Papa Francesco: confessione non è “tortura” o “interrogatorio”, ma Dio Padre che “accoglie e perdona”

Fare il confessore “è un ministero tanto bello”. La riconciliazione “non è una sala di tortura né un interrogatorio. È il Padre che riceve, Dio Padre, Gesù, che riceve e accoglie questa persona e perdona”. Così papa Francesco, nella catechesi dell’udienza giubilare odierna, si è rivolto ai sacerdoti che compiono il ministero della riconciliazione chiedendo loro: “Per favore, non mettere ostacoli alle persone che vogliono riconciliarsi con Dio”. “Il confessore – ha ricordato – dev’essere un padre”, “deve accogliere le persone che vengono da lui per riconciliarsi con Dio e aiutarle nel cammino di questa riconciliazione che stanno facendo”.

sir

Giubileo diocesano per gli operatori della carità e della liturgia

Martedì 10 maggio, alle ore 21, in Cattedrale a Reggio nel ventesimo anniversario della morte di don Luigi Guglielmi, il Vescovo Massimo presiederà la celebrazione eucaristica in suffragio.

La celebrazione coinciderà anche con il Giubileo diocesano per gli operatori della carità e della liturgia. Si invitano, pertanto, quanti sono impegnati nelle parrocchie nei due ambiti pastorali citati che, come ci ha insegnato e testimoniato don Gigi, sono molto vicini e legati l’uno all’altro.

Riportiamo di seguito un breve testo di don Gigi, come preparazione alla celebrazione stessa:

«Dall’annuncio, passando attraverso la Liturgia, per arrivare alla vita… Al posto centrale di questa trilogia sta la Liturgia, e dentro la Liturgia il canto con la sua funzione di ponte verso il mare aperto della carità. Così la vita di chi ha accolto il Vangelo e vuole testimoniarlo, potrà a sua volta trasformarsi in un canto fatto non più solo di note e di suoni, in una liturgia non più fatta solo di simboli, ma della vita data e offerta sullo stesso modello del Signore Gesù, per il quale si annuncia, si celebra e si vive nella carità». (Tratto da “Il canto nelle nostre chiese”, Ed. San Lorenzo, 1993).

Giubileo-Operatori-Liturgia-e-Carita-10-05-2016

laliberta.info

Papa presiede Veglia con esposizione reliquiario della Madonna delle lacrime

Asciugare i volti rigati dalle lacrime di una sofferenza fisica o spirituale portando consolazione e speranza: questo lo scopo della Veglia di preghiera per “asciugare le lacrime”, presieduta da Papa Francesco il 5 maggio prossimo alle ore 18 nella Basilica di San Pietro. Consolare gli afflitti, una delle sette opere di misericordia spirituale, è il cuore di questo grande evento giubilare rivolto a tutti, ma in particolare a coloro sentono dal più profondo il bisogno di una parola che dia sostegno, forza e consolazione.

In occasione della Veglia, sarà esposto alla venerazione dei fedeli nella Basilica di San Pietro il reliquiario della Madonna delle lacrime di Siracusa, legato al fenomeno prodigioso accaduto tra il 29 agosto ed il primo settembre del 1953, quando un quadretto di gesso, raffigurante il cuore immacolato di Maria, nella casa di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, versò lacrime umane. Il reliquiario contiene parte delle lacrime scaturite miracolosamente dall’immagine della Madonna.

 

Papa Francesco: anche i peccatori mangiano alla tavola di Dio

Dio non esclude mai nessun peccatore dal suo amore, come mostrato da Gesù “che non aveva paura di dialogare” con pubblicani e prostitute. All’udienza generale, Papa Francesco ha rievocato la figura dell’Apostolo Matteo e le parole con cui Gesù risponde alle critiche dei farisei, che non volevano che frequentasse un pubblicano. Dio non ama, ha detto il Papa, “una religiosità di facciata” ma un cuore leale capace di pentirsi. Il servizio di Alessandro De Carolis da Radio Vaticana 

A tavola con il nemico, un venduto che dissangua i suoi conterranei a favore degli odiati invasori. I farisei non lo avrebbero nemmeno sfiorato con lo sguardo, Matteo il pubblicano. Gesù invece accetta il suo invito e non solo mangia con lui ma lo accoglierà nella cerchia ristretta dei discepoli.

Chiesa non è “comunità di perfetti”
La chiamata di Matteo, indica il Papa, è lo spartiacque tra chi fa della religione una forma di decoro e chi un’esperienza di vita. “Essere cristiani – afferma Francesco – non ci rende impeccabili”:

“Tutti siamo peccatori, tutti abbiamo peccati. Chiamando Matteo, Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo. Una volta ho sentito un detto bello: ‘Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro’ (…) È bello questo: questo è quello che fa Gesù. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono”.

Peccatori, “commensali di Dio”
Il problema di un fariseo di ieri e di oggi, osserva Francesco, è che “ha la presunzione di credersi giusto” e vive di selezioni sociali, scegliendo e scartando. Gesù invece, sottolinea il Papa, “si presenta come un buon medico” che accoglie chiunque:

“Innanzi a Gesù nessun peccatore va escluso – nessun peccatore va escluso! (…) Chiamando i peccatori alla sua mensa, Egli li risana ristabilendoli in quella vocazione che essi credevano perduta e che i farisei hanno dimenticato: quella di invitati al banchetto di Dio (…) Se i farisei vedono negli invitati solo dei peccatori e rifiutano di sedersi con loro, Gesù al contrario ricorda loro che anch’essi sono commensali di Dio”.

Ricostituenti preziosi
I “farmaci” con i quali Cristo mostra “il potere risanante di Dio” sono la sua Parola e l’Eucaristia. Entrambi, prosegue Francesco, devono “dare fiducia e aprire il nostro cuore al Signore perché venga e ci risani”:

“A volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste; ma nello stesso tempo illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso nel nostro cammino di fede. L’Eucaristia, da parte sua, ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo”.

Non fermarsi alla carta
Gesù conclude il suo incontro-scontro con i farisei che lo contestano citando il profeta Osea: “Misericordia voglio e non sacrificio”. Ovvero, conclude Francesco, un cuore sincero e non una “religiosità di facciata”:

“‘Misericordia io voglio’, cioè la lealtà di un cuore che riconosce i propri peccati, che si ravvede e torna ad essere fedele all’alleanza con Dio. ‘E non sacrificio’: senza un cuore pentito ogni azione religiosa è inefficace! Gesù applica questa frase profetica anche alle relazioni umane: quei farisei erano molto religiosi nella forma (…) È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardassi soltanto la carta nel quale è incartato… Soltanto le apparenze, le forme, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato!”.

Gli auguri alla Polonia
Nei saluti post-catechesi a i vari gruppi linguistici, il Papa ha ricordato fra l’altro la Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni di domenica prossima, invitando a chiedere “a Cristo, Buon Pastore, di mandare sempre nuovi operai al suo servizio”. Quindi, con i fedeli della Polonia in particolare, Francesco si è soffermato sui 1.050 anni del Battesimo della nazione, che vengono celebrati in questi giorni. “Chiedo a Dio – ha detto – che la generazione presente e le future generazioni dei polacchi rimangano fedeli alla grazia del battesimo, dando testimonianza dell’amore di Cristo e della Chiesa”.

Giubileo / La misericordia col linguaggio delle emoticon

La misericordia col linguaggio delle emoticon
di Gabriele Cossovich | 12 aprile 2016
Abbiamo provato a chiedere ad alcuni ragazzi delle medie di descrivere la misericordia col linguaggio delle emoticon. Il risultato è interessante…

In questo anno dedicato al Giubileo della misericordia, con gli educatori dei preadolescenti abbiamo provato ad affrontare il tema della misericordia con i ragazzi delle medie. Il compito da subito è apparso decisamente complesso. La parola “misericordia”, seppure grazie a Papa Francesco stia acquistando un posto sempre più di rilievo all’interno della predicazione e della catechesi, non è però di certo un termine di uso comune tra i ragazzi; l’associazione più comune nella loro mente rimane quella con le urla della catechista che per quattro anni ha cercato invano di spiegargli la parabola del figliol prodigo, trasmettendo in misura decisamente maggiore la sua fatica a farsi ascoltare che non le braccia aperte del Padre al ritorno del figlio.

Ci abbiamo provato – accogliendo un prezioso suggerimento – attraverso il linguaggio delle emoticon, le faccine dalle diverse espressioni, entrate nelle nostre vite con gli SMS e rese poi celebri e variegate da applicazioni come Whatsapp e similari. Abbiamo chiesto a ciascun ragazzo di indicare quali emoticon rappresentassero meglio l’idea che balzava loro in mente pensando alla misericordia, condividendo poi nel gruppo le motivazioni della loro scelta. Queste le emoticon più scelte:

pray

L’emoticon che indica l’atteggiamento di preghiera. Non tanto per un legame stretto individuato tra la preghiera e la misericordia, quanto ad indicare come la misericordia sia di fatto, nella loro testa, qualcosa di strettamente (re)legato alla sfera religiosa, alla dimensione verticale della relazione con Dio.

holy

La faccina con l’aureola, sempre a sottolineare come la misericordia sia qualcosa propria di chi è santo: certamente dunque a dire un valore positivo della misericordia, ma insieme qualcosa di lontano, distante dalla vita: è dei santi…

angela

…ed è degli angeli: “gli angeli sono misericordiosi” hanno sostenuto in diversi, applicando come non mi era mai capitato di sentire prima questo attributo alle creature celesti. Non c’è da chiedersi su quale catechismo abbiano studiato: è ancora il loro modo di esprimere la percezione di una realtà utopica e distante, quasi evanescente… di certo non quotidianamente all’ordine del giorno.

cry

La faccina triste, nelle sue diverse forme, ad indicare la dimensione del pentimento di chi chiede perdono. Qui abbiamo finalmente uno sguardo che non è più al cielo, ma si rivolge alla misericordia qui sulla terra, ma è associata anzitutto a qualcosa di triste, di malinconico: credo questo dica molto di come spesso parliamo e viviamo il senso della misericordia.

sheet

Infine quest’ultima emoticon scelta da una sola ragazza, ma che mi ha colpito per la capacità di esprimere un concetto in una forma decisamente non convenzionale (e potenzialmente scandalosa per la catechista di cui sopra): “misericordia è aiutare chi si trova nella… cacca” ha candidamente scritto come didascalia. Tra tutte è forse quella che si avvicina di più al significato autentico di misericordia. E, credo non a caso, è quella più a rischio censura.

Il lavoro coi ragazzi non si è fermato qui. Dopo aver condiviso le risposte di ciascuno abbiamo letto insieme e riflettuto su un pezzetto del messaggio di Papa Francesco per la GMG di Cracovia:

 “La gioia di Dio è perdonare! Qui c’è la sintesi di tutto il Vangelo. Ognuno di noi è quella pecora smarrita, quella moneta perduta; ognuno di noi è quel figlio che ha sciupato la propria libertà seguendo idoli falsi, miraggi di felicità, e ha perso tutto. Ma Dio non ci dimentica, il Padre non ci abbandona mai. E’ un padre paziente, ci aspetta sempre! Rispetta la nostra libertà, ma rimane sempre fedele. E quando ritorniamo a Lui, ci accoglie come figli, nella sua casa, perché non smette mai, neppure per un momento, di aspettarci, con amore. E il suo cuore è in festa per ogni figlio che ritorna. E’ in festa perché è gioia. Dio ha questa gioia, quando uno di noi peccatore va da Lui e chiede il suo perdono”.

Poi abbiamo chiesto ai ragazzi di ripetere l’esercizio di prima provando a descrivere con le emoticon l’immagine della misericordia che traspare dalle parole di Francesco. Inutile dire che i risultati sono stati assai diversi da prima:

joy

Anzitutto, misericordia è gioia! La gioia del Padre per aver ritrovato il figlio perduto, ma anche la gioia del figlio che può di nuovo vivere nel suo abbraccio: l’accento non è più sul male commesso, sul pentimento, quasi che il Padre si compiacesse di aver avuto ragione sul figlio, ma sulla gioia…

party

…e sulla festa! Lontani anni luce da quell’idea di misericordia da aula di tribunale secondo la quale tu confessi la tua colpa e, siccome Dio è buono, invece di una pena ti concede la grazia. No! Dio non è un giudice, è un Padre! La sua casa non è un tribunale, è una festa!

dolly

Una festa dove vuole che nessuno manchi! Mi colpiva lo stupore di alcuni ragazzi di fronte alla parabola della pecora smarrita: ma come, aveva tutte le altre, perché tiene tanto proprio a quella, che forse era la meno sveglia di tutte le pecore, tant’è che è l’unica a perdersi?

hart

La misericordia viene dal cuore di Dio, appassionato di ciascuno dei suoi figli, che mai smette di cercarli…

 

hands

…e di accoglierli a braccia aperte. Il perdono non è una gentile concessione, è il frutto del più profondo desiderio del cuore di Dio: non essere lontano da nessuno.

friends

Infine, in molti hanno utilizzato emoticon come questa, che indica una relazione di amicizia, oppure quelle simili relative alla famiglia: se prima la misericordia era qualcosa degli angeli e dei santi, perché astratta e lontana, ora la misericordia può essere una cosa “della terra”, qualcosa che certamente riceviamo da Dio, ma che, così intesa, ritroviamo e possiamo vivere nelle nostre relazioni più genuine: “come in cielo, così in terra”.

Proprio questo passaggio della misericordia dalla sola dimensione verticale della relazione con Dio a quella orizzontale delle relazioni con gli altri ci ha permesso di introdurre il tema delle opere di misericordia e, anche qui, abbiamo chiesto ai ragazzi di provare ad esprimere ciascuna di esse attraverso le emoticon. Questo il risultato:
opere di misericordia emoticons

 

 

 

Giubileo della Misericordia sullo smartphone

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avvenire

Papa: Gesù ha aperto per tutti il tempo della misericordia

Ognuno “ha le proprie miserie”, ma la potenza del perdono di Cristo, che le ha riscattate sulla Croce, “non si esaurisce mai”. Lo ha affermato all’udienza generale Papa Francesco, inaugurando in Piazza San Pietro, davanti a circa 40 mila persone, un nuovo ciclo giubilare di catechesi dedicate alla misericordia nel Vangelo. Il servizio di Alessandro De Carolis da Radio Vaticana

“Poteva farlo”. Presentarsi come un re, giudicare tutti dall’alto di una santità e sapienza straordinarie. Perfino scendere dalla Croce come qualcuno, sbeffeggiandolo, arrivò a proporgli. Poteva farlo, come Dio, ma non l’ha fatto, facendosi uomo, anzi il miserabile tra gli uomini, accettando un sacrificio che ha schiuso all’umanità il tempo del perdono.

In fila tra i peccatori
È come un grande affresco di Cristo la prima catechesi del Papa sulla misericordia nel Vangelo. Francesco la rintraccia nelle cinque grandi azioni compiute da Gesù – “incontrando le folle, annunciando il Vangelo, guarendo gli ammalati, avvicinandosi agli ultimi, perdonando i peccatori” – e punta l’attenzione in particolare sul modo in cui Gesù inizia la sua missione, facendosi battezzare da Giovanni nel Giordano:

“Egli non si è presentato al mondo nello splendore del tempio: poteva farlo, eh? Non si è fatto annunciare da squilli di trombe: poteva farlo. E neppure è venuto nelle vesti di un giudice: poteva farlo. Invece, dopo trent’anni di vita nascosta a Nazaret, Gesù si è recato al fiume Giordano, insieme a tanta gente del suo popolo, e si è messo in fila con i peccatori. Non ha avuto vergogna: era lì con tutti, con i peccatori, per farsi battezzare”.

Puro, gratuito, assoluto
Fin da subito, indica Francesco, Cristo “si è manifestato come Messia che si fa carico della condizione umana, mosso dalla solidarietà e dalla compassione”. Tutto ciò che ha compiuto “dopo il battesimo – dice – è stato la realizzazione del programma iniziale: portare a tutti l’amore di Dio che salva”, “puro, gratuito, assoluto”:

“Gesù non ha portato l’odio, non ha portato l’inimicizia: ci ha portato l’amore! Un amore grande, un cuore aperto per tutti, per tutti noi! Un amore che salva! Lui si è fatto prossimo agli ultimi, comunicando loro la misericordia di Dio che è perdono, gioia e vita nuova. Il Figlio inviato dal Padre, Gesù, è realmente l’inizio del tempo della misericordia per tutta l’umanità!”.

Dalla Croce il perdono per sempre
Misericordia che raggiunge il culmine con lo strazio del Golgota, la cui portata Francesco ricorda amplificando nell’abbraccio del Colonnato le parole che hanno cambiato per sempre la condizione umana: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”:

“E’ sulla croce che Gesù presenta alla misericordia del Padre il peccato del mondo: il peccato di tutti! I miei peccati, i tuoi peccati, i vostri peccati. È lì, sulla croce, che Lui li presenta. E con esso tutti i nostri peccati vengono cancellati. Nulla e nessuno rimane escluso da questa preghiera sacrificale di Gesù”.

Non temiamo le nostre miserie
Una sola cosa basta, conclude il Papa: pentirsi e affidarsi a Dio con fiducia totale, attraverso il Sacramento della Riconciliazione. Evitando la tentazione di credersi autosufficienti rispetto all’offerta del perdono di Dio:

“Ognuno di noi dovrebbe domandarsi: ‘Sì, quello è un peccatore. E io?’. Tutti siamo peccatori, ma tutti siamo perdonati: tutti abbiamo la possibilità di ricevere questo perdono che è la misericordia di Dio (…) Non dobbiamo temere le nostre miserie. Ognuno di noi ha le proprie. La potenza d’amore del Crocifisso non conosce ostacoli e non si esaurisce mai. E questa misericordia cancella le nostre miserie”.

Sport, linguaggio universale che avvicina i popoli
Prima dei saluti finali, Papa Francesco ha ricordato con un pensiero la terza Giornata mondiale dello Sport per la Pace e lo Sviluppo indetta dall’Onu, che si celebra oggi:

“Lo sport è un linguaggio universale che avvicina i popoli e può contribuire a far incontrare le persone e superare i conflitti. Perciò incoraggio a vivere la dimensione sportiva come palestra di virtù nella crescita integrale degli individui e delle comunità”.

Papa Francesco: una fede che non è capace di misericordia non è fede

La misericordia di Dio ha tanti volti, è grande, ed è un continuo crescendo, e una fede senza misericordia non è fede.  E’ il messaggio che Francesco ha portato alle circa ventimila persone presenti in piazza San Pietro, riunite per celebrare la veglia di preghiera, alla vigilia della festa della Divina Misericordia, nella seconda domenica di Pasqua, nel ricordo di papa Wojtyla, a undici anni esatti dalla morte. I fedeli hanno accolto festosamente il Papa, dopo aver atteso il suo arrivo cantando inni e ascoltando testimonianze su diverse esperienze di misericordia.

Quanti sono i volti della misericordia con cui Dio ci viene incontro? Tanti e non si possono descrivere tutti, perché “la misericordia di Dio è un continuo crescendo”. Entra con queste parole il Papa nella Veglia in cui si è pregato anche per i cristiani perseguitati, per i cristiani prigionieri della mentalità mondana, per le persone abusate e sfruttate, per i profughi e gli esiliati, ed è soprattutto a loro che vanno le parole del Papa quando ci dice che abbandonare queste persone e buttarle via “non è da Gesù”. La misericordia “è qualcosa di sempre nuovo che provoca stupore e meraviglia nel vedere la grande fantasia creatrice di Dio quando ci viene incontro con il suo amore”.

“Dio non si stanca mai di esprimerla e noi non dovremmo mai abituarci a riceverla, ricercarla e desiderarla”.

Il nome di Dio è “misericordioso”, ci dice Francesco, e la sua misericordia è grande e infinita come la sua natura, tanto da risultare difficile “poterla descrivere in tutti i suoi aspetti”. La misericordia è anzitutto “la vicinanza di Dio al suo popolo” che si manifesta con aiuto e protezione. E’ una vicinanza genitoriale, Lui che come un padre e una madre “prende ciascuno di noi e ci solleva fino alla sua guancia”, come il bimbo del profeta Osea nella Bibbia.

“Quanta tenerezza contiene e quanto amore esprime! Tenerezza: parola quasi dimenticata e di cui il mondo di oggi – tutti noi! – abbiamo bisogno. Ho pensato a questa parola del profeta quando ho visto il logo del Giubileo. Gesù non solo porta sulle sue spalle l’umanità, ma la sua guancia stretta con quella di Adamo, a tal punto che i due volti sembrano fondersi in uno”.

Dio sa comprendere e compatire le debolezze umane, perché “in forza della sua misericordia Dio si è fatto uno di noi”. Ed è in Gesù che possiamo “toccare con mano la misericordia del Padre” e allo stesso tempo siamo spinti “a diventare noi stessi strumento della misericordia”.

“Può essere facile parlare di misericordia, mentre è più impegnativo diventarne concretamente dei testimoni. E’ questo un percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe conoscere alcuna sosta. Gesù ci ha detto che dobbiamo essere ‘misericordiosi come il Padre’”.

Vicinanza e tenerezza, sono i volti della misericordia di Dio, che però è anche compassione e condivisione, consolazione e perdono. Una misericordia che “non può essere tenuta nascosta né trattenuta solo per se stessi”, perché chi “più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condividerla”. La misericordia provoca il cuore ad amare, a riconoscere “il volto di Gesù Cristo soprattutto in chi è più lontano, debole, solo, confuso ed emarginato”.

“La misericordia non è ferma, va alla ricerca della pecora perduta, e quando la ritrova esprime una gioia contagiosa”.

La misericordia, prosegue Francesco, “sa guardare negli occhi ogni persona; ognuna è preziosa per lei, perché ognuna è unica”.

“Quanto dolore nel cuore sentiamo quando ascoltiamo dire: “Ma, questa gente … questa gente, questo poveracci, buttiamoli fuori, lasciamoli dormire sulle strade …”. Questo è da Gesù?”

La misericordia, aggiunge quindi Francesco, “non può mai lasciarci tranquilli”. E non si deve averne timore, perché è un amore che ci permette “di riconoscere il suo volto in quello dei fratelli. Lasciamoci condurre docilmente da questo amore, è l’invito del Papa, e diventeremo misericordiosi come il Padre”.

“Abbiamo ascoltato il Vangelo: Tommaso era un testardo. Non aveva creduto. E ha trovato la fede proprio quando ha toccato le piaghe del Signore. Una fede che non è capace di mettersi nelle piaghe del Signore, non è fede! Una fede che non è capace di essere misericordiosa come sono segno di misericordia le piaghe del Signore, non è fede: è idea, è ideologia. La nostra fede è incarnata in un Dio che si è fatto carne, che si è fatto peccato, che è stato piagato per noi! Ma se noi vogliamo credere sul serio e avere la fede, dobbiamo avvicinarci e toccare quella piaga, accarezzare quella piaga e anche abbassare la testa e lasciare che gli altri accarezzino le nostre piaghe”.

Francesco chiede infine che sia lo Spirito Santo a guidare i passi degli uomini, perché “Lui è l’Amore, Lui è la Misericordia che si comunica nei nostri cuori”, da seguire “docilmente sui sentieri  che Lui ci indica”. E poi conclude proponendo un’idea che lui stesso rivela essere uscita da un incontro con un’associazione di carità e cioè quella che ogni diocesi dia vita a un’opera di misericordia

“Che bello sarebbe che come un ricordo, diciamo, un monumento di quest’Anno della Misericordia, ci fosse in ogni diocesi un opera strutturale di misericordia: un ospedale, una casa di riposo per anziani, per bambini abbandonati, una scuola dove non ci fosse, un ospedale, una casa per recuperare i tossicodipendenti … Sarebbe bello che ogni diocesi pensasse: cosa posso lasciare come ricordo vivente, come opera di misericordia vivente, come piaga di Gesù vivente per questo Anno della Misericordia”

Radio Vaticana