La Parrocchia Santo Stefano di Reggio Emilia ha attivato una collaborazione con GloriaTV

La Parrocchia Santo Stefano di Reggio Emilia ha attivato una collaborazione con GloriaTV.  Anche in questo portale web saranno inserite le nostre realizzazioni curate dalla web Tv Santo Stefano e dalla Web Radio Santo Stefano

Ecco il Link (per visualizzare la pagina web clicca sul logo in basso):

logo-152x42.gloriatv

segnalazione web a cura di webmastersantostefano@simail.it 

Cattedrale gremita per i Vespri del Vescovo con le Famiglie

vescovo.camisasca

All’inizio della celebrazione una rappresentante dell’ Ufficio di Pastorale Famigliare ha dato il saluto al Vescovo chiedendoGli di “accompagnare e sostenere le Famiglie nella loro quotidianità affinché come Maria e Giuseppe possano avere un cuore aperto alla novità di Dio”.

Dopo il canto dei salmi è stato proclamato solennemente il brano di Vangelo della Liturgia del giorno (Lc 2,41-52); a cui è seguita l’Omelia del Vescovo che, con parole semplici e chiare, ha illustrato e spiegato il brano medesimo.

Molto apprezzata la disponibilità mostrata dal Vescovo verso i bambini presenti che ogni tanto facevano sentire la loro voce.

Al termine, insieme, si è cantato il Cantico di Maria e, prima della benedizione finale , è stato proclamata una preghiera di affidamento alla S. Famiglia di Nazaret.

E’ seguito un momento di festa nei locali della Mensa del Vescovo, anche se il numero delle persone presenti ha certamente reso difficoltoso questo momento conclusivo.

file attached   Saluto iniziale dell’Ufficio di Pastorale Famigliare
file attached   Atto di Affidamento delle famiglie alla Santa Famiglia

Ricordato in Santa Teresa don Gariselli nel segno dell’amicizia

gariselli_ritratto

L’amicizia, che si prolunga anche oltre la morte, è stata il filo conduttore della concelebrazione eucaristica con cui lunedì scorso, 17 dicembre, è stato ricordato il “dies natalis” di mons. Gariselli, vinto dalla malattia proprio un anno fa. Introducendo la Santa Messa i vescovi Adriano Caprioli e Luciano Monari hanno ribadito il profondo legame che lega ancora tanti a don Gianni e la chiesa di Santa Teresa, di cui è stato parroco per oltre due decenni, gremita di amici ne è stata prova. Mons. Caprioli ha ricordato l’affetto del sacerdote prematuramente scomparso per la sua casa “caro nido”; ne ha ricordato le tappe della malattia, del dolore, dei ricoveri e alla fine l’incontro con il Signore. Il vescovo Monari, commentando la genealogia di Gesù proposta nel Vangelo di Matteo, ha sottolineato come da Abramo a Giuseppe, lo sposo di Maria Madre del Messia, sia un succedersi di persone importanti e sconosciute, di sapienti e di “stupidi”, ma alla fine il disegno provvidenziale di Dio, sconosciuto all’uomo che fatica tanto a comprenderlo, ha portato il Salvatore. Questo vale anche per la vita di ognuno: c’è un disegno del Creatore, di cui il Vangelo invita a fidarsi.

Anche don Gianni ha compreso che Dio aveva chiaro un disegno su di lui. Dio entra nella storia degli uomini; il senso della vita non è la somma delle azioni, ma c’è in più l’infinito regalato da Dio: Gesù. Con i vescovo Luciano e Adriano hanno concelebrato i monsignori Gazzotti, Costi, Ruffini, don Casini, don Manfredini, con i diaconi Pelosi Bonini, Agosti, Grassi, Davolio.

Al termine della celebrazione è stato donato un libretto contenente dieci inedite poesie di don Gianni, alcune certamente scritte nei mesi della malattia “Non so da dove, non so perché / dolore e malattia siete arrivati / all’improvviso / a sconvolgermi la vita”. La risposta piena di fede è la seguente “Eppure, soltanto a Te affido la mia vita”. E ancora “Mi stai facendo a pezzi, mio Signore./ Perché?” I testi poetici si fanno preghiera: “Sole nascente, / luce del cammino, / guidami alla porta. / Casa del mio Dio”, “Ansioso aspetto un dì / che non conosca il suo tramonto”. La pubblicazione, promossa dall’UCID e realizzata dalla Tecnograf, è intitolata emblematicamente “Per un amico” e reca in copertina un ritratto all’acquerello di don Gianni opera di Anna Bertani (nella foto). Forte è la professione di fede nel Signore da parte di don Gianni “Sposo lieto la tua causa, Mio Signore. / Fede salda in un Vangelo. / Attesa ansiosa di una patria, / promessa Tua di un nuovo cielo”.

fonte: portaleirc.it

Marcia della Pace sul tema “Ri-costruttori di pace”, lunedì 31 dicembre, dalle ore 19.45, a Reggiolo (RE)

Quest’anno la diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, alla vigilia della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2013, propone la Marcia della Pace sul tema “Ri-costruttori di pace”, lunedì 31 dicembre, dalle ore 19.45, a Reggiolo (RE), in segno di solidarietà con le comunità colpite dal terremoto.

Cosa possiamo aspettarci dall’anno 2013 ormai vicino? Come attendere questo appuntamento con la storia che scorre e avanza? Saremmo tentati di cedere al diffuso sentimento di rassegnazione: la crisi economica ci stringe come una morsa senza lasciarci via d’uscita; la situazione politica, italiana e internazionale, sembra condiscendere all’impotenza e alla corruzione dilagante; la difesa dei valori, dalla dignità della persona alla salvaguardia del creato, paiono ridursi a proclami vuoti facilmente sormontati dagli interessi economici di parte.

L’anno 2012 ha visto riacutizzarsi molti focolai di conflitti, ha segnato la nostra terra emiliana con la ferita del terremoto, ha riaffermato la diffusione della malavita organizzata anche in casa nostra. Di fronte a tutto questo non possiamo rassegnarci, né cedere ai compromessi. Non possiamo accettare di scambiarci brindisi superficiali né auguri di circostanza.

Al posto dei rituali ormai logori e consunti dei costosi cenoni di capodanno proponiamo di attendere l’anno nuovo condividendo la lotta di tanti uomini e donne: la lotta dei popoli che chiedono giustizia e dignità; la lotta dei nostri concittadini alle prese con le macerie del sisma; la lotta temeraria e spesso carica di solitudine di chi si oppone alla malavita organizzata. Insieme con loro vogliamo diventare ri-costruttori di pace, perché l’attesa del nuovo anno si colori di un segno di speranza.

IL PROGRAMMA

19,45 RITROVO Ex-campo sfollati c/o Parco dei Salici Via IV Novembre, 9 REGGIOLO – Cena povera a base di polenta

21,00 Testimonianze dalle zone di conflitto nel mondo INIZIO MARCIA

21,45 Piazzale della Chiesa parrocchiale Testimonianza dalla zona colpita dal sisma

22,15 Davanti a Palazzo Sartoretti – Piazza Martiri Testimonianza sulla legalità. Gesto di solidarietà. Invitiamo a offrire il corrispettivo del cenone per ri-costruire le opere parrocchiali

23,00 Tensotruttura dell’Oratorio – Via Mameli Momento di preghiera per la Pace

24,00 Scambio d’auguri per il nuovo anno

 

file attached   Cartolina_marcia_Pace.pdf

[banner]

La famiglia nello spirito del Natale

Intervista esclusiva con monsignor Vincenzo Paglia

Di Luca Marcolivio

ROMA, 22 Dicembre 2012 (Zenit.org) – Dopo essere stato per molti anni guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio, poi, per dodici anni (2000-2012) vescovo di Terni-Narni-Amelia, lo scorso giugno, monsignor Vincenzo Paglia è tornato a Roma, a seguito della nomina a presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

L’ufficio del dicastero vaticano, in cui monsignor Paglia ci riceve per l’intervista, è significativamente a due passi dalla basilica di Santa Maria in Trastevere, dove è stato parroco per una ventina d’anni e dove trent’anni ebbe inizio la pregevole iniziativa del pranzo di Natale con i poveri di Roma. Pochi metri più in là, la sede internazionale della Comunità di Sant’Egidio.

In questo angolo nel cuore di Trastevere si intrecciano il passato, il presente e il futuro di monsignor Paglia: tanti ricordi ed ispirazioni per l’impegno pastorale attuale del quale il presule, a colloquio con ZENIT, ha tracciato le sfide più attuali. Con un occhio alle festività natalizie imminenti.

Eccellenza, quali sono le sfide di oggi per la famiglia, per la Chiesa e, quindi, anche per il dicastero da lei presieduto?

Mons. Paglia: Oggi ci troviamo di fronte a una singolare contraddizione: da una parte tutti i dati ci mostrano il bisogno di famiglia che emerge dal desiderio dei giovani. In paesi come l’Italia o la Francia, quasi l’80% dei giovani vuole metter su famiglia, vuole vivere con un solo uomo o con una sola donna per tutta la vita. La contraddizione è che questo desiderio è stroncato non appena spunta, perché c’è una cultura dominante che, di fatto, è opposta. E qui tocchiamo uno dei nodi cruciali della società contemporanea, almeno quella occidentale, che però non viene percepito: se la Genesi afferma: “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18), nella cultura contemporanea si dice che è bene che l’individuo sia “assoluto”, nel senso di ab solutus, sciolto da qualunque legame con Dio, con gli altri, con la famiglia. In effetti il relativismo e l’individualismo per affermarsi debbono anzitutto distruggere la famiglia in quanto è il primo antidoto alla solitudine. Per questo l’impegno della Chiesa – e in particolare del nostro dicastero – è, anche quello di risuscitare una nuova “cultura della famiglia”, perché la famiglia sia riportata al centro del dibattito politico, economico e culturale.

Quali sono le strade?

Mons. Paglia: La prima è eminentemente cristiana: le famiglie credenti devono testimoniare la fede e la bellezza della loro forza anche con tutti i problemi che ci sono. Ma le famiglie cristiane debbono anche portare la stabilità di un fondamento, l’indissolubilità di un rapporto, altrimenti la società stessa è fondata sulla sabbia. La seconda strada è di carattere più culturale: dobbiamo essere capaci di tradurre in cultura questa aspirazione. Significa che dobbiamo far comprendere la ragionevolezza, la forza e la bellezza della famiglia per l’intera società, non solo per la Chiesa. Questo richiede un impegno a tutto campo nel versante della cultura, dai mass media, ai dibattiti culturali, fino all’arte e all’impegno nelle sedi nazionali e internazionali, anche a livello legislativo.

Non è solo la Chiesa a portare avanti questa battaglia. Nella misura in cui vi sia una bella testimonianza e un’altezza culturale, certamente troveremo molti alleati, a partire dalle chiese cristiane, ortodosse in particolare, ma penso anche agli ebrei, ai musulmani, agli uomini di cultura. Guardiamo a cosa è accaduto in Francia: i vescovi stanno facendo una battaglia contro il matrimonio gay, da un lato ovvia ma di grande interesse, ricevendo l’appoggio del Gran Rabbino, della federazione luterana, di molti laici, di musulmani. Non stiamo trattando semplicemente una questione di fede ma uno dei pilastri della società.

Cosa rispondere, però, a coloro che dicono che “la famiglia è cambiata” o che ci sono “famiglie di varia natura”?

Mons. Paglia: Da un lato la famiglia viene indebolita, “picconata”, dall’altro c’è chi la vuole a tutti i costi. C’è anche chi rifiuta il matrimonio e va a convivere ma poi vorrebbe essere equiparato a un matrimonio de iure. Dobbiamo stare attenti a questa babele linguistica e ridare valore alle parole, perché il primo modo per distruggerci a vicenda è togliere senso alle parole. È vero che la famiglia nel corso dei secoli è cambiata. In molti aspetti, grazie a Dio, è cambiata in modo positivo: ad esempio non c’è dubbio che sia molto meglio che a scegliersi siano i due giovani e non i loro genitori. Con tutti i cambiamenti possibili, però, una famiglia rimarrà sempre composta da un uomo, una donna e dei figli, nonni e nipoti. Anche le case di 2000 anni fa erano diverse da oggi ma, nella sostanza erano sempre composte da quattro pareti e un tetto. La famiglia, in tutte le culture e a tutte le latitudini, ha una dimensione ben chiara. Ecco perché togliere questo fondamento o indebolirlo è come togliere le fondamenta alla socialità e alla società. Cicerone definiva la famiglia con le seguenti parole: “Principium urbis et quasi seminarium rei publicae”. Insomma, la famiglia è la prima piccola realtà, dove impariamo a convivere, dove impariamo come si diventa cittadini, è il luogo dove si apprende ad edificare la cosa pubblica o, se si vuole, a convivere tra diversi. È questa la ragione che rende saldi le città e gli stati, il concetto stesso di nazione. Ecco perché, se si distrugge la stabilità, la fedeltà, il poter confidare in questa piccola società, noi miniamo tutto ciò che sa di “noi”, per esaltare solo l’“io”. È chiaro che una casa non si può barattare con una colonna. Un mondo fatto di sole colonne è invivibile: se poi le colonne si muovono, sbattono una contro l’altra…

Qual è il prossimo appuntamento importante cui sta lavorando il Pontificio Consiglio per la Famiglia?

Mons. Paglia: Prima ancora dell’Incontro Mondiale delle Famiglie a Philadelphia nel 2015, ci sarà un incontro mondiale a Roma, il 26 e 27 ottobre, a conclusione dell’Anno della Famiglia. Si tratta di un pellegrinaggio delle famiglie alla tomba di Pietro per mostrare la gioia di essere famiglie credenti. Purtroppo, mentre la famiglia, con tutti i suoi limiti resta la vera risorsa della società, come economia, come stabilità, come rete di rapporti, il suo ruolo non è riconosciuto. La famiglia è sfruttata dalla società e bastonata dalla cultura. Vorrei che emergesse quello che la famiglia è ancora, nonostante la diminuzione della voglia di fare famiglia. Vorrei che genitori, figli, nonni, nipoti, invadessero Roma! In questo pellegrinaggio, vorrei che le famiglie dicessero a tutti: “non solo è possibile ma è anche bello e utile a tutti”.

Eccellenza, in un suo libro, intitolato In cerca dell’anima, Lei descriveva un paese, l’Italia, in grossa crisi di identità umana e spirituale. Questa “perdita dell’anima” è un problema anche mondiale? Il Natale può aiutarci a ritrovare l’anima perduta?

Mons. Paglia: È un mondo che rischia di perdere l’anima, perché pensa che l’anima sia solo il mercato, il conflitto, il prevalere sugli altri ma non l’amore. Ma l’anima che può rendere vivibile il mondo è solo l’amore, è solo quel Bambino piccolo, che viene al mondo, appunto perché tutti possano accogliere l’amore. In tal senso noi cristiani abbiamo un indispensabile compito: aiutare gli uomini di tutte le fedi e di tutte le culture a ritrovare l’anima.

Come può il Natale tornare a essere la festa della famiglia?

Mons. Paglia: C’è un semplice detto popolare che però ha un suo profondo senso: “Natale coi tuoi”. È come se, a Natale, anche a livello popolare, si sentisse il bisogno di stare in casa. Secondo me è molto profondo questo bisogno. A Natale vediamo che anche Gesù per nascere ha bisogno di una famiglia, anche Dio per salvare gli uomini ha bisogno di una famiglia e deve chiedere l’assenso di Maria e, attraverso l’angelo, anche di Giuseppe. In questo senso il Natale mostra la bellezza e la preziosità della famiglia per tutti. Penso a quei poveri pastori, perseguitati dalla società ebraica del tempo che furono i primi ad accorrere, trovando Maria, Giuseppe e il Bambino, quindi una famiglia – certamente singolare ma certamente famiglia. Per questo il mistero del Natale coinvolge in maniera diretta e molteplice le nostre famiglie. Ricordo da bambino, quando scrivevo la lettera da mettere sotto il piatto, ricordo l’allestimento del presepe che coinvolge tutta la famiglia, per avere dentro casa questo mistero, ricordo la bellezza della messa di mezzanotte che commuove tutti (e se quella notte nevica non rimaniamo a casa, siamo spinti ancor più ad andare!). Ecco perché il legame tra Gesù che nasce e la famiglia è uno degli aspetti più evidenti di questo mistero. Basti pensare al coinvolgimento degli artisti sul Natale: credo non ci sia poeta, pittore o scultore che non si sia confrontato con questo mistero.

In che modo la Sacra Famiglia di Nazareth è un modello per le famiglie di ogni tempo e luogo?

Mons. Paglia: “Venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua Madre custodiva tutti questi fatti nel suo cuore” (Lc 2,51). Queste righe del Vangelo di Luca descrivono trent’anni di Santa Famiglia. La famiglia di Nazareth è un grande esempio, tant’è che, l’icona che ha guidato l’evento di Milano e che ora custodiamo nel nostro dicastero è, appunto, l’icona della Santa Famiglia, il cui centro è Gesù. Non dobbiamo allora pensare che ogni famiglia debba tornare ad avere Gesù come centro ed ispiratore? Non dobbiamo augurarci che i genitori si preoccupino dei figli come Maria e Giuseppe? Certo, non una preoccupazione ossessiva: Gesù aveva la libertà di andare con i parenti, persino di “scomparire”. Allo stesso tempo come possono i genitori non riflettersi nel rapporto che avevano Giuseppe e Maria? Vediamo una delicatezza straordinaria di rapporti, un’attenzione reciproca unica, non perché fossero sempre d’accordo, anzi ci fu un momento piuttosto critico e Giuseppe ebbe bisogno dell’angelo. Non hanno bisogno di angeli anche le famiglie di oggi? Se la famiglia resta sola, è difficile che sopravviva. Anche noi abbiamo bisogno di angeli che ci aiutino, che ci spieghino e ci sollecitino a riscoprire l’affetto. L’amore è un arte non è un sentimento. Purtroppo oggi è scambiato come sentimento, quindi come tale “mobile”. L’amore è la nostra costruzione di una casa, l’amore è un progetto, l’amore è amicizia, è perdono, è costruire assieme un sogno che permanga. Lo è anche la famiglia di Nazareth, sia pure in maniera non organica.

In qualità di parroco della basilica di Santa Maria in Trastevere, Lei è stato, assieme alla Comunità di Sant’Egidio, l’ideatore del pranzo di Natale con i poveri. Dopo il suo ritorno a Roma, come presidente di un dicastero vaticano, questo Natale avrà occasione di tornarci?

Mons. Paglia: Vi parteciperò anche perché quest’anno ricorre il trentesimo anniversario. Questo pranzo nacque dal bisogno di offrire un gesto “robusto” che esaltasse il cambiamento che avveniva nella storia con la nascita di Gesù. Questo cambiamento doveva avere un risvolto “familiare”. L’idea fu molto semplice: a Natale tutti vanno in famiglia, ma quelli che la famiglia non ce l’hanno, le persone sole, quelle che vivono per strada? Dove vanno? Ecco l’idea di aprire la basilica agli abbandonati, perché fossero loro la famiglia di Gesù. Insomma, una sorta di “presepe alla rovescia”: viene Gesù sulla terra e gli diamo una stalla; vengono i poveri e noi diamo loro una basilica. In tal senso questi trent’anni hanno mostrato la bellezza di un gesto come questo. Il pranzo di Natale con i poveri si fa ormai in tutto il mondo, con più di 130mila ospiti ogni anno, ed è colto in questa prospettiva. Ricordo quando San Francesco d’Assisi parlava del Natale, dicendo che era il giorno più bello e che anche i poveri devono gioire. Diceva: “Se dovessi parlare con il governatore di tutte le nazioni, farei spargere da mangiare in tutte le strade del mondo e in tutte le città, perché anche gli uccelli del cielo, anche gli animali gioiscano e mangino,  a partire dai più poveri”. Del resto Betlemme vuol dire “città del pane”. Ecco perché partecipare per quest’anno al pranzo di Natale, dopo trent’anni dalla nascita, è una conferma dell’importanza che il Natale non sia un giorno vuoto o magari solo pieno di lampadine per le strade ma non nel cuore. Ricordo un’anziana povera di Ostia, in uno dei nostri pranzi, seduta vicino a me. A un certo momento alzò lo sguardo, ammirando i mosaici di Santa Maria in Trastevere, il cassettonato in oro, le più di 400 persone in festa. Poi mi disse: “Don Vincenzo, oggi, quasi quasi, stiamo meglio noi del Papa…”.

Camisasca vescovo: “Reggio? Preti e famiglie in gamba”

 

l’ordinazione in San Giovanni in Laterano di fronte a 400 reggiani. Alle autorità reggiane in prima fila: “Con voi voglio lavorare nel rispetto delle competenze di ciascuno”

 

L'ordinazione a Roma di Camisasca (Foto da Tempi)L’ordinazione a Roma di Camisasca (Foto da Tempi)

REGGIO EMILIA – “Reggio? Famiglie e preti in gamba”. Si è presentato così ai cronisti il nuovo vescovo di Reggio e Guastalla, Massimo Camisasca, dopo l’ordinazione avvenuta ieri nella basilica di San Giovanni in Laterano. Ha aggiunto Camisasca: “Noi preti non siano nati per noi stessi ma per il popolo di Dio. L’attenzione alle famiglie e ai laici per noi è prioritaria”. Ad ascoltare Camisasca, 66 anni, quattrocento reggiani giunti a Roma con tre pullman di Azione cattolica o coi propri mezzi. Sono arrivati con tre pullman organizzati dall’Aci locale, ma in tanti hanno raggiunto Roma in treno. Fra questi i sindaci di Boretto, Massimo Gazza, di Poviglio, Gian Maria Manghi, e di Quattro Castella, Andrea Tagliavini. Nella basilica di San Giovanni in Laterano in prima fila c’erano il sindaco di Reggio, Graziano Delrio, con la moglie, quello di Guastalla, Giorgio Benaglia, e la presidente della Provincia, Sonia Masini. Erano anche presenti i consiglieri regionali reggiani Beppe Pagani, Matteo Riva e Fabio Filippi, i parlamentari Pierluigi Castagnetti, Emerenzio Barbieri, Albertina Soliani e Leana Pignedoli. C’erano pure il pro rettore dell’università, Luigi Grasselli, e il presidente della Camera di commercio, Enrico Bini. A loro il nuovo vescovo ha detto: “Con voi voglio lavorare nel rispetto delle competenze di ciascuno per il bene della comunità”.

Il nuovo vescovo di Reggio e Guastalla, Massimo CamisascaIl nuovo vescovo di Reggio e Guastalla, Massimo Camisasca


L’appuntamento con Reggio

Il nuovo vescovo prenderà possesso della diocesi emiliana il 16 dicembre. Prima della messa che sarà celebrata in cattedrale alle 16.30, il vescovo ha in programma quattro tappe simboliche di avvicinamento alla città, per andare a incontrare chi non potrà essere presente in Duomo: in mattinata porterà un suo saluto all’ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Settembrini, poi parteciperà alla Mensa domenicale, nella giornata diocesana per la Caritas, al centro Caritas Querce di Mamre, in via Adua. Dopo un momento di preghiera al monastero di clausura delle Serve di Maria a Montecchio, raggiungerà la Casa del Clero San Giuseppe, per incontrare il vescovo emerito Paolo Gibertini e i preti ammalati e anziani lì ricoverati. Alle 15.30 il vescovo dà appuntamento a tutti i fedeli alla Basilica della Ghiara, dove affiderà il suo ministero episcopale alla Beata Vergine e rivolgerà un messaggio particolare ai giovani della diocesi. Da qui partirà per raggiungere piazza del Duomo, dove alle 16.15, sul sagrato della cattedrale, riceverà il saluto del sindaco Graziano Delrio e della presidente della Provincia di Reggio Emilia Sonia Masini.
reggionline