Reggio Emilia, restituito alla città l’affresco nascosto del Palazzo ducale

E’ stato restituito alla città il tesoro nascosto scoperto un paio di anni fa in una stanza al piano terra dell’ex Palazzo ducale di Reggio, durante lavori di restauro della sede della prefettura. Grazie a un contributo di 50mila euro stanziato dalla Provincia (proprietaria dell’edificio) è stato completato il progetto di recupero dell’affresco raffigurante la Beata Vergine della Ghiara
Gazzetta di Reggio

“Una scuola di persone competenti 2020: accompagnare, discernere, valutare”

Si impernia su questi tre verbi il percorso di formazione 2019/20 per gli insegnanti di religione della diocesi di Novara. “L’itinerario – spiega una nota a firma di don Alberto Agnesina, direttore dell’Ufficio Scuola diocesano – intende mettere a disposizioni dei docenti una serie di conoscenze e di attenzioni centrate sulla realtà della valutazione, come atteggiamento di accompagnamento da avere nei confronti delle nuove generazioni, aiutandole a operare un discernimento critico sulla realtà culturale e del vissuto personale e sociale, anche in ottica di autovalutazione. L’itinerario intenderà sviluppare gli aspetti educativi e relativi alla strumentazione per una valutazione specifica dei percorsi didattici e della loro ricaduta sugli alunni”.
Il calendario vedrà momenti in plenaria tra i due Ordini di scuole e laboratori zonali divisi tra Infanzia/Primaria e Secondaria per un approfondimento più particolareggiato.

agensir

Dischi Sacra / Mozart, la riscoperta di Leopold con la “Missa”

da Avvenire

«Subito dopo Dio viene papà!»: le parole di un giovanissimo Wolfgang Amadeus Mozart esprimono in modo entusiasta e diretto, quasi infantile, l’affetto e la stima nei confronti del padre Leopold, che per l’enfant prodige austriaco ha ricoperto anche il ruolo di precettore e perfino di manager. Non è un caso che lo scopo principale della vita dell’onnipresente genitore sia stato «annunciare al mondo un miracolo che Dio ha permesso che nascesse a Salisburgo». Ma Leopold Mozart (1719-1787) non è vissuto unicamente all’ombra del geniale figlio, con il quale peraltro i rapporti non furono sempre idilliaci; fu infatti vice Kapellmeister presso la corte del Principe Arcivescovo di Salisburgo e autore di un importante Metodo per una approfondita scuola per violino (un trattato che venne tradotto in diverse lingue e diventò un testo di riferimento per l’epoca), ma riscosse successo anche come musicista e soprattutto come compositore. A riportarcelo nuovamente alla memoria ci hanno pensato il direttore Alessandro De Marchi, l’orchestra Bayerische Kammerphilharmonie e la compagine corale Das Vokalprojekt che, in occasione del 300° anniversario della nascita di Leopold, hanno registrato la sua Missa Solemnis. Anche in tale occasione la fama e la fortuna dell’augusto figlio hanno preceduto e in parte oscurato quella del padre, al punto che questa composizione è stata a lungo considerata una delle migliori opere sacre giovanili di Wolfgang e inserita nel suo catalogo come Missa brevis K. 116/90a. In effetti la Missa Solemnis risulta quasi un perfetto “esercizio di stile”: una pagina di grandi dimensioni, compendio equilibrato in cui i dettami della severa tradizione contrappuntistica si alternano a una scrittura corale aperta a istanze più “moderne” e a una varietà di arie solistiche più articolate, dotate di una ricchezza armonica e una varietà di affetti che ricompongono ancora oggi un inno alla triade mozartiana composta da padre, figlio e dalla loro fede nello Spirito Santo.

Leopold Mozart
Missa Solemnis
Bayerische Kammerphilharmonie, Das Vokalprojekt, A. De Marchi
Aparté. Euro 21,00

Pastorale giovanile. Gli oratori in cerca di educatori stabili e competenti

Happening degli Oratori (ufficio stampa FOI)

da Avvenire

L’oratorio alza l’asticella. Perché lo richiede il Vangelo, perché lo richiedono i tempi. Perché educare richiede passione come sempre ma, più di prima, competenza. Il profilo, talvolta presente, del volontario ammirevole ma approssimativo va archiviato. Il futuro, e in gran parte il presente, appartengono alla professionalità. A chi è disponibile non solo a fare, buttandosi generosamente nella mischia, ma anche e prima di tutto a formarsi in modo solido e sistematico. Di questo futuro già cominciato ha parlato ieri a Molfetta, al terzo Happening degli Oratori (H3O), don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, nell’ultimo dei 16 laboratori che hanno visto impegnati i 500 giovani di 60 tra diocesi e realtà associative. Il sedicesimo, a cui erano invitati i coordinatori, è stato dedicato alla presentazione della “Figura dell’educatore professionale in Oratorio”.

Non proprio un documento formale; ma, forse, qualcosa di più dei semplici “Appunti”. Il testo è infatti a cura del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, dell’Ufficio per gli affari giuridici e della Segreteria generale della Cei. E ha tutta l’aria di essere stato elaborato con cura.

Contiene parole dolci ma anche impegnative per gli educatori. Intanto, mai dimenticare le origini dell’oratorio. Fin dalla prima metà dell’Ottocento, esso «nasce per accompagnare le persone, facendole crescere in un contesto di comunità», in cui centrali siano le relazioni, in vista di «un’educazione che attraversi le domande più radicali e permetta al Vangelo stesso di esprimersi nell’umanità di ciascuno». I tempi sono difficili, perché il tessuto connettivo della società sta subendo continui strattoni che lo sfilacciano, siamo più soli, i corpi solidi – ogni forma comunitaria e solidale – si assottigliano. Eppure sono anche propizi per almeno due riconoscimenti importanti. Il primo è la legge 206/2003 (Avvenire ne ha parlato ampiamente proprio ieri), il secondo è “Il laboratorio dei talenti”, la Nota pastorale Cei del 2012 sul valore e la missione degli oratori.

Se mai ci fossero stati dubbi, ormai è chiaro che i muri sono necessari, ma per fare la comunità sono decisive le persone. «Al di là di come si declina l’esperienza oratoriana, le persone impegnate a educare in nome e per conto della comunità stessa sono di gran lunga più importanti di muri, campi di gioco, aule, spazi di qualunque genere». Potrebbe sembrare scontato, ma non lo è. Basti pensare alle energie investite nelle strutture, a volte non paragonabili, in difetto, a quelle investite nelle persone che dovranno farle funzionare.

Falabretti è perentorio: «La professionalità educativa è una risorsa necessaria alla dotazione normale di un oratorio. Alzare le competenze educative e dare a esse continuità e intelligenza è un dovere. Non è più possibile affidarsi soltanto alla buona volontà del volontariato. Figure di educatori stabili e competenti vanno considerate come un investimento importante per la vita dei ragazzi». Da archiviare infine, ove si fosse affermata, pure la figura del “cavaliere solitario”. L’educatore professionale, se tale è, si mette in rete e tesse relazioni. Agisce a nome della comunità, a cui fa costante riferimento, senza deleghe in bianco.

Che fare concretamente? Le vie possibili sono tre. La prima è più complessa ma preferibile e vede in azione parrocchia, diocesi e cooperativa di educatori, il cui percorso formativo è garantito. La seconda comporta l’assunzione diretta dell’educatore da parte della parrocchia: soluzione difficile, anche per la mobilità dei parroci, ma soprattutto perché il lavoro educativo logora e capita che gli educatori “invecchino” in fretta. La terza possibilità è l’assunzione diretta dell’educatore con il coordinamento della diocesi, magari con contratti di prossimità con i sindacati per consentire assunzioni a tempo determinato fino a un massimo di 36 mesi. Soluzioni non alternative ma complementari tra loro, da approfondire e affinare. La cosa importante è gli educatori crescano, l’asticella si alzi, il mondo degli oratori guardi verso l’alto.

Scuola. «I libri di testo devono essere detraibili». L’istruzione dei ragazzi un beneficio per l’Italia

«I libri di testo devono essere detraibili»

di  Paolo Ambrosini – Avvenire

Caro direttore,
mancano pochi giorni all’inizio del nuovo anno scolastico e puntuale si rinnova il rito della polemica sul caro scuola, che in realtà non sembra aver inciso negli anni su quanto denunciato, e questo a mio avviso perché si è sempre limitato alla sola denuncia, mentre ha, e questo purtroppo è dimostrato, condizionato la percezione verso il libro, la lettura e le librerie da parte degli italiani, che negli anni, se ne sono allontanati con il risultato che l’Italia è agli ultimi posti per livello di lettura e di comprensione del testo scritto, come recentemente segnalato con preoccupazione dagli esperti, e che in molti Comuni non ci sono più librerie.

Continuare quindi a “sparare” notizie sul caro libri fa male al Paese, al suo futuro e ai nostri giovani, che con questa retorica del caro libri, abbiamo relegato in un mondo oramai dominato dall’assenza di valori culturali e formativi. Noi librai di Ali Confcommercio da tempo – io allora ero anco- ra fresco genitore di tre figli di cui due oggi all’università, e quindi capirà che di anni ne sono passati – proponiamo che i libri di testo, e in genere le spese formative, possano essere detratte al pari di quanto avviene per le spese mediche, perché siamo convinti prima da cittadini che da imprenditori, che la formazione, l’istruzione dei nostri figli è un’opportunità che noi offriamo loro, ma i cui benefici ricadono anche sul Paese, perché quanto maggiore è il livello di istruzione e di conoscenza, tanto maggiore sarà la capacità di una comunità di reagire nei momenti di difficoltà.

La storia del resto ci insegna che dove si è investito in cultura e istruzione, sono nate nuove opportunità, e l’Italia nei secoli scorsi è stata promotrice di sviluppo sociale ed economico, proprio perché ha creduto nella diffusione degli strumenti culturali e nella formazione. Noi quindi continuiamo nella nostra battaglia, fiduciosi che oltre ad Adiconsum, che ha raccolto il nostro invito l’anno scorso, altre associazioni di consumatori vogliano sostenerci, nella speranza che finalmente le istituzioni riconoscano il valore sociale della formazione dei nostri figli.

Presidente Associazione librai italiani (Ali) Confcommercio

Festival Giornalisti del Mediterraneo: informazione e dialogo tra popoli

vaticannews

Logo Festival Giornalisti del Mediterraneo

Il Mediterraneo può diventare luogo di opportunità se i Paesi che lo compongono sviluppano un vero dialogo e se, dall’altra parte, i giornalisti continuano a raccontare i fatti che possano far comprendere le realtà locali. Questo il tema toccato oggi al Festival dei Giornalisti del Mediterraneo di Otranto da Zouhir Louassini di Rai News 24 e da Patrizio Nissirio di Ansamed nel workshop “Mediterraneo e Sahara: migrazioni, conflitti, dialogo”.
Serve l’impegno di tutti
“I problemi interni dell’area del Maghreb dovrebbero interessare l’Europa perché i conflitti esistenti in quei territori frenano gli accordi e lo sviluppo dei rapporti tra i paesi”, dice Louassini che ricorda la presenza di un conflitto tuttora esistente tra Algeria e Marocco. Esempio lampante di come un fenomeno globale è fortemente influenzato da questioni locali: “A causa del conflitto del 1963, la guerra delle sabbie, tra questi due paesi – racconta – le frontiere sono ancora chiuse. E questo si ripercuote sulla capacità di dialogare con l’Europa come un unico grande interlocutore sul tema dello sviluppo dell’Africa, anche sub-sahariana, e quindi sul tema delle migrazioni. Serve allora qualcuno che possa mediare in quelle terre per il bene di tutti, perché chi ne paga le conseguenze alla fine sono i popoli”.
Informare per generare consapevolezza
“Raccontare correttamente i fatti può diventare la cosa più rivoluzionaria del mondo, perché solo così si può generare consapevolezza”. Nella sua analisi Nissirio punta l’attenzione sulla giusta e obiettiva informazione, naturalmente protagonista nella settimana del Festival. La stampa può essere uno strumento non solo di divulgazione ma anche di dialogo e confronto: “Se noi giornalisti crediamo fino in fondo che una storia debba essere raccontata è bene che lo si faccia. Perché con essa le cose possono cambiare e perché molte delle cose che accadono da questa sponda del Mediterraneo sono influenzate da quello che accade dall’altra parte. Serve allora raccontare perché i migranti si mettono in viaggio sui barconi, perché affrontano un viaggio disumano e doloroso. Solo così si può sviluppare coscienza della realtà senza fermarsi allo slogan”. Dello stesso parere è Louassini che sottolinea che “il nostro ruolo di giornalisti è informare senza prendere posizione. E, dall’altra parte, informarsi sulle notizie internazionali è importante per comprendere le dinamiche globali”. A volte la paura dell’altro, quindi, passa attraverso una cattiva informazione: “Per questo – conclude – raccontare il mondo in maniera corretta cambia le prospettive e le chiavi di lettura così da avere una società cosciente della realtà”.