Aperto il corridoio di Kartarpur. Segnale di pace tra India e Pakistan


L’Osservatore Romano 

«Un raggio di speranza». Così è stato definito il “corridoio di Kartarpur”, frutto di un accordo tra India e Pakistan, i due paesi indipendenti dal 1947 (ed entrambi dotati di arsenale atomico), inaugurato stamane. Il “corridoio di Kartarpur” è una strada a quattro corsie lunga sei chilometri che collega i due più importanti luoghi del sikhismo: Dera Baba Nanak, nel Punjab indiano, a Kartarpur, nel Punjab pakistano. L’intesa permetterà ogni giorno a circa 5.000 fedeli sikh, residenti nel Punjab indiano, cuore della stessa comunità religiosa, di entrare in Pakistan e raggiungere direttamente, a Kartarpur, il tempio Gurdwara Darbar Sahib, dedicato al fondatore del sikhismo, Guru Nanak, senza bisogno di visto o di altre formalità.
L’apertura del corridoio è avvenuta alla presenza del primo ministro pakistano, Imran Khan. Da parte indiana, il premier, Narendra Modi, ha assistito alla partenza di un primo gruppo di migliaia di pellegrini sikh in direzione del tempio dalla città di Narowal, situata a 4 chilometri dal confine. Per Minority Rights Group International — Mrg, organizzazione internazionale per i diritti umani — l’apertura del “corridoio di Kartarpur” è «un gesto-simbolo di pace e rispetto tra le religioni». 
L’accordo tra New Delhi e Islamabad risale all’ottobre del 2018, ed è stato mantenuto, e realizzato a tempi di record, per coincidere con il 550° anniversario della nascita di Guru Nanak, che cade la prossima settimana. Anche durante il momento di massima tensione tra India e Pakistan, lo scorso febbraio, gli incontri operativi per completare il progetto sono proseguiti senza sosta. Quella di oggi diventa, quindi, una data storica per il subcontinente indiano, un’apertura di fiducia e collaborazione pacifica che, curiosamente, coincide con l’anniversario della caduta del Muro di Berlino.
E ponendo fine a un’aspra disputa decennale, la Corte suprema indiana ha autorizzato la costruzione di un tempio indù a Ayodhya, nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, su un terreno conteso da induisti e musulmani. Lo riferisce la Bbc. Il contenzioso sul tempio di Ayodhya risale al dicembre del 1992, quando nazionalisti indù presero d’assalto e distrussero la moschea Babri Masjid, costruita nel 1528, sostenendo che usurpava un luogo precedentemente consacrato al dio Rama. Ne scaturirono violenti scontri interreligiosi, che in soli due giorni provocarono la morte di oltre mille persone.
La Corte suprema ha deciso, inoltre, che i musulmani avranno un altro appezzamento di terra per costruire una nuova moschea.
L’Osservatore Romano, 9-10 novembre 2019