Pentecoste: commento al Vangelo del 12 Giugno 2011

Pentecoste – Anno A
Pentecoste

La sera di quel giorno, il primo della settimana, […] venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». La casa fu piena di vento, e apparvero loro come lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno.

E ognuna accende un cuore, sposa una libertà, consacra una diversità. Lo Spirito dà a ogni creatura una genialità propria, una santità che è unica. Tu non devi diventare l'opposto di te stesso per incontrare il Signore, per essere santo. In Gesù, Dio ha riunificato l'umanità in un popolo di fratelli. Nello Spirito fa della mia unicità e diversità una ricchezza. La Chiesa come Corpo di Cristo è comunione; la Chiesa come Pentecoste continua è invenzione, poesia creatrice, ricerca. Come due tempi di un solo movimento. Nel Cristo siamo uno, nel soffio dello Spirito siamo unici. Il libro degli Atti narra che gli apostoli quella mattina parevano «come ubriachi»: ebbri, eccessivi, fuori misura. Bisogna essere così per parlare di Cristo, un po' fuori misura, un po' incoscienti, un po' «presi», altrimenti non riscaldi il cuore di nessuno. Ubriachi, ma di speranza, di fiducia, di generosità, di gioia. Mentre erano chiuse le porte del luogo venne Gesù, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. Negli Apostoli respira ora il respiro di Cristo, quel principio vitale e luminoso che lo faceva diverso, quella intensità che faceva unico il suo modo di amare, che spingeva Gesù a fare dei poveri i principi del suo Regno, che ha reso forte il suo volto, scrive Luca, come quello di un eroe, e tenero come quello di un innamorato. Ciò che è accaduto a Gerusalemme, 50 giorni dopo la Risurrezione, avviene sempre, avviene per ciascuno: siamo perennemente immersi in Dio come nell'aria che respiriamo. A noi che cosa compete? Accogliere questo straordinario respiro di Dio che riporta al cuore Cristo e le sue parole e ci trasforma; accoglierlo, perché il mio piccolo io deve dilatarsi nell'infinito io divino. E poi la missione: a coloro cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro cui non perdonerete non saranno perdonati. Il perdono dei peccati è l'impegno di tutti coloro che hanno ricevuto lo Spirito, donne e uomini, grandi e bambini. Perdonate, che vuol dire: piantate attorno a voi oasi di riconciliazione, piccole oasi di pace in tutti i deserti della violenza; tutto intorno a voi create strade di avvicinamenti, aprite porte, riaccendete il calore, riannodate fiducia. Moltiplichiamo piccole oasi e queste conquisteranno il deserto. «Perdonare significa de-creare il male» (Panikkar). Allora venga lo Spirito, riporti l'innocenza e la fiducia nella vita, soffi via le ceneri delle paure, «consolidi in ciascuno di noi la certezza più umana che abbiamo e che tutti ci compone in unità: l'aspirazione alla pace, alla gioia, alla vita, all'amore» (G. Vannucci). (Letture: Atti degli Apostoli 2,1-11; Salmo 103; 1 Corinzi 12,3b-7.12-13; Giovanni 20,19-23)

di Ermes Ronchi – avvenire

La Pentecoste nell'innografia di Romano il Melode

di MANUEL NIN

Pentecoste

La Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, è una delle feste più antiche del calendario cristiano: già Tertulliano e Origene ne parlano nella prima metà del III secolo. Romano il Melode ha un kontàkion di 18 strofe, che segue quello per l'Ascensione. All'inizio il poeta mette in parallelo la confusione delle lingue e dei popoli a Babele con l'unità e l'unisono dopo il dono dello Spirito Santo: "Quando discese a confondere le lingue, l'Altissimo divise le genti; quando distribuì le lingue di fuoco, convocò tutti all'unità. E noi glorifichiamo a una sola voce il santissimo Spirito".

Le due prime strofe sono un'accorata preghiera a Cristo, che consola e assiste la comunità dei fedeli, come ha promesso dopo la sua ascensione: "Non mi separo da voi. Io sono con voi e nessuno sarà contro di voi". Ed è una preghiera a colui che è sempre presente nella vita dei discepoli: "Non allontanarti dalle anime nostre. Avvicinati a noi, avvicinati tu che sei ovunque!". Asceso in cielo, il Signore resta sempre nelle anime degli apostoli e dei battezzati: "Tu continui ad abbracciare il mondo di quaggiù. Neppure un luogo è privo di te, o Infinito poiché sei tu a sorreggere l'universo riempiendo ogni cosa". Come si canta nel vespro e per tutto l'anno, invocando lo Spirito Santo: "Re celeste, Paraclito, Spirito della verità, tu che ovunque sei e tutto riempi, tesoro dei beni e datore di vita, vieni ed abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o buono, le anime nostre".

Il kontàkion mette poi in rilievo la figura di Pietro: "Tra i discepoli Cefa, come primo nel rango a essi parlò; li fece alzare per la preghiera, e insieme a lui si radunarono come agnelli intorno al pastore". Con un'esortazione che fa pensare a un collegamento con le "preghiere delle genuflessioni" fatte in ginocchio la sera della Pentecoste o dopo la Divina liturgia della festa. Romano vede la preghiera degli apostoli quasi come un documento firmato e sigillato che sale fino a Cristo Signore che, accogliendola, manda sui discepoli lo Spirito Santo.

Il luogo dove si trovano i discepoli riuniti, scosso dal vento tempestoso, è paragonato a una barca nella tempesta, con un accostamento all'episodio della tempesta sedata (Matteo, 8, 23-27): "Vi fu un suono all'improvviso come di vento forte risonante dal cielo, riempì tutta la stanza di fuoco. Gli eletti, perciò, vedendo la stanza scossa come una barca, esclamarono: Signore, fa' cessare la tempesta e manda il santissimo Spirito". Inoltre Romano sottolinea come le lingue di fuoco mandate dal cielo non bruciano i discepoli, bensì illuminano loro la mente: "Lingue di fuoco li lambirono e andarono a posarsi sulle teste degli eletti, senza bruciare i capelli ma illuminando le menti: le aveva mandate per lavare e purificare il santissimo Spirito". Ed è ancora Pietro che in mezzo ai discepoli prende la parola per spiegare il prodigio: "Fratelli, rispettiamo ciò che vediamo senza porre domande! Nessuno dica: che cosa è questo che vediamo, poiché quello che si sta compiendo supera l'intelligenza e sopravanza la comprensione".

La straordinaria strofa conclusiva è un canto all'annuncio della buona novella: "Celebriamo, fratelli, le lingue dei discepoli perché non con un discorso elegante ma con la potenza divina hanno catturato noi tutti. Hanno preso la croce di lui come canna, hanno usato le parole come filo e hanno catturato il mondo. Hanno avuto il Verbo come amo appuntito, la carne del Signore dell'universo è diventata come un'esca, che non conduce alla morte, ma trae alla vita quelli che tributano venerazione e gloria al santissimo Spirito".

(©L'Osservatore Romano 12 giugno 2011)

La Pentecoste nell'innografia di Romano il Melode

di MANUEL NIN

Pentecoste

La Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, è una delle feste più antiche del calendario cristiano: già Tertulliano e Origene ne parlano nella prima metà del III secolo. Romano il Melode ha un kontàkion di 18 strofe, che segue quello per l'Ascensione. All'inizio il poeta mette in parallelo la confusione delle lingue e dei popoli a Babele con l'unità e l'unisono dopo il dono dello Spirito Santo: "Quando discese a confondere le lingue, l'Altissimo divise le genti; quando distribuì le lingue di fuoco, convocò tutti all'unità. E noi glorifichiamo a una sola voce il santissimo Spirito".

Le due prime strofe sono un'accorata preghiera a Cristo, che consola e assiste la comunità dei fedeli, come ha promesso dopo la sua ascensione: "Non mi separo da voi. Io sono con voi e nessuno sarà contro di voi". Ed è una preghiera a colui che è sempre presente nella vita dei discepoli: "Non allontanarti dalle anime nostre. Avvicinati a noi, avvicinati tu che sei ovunque!". Asceso in cielo, il Signore resta sempre nelle anime degli apostoli e dei battezzati: "Tu continui ad abbracciare il mondo di quaggiù. Neppure un luogo è privo di te, o Infinito poiché sei tu a sorreggere l'universo riempiendo ogni cosa". Come si canta nel vespro e per tutto l'anno, invocando lo Spirito Santo: "Re celeste, Paraclito, Spirito della verità, tu che ovunque sei e tutto riempi, tesoro dei beni e datore di vita, vieni ed abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o buono, le anime nostre".

Il kontàkion mette poi in rilievo la figura di Pietro: "Tra i discepoli Cefa, come primo nel rango a essi parlò; li fece alzare per la preghiera, e insieme a lui si radunarono come agnelli intorno al pastore". Con un'esortazione che fa pensare a un collegamento con le "preghiere delle genuflessioni" fatte in ginocchio la sera della Pentecoste o dopo la Divina liturgia della festa. Romano vede la preghiera degli apostoli quasi come un documento firmato e sigillato che sale fino a Cristo Signore che, accogliendola, manda sui discepoli lo Spirito Santo.

Il luogo dove si trovano i discepoli riuniti, scosso dal vento tempestoso, è paragonato a una barca nella tempesta, con un accostamento all'episodio della tempesta sedata (Matteo, 8, 23-27): "Vi fu un suono all'improvviso come di vento forte risonante dal cielo, riempì tutta la stanza di fuoco. Gli eletti, perciò, vedendo la stanza scossa come una barca, esclamarono: Signore, fa' cessare la tempesta e manda il santissimo Spirito". Inoltre Romano sottolinea come le lingue di fuoco mandate dal cielo non bruciano i discepoli, bensì illuminano loro la mente: "Lingue di fuoco li lambirono e andarono a posarsi sulle teste degli eletti, senza bruciare i capelli ma illuminando le menti: le aveva mandate per lavare e purificare il santissimo Spirito". Ed è ancora Pietro che in mezzo ai discepoli prende la parola per spiegare il prodigio: "Fratelli, rispettiamo ciò che vediamo senza porre domande! Nessuno dica: che cosa è questo che vediamo, poiché quello che si sta compiendo supera l'intelligenza e sopravanza la comprensione".

La straordinaria strofa conclusiva è un canto all'annuncio della buona novella: "Celebriamo, fratelli, le lingue dei discepoli perché non con un discorso elegante ma con la potenza divina hanno catturato noi tutti. Hanno preso la croce di lui come canna, hanno usato le parole come filo e hanno catturato il mondo. Hanno avuto il Verbo come amo appuntito, la carne del Signore dell'universo è diventata come un'esca, che non conduce alla morte, ma trae alla vita quelli che tributano venerazione e gloria al santissimo Spirito".

(©L'Osservatore Romano 12 giugno 2011)

Festa Pentecoste e raccolta generi alimentari

– DOMENICA 16 Maggio  raccolta generi alimentari

– Domenica 23 Maggio dopo la S. Messa delle 11 "festa di Pentecoste" a Villa Borrettini [€10 ogni adulto] pranzo comunitario tutta la comunità è caldamente invitata informazioni in parrocchia.