La rottura dei confini fra razze e popoli non è marginale nella fede cristiana

“La rottura dei confini fra razze e popoli non è marginale nella fede cristiana, fa parte del ‘caso serio’ del credente chiamato, di fronte alla croce di Cristo, a decidersi se rifiutare o accogliere nella fede la visione del futuro del mondo, a causa della quale Gesù e gli apostoli sono stati perseguitati e condotti al martirio”. Lo afferma il teologo Severino Dianich nell’articolo pubblicato sul numero di agosto-settembre di “Vita Pastorale”. “Il dramma che stiamo vivendo delle migrazioni di massa nel mondo non è una novità: è sempre accaduto nella storia, anzi ne è stato un motore determinante”, sottolinea il teologo, per il quale “un aspetto nuovo è dato, invece, dal fatto che, in regime di democrazia, ogni cittadino è coinvolto nel dibattito sul modo di affrontarlo e ha una parte di responsabilità nell’elaborazione delle politiche della propria nazione”. “Fra le tesi che si contrappongono – osserva Dianich – non manca la proposta di innalzare argini per proteggere la ‘civiltà cristiana’ dell’Europa”. “Accade così – aggiunge – che si ingaggino battaglie per rimettere il crocifisso sulle pareti delle istituzioni pubbliche e di affiggervi nel contempo, con l’intento di difendere l’identità cristiana, i decreti contro l’ingresso degli immigrati e dei profughi”. “Per la coscienza credente a questo punto insorge quello che Von Balthasar chiamerebbe ‘il caso serio’, dover prendere posizione di fronte alla croce di Cristo”, prosegue Dianich, secondo cui “l’alternativa è secca: prendere sul serio o svuotare di senso la croce di Cristo. Su quella croce, infatti, sta appeso un uomo che vi è stato inchiodato, fra gli altri motivi, anche perché ha inteso rompere le barriere che chiudevano il suo popolo dentro i confini della pur nobile tradizione mosaica e gli impedivano di diventare l’universale popolo di Dio”. Per il teologo “di fronte alla parete sulla quale si affiggono insieme il crocifisso e le ordinanze che erigono barriere contro l’ingresso dello straniero, del nomade, del profugo, la Chiesa non può che gridare il suo ‘Non licet’! Fa parte inderogabile della sua missione ricordare a tutti che il crocifisso tornerà un giorno a giudicare il mondo e mettere in guardia dal pericolo di sentirsi dire dal Cristo, a motivo di condanna: ‘Ero straniero e non mi avete accolto’ (Mt 25,43)”.