Natale del Signore (anno A) – 25 dicembre 2022

Ci è stato dato un Figlio dall’Alto

Mentre si trovavano a Betlemme si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

Luca 2,6-7

«Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Questo è l’annuncio pieno di speranza che ci affida Isaia, grande profeta messianico, nella I lettura della Veglia di Natale. Nelle diverse Messe (della Notte, dell’Aurora e del Giorno) il tema della Luce che vince le tenebre e della Salvezza che si realizza nel Figlio torna continuamente, perché il Natale del Signore è esattamente questo: la consegna di Dio all’uomo come Figlio, «Luce per illuminare le genti». L’Onnipotente, incarnatosi nel seno di Maria, porta del Natale, gestato con amore per nove mesi dalla Madre, atteso «con stupore e gioia grande», nasce come ogni uomo, dentro una famiglia, tra gli ordinari e straordinari problemi della quotidianità, minacciato, come può essere ogni persona umana, nella sua nudità, nella sua vulnerabilità, nella sua stessa dignità, nella vita fragile che da un momento all’altro può finire, anche perché non è abbastanza amata e custodita, perché è abbandonata, perché non le si riconosce il valore immenso che essa ha: un pezzo di Infinito dentro ciascuno di noi, che come tale non finirà mai.

Il Natale del Signore, con i racconti di speranza che ogni anno ascoltiamo dai Vangeli dell’infanzia, rischia di ripetersi come un rito senza anima e non ha senso se non ci apre gli occhi per vedere la Luce, come l’hanno vista i pastori, reietti e ultimi del mondo ma capaci di «vegliare», dunque vere sentinelle di Avvento. Sono i primi «avvolti dalla Luce»: essa rifulge sempre nella culla di un bambino. Cristo ci è dato come Bambino e come Figlio, da custodire e da difendere. Egli è sempre, nella storia, il Figlio innocente perseguitato, rifiutato, vilipeso, ucciso: lo riconoscono gli ultimi, che valgono niente per il mondo, sono giudicati malvagi, sono pieni di peccati ma hanno il cuore vicino alla Verità (i pastori, il buon ladrone), mentre vuole metterlo a morte chi pensa che per lui «non ci sia posto»: il potere (Erode), l’autorità (Caifa, Anna), la gente comune che si accoda al pensiero dominante (la folla), «i suoi, che non lo hanno accolto» (Giovanni 1,11, Messa del Giorno). La parabola dei vignaioli omicidi (Matteo 21,33- 44) mostra come questo rischio si corra sempre: un pensiero distorto e demoniaco, condiviso da molti, induce a credere che convenga eliminare il Figlio per prendersi quello che spetta a Lui, senza capire che, eliminando Lui, eliminiamo noi stessi, la nostra dignità, la nostra stessa Speranza. Perché la Speranza risiede sempre nella Vita che nasce, continua e si rinnova; essa muore se cessano le voci dei Bambini.

CON CORAGGIO

Tocca a noi, in questo Natale, «non avere paura» di aprire la strada nuova dell’accoglienza della Vita, della sua difesa in ogni Figlio, in ogni uomo e in ogni donna, cominciando dagli ultimi, quelli che sono vicini a noi e ai quali forse abbiamo chiuso anche la porta del nostro perdono, senza preferenze, senza giudizi, senza che la Speranza, amica della Fede e sorella della Carità, sia preclusa a qualcuno perché noi abbiamo deciso che non ne è abbastanza degno e che «non c’è posto per lui». Coraggio, è Natale! Auguri di Vita nuova in Cristo Gesù, il Signore!