Liuc Business School. Come gestire un gruppo di lavoro a distanza

Le nuove strategie organizzative e le nuove regole del mondo del lavoro. L’evoluzione dello smart working: da dipendente a free lance
Il lavoro agile al centro di un percorso formativo della Liuc Business School

Il lavoro agile al centro di un percorso formativo della Liuc Business School – Archivio

Per direttori di funzione, Hr manager e per qualsiasi professionista che svolge la propria attività lavorativa all’interno di team virtuali, saper gestire con successo gruppi di lavoro a distanza è una necessità, e non solo nell’immediato per affrontare l’attuale emergenza Covid-19. Se la pandemia ha fatto esplodere l’esigenza di trovare modalità di lavoro e di collaborazione alternative a quelle tradizionali, allo stesso modo sono ormai sul tavolo di manager e professionisti nuove strategie organizzative e, nell’agenda politica, persino nuove regole del mondo del lavoro. Si tratta dello smart working solamente “da remoto” (ossia, senza una parte della prestazione lavorativa in azienda) già ritenuto una possibilità per «interrogarsi, pro-futuro, sulla opportunità o meno di svincolare questo nuovo tipo di lavoro, in tutto o in parte, addirittura dal rigido contesto applicativo della subordinazione per farlo trasmigrare verso il differente scenario di fondo della parasubordinazione o del vero e proprio lavoro autonomo», anticipa Ernesto Di Seri, docente della Liuc Business School. Spetterà a lui approfondire gli aspetti giuslavoristici del telelavoro e del lavoro agile e le proposte di legge in discussione in Parlamento per il nuovo anno all’interno del corso di formazione manageriale Virtual teams – come gestire con successo i gruppi di lavoro a distanza in programma a partire dall’11 febbraio 2021 per quattro moduli e sei incontri della durata di mezza giornata con cadenza bisettimanale (a febbraio, marzo e aprile).

Il primo modulo, con in cattedra il rettore della Liuc Federico Visconti, vuole fornire concetti e strumenti per lavorare e prosperare nella virtualità; il secondo metodi a supporto dei team non dal vivo; il terzo pone l’attenzione sul passaggio dalla contrattazione collettiva a quella individuale con l’ipotesi di un’evoluzione dello smart working verso l’inquadramento del lavoratore non più come dipendente ma come free lance. «Si tratterebbe comunque di un’evoluzione che, seppur reputata compatibile con la nostra Costituzione, che all’art. 35 tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, richiederebbe in ogni caso una significativa modifica della legge del 2017, modifica che a sua volta dovrebbe presupporre, a monte, un notevole cambiamento di mentalità del mondo politico e giuridico e delle stesse parti social», specifica Di Seri.

Infine, l’ultimo modulo sull’organizzazione pratica e lo sviluppo di un team virtuale.

«Lavorare in modo virtuale non è più opzione, ma la nuova normalità a cui nessuno potrà sottrarsi. Impatterà sulle strategie aziendali, sul contesto giuslavoristico e soprattutto sul modo di lavorare delle persone e delle imprese – afferma Andrea Martone, direttore del percorso -. La scommessa sarà giocata soprattutto sulla motivazione, sull’engagement, sulla produttività e sulla qualità del lavoro a distanza. Governare un team virtuale è una sfida e un’opportunità e la LIUC Business School vuole essere il partner delle imprese in questa difficile avventura».

Per ulteriori informazioni: http://www.liucbs.it/formazione-manageriale/formazione-a-catalogo/virtual-teams-come-gestire-con-successo-i-gruppi-di-lavoro-a-distanza/.

Indagine. La gentilezza al lavoro vince sempre, anche ai tempi del Covid

Avvenire

Il 65% degli intervistati la considera un punto di forza, per il 20% circa è addirittura un elemento imprescindibile
I gesti gentili sono sempre apprezzati

I gesti gentili sono sempre apprezzati – Archivio

In occasione della Giornata mondiale della gentilezza, che si celebra oggi, Infojobs – la piattaforma per la ricerca di lavoro online – presenta i risultati dell’indagine sulla gentilezza al lavoro, per capire cosa sia la gentilezza al lavoro e se e come sia cambiata ai tempi di Covid-19.

Dai quasi 2mila intervistati emerge chiara una consapevolezza: nel mondo del lavoro c’è sempre spazio per la gentilezza (64,3%), anche se permane un 25,4% che crede dipenda da contesto, ruolo e settore lavorativo e un 10,2% che invece considera l’ambiente di lavoro troppo competitivo e quindi non adatto ad atteggiamenti gentili. Ma che cos’è per gli italiani la gentilezza al lavoro? Il 65% degli intervistati la considera un punto di forza, per il 20% circa è addirittura un elemento imprescindibile. Troviamo in netta minoranza chi ne evidenzia gli aspetti negativi identificando la gentilezza come illusione (6,2%), debolezza (1,5%) o una tattica per trarne vantaggi (7,4%).

LA GENTILEZZA NEL LAVORO
Ma come si traduce la gentilezza nei diversi livelli organizzativi? L’espressione leadership gentile è ben integrata nel vocabolario degli italiani, tanto che Infojobs ha potuto stilare una classifica con le caratteristiche principali che dovrebbe avere un capo gentile.

Top 4 di un capo gentile ideale:
1. Ha spirito di squadra: non esiste “io” ma solo “noi”, per successi e fallimenti (38%)
2. Guida il team al raggiungimento degli obiettivi, senza imporre idee e metodi (24%)
3. Premia i risultati, indaga gli insuccessi senza colpevolizzare (23%)
4. Sa ascoltare e gratificare (15%)

Ma se gli intervistati sembrano apprezzare un leader gentile, il loro capo reale sembra essere piuttosto diverso. Il 41% dichiara di avere un leader gentile, per il quale fare squadra e gentilezza sono elementi chiave per ottenere risultati, mentre per il 41,5% il proprio capo non considera la gentilezza un elemento importante e addirittura il 17,5% ha un superiore che premia un clima rigoroso, credendolo più funzionale.

E tra colleghi? Dall’indagine svolta emerge una gentilezza insita nel lavoro: nella sua quotidianità, nella gestione dei compiti, nella condivisione e nell’aiuto alla produttività. Il supporto nelle difficoltà o nella distribuzione dei carichi di lavoro (61%) è infatti la principale manifestazione di gentilezza tra colleghi, seguita dalla condivisione di successi e fallimenti (20%). Seguono a grande distanza l’ascolto, l’essere presenti e disponibili verso i colleghi per evitare che i problemi personali interferiscano nel lavoro (9%) o ancora piccole attenzioni quotidiane come offrire un caffè (10%). Gentilezza e spirito di squadra sembrano essere sinonimi: tra colleghi, ma anche rispetto al capo, lo spirito di team vince e l’attenzione all’altro ha riflessi positivi sulla produttività, oltre che sulla serenità e sulla motivazione delle persone. Ma se questo è vero in generale, cosa succede in questo tempo strano, dove l’altro viene necessariamente tenuto lontano e forse anche temuto?

LA GENTILEZZA AI TEMPI DI COVID-19
Nonostante le difficoltà degli ultimi difficili mesi e la lontananza forzata, la gentilezza non ha perso la sua importanza rimanendo un valore chiave. La grande maggioranza dei rispondenti conferma di avere fatto negli ultimi sei mesi gesti gentili nella quotidianità, in primis verso i colleghi (63,5%) ma anche nei confronti del capo (7,4%). Alcuni però hanno subìto maggiormente la pressione del contesto storico nel quale ci troviamo, dichiarando di non avere compiuto gesti gentili, per la perdita di empatia (26%) perlopiù dovuta alla riduzione delle occasioni di socialità e di incontro.

E in tempi di smart working assistiamo ad una trasformazione del metodo di lavoro, ma ascoltare un collega e supportarlo per la consegna di un lavoro rimangono azioni quotidiane anche a distanza per la maggior parte degli italiani (50%), a conferma che per essere una squadra non bisogna necessariamente lavorare gomito a gomito, e anche i momenti conviviali possono essere rivissuti online (16,5%). Non per tutti però: il 16,3% avverte la mancanza della confidenza e immediatezza data dal contatto fisico, mentre il 17,1% dichiara di sentirsi più lontano anche mentalmente e imbarazzato dietro lo schermo.
Chi poi ha la fortuna di avere un leader gentile, ha visto crescere a distanza la fiducia, sentendosi autonomo ma sempre parte di un gruppo (35%) e aumentare occasioni di confronto e allineamento più o meno formali per mantenere vivi senso di appartenenza e performance (25,5%).

Adeguarsi alle nuove disposizioni, causa emergenza sanitaria, ha certamente modificato le vite di tutti, soprattutto di chi in questi mesi si è sempre recato al lavoro: per la maggior parte degli intervistati la gentilezza rimane importante nel posto di lavoro, perché permette di trovare serenità e empatia in questo momento difficile (27,1%) e perché tutti abbiamo la necessità di intravedere un sorriso dietro le mascherine (33%). Ma c’è chi sostiene la situazione sia cambiata: il 21,7% percepisce una diminuzione della gentilezza nella propria azienda ed il 18,3% addirittura la mancanza totale, spiegata in entrambi i casi con la diffidenza e la paura del contagio.

AZIENDA E GENTILEZZA
Secondo i lavoratori, come si pone l’azienda nei confronti della gentilezza? Il 24% degli intervistati afferma di lavorare in un ambiente nel quale la gentilezza è promossa attivamente con attività di team building o iniziative volte alla socialità tra colleghi, per il 26,1% invece viene incentivata ma solo a parole, per il 32,6% la propria azienda non la considera importante e infine per il 17,3% viene demandata al singolo.

Per quanto riguarda le aspettative future rispetto alla propria azienda, il 36,1% sostiene che la gentilezza sarà una consapevolezza sempre più acquisita: quanto più il lavoratore si sentirà apprezzato tanto più alta sarà la sua dedizione al lavoro e di conseguenza la sua produttività. Più pessimista la maggioranza del campione: il 18,2% pensa che, se si troverà spazio, per la gentilezza, sarà puramente per una questione di apparenza e reputazione, mentre per il 45,7% la propria azienda continuerà a sostenere un clima rigoroso e competitivo perché visto come più utile alla produttività.

In questo senso, a commento dei risultati dell’indagine, Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs afferma: «In un frangente complesso e con uno scenario ancora di grande incertezza, la gentilezza si afferma come valore imprescindibile per le persone, anche e soprattutto nel lavoro. Lo spirito di squadra, tanto premiato dai lavoratori, deve essere a nostro avviso letto come un importante messaggio per le aziende, che sono chiamate a favorire una maggiore inclusione della gentilezza e della leadership gentile nella cultura d’impresa».

Intermeeting. Personale nella formazione a distanza

Opportunità di lavoro nella formazione a distanza

Intermeeting è una società italiana che opera nella progettazione ed erogazione di servizi per la formazione e l’aggiornamento scientifico dei professionisti della sanità. Mentre settori quali quello della congressistica tradizionale denunciano una grave crisi, la formazione a distanza vive una situazione inedita di crescita aprendo a importanti opportunità in campo lavorativo per tutte le professioni del digitale, dal grafico all’ingegnere informativo fino al web editor. La stessa Intermeeting ha investito oltre 300mila euro nell’ultimo anno tra piattaforme e personale e ha visto un aumento del fatturato per il settore della formazione a distanza del 70% nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Da qua a dicembre conta di assumere dalle due alle quattro persone (per un ampliamento di oltre il 10% del personale).

Le figure richieste sono ingegneri informatici, tecnici televisivi per audio e video e figure da inserire in ambito commerciale. La propria candidatura la si può inoltrare attraverso Linkedin (https://www.linkedin.com/company/intermeeting/jobs/), il sito web Intermeeting (https://www.intermeeting.com/) o aziende esterne quali Manpower. I contratti per gli ingegneri sono di tipo indeterminato, per i tecnici di apprendistato mentre per la parte commerciale può variare.

Avvenire

La Giornata. Infortuni sul lavoro, Mattarella: ferita sociale che lacera il Paese

Avvenire

Il messaggio del presidente della Repubblica per la 70esima Giornata nazionale promossa dall’Anmil

Sanitari al lavoro in Rianimazione

Sanitari al lavoro in Rianimazione – LaPresse

Gli infortuni sul lavoro sono una «ferita sociale che lacera il nostro Paese». Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio per la settantesima Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, promossa oggi in tutta Italia dall’Anmil. Nei primi otto mesi del 2020, ricorda l’Inail, le denunce di infortunio mortale sono state 823 (qui le storie delle vittime, raccolte da Marco Bazzoni, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di Firenze), 138 in più dello stesso periodo dello scorso anno, con un aumento del 20,1%. L’incremento è «influenzato dal numero di decessi a causa dell’infezione da Covid-19», precisa l’Istituto di assicurazione. Una circostanza ripresa anche dal Capo dello Stato, che nel messaggio ricorda le «ripercussioni drammatiche» della pandemia «sulla salute dei lavoratori».

Il ringraziamento ai sanitari

Mattarella rende omaggio, in particolare al personale sanitario e socio-assistenziale, «per aver fronteggiato inedite situazioni di emergenza», pagando un prezzo altissimo. Ad oggi, sono 178 i medici e 41 gli infermieri morti per coronavirus contratto in corsia o in ambulatorio. Il «grazie» del Presidente va anche ai lavoratori dei servizi essenziali, «che hanno consentito la prosecuzione delle tante attività economiche ritenute indispensabili alla nostra vita quotidiana, svolgendo la propria prestazione in condizioni di preoccupazione per la propria salute, permettendo a tutti noi di fronteggiare un momento drammatico».

«Garantire la massima sicurezza»

Anche a fronte dell’emergenza sanitaria, sottolinea Mattarella, «l’impegno per garantire la massima sicurezza sul lavoro non deve arretrare», perché «la tutela della salute di chi lavora costituisce un bene primario su cui si misura la civiltà delle economie avanzate». Da qui, l’auspicio del Presidente della Repubblica che, «nonostante le condizioni difficili create dalla pandemia, si tragga la spinta per aumentare gli investimenti sulla sicurezza, avvalendosi dei progressi offerti dalle nuove tecnologie e degli avanzamenti compiuti in questi anni dalla ricerca scientifica». Un impegno fatto proprio anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nel suo messaggio all’Anmil scrive: «Nel 2020 subire un infortunio invalidante o, peggio ancora, perdere la vita mentre si sta svolgendo il proprio lavoro non può essere più considerato accettabile».

«Legge vecchia, da cambiare»

Inaccettabili, aggiunge il presidente dell’Anmil, Zoello Forni, sono anche le «gravi carenze» del Testo unico infortuni che risale al 1965. «Tra le altre questioni – sottolinea Forni – dimentica completamente alcune categorie di familiari e stretti congiunti, non prevede alcun supporto psicologico e non garantisce un effettivo reinserimento lavorativo né per i lavoratori infortunati che rimangono invalidi né per i superstiti dei caduti sul lavoro».

I nomi delle persone che hanno perso la vita sul lavoro nel 2020 (a cura di Marco Bazzoni): CLICCA QUI

 

Mixology Academy . Al via la formazione di chi ha perso il lavoro

Entro la fine dell’anno a Roma corsi di tre mesi per diventare barman rivolti a dieci disoccupati al costo di soli 397 euro
Il manuale di Ilias Contreas, fondatore della Mixology Academy

Il manuale di Ilias Contreas, fondatore della Mixology Academy – Archivio

È l’opportunità che la Mixology Academy, tra i maggiori centri internazionali per la formazione di barman, accreditato alla Regione Lazio, offre a dieci disoccupati nella sede di Roma. Il programma è di 300 ore – 20 a settimana – e comprende una panoramica completa sul lavoro del barman/barista, trattando i seguenti temi: attrezzature e strumenti del mestiere, norme igienico-sanitarie, norme e disposizioni per la sicurezza sull’ambiente di lavoro, accoglienza del cliente, organizzazione del bar, servizio cocktail, ricette e tecniche di preparazione di cocktail di varie tipologie, merceologia dei distillati e liquori, caratteristiche dei principali vini italiani ed internazionali, tecniche e regole di mescita, tecniche di spillatura della birra, abbinamenti di bicchieri e bevande, servizio di caffetteria, preparazione di snack e piatti freddi, conservazione delle materie prime alimentati, dei semilavorati e dei prodotti finiti, gestione di scorte e magazzino, psicologia del cliente, principi di comunicazione e vendita. Il corso è autorizzato dalla Regione Lazio e le lezioni si svolgeranno nella sede di 600 metri quadrati di via Ostiense 230, nei pressi della Metro B “Basilica San Paolo” (quattro fermate dal Colosseo) e avranno inizio entro la fine del 2020 per dare la possibilità ai neo barman/baristi di affrontare il 2021 con una nuova prospettiva professionale e di vita. Per Mixology Academy si tratta di un impegno economico di 100mila euro.

«La quota lasciata a carico del candidato – spiega la direzione dell’Accademia – ha il solo scopo di garantire la serietà dell’impegno della persona per non rischiare di sprecare le nostre risorse e privare dell’opportunità un altro bisognoso».

I candidati dovranno avere l’attestato di disoccupazione dell’ufficio del lavoro e ne verranno selezionati al massimo dieci in base all’indice Isee più basso. Per candidarsi è sufficiente inviare un’email a: info@corsiperbarman.it allegando le suddette attestazioni.

Perché questa iniziativa di solidarietà da parte di una scuola privata? Spiega Ilias Contreas, uno dei fondatori della Mixology Academy: «Gli ultimi mesi di questo strano anno hanno sconvolto la situazione economica di tanti italiani mentre il settore dei locali ha retto il colpo diventando perfino oggetto di attacchi del governo proprio per la “movida” e relativi assembramenti. Diventare barman/barista può essere quindi davvero una buona soluzione. Purtroppo però da anni la Regione Lazio non stanzia fondi a favore di questo comparto, così abbiamo deciso di scendere in campo con le nostre forze per aiutare le persone in difficoltà a crearsi un futuro attraverso un percorso formativo completo».

La Mixology Academy – www.corsiperbarman.it – aperta nel 2008 da Luca Malizia e Ilias Contreas, ha una sede anche a Milano per complessivamente 90 postazioni. L’offerta di stages è altamente qualificata e gli allievi trovano impiego entro tre mesi. Con la certificazione riconosciuta dalla Regione Lazio, e a breve anche in Lombardia, l’Accademia è parificata a un istituto alberghiero.

Ilias Contreas è anche autore del libro Diventare barman: come iniziare una carriera professionale e avere successo in tempo di crisi (anche se sei un giovane senza esperienze) (152 pagine, 13,90 euro) edito da Europa Edizioni e disponibile in tutte le librerie per coloro che vogliono avvicinarsi alla professione del bartender prendendo spunto da questo saggio autobiografico.

Di recente Luca Malizia, in collaborazione con Marco Improta, ha pubblicato il manuale Aprire un locale ti rovina la vita – Se non sai come farlo (349 pagine, 19,70 euro), dove illustra il metodo BarBiz messo a punto dagli autori per la gestione proficua di un bar. Mixology Academy ha innovato anche il lavoro al bar con il Metodo Global Bartending.

Avvenire

La strage infinita. Lavoro, 628 morti nel 2019

Calano ancora i morti sul lavoro. Secondo la Relazione annuale dell’Inail, nel 2019 gli infortuni con esito mortale sono stati 628, il 17,2% in meno rispetto al 2018, di cui 362, pari al 57,6%, occorsi “fuori dell’azienda”. Complessivamente, gli infortuni denunciati sono stati 644.803, anche se quelli riconosciuti “sul lavoro” sono stati 405.538, di cui il 18,6% avvenuti “fuori dell’azienda”, cioè lungo il tragitto tra casa e lavoro e viceversa.

Continuano ad aumentare, invece, le denunce di malattie professionali, fenomeno che ha caratterizzato tutto l’ultimo decennio, in seguito agli interventi legislativi che hanno ampliato l’elenco delle patologie che godono della presunzione legale di origine lavorativa. Nel 2019, le malattie professionali denunciate sono state 61.201, il 2,9% in più rispetto al 2018 e oltre il 40% in più del 2010. Al 36,7% delle denunce è stata riconosciuta la causa professionale, mentre il 2,7% dei casi è ancora in istruttoria. Complessivamente, i lavoratori ammalati sono 43.700, il 40,3% dei quali per causa professionale riconosciuta. Oltre 1.500 i lavoratori con patologia asbesto-correlata (amianto). Nel 2019 sono stati 1.018 i lavoratori deceduti con riconoscimento di malattia professionale (-24,6% rispetto al 2018), di cui 212 per silicosi-asbestosi.

«Per contrastare il dramma degli incidenti sul lavoro – sottolinea il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – sono necessarie azioni sinergiche, determinate e responsabili da parte di tutti gli attori istituzionali, le parti sociali, il mondo produttivo e la società civile. Proseguire nel cammino tracciato è irrinunciabile, ma non ancora sufficiente. Per fare della sicurezza una vera priorità sociale e attuare finalmente un deciso cambio di passo occorre richiedere a tutti un impegno straordinario e, soprattutto, prestare ascolto ai numerosi e autorevoli richiami del Capo dello Stato».

Avvenire

Coronavirus. Scuola online, da giovedì le vacanze di Pasqua. Si riparte il 15

Scuola online, da giovedì le vacanze di Pasqua. Si riparte il 15

Prima vacanza per la scuola online. Da domani e fino a mercoledì 15 aprile, video lezioni sospese per le vacanze di Pasqua. Tutte le Regioni hanno confermato il calendario scolastico deciso prima dell’emergenza coronavirus e quindi non ci sarà alcuna proroga, come chiesto da qualche dirigente scolastico. È fatta salva la possibilità delle scuole, data l’autonomia, che si possa decidere qualche giorno di “recupero” dei giorni di lezione persi nel caso in cui vi sia, però, pieno accordo tra le varie componenti della scuola.

Non è questo il caso di un dirigente del Veneto, autore di una circolare che prevedeva la sospensione dell’attività scolastica soltanto da sabato 11 a lunedì 13 aprile. Dopo la protesta di studenti e insegnanti, la direttiva è stata ritirata.

«Il personale scolastico ha diritto al riposo, come ne hanno diritto studenti e famiglie», ricorda Orizzontescuola. «I docenti, i dirigenti – sottolinea la rivista online – stanno lavorando anche più del dovuto. Si sfora ogni orario di lavoro giornaliero, si è sempre reperibili, sono saltate tutte le regolamentazioni, i carichi di lavoro sono pesanti, lo stress è alto». Qualche giorno di vacanza, insomma, è necessario.

avvenire

Giovani. Il Sud si spopola, la Sicilia prova a ribellarsi con le «Valigie di cartone»

Diocesi e Comuni fanno fronte comune per reagire a un processo che indebolisce sempre più il patrimonio umano dell’isola. Gli studenti si organizzano col movimento “Si resti arrinesci”

Manifestazione a Palermo del movimento "Valigie di cartone" (Fotogramma)

Manifestazione a Palermo del movimento “Valigie di cartone” (Fotogramma)

La vera emergenza del Sud? I giovani che se ne vanno, alla ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita. Lo spopolamento, che interessa piccoli e grandi centri, soprattutto del Mezzogiorno, è un colpo per l’economia di un’Italia in difficoltà: è la perdita del capitale umano. Lo dimostrano gli ultimi dati Svimez: gli emigrati tra il 2002 e il 2017 dalle regioni meridionali sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Di questi ultimi, si legge nel rapporto, «66.557 sono giovani, cioè il 50,4%, di cui il 33% laureati». Sempre secondo lo Svimez, al termine del 2019 l’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del Pil del +0,1%. Al Centro-Nord dovrebbe crescere di appena lo +0,3%, nel Mezzogiorno, invece, l’andamento previsto è del -0,3%. Previsioni di cui si attende conferma. Non solo, la stessa associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno stima pure che nei prossimi 50 anni le Regioni del Sud perderanno 5 milioni di residenti. Un calo, dunque, che sembra inesorabile e progressivo. Molti giovani partono verso il centro-nord per motivi di studio, altri decidono di trasferirsi per motivi di lavoro. Secondo Almalaurea al 2018, a cinque anni dalla laurea, il 18,9% degli studenti del Sud si è trasferito per motivi di studio e non è rientrato. E un 21,2% di giovani parte per motivi di lavoro dopo essersi laureato in un ateneo del Sud. (Fulvio Fulvi)

Una valigia simbolo di chi sale su un aereo per trovare finalmente un futuro lontano da una terra che sembra non offrire più niente, ma anche di chi decide di tornare a costruire qualcosa dove è nato e dove si trovano i propri affetti.

Ormai Chiesa, studenti, sindaci in Sicilia hanno compreso che è necessario un fronte comune per frenare l’esodo dei giovani, che sta spopolando l’isola, pretendendo una inversione di rotta, anche stimolando le occasioni per fare impresa.

Il movimento delle “Valigie di cartone”, fondato da don Antonio Garau a Palermo, e quello degli studenti “Si resti arrinesci”, assieme a molteplici iniziative organizzate in piccoli e grandi Comuni della Sicilia hanno fatto scoppiare il caso. Ci sono giovani che si mettono in gioco per offrire una testimonianza diversa, denunciando i forti limiti di un sistema locale asfittico, ma pretendendo di potere avere un’occasione.

Come Attilio Costa, caparbio 26enne palermitano, neolaureato in Economia, ma con il cappello dello chef in testa. Il suo è un percorso particolare. Diplomato in ragioneria, ma con la passione per la cucina, Attilio ha cominciato a lavorare nei locali per poi decidere di volare in Inghilterra per perfezionare l’inglese e fare esperienza nel settore della ristorazione. «Se sei uno chef e vuoi girare il mondo, devi conoscere bene l’inglese. Così ho lavorato per un anno in Inghilterra, anche in un hotel di lusso – racconta –. Mi sono reso conto che lì, se vuoi, puoi riuscire. Poi sono andato in Corsica per la stagione estiva, in un ristorante di lusso. E ora sono tornato».

Nel frattempo ha continuato a studiare, si è laureato in Economia, «perché penso che chi vuole fare impresa deve essere ben formato» e ha ingaggiato una bella sfida. «Sto aspettando di trovare un locale adeguato qui a Palermo, in regola con tutte le licenze, per aprire un ristorante tutto mio – confida –. Mi sono sempre domandato perché vado bene lontano da qui e invece dove ci sono le mie amicizie, i miei affetti, è tutto più difficile. Io devo riuscirci. Anche se devo ammettere che sto trovando molte difficoltà a trovare un locale adatto e con le carte in regola».

Unire le forze, sembra essere diventata la parola d’ordine. Vescovi si sono messi in gioco per diffondere la cultura d’impresa, come monsignor Giuseppe Marciante a Cefalù, che ha lanciato il Laboratorio della Speranza per mettere a disposizione dei giovani beni ecclesiali da promuovere e valorizzare turisticamente, o come monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale che ha promosso il “Contamination lab” per rilanciare la cultura dell’imprenditorialità, favorendo la contaminazione tra idee e persone. I vertici di numerose diocesi (Palermo, Monreale, Trapani, Piazza Armerina e Siracusa) assieme a tanta gente hanno partecipato a manifestazioni per sollevare il grave problema dell’emigrazione forzata dei giovani. Lo ha ricordato proprio ieri don Garau, invitato all’assemblea straordinaria dei Comuni siciliani a Palermo, per accendere i riflettori sulla grave situazione degli enti locali in situazione di dissesto e pre-dissesto.

«Non possiamo più stare a guardare dai nostri balconi la sofferenza della gente. Una Chiesa in uscita e una politica per l’uomo devono saper uscire dalle comode sacrestie e dai comodi palazzi di potere e farsi vedere e sentire, condividendo le gioie e le speranze di un’umanità che va sempre più alla deriva» denuncia Garau, che ha presentato un “pentalogo” con alcuni segnali di discontinuità: l’impegno «ad attivare tutte le risorse disponibili e gli investimenti programmatici 2014-2020», a «rafforzare la rete di collaborazione tra imprese, scuole e università», «aprire un fronte di discussione con il governo nazionale», un ammodernamento della struttura amministrativa della Regione, una nuova strategia che sappia attrarre risorse.

Ieri pomeriggio, il movimento “Si resti arrinesci” ha organizzato a Petralia Soprana, paesino delle Madonie, l’iniziativa “addumamu i luci”, “accendiamo le luci” con una fiaccolata contro l’emigrazione forzata dalla Sicilia, mentre un’altra iniziativa si era svolta qualche giorno fa a Mazara del Vallo.

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