Teologia / Calendario e speranza. Ogni giorno apre per noi una nuova possibilità: per vivere, credere, imparare, amare


Fonte: famigliacristiana.it
Lessi tantissimo tempo fa – non mi ricordo dove – un bel testo “sapienziale” sul calendario e sul tempo che passa. Mi sono rimaste nell’anima poche immagini di questo testo, tra cui la seguente: il calendario è uno specchio della tua vita, tu ne strappi una pagina e lui prende un giorno della tua vita…

Ero giovanissimo, un ragazzino, quando lessi queste righe, ma ricordo che quella presa di coscienza del tempo che passa mi scosse profondamente. Vivendo ormai da più di due decenni lontano dalla mia famiglia di origine e vedendo mediamente i parenti una volta l’anno (e anche meno), ho iniziato a vedere a ogni visita – e sempre più – il passaggio del tempo sulla pelle, negli occhi, nelle “cose”. Ok… vi starete chiedendo: «Sto leggendo il primo numero dell’anno, mi vuoi deprimere?». Tranquillo, sto solo creando l’atmosfera! Vorrei condividere un pensiero personale (e positivo, spero) sul tempo, quel tempo che passa inesorabilmente sia che siamo presenti o assenti. La buona notizia è che il tempo che passa non è una fatalità.

E, per rendere l’idea, vorrei condividere con voi tre prospettive degne di noi cristiani, a inizio anno. La prima prospettiva: la cosa di cui vale la pena prendere coscienza non è la fatalità del tempo che passa, ma la possibilità che abbiamo in ogni nuovo istante di essere dono, di essere presenti agli altri e a Dio. La seconda cosa, più importante della prima: pensavo come la sapienza della Chiesa ha calcato l’anno liturgico sul ciclo di un anno per ricordarci che questo tempo presente è «eternità velata» (per citare lo scrittore inglese C.S. Lewis) o, ancor più, è “l’Eterno rivelato”, è Dio che ci fa compagnia, che cammina con noi nel nostro quotidiano. La terza prospettiva tira le somme delle altre due: dato che il tempo è ancora presente e disponibile, dato che il Signore è presente in questo tempo, c’è ancora e sempre un barlume di speranza.

A volte è difficile vederla. A volte è addirittura difficile sopportarla o annunciarla. Ma ogni giorno del nostro calendario “strappa” per noi una nuova possibilità: per vivere, per credere, per imparare, per amare, per permettere all’Amato di sanarci e di santificarci. Buon anno nuovo!

Auguri «L’anno nuovo ci renda capaci di essere artigiani di pace»

Il testo integrale del messaggio di fra Marco Moroni, OFMConv, custode del Sacro Convento di San Francesco in Assisi. Un invito alla speranza e all’impegno in questo tempo di violenza e ingiustizia

Auguri da Assisi

Auguri da Assisi – Ansa – da avvrnire.it

Viviamo dei giorni, un tempo, contraddittori. Siamo nei giorni di Natale, la festa dell’incontro tra Dio e il suo popolo, la festa della fraternità fra gli uomini, la festa delle luci che risplendono nella notte, simbolo di quella luce – Cristo – che illumina ogni uomo e che per sempre ha donato a tutti quelli che lo accolgono nel cuore il calore e la gioia di scoprirsi amati, perdonati, in maniera incondizionata e infinita, come veri figli di quel Padre che sempre tutto dona e tutti accoglie. Eppure sono i giorni della guerra, delle città e dei villaggi dell’Ucraina in blackout per i continui bombardamenti delle infrastrutture energetiche; dell’odio fratricida che nell’est europeo come in tante altre parti del mondo continua a diffondere l’efficacia di quell’assioma tanto antico quanto crudele: mors tua, vita mea. Tra l’altro tanta ferocia è possibile anche perché in fondo gli artefici di queste continue distruzioni non hanno nessuna esperienza del dolore dei feriti, delle lacrime dei bambini, dello strazio dei morenti e dei superstiti dei bombardamenti. Non possiamo poi dimenticare la barbarie degli abusi sui bambini, della sistematica violenza sulle donne (e non solo purtroppo dove c’è la guerra, ma anche nelle nostre “pacifiche” città e campagne…) e l’aggressività fisica e verbale con cui siamo confrontati ogni giorno, nelle famiglie, come nel vicinato, nei condomini, nelle relazioni professionali, familiari, istituzionali, ecc. Questa non è pace, questo non è Natale, questa non è la promessa di Dio per l’umanità.

La cosa tuttavia che però più di tutte ci rattrista è assistere al contagio del male che – come, anzi peggio del pernicioso virus covid-19 – si diffonde e mette radici nei cuori e nelle menti delle persone, perfino di quelle comuni, delle vittime come anche dei soli spettatori, più o meno conquistati alla causa di una parte… La guerra infatti spegne l’amore nel cuore e lo sostituisce con il rifiuto e con la convinzione che – grazie all’eliminazione dell’altro – saremo più felici, la nostra vita sarà migliore, perché è l’altro il nemico, il cattivo, colui che ha tutti i torti e le colpe… E si tratta di un’esperienza che molti di noi fanno, anche se siamo lontani migliaia di km dalle bombe e dai missili. Cominciamo anche noi facilmente a sognare che quelli che riteniamo cattivi debbano in qualche modo essere umiliati, eliminati, resi impotenti e pensiamo che tutto questo alla fine lo si possa chiamare giustizia.

Questa invasione dell’Ucraina in particolare è una cosa tanto complessa; come ci ha detto papa Francesco, è la guerra mondiale a pezzi. E una guerra mondiale non finisce in pochi mesi purtroppo. Chissà cosa ci aspetta, cosa aspetta il nostro mondo nei prossimi mesi, nei prossimi anni… A cosa dovremo assistere ancora prima che gli uomini abbiano il coraggio di fermarsi e di dire: è troppo, non ha più nessun senso…

Ora, di fronte a tutto ciò sembra che il Natale non sia che una fiaba, che lascia buoni sentimenti e invita a essere più buoni, accoglienti, pazienti o piuttosto un mito, che serve a spiegare l’origine della festa – pressoché commerciale e culinaria.

Oppure il Natale – ed è ciò che la fede ci comunica – è festa perché ci fa fare ancora una volta esperienza che Dio non smette mai di credere in noi, nell’umanità, al punto di farsi uno di noi per essere il fermento di queste donne e uomini che si rinnovano non in base alle loro capacità individuali, ma riconoscendo di essere perduti senza gli altri, senza ogni altro. Il punto di partenza che il Natale di Gesù ci apre è proprio il riconoscimento che abbiamo un grande desiderio – sincero – di amicizia, pace, intesa, ma non siamo capaci, non ci riusciamo, ricadiamo sempre – in un modo o nell’altro, qualche volta in modo molto violenti – nell’esclusione, nel dire: “…senza di lui, senza di lei, senza di loro…, contro di lui, contro di lei, contro di loro”. Riconoscere questa realtà è l’inizio del grido della salvezza, che si accoglie e non si fa. Un grido che – se credenti – rivolgiamo a Dio e – insieme a ogni altro uomo e donna di buona volontà – ci rivolgiamo reciprocamente, perché la pace è artigianale – non ci sono ricette – e si edifica solo insieme, camminando insieme. E paradossalmente da questo punto di vista il cammino stesso è quasi più importante della meta, perché senza cammino non si raggiungerà mai la meta.

San Francesco, in questo senso, è una grande fonte di ispirazione, perché è stato un grande artigiano di pace e riconciliazione nei suoi incontri e nei viaggi. Le fonti, per esempio, lo ricordano predicare il perdono nelle città del suo tempo, travagliate spesso da faide familiari o da conflitti politici intestini. Egli sapeva però che accanto alla preghiera e alla predicazione era poi spesso necessario offrire anche lo spazio per il dialogo, il confronto, che trasformasse le iniziali disponibilità di rappacificazione in un cammino comune di alleanza e sostegno reciproci: un cammino insieme. Ispirandoci proprio a san Francesco, noi frati desideriamo continuare a camminare come fraternità e come fratelli di ogni uomo e donna di buona volontà, che desiderano pace, riconciliazione, giustizia, per sostenerli con la nostra preghiera e soprattutto con la nostra amicizia. Nessuno – e men che meno noi frati – pare abbia la soluzione ai grandi e piccoli (ma talora non meno crudeli) drammi della convivenza umana, dalla violenza domestica – fisica e psicologica – alla ferocia della guerra. Possiamo e desideriamo però condividere con tutti il tesoro che la storia e la provvidenza ci ha affidato: san Francesco stesso, fratello universale, colui che per primo ha fatto la pace mettendo a tacere i demoni del suo cuore, proprio attraverso l’incontro con gli altri, soprattutto con gli scartati, e si è messo a servizio della riconciliazione ponendosi all’ultimo posto, senza rivendicare privilegi, vantaggi o ricompense.

Questa guerra mondiale è una realtà complessa in cui vediamo da un lato anche tanta luce di eroismo, forza, resilienza, onestà, ma anche fitte tenebre di bassezza, crudeltà, barbarie. Ha un’origine lontana e la sua stessa genesi è stata molto articolata. Certo coinvolge – magari anche solo per le sue conseguenze economiche – anche la vita delle nostre città e famiglie; tuttavia peggio ancora è il rischio di abituarci anche alla guerra, limitandoci a dire di tanto in tanto: “poveri bimbi!”…

Dio ce ne scampi! Che non piombi su di noi – come singoli e come società – la disgrazia dell’indifferenza e della superficialità!

Aiutiamoci insieme, piuttosto, nel nome di san Francesco – colui nel cui volto vediamo riflessa l’immagine della bontà stessa di Gesù, nato per noi – a non abituarci al male, all’ingiustizia, alla crudeltà. Si tratta di custodire il cuore inquieto, desideroso di pace vera – che è inseparabile dalla giustizia, diceva san Giovanni Paolo II – per tutti, per le vittime come anche per i responsabili, e di non perdere nessuna occasione. Non perdere l’occasione di condividere in solidarietà – con chi ha bisogno, con chi piange, con chi ha perso la speranza… –, di chiedere allo Spirito santo di continuare – tenacemente e magari per lo più invisibilmente – a operare nelle coscienze delle persone e, soprattutto, di cercare di vivere in prima persona la pace come stile.

Aiutiamoci insieme a cercare di resistere alla tentazione dell’offesa facile e gratuita (perché non c’è nulla che giustifichi il calpestare la dignità altrui) e della menzogna utile a proteggere i propri interessi (perché gli altri hanno diritto a poter credere alla nostra parola); aiutiamoci a essere gentili (perché la cortesia è il calore che riscalda ogni situazione difficile), a compiere gesti di servizio e attenzione gratuita verso chi ci è accanto o entra in qualche modo in relazione con noi.

Non possiamo “spegnere” la guerra con un pulsante, ma possiamo allenarci a vivere la pace e favorire il buon contagio che – speriamo – con il tempo arrivi lontano. Il vaccino contro la guerra siamo noi, se crederemo in ogni uomo e donna come fa lo stesso Dio, come ha fatto san Francesco.

Di cuore, allora, da parte di noi frati della basilica di Assisi, a voi sorelle e fratelli tutti, un felice anno nuovo riscaldato dall’amore e dall’attenzione che ognuno di noi saprà investire nelle relazioni che vive.

Auguri

Buon anno

fra Marco Moroni, OFMConv, custode del Sacro Convento di San Francesco in Assisi

 

Di fronte alle tante guerre che come croci costellano ancora la storia, guardiamo al Cristo crocifisso e al suo gesto di amore che vince l’odio

Cari amici lettori, stiamo per vivere la Settimana santa, che si apre con la Domenica delle Palme. Accingendoci a contemplare e rivivere gli ultimi giorni terreni di Gesù, culminati nella sua morte in croce, il pensiero corre spontaneo alla sofferenza e al male che purtroppo, come tanti croci, costellano la storia anche oggi. Fa male nell’anima leggere, ad esempio, sul sito della comunità di Sant’Egidio, che – oltre all’orribile guerra tra Russia e Ucraina – ci sono almeno altri 30 conflitti nel mondo, con tutto il corteo di sofferenze annesse. Torna alla mente la famosa frase del filosofo Blaise Pascal su Gesù nel Getsemani: «Cristo sarà in agonia fino alla fine del mondo. Non possiamo dormire tutto questo tempo». Cristo soffre nei crocifissi di oggi: donne, bambini, anziani e disabili bombardati senza aver fatto nulla di male, profughi dai diversi inferni in terra…. «Siamo testardi come umanità. Siamo innamorati delle guerre, dello spirito di Caino», ha detto papa Francesco a Malta.

Mi sono chiesto – come forse molti di voi – dove sia la speranza cristiana in tutto questo. Confesso che la risposta è difficile anche per me, si rischia di “indorare” la pillola, di giustificare ogni cosa. Eppure, guardando a Cristo crocifisso, un barlume di speranza lo intravvedo. Gesù, come i tanti crocifissi di ogni tempo, ha subìto una violenza ingiusta, una condanna infamante senza avere colpa. La sua risposta alla violenza però è non è stata altra violenza.

L’intuito della fede ci suggerisce che sulla croce il Signore ha risposto alla violenza con un atto d’amore, “deponendo” la vita per gli amici e per i nemici. Specchio della compassione di Dio per il mondo, ha assunto su di sé la “maledizione” che grava sul mondo, il nostro peccato. A un atto di odio ha risposto con un amore senza limiti. È qui che vedo l’inizio di una speranza, quella speranza che deve animare coloro che si dicono discepoli di “questo” Signore: i credenti in un Crocifisso devono sentire come propria la sofferenza di Cristo e imparare da Lui l’amore, la “sim-patia” (il saper soffrire con gli altri) e l’empatia, lasciandosi com-muovere dalle sofferenze degli altri. Anche noi dobbiamo chiederci in questi giorni dove stiamo e cosa possiamo fare.

Nel racconto della Passione di Gesù compaiono tante figure in cui possiamo ritrovarci: le guardie, i sommi sacerdoti, i discepoli addormentati e quelli che fuggono, il vigliacco Pietro, l’indeciso Pilato… Forse possiamo ritrovare qualcosa di noi anche tra quelli che hanno intuito ciò che si nascondeva dietro lo “scandalo” della croce: Maria, le donne sotto la croce, il centurione, il ladrone pentito, il discepolo prediletto, Simone di Cirene…

Dunque, anche noi possiamo partecipare ancora oggi alla Passione del Signore e diventare “com-partecipi” della sofferenza del mondo se vogliamo vivere una Pasqua autentica. E tra i tanti modi con cui possiamo fare qualcosa per chi è nel bisogno, mi permetto di suggerire l’iniziativa “Un gesto di cuore” (vedi pagg. 44-45), l’abbonamento solidale a Credere per gli anziani soli e fragili, che è sempre stato sostenuto da voi, cari amici lettori, con grande generosità. Un modo piccolo e silenzioso per partecipare, insieme a tutto il popolo di Dio, alla Passione di Cristo, «fino alla fine del mondo».
Famiglia Cristiana 

BIBBIA E LITURGIA Via crucis della speranza

Gesù è condannato a morte
La Parola

Giovanni 3,17

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Giovanni 12,47

Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.

Davanti a Gesù

Dio è puro amore, è pura luce, è puro bene. Egli riconosce Se stesso nell’amore, nella luce, e nel bene; ed è totalmente estraneo al male, al buio, all’odio. Ai suoi occhi, pieni di verità, non c’è grigio: c’è ciò che è Suo, il bene, e ciò che “non è”, perché il male è non-essere, è assenza di bene, è assenza di vita. Noi, purtroppo, siamo impastati di bene e di male; anche le nostre migliori azioni sono sempre inquinate da intenzioni ambigue, da tentazioni, da atti di orgoglio o vanità. Dio potrebbe rifiutare tutto ciò, perché la sua limpidezza e la sua santità non tollerano la presenza del male. Eppure, per salvarci, la santità perfetta e assoluta di Dio “si fa peccato”. Il giudizio che potrebbe essere tanto netto e tanto severo, tanto inequivocabile e tanto reciso, si annulla nel farsi carne di Cristo che prende su di sé la nostra colpa. Per non condannarci, il Dio fatto uomo si fa condannare. Per non abbandonarci alla morte, la Vita sceglie di farsi condannare a morte.

La Preghiera

Signore Gesù, luce del mondo, vita del mondo, Signore del tempo e della storia, davanti a te si spalancano le tenebre della morte. Sei inerme, mite e silenzioso davanti al male. Anche noi spesso ci sentiamo condannati a situazioni da cui non sappiamo uscire, prigionieri del peccato, perennemente sotto la minaccia della morte nostra e dei nostri cari. Tu ci annunci la speranza di una liberazione completa, vera e definitiva, che è già presente in noi nel Battesimo e nel tuo regnare dentro di noi. La tua condanna è il nostro perdono, la tua morte la nostra vita.

Gesù è caricato della croce
La Parola

Galati 2,20

Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Davanti a Gesù

Quando lo caricano della croce, sente il profumo e la consistenza del legno; senza volere, le sue mani esperte di falegname riconoscono l’albero da cui proviene, ne saggiano la consistenza. A quel legno sarà inchiodato: e chi mai ha pensato di inchiodare a un legno una persona? Noi siamo abituati a pensare a Gesù inchiodato sulla croce, ma si inchiodano gli oggetti, non la carne dell’uomo. Ma il Dio fatto carne, che ha scelto di vivere umile e nascosto con Giuseppe e Maria, nella casa dell’artigiano che ripara e costruisce, ora ripara e costruisce la nostra umanità tramite l’umiliazione estrema della croce. Noi abbiamo perso la nostra dignità scegliendo di allontanarci da Dio, divenendo schiavi delle cose anziché rimanere amici del Creatore. Gesù, il “figlio del falegname Giuseppe”, si fa trattare da oggetto, da pezzo di legno che si inchioda a un altro pezzo di legno, e in questa umiliazione restituisce a noi la dignità di figli di Dio.

La Preghiera

Signore Gesù, a noi la croce fa paura, ci fa orrore. Non vorremmo prenderla; vorremmo una salvezza magica, senza sofferenza e senza sangue. E in questo abbiamo ragione: l’intuizione del nostro cuore non è sbagliata, perché tu ci hai creati per la bellezza, per la felicità, per la gioia. Ma in un mondo che si è allontanato da te, il male ormai abita. E noi non possiamo sfuggirlo. Possiamo però scegliere come vivere l’inevitabile dimensione di dolore della nostra vita. Possiamo scegliere di rifiutarla, chiudendoci nell’odio e nel rancore, nella disperazione e nella mancanza di fede. Oppure possiamo scegliere di stare accanto a te, di correre là dove tu sei, di ricorrere a Colui che ci ama. Ti troviamo lì, sulla croce. E anche noi, abbracciandola, troviamo speranza.

Gesù cade per la prima volta
La Parola

Salmi 87,16

Sono infelice e morente dall’infanzia,
sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.

Davanti a Gesù

Quando lo caricano della croce, Gesù è già sfinito da una notte di preghiera angosciosa e sfibrante, dalla flagellazione, dalla corona di spine, dalle percosse, dagli insulti e dagli sputi. Eppure è solo l’inizio. Davanti a lui tutta la salita del Calvario, e le lunghe ore senz’aria, appeso a quella stessa croce. Non ce la può fare. E infatti non ce la farà. Ma Gesù si incammina ugualmente. Non sa come arriverà in fondo. Di solito, al culmine della montagna, c’è il profumo della vetta e la bellezza di un panorama che si apre. Per lui, al culmine del monte Sion, ci sarà solo l’altura del Calvario, la sofferenza e la morte. Ma si fida del Padre, sa che quello che il Padre gli chiede avrà anche la forza di compierlo. La fede, come ha detto Lui stesso, muove le montagne.

La Preghiera

Signore Gesù, noi ci preoccupiamo tutti i giorni di tante cose. Di cose piccole e di cose grandi. Della guerra, della pandemia, della crisi. Del futuro dei nostri figli, della salute dei nostri cari. Della nostra vecchiaia, della nostra morte. Ma anche, molto più banalmente, della lavatrice che non funziona, di un esame all’università, di cosa penserà la gente. Tu ci hai insegnato a non angustiarci per il domani: non vuol dire non costruirlo, ma non perderci il presente per la paura del futuro. Aiutaci ad avere la tua stessa fiducia, sapendo che i capelli del nostro capo sono contati e il Signore manda i suoi angeli a custodire il nostro cammino. Donaci di custodire la speranza perché il nostro sguardo sul futuro sia lo sguardo di chi sa che “tutto è grazia”. Come diceva Dag Hammarskjøld, “per ciò che è stato, grazie; per ciò che sarà, sì”.

Gesù incontra sua madre
La Parola

Cantico 3:1.3-4

Lungo la notte, ho cercato
l’amato del mio cuore;
l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:
«Avete visto l’amato del mio cuore?».
Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l’amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò.

Davanti a Gesù

Forse una delle cose che ha fatto più soffrire il Signore Gesù nella sua Passione è stato incontrare sua Madre. CI può sembrare strano: certo lo sguardo di infinito amore della sua Mamma l’avrà consolato in mezzo all’odio che lo circondava. Ma, forse, gli ha spezzato il cuore vedere spezzarsi il cuore di sua Madre. Non c’è dolore più grande, al mondo, di quello di chi vede soffrire e morire il proprio figlio. Per salvare noi peccatori, Gesù accetta anche di lasciare che la spada penetri l’anima di sua Madre. Nello stesso tempo, in uno scambio di amore indicibile, Gesù prende su di sé anche il dolore di sua Madre, Maria, chiamata da Dante “Figlia del suo Figlio”. È grazie alla Passione di Gesù che Maria trova la forza di sopravvivere alla Passione di Gesù. È grazie alla morte in Croce di Gesù che Maria è Immacolata, libera da sempre dal peccato, e perciò capace di credere all’amore di Dio anche nel dolore più grande, e quando sembra che tutto dica che Dio non c’è.

La Preghiera

Signore Gesù, la vita di tua Madre è stata un continuo accoglierti e un continuo perderti. Ti ha accolto nel grembo, sentendoti muovere con fremiti di felicità, per poi lasciarti andare quando sei nato. Ti ha portato, con la lieta fierezza di chi stringe il proprio primogenito, al Tempio, per offrirti al Padre e sentirsi annunciare la tua Passione. Ti ha condotto a Gerusalemme per celebrare con gioia il tuo ingresso nella maturità, per sentirsi lasciata quando tu sei rimasto nella casa del Padre tuo. Ti ha invitato alle nozze di Cana, per dare inizio, con quel segno, alla tua “ora”, che si sarebbe compiuta nella croce. Lo sguardo di Maria è uno sguardo in cui felicità e strappi sono inscindibilmente legati. Ma in lei vive la speranza, perché anche nel momento del dolore più grande posa lo sguardo su di Te, e sa che la bellezza non può morire, la felicità non può scomparire, la vita non può finire.

Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
La Parola

Colossesi 1,24

Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.

Davanti a Gesù

Cristo ha avuto l’umiltà di non voler solo soffrire, ma di accettare l’aiuto e il sollievo, di permettere ai buoni di amarlo. Mentre Cristo soffriva per i peccatori, ha accettato che peccatori come il Cireneo soffrissero per Lui. L’umiltà perfetta di Cristo è anche nel non voler fare il supereroe solitario, nel non voler godere nemmeno della perfezione di una sofferenza totalmente derelitta. Il Dio del cielo non ha solo accettato gli insulti e la derisione, le percosse e lo scherno, ma persino di essere compatito dalle sue creature. Egli, che è la stessa compassione provvidente, ha accettato di divenire oggetto di compassione nella sua debolezza. Egli si è abbassato scegliendo di non brillare, nemmeno nella sua passione e morte, in una splendida ed eroica solitudine, ma si è lasciato amare da quei pochi che si sono mantenuti fedeli.

La Preghiera

Signore Gesù, grazie perché ci permetti di essere tuoi amici. Tu soffri per noi e a causa nostra; ma ti lasci anche voler bene. Tu, il Dio fatto uomo, non hai bisogno dell’amore delle tue creature: non hai bisogno di nulla. Ma ti fai così piccolo, così servo, così umile da lasciare che ti diamo una mano, proprio noi che ti abbiamo portato a tanto dolore. Ti ringraziamo perché ci insegni che la speranza è anche accettare l’aiuto, darlo e riceverlo nell’umiltà e nella gioia, e che, se ci apriamo agli altri, possiamo essere certi che la tua presenza si farà sentire, nella prova, anche con un sorriso o una parola che arrivano quando più ne abbiamo bisogno.

Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
La Parola

Salmi 26:8-9

Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»;
il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Davanti a Gesù

Gesù è il più bello dei figli dell’uomo, è la perfezione dell’umanità. È il nuovo Adamo, l’uomo sognato da Dio, la creatura che porta in sé l’immagine del Creatore. Ma come il peccato deforma la nostra bellezza originaria, e spesso altera persino i tratti del nostro viso, il nostro sguardo, il nostro portamento, così Gesù accetta di lasciar calpestare la radiosa umanità che si era rivelata nella Trasfigurazione, e di diventare “verme, non uomo”. Nello stesso tempo, così facendo ci insegna a cercare il volto del Trasfigurato anche in tutti i volti che incontriamo ogni giorno. È grazie a Cristo che ogni uomo è immagine di Dio. È grazie a Cristo e alla sua Passione che persino quella folla ghignante e bestiale che lo circonda è fatta di uomini in cui Dio è presente.

La Preghiera

Signore Gesù, noi sentiamo un’attrazione infinita per la bellezza, un desiderio e una nostalgia infinita per la felicità, la gioia, l’amore. Cerchiamo il tuo volto, e nelle tue fattezze umane l’intuizione del mistero della Trinità di Dio che ci ha creati per Sé. Nel cammino che ci condurrà alla piena contemplazione del tuo volto, a vederti faccia a faccia e non più confusamente, come in uno specchio, tu ci doni dei piccoli, grandi segni del tuo amore. Lo sguardo luminoso di un anziano in cui abiti, il sorriso pulito di un bambino molto piccolo, la tenerezza infinita di una madre che nutre e accarezza il proprio piccolo: qui il tuo Volto è presente, e qui la nostra speranza di Te è alimentata, dandoci forza per il cammino.

Gesù cade per la seconda volta
La Parola

Salmi 36:24-25

Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato.

Davanti a Gesù

Il Padre non impedisce a Gesù di cadere; non gli dona una forza sovrumana che gli astanti possano ammirare o di cui si possano stupire. Egli cade: come noi, per la debolezza della natura umana e per il nostro peccato – noi cadiamo per il peso delle nostre colpe, Lui, l’innocente, per quelle stesse nostre colpe. Ma Dio gli dà la forza di rialzarsi; e rialzarsi è più difficile ancora che non cadere. Il cammino di Gesù verso il Calvario, costellato di fallimenti, è l’annuncio che non c’è caduta, o ricaduta, che non possa trovare la mano del Padre pronta a rialzarci.

La Preghiera

Signore Gesù, Don Divo Barsotti diceva che il peccato peggiore è scoraggiarsi. Forse è proprio così. La nostra vita è fatta di slanci ed entusiasmo, e di cadute e scoraggiamento. Quando ci sembra di avere imparato qualcosa dalla vita, ricadiamo nei soliti errori, ci lasciamo prendere da dinamiche che pensavamo di aver consegnato al passato, e ci perdiamo d’animo. Donaci il tuo coraggio e la tua umiltà: perché l’orgoglio ci porta alla frustrazione di non essere come vorremmo o come credevamo di essere, mentre l’umiltà ci rende fratelli di quella terra su cui siamo caduti, ma dalla quale possiamo partire per rialzarci.

Gesù consola le donne di Gerusalemme
La Parola

Isaia 66,13

Come una madre consola un figlio
così io vi consolerò;
in Gerusalemme sarete consolati.

Davanti a Gesù

Davanti a Gesù sono ora le donne che lo hanno seguito, con fedeltà e perseveranza, forse capendo poco di lui, come i discepoli, ma piene di un amore che sgorga dall’intuizione del mistero che è in lui. Esse piangono davanti alla rovina di Colui che hanno amato. Sono come le vergini della parabola, sole nella notte, con un olio sempre più scarso ad alimentare la lampada della loro fede. A loro, Gesù si rivolge con una parola che sembra aggiungere dolore a dolore: come lui, il Tempio di Dio vivente, viene ora distrutto, così anche il Tempio di Gerusalemme fra pochi anni sarà un cumulo di rovine. Ma in realtà, la sua parola è una parola di speranza: viene il tempo in cui adoreranno il Padre in Spirito e Verità.

La Preghiera

Signore Gesù, tu sei la Verità, oltre che la Vita e la Via. Tu stai alla porta e bussi, pronto ad entrare nel cuore di chi ti accoglie. Se entri in noi, con lo Spirito Santo, diventiamo tempio vivo della tua gloria, offerta a te gradita, diventiamo preghiera, siamo sacerdoti in Te, Sommo Sacerdote in eterno. Il luogo in cui abbiamo adorato il Padre, la Gerusalemme che ci dà consolazione, diventa ora il nostro cuore; l’amore sponsale che ci doni e ci chiedi diventa il luogo in cui rendere culto al Padre. Se ci uniamo all’immenso amore che rifulge nella tua croce e nella tua Passione, comprendiamo che la tua croce è “talamo, trono ed altare”: che, uniti a te, possiamo stare alla presenza del Padre e sperare in quell’unione che non avrà mai fine.

Gesù cade per la terza volta
La Parola

Apocalisse 14,1

Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.

Davanti a Gesù

L’Agnello “ritto in piedi” è il Cristo, crocifisso come un agnello condotto al macello, ma “in piedi” perché risorto. Nella Passione lo vediamo inerme, schiacciato, steso a terra. Risorto, è dritto, nella sfolgorante dignità della sua perfetta umanità che è prototipo e annuncio della nostra vocazione. Nei suoi miracoli, Gesù ha restituito la dignità di “ritti in piedi” a tante persone: al paralitico, cui ha perdonato i peccati e che ha invitato ad alzarsi, alla fanciulla morta (“io ti dico, alzati”), alla donna curva da diciotto anni. Ora è lui ad aver bisogno di alzarsi; con immenso sforzo, lo fa, per poter portare a compimento la sua Passione e ridarci la dignità di figli nel Figlio.

La Preghiera

Ti preghiamo, donaci la forza di appoggiare le mani a quella terra che ci dice il nostro fallimento, per poter ritrovare la nostra natura di “ritti in piedi”, come l’Agnello dell’Apocalisse: tu ci hai creati per volgere lo sguardo verso l’alto. “Chiamati a guardare in alto, nessuno sa alzare lo sguardo”. La nostra mancanza di speranza ci rende meno umani: volgere lo sguardo a terra, anziché ricorrere al Cielo con viva speranza, ci spoglia della dignità della nostra vocazione. Aiutaci, o Signore, ad alimentare la speranza affinché, dopo qualsiasi caduta, possiamo di nuovo cercare il tuo sguardo, come Pietro che incontra il tuo, senza sfuggirlo, dopo averti rinnegato.

Gesù è spogliato delle vesti
La Parola

Salmi 44:4.9
Cingi, prode, la spada al tuo fianco,
nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte,
Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia.

Davanti a Gesù

Come bambini, ci attira quello che luccica e che brilla: ci piacciono le cose sfavillanti e luminose. E anche questo è uno di quei semi di nostalgia di Dio che Egli ha nascosto in noi. Perché la Gerusalemme celeste ha le porte di perle, ed è costellata di pietre preziose; lì le vesti sono candide, come le vesti del Cristo Trasfigurato che “nessun lavandaio potrebbe rendere così”. Ma le vesti della Gerusalemme celeste sono candide perché sono state lavate nel sangue dell’Agnello. Il sangue non ha mai reso candido nulla… Ma il Sangue di Cristo è il distillato dell’amore di Dio; è quella purezza infinita di un cuore completamente integro nell’amore del Padre che ci rende luminosi, dentro e fuori. Nel Cristo spogliato non solo della sua divinità, ma della stessa dignità del pudore dell’umanità, noi veniamo resi dèi, rivestiti delle vesti della festa come il figlio perdonato che torna alla casa del padre misericordioso.

La Preghiera

Signore Gesù, al banchetto delle nozze dell’Agnello, allestito dal Padre in onore del suo Figlio, tutti dobbiamo avere una veste nuziale. E questa veste sei tu: noi siamo stati rivestiti di Cristo nel nostro Battesimo, e portiamo sempre nel nostro corpo la tua Passione, per vivere con te la tua risurrezione. Chi ci separerà dal tuo amore? Esso è più intimo a noi di noi stessi, ci riveste dentro e fuori. Aiutaci a vivere da risorti, sperando nella risurrezione ma vivendola già ora; fa’ che l’abito del tuo amore e della tua presenza sia portato da noi in ogni istante della nostra vita.

Gesù è inchiodato sulla croce
La Parola

Isaia 49:15-16

Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani.

Davanti a Gesù

Fa tenerezza quel Dio che si segna il nostro nome sulle “palme delle mani”, come uno scolaretto che non ricorda le tabelline e spera di prendere un bel voto. Ma poi la tenerezza lascia spazio alla commozione se ci fermiamo a contemplare le mani di Cristo: sulle sue mani, anche sulle mani del Risorto, la “scritta” sono i segni dei chiodi. I chiodi sono il segno e la conseguenza del nostro peccato che l’ha fissato sulla croce, ma sono anche il segno di un amore così grande che non ha voluto separarsene nemmeno dopo la sua risurrezione.

La Preghiera

Signore Gesù, Santa Caterina diceva che non furono i chiodi a tenerti sulla croce, ma l’amore; e Nicolae Steinhardt diceva che tutto ciò che noi uomini siamo stati in grado di dare a Dio sono delle ferite sulle mani, sui piedi, e sul costato. In questi segni che porti con te persino nella gloria del Padre, il nostro peccato diventa quasi un’occasione per amarci ancora di più. Tu non puoi dimenticarti di noi, o nostra speranza, perché ci hai scritto nella carne del Logos fatto uomo.

Gesù muore in croce
La Parola

Romani 6,8-11

Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

Davanti a Gesù

La “carne” di cui spesso parla la Bibbia è il nostro istinto di sopravvivenza. È un istinto giusto e santo, perché obbedisce al primo comando di Dio ad Adamo ed Eva: “Crescete e moltiplicatevi”. Ma può diventare la nostra rovina quando scegliamo la sopravvivenza, e la sopravvivenza piacevole e comoda, al posto della vita. Gesù ha fatto morire quella “carne” che si oppone a Dio, che cerca il proprio interesse facendone un idolo, mettendolo al posto del Signore, unico Dio. Con il suo infinito atto di fede verso il Padre, e di amore verso di noi, la sua morte è diventata la nostra speranza.

La Preghiera

Signore Gesù, accogli la nostra vita. Nella nostra paura di soffrire e di morire, noi vogliamo dire di sì a te con infinita fiducia. Vogliamo appoggiare il nostro volto sui tuoi piedi inchiodati alla croce, e sentire così che la tua Vita scorre dentro di noi. Vogliamo partecipare alla tua morte e risurrezione nella comunione al tuo Corpo e Sangue, perché la Vita divina ci liberi dalla morte eterna. Uniscici a te con una morte simile alla tua, perché in noi regni la tua vita, e la nostra speranza sia fissa nei cieli.

Gesù è deposto dalla croce
La Parola

Giovanni 12,24

In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Davanti a Gesù

Tutto è compiuto. La missione del Signore Gesù Cristo è giunta a compimento. Lo spirito è reso al Padre. Adesso può essere calato da quella croce da cui ha attirato tutti a sé, e tornare deposto sul grembo della Madre, come tanti anni fa appena vide la luce. Egli ha dato la vita senza misura, per darci la vita senza misura. Non ha tenuto niente per sé: la sua divinità, la sua umanità, la sua vita. Ha consegnato se stesso, e ora può riposare in Dio.

La Preghiera

Signore Gesù, Tu sei la Parola del Padre. Sei Colui che è la Parola che scende dal cielo, dal Padre, e non ritorna a Lui senza aver operato ciò che desidera. Sei il seme sparso sulle strade della Palestina, fra i rovi della corona di spine, in mezzo ai sassi del Golgota, ma anche nel terreno buono di chi ti accoglie, prende su di sé il mistero della tua vita e della tua morte, e non cerca di salvare la propria vita, ma la perde per te. In te, noi speriamo che ogni nostra morte quotidiana possa sbocciare in un verde germoglio di primavera.

Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro
La Parola

Salmi 56,9

Voglio cantare, a te voglio inneggiare:
svègliati, mio cuore,
svègliati arpa, cetra,
voglio svegliare l’aurora.

Davanti a Gesù

L’umanità di Cristo è abbandonata alla morte, nascosta ai nostri occhi, deposta in un sepolcro. La sua divinità è più nascosta che mai: un Dio non può morire, né può lasciar morire il proprio Figlio… Eppure, in quel silenzio assordante del sabato santo si accordano gli strumenti per la sinfonia di Pasqua. Il silenzio dissonante della morte è il preludio all’alleluia del mattino della domenica. La creazione attende con il fiato sospeso ciò che non osa neppure sperare. Nel segreto del cuore della terra, il cuore veglia, per svegliare il Sole che sorge a rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte.

La Preghiera

Signore Gesù, nostra unica speranza, vegliamo mentre tu dormi, e, ansiosi, sballottati dalle onde, nel buio della notte e mentre urla la tempesta, vorremmo svegliarti: non ti importa che siamo perduti? Tu attendi, o Signore, che la notte sia giunta a metà del suo corso, che il buio sia completo, per cominciare a tingere di rosa l’aurora e far volare nel silenzio l’accenno di una melodia. Il tuo Corpo santissimo ora giace, inerte e silenzioso; ma lo Spirito è pronto a inondarlo di Vita eterna, per trasformare l’umanità in ciò per cui è nata, e che sembra fuori da ogni speranza. Tu ti alzi, Signore, e intoni per noi il canto di lode al Padre, nello Spirito, per tutti i secoli eterni. Amen.
vinonuovo.it

JUVE-NAPOLI, SCONTRO TRA SPERANZA E LA LEGA DI SERIE A. MINISTRO, ‘MENO CALCIO PIÙ SCUOLA’ REPLICA, ‘SI GIOCHI’

Su Juve-Napoli scontro tra governo e Lega di Serie A. ‘la priorità è la salute delle persone. È già deciso, non si gioca’, dice il tv il ministro Speranza. Ma, a stretto giro, arriva la replica della Lega: ‘La partita si deve giocare stasera’. Mentre il Napoli ribadisce che a vietare la partenza ‘è stata la Asl, che è l’autorità che decide in materia di isolamento, come ha ricordato il ministro della Salute’. Il campionato può andare avanti in base alle regole fissate dal Cts, ma ci vuole ‘meno calcio e più scuola’, aveva detto Speranza, contrario però a far tornare ‘migliaia di persone negli stadi’. Nel caos Juve-Napoli, intanto, la Serie A è andata in campo: Atalanta-Cagliari 5-2, Parma-Verona 1-0, Lazio-Inter 1-1, Benevento-Bologna 1-0 nelle partite del pomeriggio. Alle 18 Milan-Spezia

ansa

Covid: Speranza, democrazia ha permesso di piegare curva

E’ stata “la democrazia a permettere di piegare la curva” dell’epidemia in Italia, nella fase più difficile dell’epidemia: lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, nella trasmissione ‘Mezz’ora in più’ di Rai 3″, rispondendo a una domanda relativa all’eventualità di maggiori controlli con il coinvolgimento dell’esercito. “La sfida di fondo – ha detto ancora il ministro – è puntare sulla persuasione e la consapevolezza”. (ANSA).

 

L’OMS CAMBIA, NIENTE ISOLAMENTO DOPO TRE GIORNI SENZA SINTOMI. SPERANZA, APPROFONDIRE PERCHÉ LE REGOLE POTREBBERO CAMBIARE

Non più due tamponi negativi a distanza di 24 ore, bastano tre giorni senza sintomi. Cambiano così le raccomandazioni dell’Oms per il rilascio dall’isolamento dei pazienti che hanno contratto l’infezione da nuovo coronavirus. I nuovi criteri riflettono i risultati secondo cui i pazienti i cui sintomi si sono risolti possono ancora risultare positivi al tampone per settimane, ma nonostante questo risultato positivo del test, è improbabile che siano infettivi. Dal ministro della Salute Speranza la richiesta al comitato tecnico scientifico di approfondire la questione visto che, spiega, ‘segnano un cambiamento che può incidere significativamente sulle disposizioni finora adottate e vigenti nel nostro Paese’.

ansa

Il Papa aggiunge tre invocazioni alle Litanie Lauretane, una per i migranti

“Mater Misericordiae”, “Mater Spei” e “Solacium migrantium”, ovvero conforto, aiuto dei migranti: sono le tre nuove invocazioni inserite per volontà di Francesco nell’elenco delle Litanie Lauretane. Monsignor Roche del dicastero per il Culto Divino: sono preghiere legate all’attualità della vita.

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Un sole del quale si scoprono ogni tanto nuovi raggi. Si potrebbero pensare così le Litanie Lauretane, le secolari invocazioni alla Vergine che concludono tradizionalmente la recita del Rosario. A quelle già note Papa Francesco ha deciso di aggiungerne tre nuove: “Mater Misericordiae”, “Mater Spei” e “Solacium migrantium”, ovvero “Madre della Misericordia”, “Madre della Speranza” “Conforto” ma anche “Aiuto” dei migranti.

Le nuove invocazioni

A comunicare questa disposizione del Papa è stata la Congregazione per Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in una lettera indirizzata ai presidenti delle Conferenze episcopali. “Innumerevoli sono i titoli e le invocazioni che la pietà cristiana, nel corso dei secoli, ha riservato alla Vergine Maria, via privilegiata e sicura all’incontro con Cristo”, scrivono nella lettera il cardinale Robert Sarah e l’arcivescovo Arhur Roche, prefetto e segretario del dicastero vaticano. Ora, precisano, “la prima invocazione sarà collocata dopo Mater Ecclesiae, la seconda dopo Mater divinae gratiae, la terza dopo Refugium peccatorum”.

Roche: preghiere nate dalle “sfide” della vita

Anche se antiche, le litanie – dette “Lauretane” dal Santuario della Santa Casa di Loreto che le ha rese celebri – hanno un forte aggancio con i momenti vita della Chiesa e dell’umanità. Lo affermano i vertici del Culto Divino sottolineando che “anche nel tempo presente, attraversato da motivi di incertezza e di smarrimento”, il ricorso “colmo di affetto e di fiducia” alla Madonna “è particolarmente sentito dal popolo di Dio”. Monsignor Arthur Roche ribadisce a Vatican News questo vincolo tra spiritualità e concretezza del tempo, della quotidianità. “Vari Papi – ricorda monsignor Roche – hanno deciso di includere invocazioni nelle Litanie, per esempio Giovanni Paolo II ha aggiunto l’invocazione alla ‘Madre della famiglia’. Rispondono al momento reale, un momento che presenta una sfida per la gente”. “Il Rosario, lo sappiamo, è una preghiera dotata di una grande potenza e dunque – conclude il segretario del dicastero vaticano – in questo momento le invocazioni alla Vergine sono molto importanti per chi sta soffrendo per il Covid-19 e, fra loro, i migranti che hanno anche lasciato la loro terra”.

vaticannews