Coronavirus. «Bambini, un altro “no” sarebbe un vero danno»

La viceministra all’Istruzione, Anna Ascani, sta lavorando a un piano per farli uscire di casa: «Chiedo al Cts meno rigidità»
La viceministra all'Istruzione, Anna Ascani

La viceministra all’Istruzione, Anna Ascani

da Avvenire

Mentre i bambini olandesi torneranno da oggi a giocare nei parchi e quelli svizzeri ad abbracciare i nonni, i nostri dovranno restare ancora chiusi in casa, come ormai fanno da quasi due mesi. «Stiamo pensando a una fase 2 per tutti, tranne che per i bambini, soprattutto quelli fino a sei anni, la cui socialità è compromessa da questo lungo lockdown », sbotta la viceministra all’Istruzione e vicepresidente del Partito democratico, Anna Ascani. Con la ministra della Famiglia, Elena Bonetti, sta lavorando a un piano per l’infanzia in due fasi, da sottoporre al governo e al Comitato tecnico scientifico, per consentire anche e soprattutto ai più piccoli, di tornare a giocare all’aperto con i coetanei.

Come si svilupperà il piano?

Innanzitutto, sarà rispettoso delle norme di sicurezza. Non ci saranno assembramenti nei parchi o nelle strutture che saranno individuate, ma i bambini potranno giocare in gruppi ristretti. Ai piccoli manca il rapporto con i coetanei, che nessun dispositivo può riprodurre. Una socialità che, in questi mesi, è stata perduta ma che va al più presto ricostruita.

Come saranno organizzate queste attività all’aperto?

Pensiamo a una prima fase, ad inizio maggio, in cui i bambini possano tornare nei parchi, accompagnati dai genitori, dove poter giocare, in piccoli gruppi, con l’assistenza di specifiche professionalità, come gli educatori, coordinate dai Comuni. Con la ministra Bonetti stiamo lavorando a un quesito specifico da sottoporre al Comitato tecnico scientifico. Finora, sul punto è stato abbastanza rigido, ma ora ci aspettiamo maggiori aperture. Un’altra risposta negativa potrebbe essere un danno per la socialità dei più piccoli: tutelerebbe la salute ma comprometterebbe la crescita dei bambini.

Quali sono le proposte per l’estate?

Da giugno partirà la fase due, che andrà avanti fino a tutto luglio, con attività più strutturate, anche con l’impiego di professionalità specifiche. Per questa fase contiamo di recuperare i cortili delle scuole e anche altri spazi non utilizzati, che saranno opportunamente sanificati e messi in sicurezza in accordo con gli enti locali. I genitori, penso soprattutto a coloro che dovranno lavorare, avranno così la possibilità di lasciare i figli in luoghi sicuri, dove potranno svolgere attività indicate per ciascuna età.

La sospensione delle lezioni in presenza ha evidenziato anche le diseguaglianze tra i territori: come vi state muovendo per ridurle?

Con l’impresa sociale “Con i bambini” abbiamo firmato un accordo per la realizzazione della piattaforma “Superiamo di divari”, uno strumento attuativo del Piano per la riduzione dei divari territoriali e migliorare le competenze degli studenti di cinque regioni: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Con questo accordo vogliamo mettere a disposizione di Regioni, Usr e scuole una piattaforma per la condivisione di buone pratiche.

Maturità e ripresa a settembre: a che punto siamo?

Per la Maturità, abbiamo sostanzialmente ottenuto dal Cts il via libera allo svolgimento a scuola. Siamo al lavoro anche sulla ripartenza dopo l’estate, che vogliamo avvenga a pieno ritmo. Dovendo garantire il distanziamento, utilizzeremo anche spazi all’aperto e, per gli studenti più grandi, si sta lavorando a un piano che prevede un mix di lezioni in presenza e a distanza. La scuola tornerà a pieno regime, anche se ha comunque dato buona prova di sé nell’emergenza.

Studiare la Filosofia a scuola aiuterà i lavoratori del futuro

In un mondo altamente tecnologico a cui siamo destinati nei prossimi anni, il ragionamento potrebbe essere l’unica differenziazione fra uomo e macchine.

Lo ha capito anche il presidente della Repubblica irlandese, Michael Higgins, che si è posto la domanda “come deve cambiare l’istruzione in previsione futura e cosa serve davvero ai ragazzi e alle ragazze di oggi, per diventare gli uomini e le donne di domani?”. La soluzione sarebbe quella di puntare sulla Filosofia, già dall’età di dodici anni.

Come riporta Il Sole24 Ore, pare che l’iniziativa sia nata dopo un dibattito sul tema della perdita di posti di lavoro e dei cambiamenti in atto nella società irlandese. Così, dallo scorso settembre, la filosofia, in Irlanda, è entrata a far parte dell’elenco delle materie “irrinunciabili”. E già è in discussione la sua introduzione nelle scuole elementari.

 

“Cosa sono i sogni?” “Chi sono io?” “Cosa è il destino?”: non è mai troppo presto per porsi domande importanti e con lo studio della filosofia i bambini possono essere invitati a riflettere e a confrontarsi, in maniera diretta, su questioni tipiche della discussione filosofica.

Nella Filosofia, dunque, si potrebbe rintracciare uno strumento valido di ragionamento che sin dai primi anni di scuola potrebbe rappresentare il valore aggiunto alle professioni del futuro.

Quindi, concetti come la vita, la gioia, l’amore, la tristezza, la diversità, la pace, la speranza, il tempo, lo spazio, il futuro possono diventare tema di dibattito e confronto e, grazie alla mediazione dell’esperto, diverranno parte del bagaglio di esperienza di ciascun alunno.

L’esempio irlandese potrebbe essere l’inizio della riscossa della filosofia, per troppo tempo marchiata come disciplina inutile, ed invece nel giro di in poco tempo, potrebbe diventate il valore aggiunto per i lavoratori del futuro.

In Italia, però, non  stiamo a guardare: dal 2015 è nata un’associazione culturale FilosofiaCoiBambini, che si occupa di diffondere e custodire il metodo educativo originale di approccio “filosofico” all’istruzione, sin dalla scuola dell’infanzia.

Il progetto, di origine pesarese, è oggi una realtà nazionale che vanta un numero crescente di scuole dell’infanzia e primariache già adottano la sperimentazione (più di 30 Istituti Scolastici in Italia ed Europa solo alla fine del 2015).
La filosofia, come ritengono i creatori del progetto, insegna ai bambini ad utilizzare il controfattuale, allenando così, la loro capacità di immaginare mondi possibili e di trovare soluzioni a problemi concreti e astratti.

tecnicadellascuola.it

Iraq: una missione umanitaria ridà il sorriso ai bambini

Si è conclusa a Nassiriya, in Iraq, la missione umanitaria di medici e infermieri volontari di Emergenza Sorrisi, che per una settimana hanno operato senza sosta bambini affetti da labio-palotoschisi, ustioni gravi e altre patologie. E’ ormai dal 2008 che l’Iraq è al centro dell’azione di questa Organizzazione non governativa e sono 17 i Paesi del mondo interessati da missioni che hanno ridonato il sorriso, fin ad oggi, a circa 4000 bambini.

Il dottor Fabio Massimo Abenàvoli, chirurgo plastico e presidente di Emergenza Sorrisi, il quale, al microfono di Lucas Duran, parla di come si presenta oggi la realtà di Nassiriya e dei rapporti tra cristiani e musulmani 8da Radio Vaticana)

R. – Aldilà di quella che è l’azione medica concreta abbiamo ritrovato davvero una passione per gli italiani, un rispetto, un affetto; abbiamo trovato un desiderio di evoluzione per quello che è il discorso di pace, di tranquillità, di poter lavorare, di poter girare e nuovamente passeggiare nelle loro città. Sicuramente l’Iraq è ancora un Paese con delle forti diversità, dei forti contrasti, dove però c’è questo desiderio di estromettere questi violenti, questi “terroristi”, come da loro vengono assolutamente giudicati. Vengono in qualche modo sicuramente emarginati e l’Italia in questo contesto può fare molto perché favorendo quello sviluppo all’interno di questo Paese sicuramente si favorisce quella che è una crescita anche sociale. Una cosa molto bella è che noi a volte ci vergognamo, mentre loro qualsiasi frase la concludono dicendo: “Inshallah” (Se Dio vuole). Noi invece molte volte abbiamo una titubanza a dire: “Se Dio vuole” o “Speriamo in Dio”. In realtà, il bello è questo: quando mi confronto con questi colleghi, con le famiglie, con queste persone, ma anche con le autorità, uso sempre questa espressione: abbiamo fatto una cerimonia di chiusura, di saluto; loro dicono “Inshallah” e io dico “Grazie a Dio, questa missione è andata molto bene”. Poi molte volte ridiamo insieme concludendo che Dio è uno solo. Devo dire che la cosa molto bella è che noi siamo partecipi della loro vita religiosa; siamo spesso invitati nelle loro moschee o ospiti dall’imam della regione che ci accoglie con molto calore. C’è un rispetto reciproco e una considerazione unica: la religione, in qualche modo, anche se diversa, unisce le persone ed è il contrario di quello che questi terroristi considerano. L’islam e il cristianesimo sono due religioni con due aspetti diversi, ma con un unico Dio.

D. – Per riassumere, per far comprendere anche a coloro che magari non hanno ancora conosciuto Emergenza sorrisi, cosa significa una missione come quella che è appena avvenuta in Iraq?

R. – Vorrei fare un breve riassunto. Dalla prima missione risalente ad alcuni anni fa, abbiamo operato molti pazienti grazie all’aiuto di medici. Nelle missioni lavoriamo con medici locali che ci portano i casi più difficili e si occupano di una patologia chiamata labio-palatoschisi, una patologia molto grave che coinvolge il palato. Un bambino con un’apertura o una mancata chiusura fisiologica del palato, non può vivere perché non può nutrirsi, affronta delle infezioni gravissime ed ha un indice di mortalità molto elevato nei primi anni o mesi di vita. L’altro aspetto è quello degli ustionati, molti di questi sono vittime di episodi di terrorismo. Purtroppo questi bambini non hanno la possibilità di avere una vita normale perché hanno delle cicatrici terribili che bloccano gli arti, come il collo ad esempio. In questi giorni abbiamo operato tre ragazzi con il collo completamente vincolato perché una sequela dei cicatrici da ustione impediva loro di sollevare la testa. Questa ovviamente è una situazione terribile perché in questo modo non è possibile vivere. In questi anni siamo riusciti, a partire dai primi interventi, a creare quelle che sono le condizioni perché i medici locali potessero operare autonomamente grazie a quella che è la vera cooperazione allo sviluppo, che ha consentito loro, tramite la formazione e la fornitura di strumenti, come i monitor ad esempio, di avere il necessario per poter agire autonomamente.

A Loreto il pellegrinaggio dei bambini

Si terrà dal 23 al 27 giugno a Loreto il 42/o Pellegrinaggio della Gioia promosso daUnitalsi Roma-Lazio che coinvolgerà oltre 500 persone con 150 bambini disabili provenienti da tutte le province del Lazio e dai reparti pediatrici degli ospedali “Bambino Gesù” e “Gemelli” di Roma.

La cantante Alessandra Amoroso ha lanciato un video sui
social per promuovere questo pellegrinaggio e per la prima volta
il viaggio in treno verrà raccontato in diretta Facebook da
Unitalsi.

Guarda il VIDEO con Alessandra Amoroso, testimonial anche del 42° Pellegrinaggio dei Bambini a Loreto

Compagni di viaggio per i bambini e le loro famiglie saranno anche personaggi del mondo della musica e dello spettacolo.
Il pellegrinaggio – sottolinea Unitalsi – è sostenuto dall’emittente Radio-Radio che ha fatto una raccolta di fondi tra i suoi ascoltatori.
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Madaya, nella città assediata da Assad si muore di fame. In 40mila senza cibo

I bambini che mangiano le foglie dagli alberi. Altri che, raccontano gli attivisti, si cibano di cani e gatti. Gli oltre 40mila civili intrappolati da mesi a Madaya, località a ovest di Damasco circondata dalle milizie sciite di Hezbollah, continuano a patire la fame e il freddo, mentre l’Onu annuncia di aver ottenuto dal governo siriano l’assicurazione che un convoglio umanitario potrà raggiungere l’area sottoposta a un assedio medievale da parte del regime siriano sostenuto da Russia e Iran. Melissa Fleming, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), ha detto che il governo siriano si è impegnato a “permettere alle organizzazioni umanitarie di raggiungere Madaya, dove è previsto l’arrivo dei primi aiuti nei prossimi giorni”. Damasco non ha finora confermato né smentito. Da giorni circolavano in rete e sui media video e immagini shock – la cui autenticità non era sempre verificabile in maniera indipendente – di bambini e anziani denutriti, colpiti da malattie e disagi dovuti alla mancanza di cibo e medicinali. Secondo fonti mediche locali, nelle ultime settimane 20 persone sono morte di stenti nella città situata sulle montagne che separano il Libano dalla Siria. “Almeno 42mila persone rimangono a Madaya e sono a rischio di inedia”, ha affermato Yaqoub al Hillo, il più alto rappresentante Onu presso il governo siriano. Hillo ha ricordato che i 40mila di Madaya sono solo un decimo dei 400mila da tempo intrappolati in località sotto assedio in diverse zone della Siria. La maggior parte delle aree sono circondate da truppe governative o dalle milizie locali o straniere alleate a Damasco. In altri casi, come a Dayr az Zor nell’est del Paese, l’Isis assedia sobborghi controllati dalle truppe del regime. Nel caso di Fuaa e Kafraya, nel nord-ovest del Paese, miliziani delle opposizioni e loro alleati qaidisti assediano le due località a maggioranza sciita e difese anche dagli Hezbollah. Proprio il destino dei 30mila civili assediati a Fuaa e Kafraya è legato ai 40mila di Madaya. Qui rimangono asserragliati gli ultimi combattenti di Zabadani, il principale centro urbano che nel 2012 si era rivoltato contro il regime e che costituiva una minaccia ai lealisti. Dopo l’assedio e la conseguente distruzione quasi completa di Zabadani da parte di Hezbollah l’estate scorsa, i resistenti locali erano stati lasciati fuggire a Madaya. L’accordo per l’evacuazione di Zabadani prevedeva anche la messa in salvo dei civili di Fuaa e Kafraya. Ma l’avvio della campagna aerea russa dal 30 settembre ha rallentato l’applicazione dei punti della tregua e, di fatto le due cittadine sciite sono rimaste sotto assedio. Da qui, la decisione di Hezbollah e di Damasco di affamare letteralmente Madaya per premere sulle opposizioni. Madaya è da giorni sotto una coltre di neve. In città manca il combustibile per riscaldare le case. Mancano anche latte, riso, farina. Ad approfittarne sono i contrabbandieri che al mercato nero vendono i beni di prima necessità a prezzi esorbitanti: un chilo di farina è a 90 euro, un litro di latte a 25, un chilo di riso a 80. Come già successo nei sobborghi di Damasco assediati dal regime, nel campo palestinese di Yarmuk o nella città vecchia di Homs per oltre due anni circondati dai governativi, a Madaya si registrano casi di famiglie costrette a mangiare foglie degli alberi, a cibarsi dei pochi gatti rimasti in città. “Speriamo di arrivare prima che altre persone muoiano di fame”, ha affermato oggi Melissa Fleming dell’Unhcr..

 

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A.A.A. Cercasi Catechisti ed aiuto catechisti

Come tante parrocchia, anche la nostra, ogni anno, cerca di coinvolgere le persone mature che praticano la loro fede per compiere una bellissima esperienza come catechista dei bambini e dei ragazzi. Certo è un impegno, ma anche una nuova esperienza cristiana.

Tale esperienza è senz’altro un’occasione di crescita nella fede. Proprio accompagnando gli altri si cresce come cristiani. Evidentemente i catechisti non si nasce, ma si diventa, e sebbene la responsabilità della crescita nella fede dei bambini è, e rimane sempre, dei genitori, i catechisti possano dare una mano.

Rivolgiamo, quindi, un appello a nuove leve perchè accolgano questo invito di partecipazione e servizio nella vita della nostra comunità nell’ambito catechistico-pastorale.

Molti catechisti da anni svolgono questo servizio pastorale con grande entusiasmo, responsabilità ed amore verso i piccoli.  Ma purtroppo alcuni di loro, per vari motivi, non potranno quest’anno proseguire a svolgere il loro prezioso servizio nella nostra parrocchia.

Chi fosse, allora disponibile si faccia avanti coraggiosamente.

Con l’augurio e la speranza di poter contare su nuove energie, Vi ringraziamo di cuore.

Il parroco e i catechisti

Per informazioni e adesioni contattare il responsabile catechisti – cell. 3207505116

catechismo.w

 

 

Volontari e bambini malati: angeli tra gli angeli

clown-dottori

Tanti piccoli pazienti trascorrono il Natale in corsia, ma ad alleviare la loro pena è la presenza di clown-dottori e di tante altre figure che donano senza chiedere nulla in cambio
Di Sabrina Pietrangeli
ROMA, 28 Dicembre 2012 (Zenit.org) – Natale in ospedale: Per molti operatori sanitari, una necessità dettata dalla professione. Per alcuni, colpiti dalla malattia, una costrizione che crea sconcerto e fa sentire in modo più pesante la già difficile esperienza di una salute precaria. Ma quello che rende il Natale in corsia quasi contro natura è l’ospedalizzazione di un bambino. Nell’immaginario collettivo, il posto di quel piccolo non sarebbe lì… il suo posto sarebbe in casa, a saltar giù dal letto la mattina del 25 e, in punta di piedi, arrivare a quell’albero sotto il quale i pacchetti regalo brillano come stelle comete.
Per il genitore che è al capezzale del piccolo paziente, questa consapevolezza è molto forte e la cosa rende il tutto quantomai pesante da vivere. I medici, quando è possibile, fanno di tutto per dimettere i piccoli pazienti nei periodi delle festività, ma non sempre questo è possibile, e allora bisogna cercare di vivere un clima di festa anche in corsia. Ma come viene vissuto questo tempo da parte delle mamme, dei bambini ricoverati, del personale di reparto? Noi glielo abbiamo chiesto e il risultato è, come sempre, sorprendente. Perché tutti proviamo orrore  anche alla sola idea di vivere una festività tra le mura dell’ospedale. Ma starci dentro è un’altra cosa…
“Durante le festività, cerchiamo di creare un clima gioioso, anche quando l’ambiente non predispone a questi stati d’animo – racconta Sonia, infermiera in un reparto di Neurochirurgia Pediatrica -. Tradizioni come l’albero di Natale o il Presepe in reparto, rappresentano un entusiasmante diversivo per i bambini, che riescono a vivere ogni piccola cosa nella gioia, nonostante le loro sofferenze. E anche i genitori si lasciano contagiare dal buon umore dei piccoli pazienti. Molte volte vengono a visitarli personaggi famosi, calciatori, attori, portando doni ai bambini e loro reagiscono in modo entusiastico!”.
In effetti è bello sapere che c’è una sensibilità da parte di questi personaggi “pubblici”, che spesso vengono a telecamere spente. “Sono quelli che apprezzo di più! Questi gesti si fanno nel nascondimento, altrimenti è solo investire sulla propria immagine”, aggiunge Patrizia, infermiera dello stesso reparto. Anche la presenza dei clown, che nei giorni di festa si fa più numerosa ed è un enorme aiuto per far passare le ore, i giorni, a volte i mesi. Normalmente già presenti due volte la settimana, nel periodo delle feste intensificano il servizio. Questo significa più volontari e più tempo da dedicare gratuitamente al benessere dei piccoli pazienti. Succede nel reparto di Chirurgia Pediatrica di un altro ospedale romano.
“Sono meravigliosi – ci racconta Mirella, mamma di Giulia, 2 anni – sembra una cosa da poco, ma vedere gli occhi gioiosi di mia figlia che per un attimo si distolgono da flebo e medicine, incantati a guardare come un semplice palloncino si trasforma magicamente in un cagnolino o una farfalla… questo non ha prezzo! Benedico queste persone”.
Mamma Laura ricorda: “Quel giorno, alcune persone portarono lasagne e altre cose buonissime. Le infermiere hanno apparecchiato nella stanza del day-hospital e tutti i genitori con i piccoli pazienti, hanno potuto godere di un ottimo pasto in fraternità”. Laura ha vissuto un lungo periodo in un reparto di Oncologia Pediatrica per curare la sua piccola Anna Lucia, colpita da un tumore alla vescica alla tenera età di 3 anni. Fortunatamente la sua bambina è uscita dal tunnel dopo due anni di lotte, ed oggi vive una vita normale.
Insomma, anche in un momento di prova le feste cristiane vengono in aiuto alla nostra debolezza e sono portatrici di speranza e pace. È opportuno ricordare l’insostituibile lavoro di tanti volontari le quali associazioni prestano servizio quasi in ogni ospedale pediatrico, un servizio prezioso fatto di dedizione e amore gratuito.
In questi tempi di “tagli di spesa” in cui molti di noi sono spaventati solo all’idea lontana di potersi ammalare, è bene ricordare che il lavoro non retribuito di tante persone di buona volontà ci aiuta davvero ad entrare nel mistero del Natale… una festa che parla di gratuità, di amore disinteressato, in poche parole ci parla di Gesù. Allora, per quest’anno la mia letterina sotto l’albero chiedeva che non ci sia più bisogno di ospedali. Ma se questo desiderio non potesse essere esaudito, che almeno le istituzioni si prendano cura dei malati nel miglior modo possibile.

Bambini obbligati a fare la guerra

Kinshasa, 29. Nelle diverse crisi dell’Africa subsahariana ha drammatica rilevanza la condizione di pericolo alla quale sono esposti i bambini, minacciati non solo da fame e malattie, ma anche da violenze e dal rischio di arruolamenti forzati nelle varie milizie.
Una particolare insistenza su tali pericoli è contenuta negli ultimi allarmi lanciati dalle agenzie dell’Onu e dalle organizzazioni umanitarie internazionali sulla condizione degli sfollati nel Nord Kivu, la regione orientale della Repubblica Democratica del Congo dove quest’anno si è riaccesa la guerra civile. Nell’area, infatti, migliaia di bambini, separati dalle loro famiglie, vivono in campi profughi e in rifugi improvvisati, nell’area, completamente esposti a questi rischi. Una denuncia in merito è venuta ancora nelle ultime ore dall’organizzazione Save the Children che proprio nel Nord Kivu sta lavorando insieme con organizzazioni locali nell’identificazione di alcuni minori e dei loro genitori, con l’obiettivo di riunire le famiglie disperse, allontanando i bambini dai pericoli più gravi.

bambini soldato

(©L’Osservatore Romano 30 dicembre 2012)