimentare a una famiglia che, a causa della crisi economica, si era ritrovata a perdere tutto. In poco tempo, poi, il giro si è allargato e continuavano ad arrivarmi segnalazioni di nuove situazioni di disagio. Adesso seguo 8 famiglie, per un totale di oltre venti persone. Mi accolgono sempre a braccia aperte e con grande dignità. Non mi hanno mai chiesto nulla e riescono a non sprecare mai nulla. Con la farina si fanno il pane, con il latte producono da soli le formaggette. Ciò che avanza (quando avanza) viene portato in una sorta di scuola popolare che ospita gratuitamente anche a dormire persone in grave indigenza».

A scoprire il motivo della frenetica attività della signora Marta è stato un diacono torinese, Benito Cutellè, della parrocchia Natale del Signore, che racconta: «Quando l’ho vista, affaticata nel trascinare la sua bici piena di scatolami e borse, l’ho scambiata per un’indigente e l’ho invitata a venire nella nostra parrocchia, dove avremmo provveduto a darle ciò che le serviva attraverso la San Vincenzo. Mi sbagliavo: non stava rovistando nei cassonetti per se stessa, ma per chi non ha nulla da mangiare. Sono rimasto davvero sorpreso. Alla sua età presta con estrema modestia un servizio importante a favore dei fratelli più poveri. E il suo rammarico è che, quando lei sarà troppo stanca, non ci sia più nessuno ad aiutarli».

Per ora, però, la signora Marta è ancora energica e molto risoluta: «Soprattutto i politici e i decisori pubblici dovrebbero rendersi conto della situazione reale e di quanta povertà esista ancora oggi. C’è chi veste alla moda e mangia a crepapelle e chi non ha più nulla. Tutti dovremmo darci da fare e, invece, siamo troppo insensibili ai bisogni del prossimo».

Il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2018

Caro direttore,

il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2018, «Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace», va controcorrente. È un testo coraggioso. In un periodo carico di pregiudizi e volgarità, in un contesto ossessionato da identità chiuse che alimentano paure, che giudicano pericolosi gli insegnanti attivi nell’intercultura perché spiegano la Dichiarazione universale dei diritti umani, che bloccano il riconoscimento di cittadinanza a bambini nati in Italia e frequentanti le nostre scuole, che minacciano chi lavora per l’accoglienza esibendo a volte gesti e scritte neonaziste, il messaggio del Papa è decisamente alternativo alle logiche del nemico, dello scarto e dell’indifferenza. Alternativo al sistema Caino, al sistema Erode e al sistema Pilato.

Il messaggio coinvolge tutti, riguarda il futuro di tutti. Al suo centro vibrano la cura della casa comune e la difesa della dignità umana di chi arriva e di chi può accogliere con prudenza responsabile, con «politiche di accoglienza fino al massimo dei ‘limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso’». Quest’ultima frase è ricavata dallaPacem in terris (57) dove «il bene comune universale solleva problemi complessi, gravissimi, estremamente urgenti, specialmente per ciò che riguarda la sicurezza e la pace mondiale» (69,70). Esso – scriveva papa Giovanni XXIII – è frutto di un «compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà» (87, 18, 78). Un «obiettivo desideratissimo» che è «reclamato dalla retta ragione» e «della più alta utilità» (61, 62). Sulla scia di Giovanni XXIII, papa Francesco ci offre ilprogetto di una nuova cittadinanza. Il suo è un invito a resistere e a respingere ogni forma di xenofobia e di razzismo, a ricostruire la grammatica della convivenza, ad attivare la capacità di accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Il «necessario realismo» della politica non può diventare «una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza».

Tra le immagini del Papa (popoli in fuga; reticolati e muri) tre mi sembrano quelle più significative: lo sguardo, le mani, la città cantiere. Lo sguardo contemplativo e lungimirante, sapiente e attivo, fiducioso nella possibilità di trasformare difficoltà avvertite come «minaccia» in «opportunità per costruire un futuro di pace». Uno sguardo capace di «riconoscere i germogli di pace che stanno spuntando». Le mani delle persone che arrivano e di quelle che accolgono. L’idea che nessuno giunge a mani vuote e che ogni essere umano ha mani che portano, ricevono, si scambiano doni e «si prendono cura della loro crescita». La città, spesso impaurita e divisa, dove Dio abita e dove si può realizzare «la promessa della pace», dove si può alimentare «un sogno condiviso», quello di diventare un cantiere operoso di pace. Insomma, non si può dire, come ripetono Trump e altri, che «emigrazione è un privilegio».

L’ impegno a favore di migranti e rifugiati è un’applicazione di principi che costituiscono un patrimonio comune di umanità, codificati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e radicati nella nativa costituzione relazionale dell’essere umano. Per questi motivi, sul tema migranti, come su ambiente, armamenti e guerre, il Dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale chiama i credenti a «rendere il nostro mondo più umano» (papa Francesco, Messaggio Urbi et orbi di Natale) contrastando decisioni escludenti, portatrici solo di dolore per «uomini e donne in cerca di pace».

*Presidente Centro studi di Pax Christi

da Avvenire

Pax Christi. Marcia per la pace sui passi di papa Roncalli, Turoldo e don Tonino Bello

Beato chi ha memoria. Non la nostalgia improduttiva, ma i ricordi che sono come semi deposti sulla terra buona. I ragazzi di Pax Christi, riuniti da ieri mattina nel salone del Pime a Sotto il Monte per il convegno nazionale che precede la Marcia di stasera, domenica 31 dicembre, la memoria l’hanno bella fresca. Ragazzi… L’età media è quella chi più può vantare molti ottimi ricordi, ma la verve è da giovanotti.
Sul piedistallo della memoria pongono tre fari: san Giovanni XXIII, il Papa della Pacem in terris; David Maria Turoldo, il sacerdote «servo di Maria» che a lungo soggiornò a Sotto il Monte; e don Tonino Bello (il compianto vescovo presidente di Pax Christi), che dopo aver incontrato Turoldo nel 1985 lo definì “leone incatenato”, dalla «grande passione per Santa Madre Chiesa», venendone ricambiato con un «grazie del tuo coraggio, caro fratello vescovo».

In comune avevano «la stessa passione per il Vangelo della pace», ricorda Sergio Paronetto, presidente del Centro studi di Pax Christi. Prima di lui Roncalli, Turoldo e Bello erano stati definiti «i tre profeti legati ciascuno a tre parole: riconciliazione, resistenza e audacia» da Giuliana Mastropasqua, vicepresidente di Pax Christi. E prima ancora era stato il presidente, il vescovo Giovanni Ricchiuti, a parlare di Pax Christi come «popolo della pace che semina speranza». Seminatori. Di un raccolto impossibile? I soliti ingenui “pacifisti”? «Se nulla è impossibile a Dio, possibile è il dono della pace» replica Ricchiuti. Chi ha fede? Chi crede nella pace o chi deride chi ci crede?

In realtà, ci sarebbe almeno un quarto faro: papa Francesco. E, tra i tanti, il suo discorso del primo ottobre scorso agli studenti bolognesi: «Aiutiamoci a “ripudiare la guerra”, come afferma la Costituzione italiana, a intraprendere vie di nonviolenza e percorsi di giustizia». È Francesco stesso a evocare un quinto faro, il cardinale Lercaro, che disse: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità ma la giustizia».

Paronetto parla chiaro ai 120 soci di Pax Christi che affollano la sala del Pime. Ci sono «contraddizioni dentro la Chiesa, il cui vero tabù è il disarmo, la produzione e il commercio delle armi, mai affrontato in modo solenne». Evoca Bello che diceva: «Il vero dramma della Chiesa è non aver saputo indossare la nonviolenza come unico abito». Non nasconde il “dispetto” per essersi ritrovato san Giovanni XXIII patrono dell’Esercito. Le sue sono parole aspre: «È stata una cattura corporativa e burocratica del Papa». Forse si vuole ammorbidire il magistero di Francesco, ritenuto troppo audace? Comunque il problema è l’Esercito stesso, che dovrebbe essere, secondo Paronetto, una vera forza di pace, dotata di armamento esclusivamente difensivo, posto sotto la guida dell’Onu. Profezia a volte potrebbe far rima con utopia, ma per chi ha fede nulla è impossibile a Dio.

Il convegno nazionale di Pax Christi a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo

Il convegno nazionale di Pax Christi a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo

Il vescovo Luigi Bettazzi, primo storico presidente di Pax Christi, cavalca i suoi 92 anni con la consueta brillante ironia, forse solo un poco più morbida rispetto al passato. Giuliana Bonino, già segretaria nazionale, perora la causa nobile della messa al bando delle armi nucleari, creando un vero e proprio movimento d’opinione. Migranti e rifugiati: Betta Tusset e don Nandino Capovilla presentano la campagna «Sulle soglie senza frontiere», con le quattro parole del Messaggio del Papa per la Giornata della pace (accogliere, proteggere, promuovere e integrare), da portare nelle parrocchie avendo come base i 20 punti di azione pastorale indicati dalla Santa Sede (il filmato “Fuori onda” è disponibile su YouTube). Don Virginio Colmegna racconta i suoi 15 anni a Casa Carità a Milano, con il terribile carico di sofferenza («su 100 ospiti, 60 devono ricorrere ai servizi psichiatrici»), e denuncia la bieca manovra di chi «scarica la colpa della paura su chi fa solidarietà». Il giornalista e scrittore Daniele Biella invita: «Tutti a Lesbo», dove 150 isolani hanno fatto più e prima dei governi. Avverte: «Il giusto a volte deve andare al di là della legge per salvare delle vite». Sono tempi strani, in cui si può incorrere nel «reato di solidarietà».

da Avvenire

I santi del 31 Dicembre 2017

SANTA FAMIGLIA DI GESù, MARIA E GIUSEPPE    – Festa
Nazareth, Palestina, I secolo
Il Natale ci ha già mostrato la Sacra Famiglia raccolta nella grotta di Betlemme, ma oggi siamo invitati a contemplarla nella casetta di Nazareth, dove Maria e Giuseppe sono intenti a far crescere, giorno dopo giorno, il fanciullo Gesù. Possiamo immaginarla facilmente (gli artisti l’hanno fatto spesso) in mille situazioni e atteggiamenti,…
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San SILVESTRO I   Papa – Memoria Facoltativa
m. 335
(Papa dal 31/01/314 al 31/12/335) Silvestro è il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli su…
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San ZOTICO DI COSTANTINOPOLI
Sacerdote e organizzatore dell’orfanotrofio di Costantinopoli. Forse martire (?).
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San BARBAZIANO DI RAVENNA
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Santa MELANIA LA GIOVANE   Penitente
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Santa DONATA E COMPAGNE   Martire a Roma
Roma I secolo
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San GIOVANNI FRANCESCO REGIS   Sacerdote gesuita
Font-Couverte, Languedoc, Francia, 31 gennaio 1597 – La Louvesc, Dauphine, 31 dicembre 1640
Nacque a Font-Couverte, in Francia, il 31 gennaio 1597. Ancora ragazzo, Francesco Regis dimostrò subito grande amore per lo studio e per la religione, così venne introdotto nel collegio dei Gesuiti di Bezieres. Dopo un breve periodo si recò a Tolosa per incominciare il noviziato. Da qui fu mandato a Cahors, dove emise i primi voti e poi …
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Santa CATERINA LABOURé   Vergine
Fain-les-Moutiers, Borgogna, 2 maggio 1806 – Parigi, 31 dicembre 1876
Caterina Labouré visse i suoi primi 24 anni in una famiglia numerosa (10 fratelli) nella fattoria dei genitori, presso Chatillon (Francia). Nel 1830 entrò tra le Figlie della carità di Parigi. Erano le suore nate dal carisma di san Vincenzo e di santa Luisa de Marillac. Ebbe delle visioni soprannaturali riguardanti san Vincenzo e sopratt…
www.santiebeati.it/dettaglio/79550

Santa COLOMBA DI SENS   Vergine e martire
† Sens, Gallia, III secolo
Titolare della Chiesa Cattedrale, santa Colomba proveniva da una famiglia pagana; dopo essere stata battezzata, si trasferì a Sens in Francia. Fu martirizzata per ordine dell’Imperatore Aureliano nella seconda metà del III secolo. Il culto di santa Colomba giunse a Rimini provvidenzialmente: alcuni mercanti di Sens, che veleggiavano nell’Adriatico, portando …
www.santiebeati.it/dettaglio/91596

Santa PAOLINA   Vergine e martire
Venerata a Borgosesia.
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San MARIO DI LOSANNA   Vescovo
530 – Losanna, 31 dicembre 594
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Beato LEANDRO GóMEZ GIL   Religioso trappista, martire
Hontomín, Spagna, 13 marzo 1915 – Santander, Spagna, 31 dicembre 1936
Il 29 dicembre un converso a voti temporanei presso il Monastero trappista di Viaceli, Leandro Gómez Gil, fu scoperto dai miliziani in una casa privata: apparteneva al gruppo di monaci studenti e fratelli conversi che si era prudentemente dissolto dopo la scomparsa del padre Pío Heredia Zubia e dei suoi compagni. Gli altri si rifugiarono a Bilb…
www.santiebeati.it/dettaglio/96783

Beata GIUSEPPINA NICOLI   Suora vincenziana
Casatisma, 18 novembre 1863 – Cagliari, 31 dicembre 1924
www.santiebeati.it/dettaglio/93508

Beato LUIGI VIDAURRáZAGA GONZáLEZ   Sacerdote benedettino, martire
Bilbao, Spagna, 13 settembre 1901 – La Elipa, Spagna, 31 dicembre 1936
Padre Luis Vidaurrázaga González, monaco benedettino, era il membro più giovane della comunità monastica di Nostra Signora di Montserrat a Madrid allo scoppio della guerra civile spagnola. Dopo la dispersione della comunità si rifugiò da un amico, ma venne catturato e fucilato il 31 dicembre 1935; aveva 35 anni. &Egr…
www.santiebeati.it/dettaglio/96859

Beato DOMENICO DE CUBELLS   Mercedario
Grande predicatore mercedario fu, il Beato Domenico de Cubells, il quale fece onore all’Ordine ed al convento di Santa Maria di El Puig (Spagna), dove visse e morì. Portò il vangelo agli infedeli e ne convertì molti al Signore con la sua parola e santità di vita esemplare. Dopo aver accumulato tanti meriti fu ricevuto negli eterni tabernacoli.L’Ordine lo fes…
www.santiebeati.it/dettaglio/94829

Beato ALANO DI SOLMINIHAC   Vescovo
Belet (Francia), 25 novembre 1593 – Mercués (Francia), 31 dicembre 1659
Il beato francese Alano di Solminihac, canonico regolare di Sant’Agostino e vescovo di Cahors, tentò in ogni modo di cambiare i costumi del popolo con le visite pastorali e con ammirevole costanza si sforzò di rinnovare la Chiesa a lui affidata. Giovanni Paolo II lo beatificò il 4 ottobre 1981….
www.santiebeati.it/dettaglio/92533