Povertà educativa. Imprese, Terzo settore e pubblico: patto per “salvare” 300 ragazze

In Italia sono oltre due milioni i bambini e i ragazzi che vivono in povertà assoluta o relativa. Il 56% dei Neet (chi non studia, non si forma, non lavora) è di sesso femminile. E sono 870 mila le ragazze e le giovani donne tra 15 e 29 anni (il 20,5%) classificabili come Neet (non studiano, non fanno formazione, non lavorano). Più dei coetanei maschi Neet, che sono il 17,7%. E le donne che restano inattive tra i 25 e 34 anni sono il 23,2%. A titoli di studio bassi poi corrispondono alti tassi di disoccupazione: solo un terzo tra le 25/34 enni che si sono fermate alla terza media lavora, percentuale che scende al 27% se hanno un figlio, mentre trova lavoro il 56% delle diplomate e (47% con figli) e 71,3% delle laureate (si sale al 72,6% se con figli).
Un progetto di lotta alle disuguaglianze – sociali e di genere – frutto dell’alleanza tra mondo dell’impresa, terzo settore e istituzioni pubbliche. Una strategia innovativa per combattere in particolare la povertà educativa, un handicap che rischia di pesare per tutta la vita sull’integrazione di tante ragazze. Ne beneficeranno per due anni 300 adolescenti e giovani donne, tra i 13 ed i 24 anni, comprese 50 madri. Cento per ognuna delle tre aree svantaggiate scelte a Venezia/Mestre, Roma e Napoli. Per ognuna un piano educativo personalizzato.
È il progetto “Futura” che Save the Children, Forum disuguaglianze e diversità, Yolk, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, hanno presentato ieri a Roma, per contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono a ragazze e giovani donne che vivono in condizioni di svantaggio socio-economico «di far fiorire talenti e aspirazioni nei percorsi scolastici, in quelli lavorativi e di conciliare, in alcuni casi, il percorso professionale con la maternità».
Il progetto pilota prevede una presa in carico integrata, in collaborazione con le famiglie, la scuola, i servizi sociali e le associazioni attive sul territorio. Le ragazze avranno a disposizione beni o servizi: dall’acquisto di libri, kit scolastici o strumentazione necessaria al percorso formativo, al sostegno per le spese di trasporto per raggiungere le sedi di studio o per il pagamento delle rette scolastiche o dei corsi di formazione. Ma anche servizi di consulenza o supporto psicologico, medico, educativo, legale, di orientamento al lavoro. E, se serve, voucher per l’acquisto di generi alimentari o per l’igiene o la salute. Per la fascia di età tra i 13 e i 18 anni l’obiettivo è il conseguimento del titolo di studio o il reinserimento in un percorso formativo, per le giovani tra i 18 e i 24 anni il percorso è di professionalizzazione ed emancipazione. Le giovani mamme in particolare beneficeranno di un sostegno particolare per l’accesso al mondo del lavoro e alla cura dei figli, con attività laboratoriali per rinforzare l’autonomia e percorsi mamma-bambino.
«Povertà educativa e povertà economica sono legate. Un ragazzo che non ha studiato è un ragazzo “zoppo”. È indispensabile rafforzare l’impegno – ha commentato alla presentazione di Futura il presidente di Save The Children Italia Claudio Tesauro – per contrastare la povertà educativa che rischia di bloccare sul nascere le aspirazioni dei ragazzi e, in particolare, delle ragazze che crescono nel nostro Paese». «Oggi la complessità della povertà educativa impone soluzioni diversificate, flessibili, sperimentali. Per risposte adeguate ai bisogni e ai sogni di queste ragazze», aggiunge Andrea Mormiroli del Forum disuguaglianze e diversità.
«Per accelerare la crescita del Pil dobbiamo agire su giovani e donne e ridurre le diseguaglianze», dice l’ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina: «E lo Stato – aggiunge – paga più interessi passivi sul debito di quanto destina al sociale, per questo le grandi aziende come noi, che generano utili, devono fare di più per ridurre le diseguaglianze e restituire parte di quel valore». Alle 300 ragazze e donne selezionate «mancava un pezzettino, noi individuiamo il bisogno specifico e contribuiamo a completare il loro percorso», spiega Clementina Cordero di Montezemolo, presidente di Yolk.
Linda Laura Sabbadini, direttrice Dirm-Istat, sottolinea la gravità della crisi demografica italiana: «La politica è da decenni che non sa cosa fare. Ma anche se riuscisse a far crescere il tasso di fecondità, questo non garantirà che tra 30 anni ci sarà popolazione giovane sufficiente a mantenere gli anziani. Bisogna aumentare il numero di immigrati, pianificandolo seriamente e lavorando sull’integrazione. La Germania lo ha capito da tempo e dopo aver accolto un milione di profughi siriani, ha accolto un milione di ucraini». «Le ragazze hanno un enorme potenziale di crescita, che in certi contesti viene eliminato», sottolinea Luca Cordero di Montezemolo. (avvenire.it)