Iran è morta Armita Geravand

(Il Post) La ragazza iraniana di 16 anni era in coma da inizio ottobre: secondo diverse organizzazioni per i diritti umani era stata picchiata dalla polizia perché non portava l’hijab — L’agenzia di stampa statale iraniana IRNA (Islamic Republic News Agency) ha annunciato la morte di Armita Geravand, la ragazza di 16 anni che secondo diverse organizzazioni per i diritti umani il 1° ottobre era stata picchiata dalla polizia iraniana perché non portava l’hijab, il velo islamico. Geravand era in coma dall’inizio di ottobre e la scorsa settimana i medici avevano dichiarato lo stato di morte cerebrale. 

Sempre più casi di sospetto avvelenamento tra le studentesse iraniane

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AGI – Aumentano giorno dopo giorno oramai i casi di sospetto avvelenamento di studentesse nelle scuole di diverse regioni dell’Iran, mentre non si chiarisce il mistero delle cause di quanto sta accadendo. Intanto, cresce la preoccupazione dei genitori, che ieri a Teheran sono scesi a protestare davanti al ministero della Salute.

Dalla fine di novembre sono stati segnalati centinaia di casi, principalmente nella città santa di Qom a Sud della capitale, con almeno 52 scuole prese di mira, secondo un conteggio ufficiale pubblicato ieri. Alcune studentesse – che di solito riportano difficoltà respiratorie, nausee e mal di testa – sono state anche ricoverate in ospedale. L’ultima ondata di avvelenamenti ha colpito diverse ragazze in due scuole superiori nella città occidentale di Abhar e nella città sudoccidentale di Ahvaz, ha riportato l’agenzia di stampa Isna, citando funzionari sanitari locali. Anche le studentesse di una scuola elementare nella città di Zanjan, nell’Ovest, sono finite nel mirino di quella che per gli attivisti è una campagna mirata contro le donne che sono state in prima linea nelle recenti proteste anti-governative scatenate dalla morte di Mahsa Amini mentre era in custodia della polizia morale.

La rabbia delle famiglie
Altri casi sono stati segnalati nella città santa di Mashhad nel Nord-Est, Isfahan nel centro e Shiraz nel Sud, secondo le agenzie di stampa Mehr e Ilna. In diverse città, i genitori degli studenti si sono così mobilitati chiedendo alle autorità di agire senza indugio. Durante un incontro con il ministro dell’Istruzione a Qom, il grande ayatollah Abdollah Javadi Amoli ha invitato i funzionari a “risolvere il problema il più rapidamente possibile” per “rassicurare la nazione”. “È spaventoso notare che l’origine dell’avvelenamento degli studenti non è stata ancora determinata”, ha lamentato.

La scorsa settimana, un funzionario del ministero della Salute ha ipotizzato che “alcune persone”, compiendo tali azioni, stanno cercando di far “chiudere tutte le scuole, in particolare le scuole femminili”. Il ministro dell’Interno, Ahmad Vahidi, ha riferito ieri della scoperta di “campioni sospetti” durante “indagini sul campo”. Ma non ha fornito ulteriori dettagli sulle sostanze utilizzate.

La reazione delle autorità
Da parte sua, il presidente Ebrahim Raisi ha chiesto ai ministeri dell’Interno e dell’Intelligence di “sconfiggere il complotto del nemico” che “vuole seminare paura, insicurezza e disperazione”. Il capo della Protezione civile, il generale Gholamreza Jalali, ha detto che le scuole del Paese sono “immerse nel panico sociale”.

“Non sto dicendo che gli avvelenamenti non siano reali, ma infondere paura generale potrebbe aumentare drasticamente il numero di vittime”, ha detto. Il viceministro dell’Interno Majid Mirahmadi ha accusato gli “autori dell’avvelenamento delle ragazze” di voler “chiudere le scuole”, ma anche di mirare a scaricare le colpe “sul sistema” per “riaccendere la fiamma spenta delle rivolte”. L’allusione è al movimento di protesta che per cinque mesi, da metà settembre 2021, ha sfidato il regime chiedendo la fine della Repubblica islamica e che è poi stato represso nel sangue.

Iran arresta una reporter, gemella già in carcere per proteste

 © EPA
– “La responsabile della redazione Sociale del quotidiano iraniano ‘Ham-Mihan’, Elnaz Mohammadi, è stata posta oggi agli arresti presso la procura di Evin”, ha riferito il marito Saeed Parsaei in un messaggio su Twitter, citato dal quotidiano riformista.
Elnaz, convocata in Procura per un colloquio e poi arrestata, è la sorella gemella di Elaheh Mohammadi, giornalista dello stesso quotidiano, in carcere dal 29 settembre con l’accusa di “propaganda contro il sistema” e “collusione contro la sicurezza nazionale’ per il suo articolo sul funerale di Mahsa.
Intanto, i media locali riportano la notizia della condanna a un anno di reclusione e il divieto di lasciare il Paese per due anni per il manager del sito ‘Mobin-24’ e del canale di informazione Iran Times, Hossein Yazdi. Secondo ‘Khabaronline’, è stato arrestato nella sua casa a Isfahan all’inizio di dicembre per aver sostenuto le proteste. (ANSA).

Iran. Impiccati altri due ventenni. Gli avvocati: «Negato il diritto alla difesa»

I due giovani avevano preso parte alle proteste nel Paese ed erano stati condannati per la morte di un miliziano, avvenuta il 3 novembre. I legali: impedito di vedere la famiglia prima dell’esecuzione
Proteste contro il regime iraniano in Turchia, nel dicembre scorso

Proteste contro il regime iraniano in Turchia, nel dicembre scorso – Reuters

Continua la repressione dei giovani in Iran. Questa mattina all’alba altri due ventenni sono stati impiccati dopo essere stati giudicati colpevoli di aver ucciso un paramilitare nelle proteste scatenate dalla morte della 22enne Mahsa Amini.

“Mohammad Mahdi Karami e Seyed Mohammad Hosseini, i principali autori del crimine che ha portato al martirio di Rouhollah Ajamian, sono stati impiccati questa mattina” di sabato, ha riferito il sito Mizan Online. I due avevano rispettivamente 22 e 26 anni.

I due uomini sono stati accusati di aver ucciso Ajamian, membro della milizia Bassidji, legata ai Guardiani della Rivoluzione, l’esercito ideologico dell’Iran. I fatti risalgono al 3 novembre scorso e sono avvenuti a Karaj, a ovest di Teheran. Il tribunale di primo grado ha condannato a morte i due uomini il 4 dicembre e il 3 gennaio la Corte suprema iraniana ha confermato le sentenze respingendo il ricorso.

I due facevano parte di un gruppo di 16 persone arrestate per l’uccisione del paramilitare: cinque sono stati condannati a morte e altri 11, tra cui tre minorenni, hanno ricevuto lunghe pene detentive, fino a 25 anni. Tutti loro avevano preso parte a una cerimonia in occasione del 40esimo giorno dall’uccisione di un altro manifestante, Hadis Najafir, da parte delle forze di sicurezza. Altri due giovani condannati, Mohsen Shekari e Majidreza Rahnavard, sono già stati impiccati.

L’avvocato di uno dei due giovani impiccati questa mattina, Mohammad Mahdi Karami, ha detto che il suo assistito è stato privato del diritto alla difesa. Secondo il legale, Mohammadhossein Aghassi, Karami aveva iniziato uno sciopero della fame in carcere per protestare contro il “rifiuto della mia richiesta di averti come mio avvocato”, come gli aveva annunciato lo stesso 22enne in una telefonata dalla prigione in cui era rinchiuso. L’avvocato ha riferito inoltre che a Karami non è stato permesso di vedere la famiglia un’ultima volta prima dell’esecuzione.

Anche l’avvocato del secondo impiccato, Ali Mojtahedzadeh, ha denunciato sui social che “per quanto riguarda la loro esecuzione, non c’è spazio per una discussione legale, in quanto sono stati privati del diritto minimo di scegliersi un avvocato”.

Unione Europea “sconvolta” dalle esecuzioni

L’Unione Europea è “sconvolta” dalle esecuzioni di Mohammad Mehdi Karami e Seyyed Mohammad Hosseini. Nabila Massrali, portavoce del capo della diplomazia europea Josep Borrell, denuncia in una nota il “nuovo segnale di repressione violenta delle manifestazioni” ed “esorta nuovamente le autorità iraniane a mettere termine immediatamente alla pratica altamente riprovevole di pronunciare ed eseguire condanne a morte contro i manifestanti”, nonché ad “annullare senza indugio le recenti condanne a morte già pronunciate nell’ambito delle manifestazioni e a garantire giusto processo a tutti i detenuti”. Si fa “appello all’Iran affinché rispetti rigorosamente gli obblighi sanciti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran è parte. I diritti fondamentali, compresi i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica, devono essere rispettati in ogni circostanza”.

Anche da Hollywood appello all’Iran, “Fermate le esecuzioni”

Cate Blanchett, Jason Momoa, Samuel L. Jackson, Jada Pinkett Smith e Bryan Cranston sono tra gli oltre 50 esponenti dell’industria cinematografica e dello spettacolo che hanno partecipato ad un appello all’Iran perché fermi le esecuzioni di partecipanti alle proteste. Lo scrive l’Hollywood Reporter.

In un videomessaggio prodotto e realizzato dalla sceneggiatrice Nicole Najafi, dalla regista e produttrice Ana Lily Amirpour e dall’attrice Mozhan Marnò, tutte irano-americane, gli attori ed altri esponenti dello showbusiness americano appaiono in immagini in cui mostrano il cartello con l’hashtag #StopExecutionsinIran.

avvenire.it

Iran. Liberata su cauzione l’attrice Taraneh Alidoosti

Si era schierata con i manifestanti e con le donne iraniane sin dai primi giorni delle proteste. Era stata quindi arrestata e portata nel carcere di Evin a Teheran
Liberata su cauzione l'attrice Taraneh AlidoostiÈ stata rilasciata l’attrice iraniana Taraneh Alidoosti, che era stata arrestata tre settimane fa dopo aver postato su Instagram tre messaggi in cui esprimeva solidarietà al primo uomo condannato a morte in relazione alle proteste antigovernative in Iran.

“Oggi, la mia cliente, la signora Taraneh Alidoosti, sarà rilasciata dalla prigione di Evin dopo aver pagato la cauzione” così ha scritto il legale della donna, prima del rilascio su cauzione di Alidoosti, famosa per aver interpretato, tra gli altri, il film Oscar “Il cliente” di Asghar Farhadi.

La madre dell’attrice, Nadere Hakimelahi, ha confermato la notizia del rilascio su cauzione su Instagram.

da avvenire.it

Iran: continuano le proteste anti-regime, ucciso un 22enne

 © EPA

– Almeno un manifestante è rimasto ucciso nelle proteste contro il regime in Iran che sono proseguite anche oggi.

La vittima, un ragazzo di 22 anni, Borhan Elyassi, sarebbe stato ucciso con un colpo di pistola nella città curda di Javanrud.

I raduni si sono tenuti in diverse città iraniane, tra cui Teheran, Semirom, Najafabad, Zahedan, Marvdasht, Javanrud, Izeh e Kermanshah.
I video diffusi sui social media mostrano le forze di sicurezza sparare gas lacrimogeni e proiettili contro i manifestanti nelle città occidentali di Kermanshah e Javanrud, ferendo alcune persone. Le forze di sicurezza hanno chiuso le strade della città curda di Javanroud, arrestando un gruppo di manifestanti e vietando agli altri di partecipare alle cerimonie nel cimitero della città per celebrare il 40/o giorno dell’uccisione di 7 manifestanti da parte delle guardie di sicurezza. La gente ha gridato slogan come ‘Morte al dittatore, morte al (leader Ali) Khamenei’ e ‘I Mullah devono andarsene per ricostruire l’Iran’.
A Najafabad, la polizia si è scontrata con i manifestanti che scandivano: “I nostri dollari sono in Libano, i nostri giovani sono in prigione”, riferendosi al sostegno dell’Iran alle milizie sciite libanesi di Hezbollah. (ANSA).