Adesso è tempo di nutrirsi della Scrittura che si lascia spezzare e che va accolta in ascolto religioso

Il modello economico globalizzato ha mostrato, in queste ultime settimane, la sua grande fragilità e adesso ci guarda con cinismo quasi sfidando la nostra resistenza…

La vera ricchezza umana è nascosta nella bellezza interiore di ognuno, nella creatività, nelle relazioni, nella famiglia, nella gioia della condivisione, nel sorridere alla vita: forse già da tempo avevamo capito di non «poterla trovare a buon prezzo per le vie del centro», parafrasando Niccolò Fabi che, oltre 10 anni fa , ci aveva invitato nel suo “Negozio di antiquariato” per dirci quanto sia «raro trovare una cosa speciale nelle vetrine di una strada centrale / per ogni cosa c’è un posto e quello della meraviglia è solo un po’ più nascosto».

Alla Chiesa è chiesto di essere generativa, le si chiede di generare nuovi linguaggi sottesi alla speranza che le è peculiare e collaborare a una nuova proposta sociale arricchendola di qualità spirituale e morale.

Purtroppo, proprio in questi giorni, questa “generatività possibile” ha avuto un brusco rallentamento  a causa di disaccordi Stato-Cei. Ai fedeli, che soffrono ancora per il digiuno eucaristico e per non poter vivere nelle proprie comunità la comunione ecclesiale, ci sono tante cose che potrebbero essere ricordate per far rialzare lo sguardo verso un necessario orizzonte di  luminosa speranza:

  • La libertà di culto è stata sempre rispettata.
  • I pastori hanno fatto del loro meglio per conciliare la vicinanza ai bisognosi con le restrizioni necessarie a  causa del covid-19.
  • Le famiglie hanno potuto  scoprirsi nella Chiesa, che è famiglia di famiglie, protagoniste in preghiera; e nell’intimità della propria casa, quale piccola Chiesa domestica,  hanno potuto accogliere la Parola spezzata dai loro pastori.
  • Lo Spirito si è fatto presente in tutte le “parole spezzate” dai pastori!

Forse è questo che il documento della Cei voleva significare scrivendo: «La fede deve nutrirsi alle sue sorgenti». Forse c’era l’intenzione di ricordare a tutti i fedeli che la Parola è sacramento?

Nella  Dei Verbum (18 novembre 1965) i padri conciliari vollero specificare  al numero 17: «La Parola di Dio  è potenza divina per la salvezza di chiunque crede»; e  più avanti al numero 21:  «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo… si è nutrita del pane di vita  dalla mensa sia della Parola di Dio che del corpo di Cristo».

Questo sì che dà serenità e allarga l’orizzonte e riverticalizza tutto: ricordarsi che Dio è fedele e che adesso è tempo di nutrirsi della Parola che si lascia spezzare, della sua Parola che è sacramento. Affrontare le future fasi covid sarà più facile per  tutti se la fragilità umana nella contingenza sarà risignificata  in una prospettiva pienamente umana alimentata dalla Parola accolta in “religioso ascolto”. (vinonuovo.it)