POESIA. Tozzi, versi guardando al Vangelo

ALESSANDRO ZACCURI Avvenire

Non è stato un centenario facile da celebrare, quello della morte di Federigo Tozzi, il grande scrittore senese rimasto vittima dall’epidemia di spagnola nel 1920, a soli 37 anni. In assenza delle manifestazioni previste, è proseguita presso Storia e Letteratura la pubblicazione dell’Edizione nazionale curata da Riccardo Castellana (alle novelle di

Giovani, uscite nel 2018, si è aggiunto quest’anno il romanzo Gli egoisti), mentre si deve all’iniziativa dell’editore riminese Raffaelli la riproposta di un testo pressoché dimenticato. Si tratta di Specchi d’acqua, la raccolta poetica alla quale Tozzi lavorò verosimilmente tra il 1909 e il 1911, quando la silloge andò in bozza per la rivista “L’Eroica”, che però non diede corso alla stampa. Ricostruita dal figlio di Tozzi, Glauco, per l’importante volume delle Poesie apparso nel 1981 da Vallecchi, Specchi d’acqua torna in veste autonoma grazie alla curatela di Gianfranco Lauretano, autore anche di un innovativo saggio, Federico Tozzi. Una rivelazione improvvisa, edito sempre da Raffaelli (pagine 84, euro 12: i due libri sono disponibili anche in cofanetto). Lauretano fonda la sua proposta sul rovesciamento di uno schema interpretativo a lungo consolidato, che ha rischiato di trasformare Tozzi in una specie di caso clinico all’incrocio fra letteratura e psicoanalisi. Una prospettiva indicata inizialmente da Giacomo Debenedetti – il critico che per primo ha riconosciuto la centralità di Tozzi nella letteratura di inizio Novecento – e poi condivisa in modo pressoché automatico, fino al luogo comune per cui la religiosità dello scrittore sarebbe l’esito di una nevrosi dettata dal senso di colpa. Secondo Lauretano, invece, il cristianesimo di Tozzi non è un’ideologia, ma un’epistemologia, ovvero un modo di guardare e conoscere la realtà. In questo senso l’affermazione di Debenedetti per cui «Tozzi racconta in quanto non sa spiegare» va corretta nel senso di un Tozzi che «rappresenta per spiegare». Lo dimostra la lettura non preconcetta dei romanzi maggiori ( Con gli occhi chiusi, Il podere, Tre croci) che Lauretano conduce attraverso una puntuale serie di rimandi cristologici ai quali non è estranea l’assiduità con cui Tozzi si dedica all’esplorazione dell’opera di Dostoevskij. Questi aspetti sono già presenti in Specchi d’acqua, dove il dettato poetico di Tozzi si rivela più libero dai condizionamenti riscontrabili nei versi pubblicati in vita (l’emulazione di D’Annunzio è evidente in La zampogna verde, del 1911, così come il modello medievale finisce per appesantire il poema La città della Vergine, del 1913). A suo agio nel ricorso alla quartina, Tozzi lascia che l’elemento teologico emerga gradualmente, in componimenti nei quali la contemplazione della natura non è priva di abbandoni sensuali. A imporsi, da un certo momento in poi, è la visione del Crocifisso, che imprime ai versi un andamento addirittura liturgico, come nel notevole Canto gregoriano. Interamente consacrata alla preghiera è la conclusione della raccolta, con la Canzone alla Vergine e il “poderoso poema” A Dio, che Lauretano considera «coraggioso e unico nel panorama della poesia italiana novecentesca».

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Federigo Tozzi Specchi d’acqua Raffaelli. Pagine 100. Euro 15 ,00