Prete arso vivo e bomba Isis in chiesa: domenica di sangue per i cristiani in Africa

Prete arso vivo e bomba Isis in chiesa: domenica di sangue per i cristiani in Africa

Due episodi hanno sconvolto le comunità cristiane africane nelle ultime ore: in Nigeria un sacerdote è morto carbonizzato dopo che un gruppo di banditi ha dato alle fiamme la propria abitazione, in Congo una bomba ha ucciso undici persone in una chiesa pentecostale
Due distinti attacchi in due distanti punti del continente africano, stesso tragico esito: la morte di fedeli cristiani nel giorno più sacro della settimana. Il primo attacco è avvenuto in Nigeria e ha preso di mira una parrocchia nello Stato centrale di Niger. In questa occasione, un sacerdote è morto arso vivo dopo l’incendio appiccato dagli assalitori alla sua abitazione. Nel secondo attacco invece, undici fedeli sono rimasti ucciso a seguito dell’esplosione di una bomba nella regione congolese del North Kivu.

L’attacco in Nigeria
L’episodio accaduto in Nigeria assomiglia molto da vicino ad altri accaduti nel Paese africano nel 2022. Nell’anno appena trascorso infatti, sono stati contati più di venti rapimenti di fedeli cattolici. Il più delle volte preti, ma in alcune occasioni anche suore e missionari.

Un fenomeno che ha coinvolto soprattutto le regioni centrali e meridionali. Un fatto quasi inedito, considerando che le regioni in questioni sono quelle storicamente abitate soprattutto da cristiani. Zone quindi dove trovar riparo dalle persecuzioni subite dall’Isis e da Boko Haram nel nord della Nigeria.
La dinamica è molto simile a quella resa nota dalla stessa polizia nigeriana. A Kafin-Koro, in particolare, ignoti malviventi hanno provato a forzare l’ingresso della residenza di Padre Isaac Achi. Con lui era presente anche l’assistente, Padre Colins Omeh. Anche nei rapimenti registrati nel 2022 i sacerdoti sono stati intercettati in parrocchia o nelle residenze, altre volte invece sorpresi di ritorno da una funzione religiosa.

Questa volta però per i malviventi qualcosa è andato storto. “I banditi – si legge in una dichiarazione resa nota dai media locali di Wasiu Abiodun, responsabile delle relazioni pubbliche della polizia nello Stato di Niger – hanno tentato di entrare nella residenza, ma non ci sono riusciti”.

A quel punto, secondo i responsabili della polizia nigeriana, il gruppo ha cosparso di benzina l’ingresso della residenza e ha dato fuoco allo stabile. “Il reverendo padre – ha proseguito Abiodun – è morto carbonizzato”. L’assistente invece è stato aggredito in un tentativo di fuga. Si trova adesso ricoverato con diverse ferite in ospedale.

I banditi, hanno fatto sapere i poliziotti, sono fuggiti prima dell’arrivo sul posto delle squadre tattiche della polizia. Le autorità di sicurezza locali hanno assicurato massimo impegno per individuare e rintracciare i responsabili del macabro attacco.

Nessuno si è al momento sbilanciato sulla matrice dell’assalto. A pochi passi da Kafin-Koro c’è la città di Minna, capitale dello Stato di Niger (da non confondere con il Niger, Paese della regione del Sahel). La città in questione è a maggioranza musulmana, ma da sempre convivono diverse comunità cristiane tanto che Minna è anche sede di una diocesi a cui apparteneva Padre Achi.

Non si può quindi escludere la matrice terroristica e fondamentalista. Tuttavia come detto la comunità cattolica nigeriana è sconvolta da continui rapimenti di sacerdoti e fedeli. Rapimenti che hanno come obiettivo principalmente un riscatto. I banditi quasi sempre infatti scommettono sulla mobilitazione dei fedeli e delle parrocchie per poter chiedere esosi riscatti in cambio della liberazione. Possibile quindi che anche a Kafin-Koro chi ha agito lo ha fatto per scopo estorsivo, prima di appiccare il fuoco e macchiarsi di uno dei crimini più atroci.

“Padre Isaac – si legge nel ricordo pubblicato su Twitter dall’associazione Aiuto Alla Chiesa che Soffre – era un sacerdote anziano della diocesi cattolica di Minna, Stato del #Niger. ACSitalia prega affinché la sua anima possa riposare in pace!”
L’attentato nel North Kivu
Dalla Nigeria alla Repubblica Democratica del Congo. La domenica di sangue africana è proseguita nella cittadina di Kasindi-Luvirihya, a pochi passi dal confine con l’Uganda. La provincia è quella del North Kivu, la più martoriata dell’intero Paese.

Come riferito dai portavoce del governo di Kinshasa, un ordigno è esploso all’interno di una chiesa pentecostale durante le funzioni religiose. Il bilancio al momento parla di undici vittime e diversi feriti. Le autorità locali non hanno dubbi in questo caso sulla matrice terroristica dell’attacco.

“Ad agire sono stati i membri delle Forze Democratiche Alleate (Adf) – si legge in un comunicato del governo – condanniamo con forza questo genere di attacchi. I servizi di sicurezza hanno preso il controllo del luogo dopo l’esplosione che ha provocato diversi morti e danni materiali, feriti sono stati trasportati in ospedale”.

Con la sigla Adf ci si riferisce a una delle tante milizie che agiscono nel North Kivu. Nate e radicate soprattutto in Uganda, la loro è un’ideologia salafita che mira a imporre la Sharia nella stessa Uganda e nelle zone limitrofe. Da alcuni anni sono considerati a tutti effetti come gruppo interno all’Isis.

Alcune ore dopo è emersa effettivamente una rivendicazione di un gruppo vicino allo Stato Islamico. Non si tratta tuttavia dell’Adf, bensì dell’Iscap. Quest’ultima viene considerata una branca dell’Isis in Africa centrale. A riferirlo su Twitter è stata Rita Katz, fondatrice di Site, il sito di monitoraggio dell’attività islamista. “L’Isis afferma che i combattenti hanno piazzato e fatto esplodere un ordigno – si legge – provocando dozzine di cristiani uccisi e feriti e minacciando ulteriori attacchi”.
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