L’incontro ecumenico. Da Assisi il richiamo al dialogo necessario. Bauman: affidare le speranze ai soldati semplici della vita quotidiana e non ai generali dello scontro di civiltà

Avvenire
(Stefania Falasca) Per dirla con Zygmunt Bauman l’incontro che si apre oggi ad Assisi per la pace ci dice questo: «È necessario affidare le speranze del genere umano non ai generali dello scontro di civiltà ma a noi soldati semplici della vita quotidiana». Lo incontriamo nella terrazza che s’affaccia sulla Città della pace e mentre sorseggia il caffè, il più acuto studioso della società postmoderna, così riflette così sulle guerre e sul dialogo: «Noi non possiamo sottrarci dal vivere insieme e se c’è una parola da ripetere continuamente è: dialogo.
Una cultura che privilegi il dialogo e che deve essere parte integrante dell’educazione. Il dialogo non è un caffè istantaneo non dà effetti immediati, il dialogo è la pazienza, la determinazione e la profondità. E la persona pubblica che pensa in questa  maniera è Papa Francesco – afferma Bauman. I politici danno solo un caffè istantaneo che è una bugia. Non si può negare che stiamo in uno stato di guerra è vero. Probabilmente sarà anche lunga questa guerra e gli uomini “forti” del panorama politico non vogliono che questo ci sia. Ma solo con il dialogo ci sono vincitori, non perdenti». Assisi è città aperta e la pace oggi è una piazza, spoglia e senza muri, dove guardarsi in faccia, chiedere e interrogarsi, riconoscersi fratelli e coltivare insieme, perseverando in questa fraternità. È quella feriale, non utopica che ha percorso il santo Povero di Assisi, perché la pace è indivisibile. «O è bene di tutti o non lo è di nessuno» aveva detto Giovanni Paolo II trent’anni fa, convocando qui i leader di ogni fede religiosa per implorarla. E oggi è più che mai necessaria, come il pane. Perciò «non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra», ripete oggi con insistenza papa Francesco continuando ad operare concretamente e mostrando che non si tratta di favole. È possibile, è un bene personale e non derogabile, come non derogabile è «la necessità che i seguaci di diverse religioni si incontrino, dialoghino, camminino insieme e collaborino fattivamente per la pace, in quello “spirito di Assisi” che fa riferimento alla luminosa testimonianza evangelica di san Francesco».  È questo del resto l’orientamento del lavoro seguito per realizzare l’incontro attuale di tre giorni qui ad Assisi – in occasione del trentesimo anniversario della giornata interreligiosa voluta da Giovanni Paolo II – dalla diocesi di Assisi, dalle Famiglie Francescane e dalla Comunità di Sant’Egidio, che nel tempo ha scelto di far vivere e crescere lo “Spirito di Assisi” mettendo in campo cantieri di iniziative concrete, costruendo attraverso l’amicizia una vasta rete di rappresentanti di fedi e culture nell’orizzonte della pace. «L’idea di Assisi è quella che non vede più gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto agli altri, perciò qui non va in scena un politically correct lontano dai problemi e dalla storia, non sono convegni questi per specialisti del dialogo» ricorda Andrea Riccardi. L’Europa, l’Africa, il Medio Oriente, l’islam, l’ecologia il ruolo dei credenti per arginare la violenza e il terrorismo, i rifugiati, chiamano in causa ciascuno. Il 20 settembre papa Francesco arriverà alle undici per la giornata conclusiva. Nel Sacro convento di San Francesco incontrerà cinque rappresentanti delle Chiese e delle religioni e pranzerà con loro insieme a un gruppo di rifugiati. In diversi luoghi per ciascuna religione si pregherà per la pace, mentre la preghiera ecumenica dei cristiani si svolgerà nella Basilica di San Francesco per poi concludersi con un appello, una dichiarazione e un gesto di pace. Oggi intanto si apre. Tremila persone nel teatro Lyrick, per l’Assemblea d’inaugurazione. Oltre cinquecento i leader religiosi di nove lingue diverse. C’è anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tra loro è già arrivato il rabbino Avrham Steinberg. «Costruire la pace è uno dei compiti più importanti per i leader religiosi» dice accanto Mohammad Sammak, Cosigliere politico del gran Muftì del Libano che non esita a definire il Papa «leader spirituale per tutta l’umanità». E non poteva mancare il patriarca ecumenico Bartolomeo che con papa Francesco condivide da fratello «la cura e la compassione», «la forza del dialogo e dell’azione ecumenici», che «sta nell’iniziare ad andare oltre noi stessi e a ciò che è nostro, oltre le nostre comunità e le nostre Chiese per la priorità della solidarietà e del servizio». Anche l’arcivescovo di Ruen, Dominique Lebrun, ricordando il martirio del padre Jacques Hamel, darà oggi la sua testimonianza. Ieri, dopo aver incontrato il Papa a Roma, era in fila davanti alla Basilica inferiore d’Assisi per pregare sulla tomba del santo Povero d’Assisi con i settantatrè pellegrini della sua diocesi. «Siamo venuti ad Assisi per chiedere la grazia di purificare i nostri sentimenti – dice Lebrun – quella di purificare il rischio di confondere terrorismo e fede, anche della difficoltà a perdonare. E la grazia di un dialogo con Lui più profondo».