Il vescovo emerito Adriano Caprioli ricorda il ventesimo di ordinazione episcopale mercoledì 12 settembre nella Messa che presiede alle 18.30 nella chiesa parrocchiale di Santa Teresa a Reggio

Venne infatti consacrato vescovo il 12 settembre 1988 nel Duomo di Milano dal cardinale Carlo Maria Martini, dopo che il 27 giugno 1998 papa Giovanni Paolo II lo aveva eletto vescovo di Reggio Emilia-Guastalla.

ùCaprioli, nato a Solbiate Olona il 16 maggio 1936, venne ordinato presbitero il 28 giugno 1959 dall’arcivescovo Montini, divenuto poi Papa Paolo VI. Laureato in teologia a Roma, è stato insegnante nel seminario di Masnago e poi a Venegono Inferiore.

Dal 1979 al 1993 ha ricoperto l’incarico di direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose e della Fondazione ambrosiana Paolo VI di Gazzada (Varese), dove ha promosso la redazione della storia delle diocesi lombarde. Prevosto di San Magno in Legnano dal 1993, nel 1995 è divenuto decano. è entrato nella nostra diocesi il 20 settembre 1998 e l’ha guidata sino al dicembre 2012. Teologia, spiritualità liturgica, sacramentaria, bene comune sono le tematiche affrontate in tante pubblicazioni dal vescovo Adriano, che a sant’Ambrogio, sant’Agostino e a Paolo VI ha dedicato approfonditi studi.

I quattro lustri di episcopato sono ripercorsi nel volume “Veritas et amor: Vent’anni di episcopato (1998-2018)”.

laliberta.info

Mamma verso gli altari. Chiara Corbella, il via ufficiale della causa di beatificazione

Chiara Corbella nel giorno del matrimonio con Enrico Petrillo il 21 settembre 2008

Chiara Corbella nel giorno del matrimonio con Enrico Petrillo il 21 settembre 2008

Il settimanale Roma Sette, insieme alla testata on line Romasette.it e al sito istituzionale della diocesi di Roma annunciano oggi, domenica 9 settembre, l’apertura della fase diocesana della causa di Chiara Corbella. Qui di seguito l’articolo del settimanale.

Avrebbe festeggiato dieci anni di matrimonio con il suo Enrico il prossimo 21 settembre, Chiara Corbella. Invece, tra due venerdì, si aprirà ufficialmente la sua causa di beatificazione e canonizzazione.

A presiedere la cerimonia, a mezzogiorno, sarà il cardinale vicario Angelo De Donatis; non si terrà, come di consueto, nell’Aula della Conciliazione, ma nella basilica di San Giovanni in Laterano, visto che si attengono centinaia di partecipanti. «Laica e madre di famiglia», si legge nell’editto che dà il via al processo, firmato dal cardinale vicario lo scorso 2 luglio. «Il 13 giugno 2012 moriva a Pian della Carlotta (Manziana) la Serva di Dio Chiara Corbella – scrive De Donatis –, laica e madre di famiglia, sposa e madre di grande fede in Dio. Dopo essersi sposata il 21 settembre 2008 si trovò ben presto a vivere situazioni davvero difficili quali la morte di due figli piccoli, poco dopo le nascite. Durante la terza gravidanza, a Chiara fu diagnosticato un tumore. Le eventuali cure avrebbero avuto conseguenze mortali sul bambino che portava in grembo, ma l’attesa ne avrebbe compromesso l’efficacia». Non ebbe dubbi: «Decise di portare a compimento la gravidanza» prosegue il cardinale, ripercorrendo la biografia di questa giovane romana, morta a soli 28 anni. «La sua oblazione – scrive ancora – rimane come faro di luce della speranza, testimonianza della fede in Dio, Autore della vita, esempio dell’amore più grande della paura e della morte».

La storia di Chiara, le sue scelte, toccano i cuori di tanti. Al suo funerale, nella chiesa di Santa Francesca Romana all’Ardeatino, una folla infinita le vuole dare l’ultimo saluto. La sua tomba, al cimitero del Verano, diventa meta di pellegrinaggi. «La fama di santità è suscitata sempre dallo Spirito Santo – spiega padre Romano Gambalunga, carmelitano scalzo, postulatore della causa di beatificazione –. C’è un disegno di Dio che ci indica questa persona, le sue vicende e il suo modo di affrontare la vita come possibile modello di ispirazione per i credenti. Da un punto di vista umano possiamo poi cercare di capire perché susciti questo interesse, questa simpatia e perché impatti la vita di tante persone, anche lontane dai confini del nostro Paese. Questo succede perché Chiara era una ragazza normale, piena di interessi, amava viaggiare, suonava il violino e il pianoforte. Aveva avuto un fidanzamento come quelli di tutti, anche travagliato, fatto di mollarsi e riprendersi. Ma in tutto quello che lei vive, fin da bambina, grazie all’educazione profondamente cristiana, è sostenuta dalla preghiera».

La storia personale di Chiara Corbella, prosegue il religioso, colpisce perché «risplende della luce del Vangelo, è Vangelo vissuto, vivente». Anche «le maternità difficili e poi la sua malattia sono stati esperienza della Croce– conclude padre Gambalunga – e la Croce è la porta per la Pasqua, per entrare nella vita nuova ed essere fruttuosa per tutti, per la Chiesa e per il mondo».

A cinque anni dalla morte della giovane madre viene fondata l’Associazione Chiara Corbella Petrillo «per avviare e supportare la sua causa di beatificazione – spiega il presidente Massimiliano Modesti –. Già da prima però, abbiamo cercato di far conoscere la sua storia rispondendo alle richieste di testimonianze che ci arrivavano sia dall’Italia che dall’estero, consapevoli e grati di aver ricevuto in Chiara un grande dono per noi e per la Chiesa intera». Massimiliano ha conosciuto la Corbella quando era ancora in vita; sua moglie Daniela, anche lei membro dell’associazione, era la ginecologa che la seguiva. «Abbiamo accompagnato Chiara ed Enrico in tutte le prove della loro vita coniugale – racconta –. Starle accanto ci ha aiutato a vedere l’Amore di un Papà in Cielo che “se toglie è per darti molto di più”». L’avvio della causa di beatificazione, conclude, significa «che la Chiesa riconosce ufficialmente Chiara come una buona compagna di viaggio verso il Cielo. Ora l’annuncio della Buona notizia, può trovare in lei ancora più di prima una strada preferenziale per raggiungere il cuore e la vita delle persone».

Avvenire

Portino pace al popolo

Il salmo 72 canta la gloria del regno messianico. Uno dei suoi passaggi, proprio all’inizio della composizione, recita: «Le montagne portino pace al popolo» (Sal 72,3). Il dono della pace di cui i monti devono essere latori è il dono tipico dei tempi messianici. Da questo punto di vista basterà ricordare uno dei più significativi oracoli messianici nel libro del profeta Isaia in cui subito dopo aver definito il bambino che darà continuità alla dinastia davidica «principe della pace» (Is 9,5) il testo prosegue in questo modo: «Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno» (Is 9,6). Il concetto biblico di pace è molto più ampio di quello romano in cui essa si riduce all’assenza della guerra. Lo shalom biblico è ben reso da Zorell in questo modo: cumulus bonorum omnium, il mucchio di tutti i beni. La guerra costringe l’uomo alla scarsità, alla privazione, alla fame, all’assenza dei beni primari. La pace garantisce l’abbondanza. Siamo sulla linea giusta a pensare che i monti abbiano nella faccenda della pace un ruolo produttivo e non solo difensivo se teniamo presente che proprio nel nostro salmo leggiamo: «Abbondi il frumento nel paese, ondeggi sulle cime dei monti» (Sal 72,16). Un oracolo profetico poi si esprime così: «In quel giorno le montagne stilleranno vino nuovo e latte scorrerà per le colline» (Gl 4,18). In questo modo i monti portano pace al popolo e non solo facendo da bastione contro invasioni nemiche.

Avvenire

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Foglietto, Letture e Salmo

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA Colore liturgico: Verde

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Anche oggi si sentono le voci e i giudizi più contrastanti su Gesù: c’è chi lo ritiene un saggio, un generoso moralista, un protagonista della storia, e c’è anche chi lo calunnia, chi lo odia. Ma la sola, la vera identità di Gesù è quella proclamata da Pietro: “Tu sei il Cristo”. Se riduciamo la fede cristiana al chiuso di un orizzonte umano, per quanto nobile, siamo in errore: Cristo è venuto a portare la salvezza eterna, la speranza soprannaturale, non una dottrina per rendere più tollerabile la convivenza umana, anche se è interessato alla redenzione di tutte le realtà terrene, sempre in funzione della felicità eterna. Non basta riconoscere Gesù come Figlio di Dio: bisogna imitarlo in ciò che egli ha di più specifico, cioè nell’amore alla croce che non è il fine, ma il mezzo necessario per compiere la redenzione. Se vogliamo essere corredentori non possiamo rifuggire la croce, perché solo attraverso di essa, perdendo la nostra vita, la ritroveremo nell’eternità, partecipando alla risurrezione di Cristo.