Messenger Kids, genitori decidono orari Sulla app per bambini nuovi controlli per limitarne l’uso

Facebook annuncia una stretta su Messenger Kids, la versione della sua chat dedicata ai bambini dai 6 ai 12 anni. La compagnia di Menlo Park sta introducendo la modalità “sleep”, che consente ai genitori di stabilire gli orari in cui i figli non possono usare la chat, ad esempio dopo le 9 di sera. L’applicazione, lanciata nel dicembre scorso solo negli Stati Uniti, è stata criticata in quanto rivolta a bimbi troppo piccoli.
“Sleep” si aggiunge alle funzioni di Messenger Kids, che offre già un ampio controllo ai genitori. Sono infatti il padre o la madre a dover registrare l’account del bambino, attraverso il proprio, e ad approvare la lista di contatti con cui il minore può chattare o fare videochiamate. I messaggi, inoltre, non possono essere cancellati, per dar modo agli adulti di controllarli in qualsiasi momento. La app è libera da inserzioni pubblicitarie.
Gli accorgimenti a tutela dei più piccoli non hanno evitato a Facebook una serie di critiche da parte di esperti dell’infanzia. A gennaio negli Usa una petizione firmata da un centinaio di medici, avvocati e associazioni ha chiesto alla società di Mark Zuckerberg di chiudere la app.

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Facebook testa il pulsante ‘downvote’ Freccia verso il basso o l’alto per valutare i commenti

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(ANSA) – ROMA, 30 APR – Un tasto “non mi piace”, rappresentato dal pollice verso, su Facebook potrebbe non arrivare mai. Il social network sta però portando avanti la sperimentazione di un pulsante per esprimere un parere – positivo o negativo – sui commenti, in modo da favorire uno scambio di opinioni costruttivo. Dopo un test iniziale a febbraio su un gruppo di utenti statunitensi, la società sta ora proponendo la funzione a un campione di persone in Nuova Zelanda e Australia.
La novità interessa alcune pagine pubbliche. Qui gli utenti, per ogni commento scritto dagli altri sotto a un post, hanno a disposizione due nuovi tasti: “downvote e “upvote”, cioè una freccia rivolta verso il basso e una verso l’alto, con cui esprimere un giudizio negativo o positivo.
Le frecce non sostituiscono, ma si aggiungono alle “reaction”, cioè ai sei disegnini con cui si esprime la propria reazione sul social (pollice insù, cuore, faccina che ride, piange, è arrabbiata o stupita). Nella visione di Facebook, le reaction rappresentano una reazione emotiva, mentre con le frecce gli utenti dovrebbero esprimere una sorta di giudizio di merito, più razionale.
“Le persone ci hanno detto che vorrebbero vedere discussioni pubbliche migliori su Facebook, e vorrebbero avere spazi in cui utenti con opinioni diverse possono avere un dialogo più costruttivo”, ha spiegato un portavoce di Facebook. “A tal fine, stiamo eseguendo un piccolo test in Nuova Zelanda che consente alle persone di esprimere un voto positivo o negativo sui commenti”.
I commenti che ricevono più frecce in alto, considerati dunque più utili o interessanti, dovrebbero avere una visibilità maggiore, al contrario di quelli che raccolgono molte frecce verso il basso.

25 anni fa il web diventa libero Il 30 aprile 1993 il Cern rende pubblico il codice della Rete

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(ANSA) – ROMA, 30 APR – Il World Wide Web, la rete che tiene insieme 4,5 miliardi di pagine, festeggia 25 anni di libertà.
Era il 30 aprile del 1993, infatti, quando il Cern di Ginevra decise di mettere a disposizione di tutti, pubblicamente e senza diritti, il codice sorgente alla base della “ragnatela digitale”. Il Web è stato ideato nel 1989 da Tim Berners-Lee, un ricercatore del Cern, per favorire la condivisione delle informazioni tra i fisici di università e istituti di ricerca.
La sua data di nascita ufficiale è il 6 agosto 1991, quando Berners-Lee pubblicò il primo sito web.
All’inizio il Web era solo uno dei servizi di internet disponibili, ma la semplicità d’uso e soprattutto la decisione di renderlo libero ne ha favorito la rapida diffusione fino alle dimensioni attuali, con oltre 1 miliardo di siti online. La chiave di volta sono stati però i motori di ricerca – Google è oggi il più usato – che indicizzano le pagine consentendo agli internauti di trovare ciò che cercano nel mare magnum della rete.

Reggio Emilia: l’immobile di viale Timavo (Seminario) ospiterà l’Università

Nella giornata di lunedì 23 aprile il Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca ha incontrato, presso il vescovado, il Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, il Presidente della Provincia Giammaria Manghi, il Presidente della Fondazione Manodori Gianni Borghi, il Presidente della Camera di Commercio Stefano Landi, il Presidente di Unindustria Mauro Severi, il Presidente di Acer Marco Corradi, il Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia Angelo Oreste Andrisano.

Il tema dell’incontro è stato il futuro dell’immobile del Seminario di viale Timavo.

Da diversi anni questo immobile è oggetto di ipotesi e progettazioni varie che fino ad oggi non sono riuscite a convincere la Diocesi.

La stretta collaborazione con l’Amministrazione comunale e in particolare con il Sindaco Luca Vecchi ha però permesso di fare un primo passo nella direzione che il Vescovo Massimo Camisasca ritiene ottimale per il bene della Chiesa e per quello della Città di Reggio Emilia.

Si sono gettate le basi di una fattiva collaborazione tra Enti, al fine di rendere disponibile  l’immobile di viale Timavo per ospitare l’Università.

La Diocesi reggiano-guastallese presto comunicherà la soluzione adottata per la nuova sede della comunità del Seminario, dello Studio Teologico Interdiocesano e della Biblioteca.

I problemi da risolvere sono ancora molti, ma vi è la disponibilità di tutti gli Enti coinvolti a impegnarsi per rendere operativa l’apertura delle nuove aule per il mese di settembre 2019.

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Almeno 40 persone sono morte e altre 60 sono rimaste ferite in seguito ad attacchi missilistici la notte scorsa contro postazioni militari nel nord della Siria

 

Almeno 40 persone sono morte e altre 60 sono rimaste ferite in seguito ad attacchi missilistici la notte scorsa contro postazioni militari nel nord della Siria: lo riporta l’agenzia di stampa iraniana ISNA, che cita fonti straniere, sottolineando che tra le vittime ci sono anche 18 iraniani. I missili hanno colpito basi militari ad Hama e ad Aleppo. Secondo i media ufficiali siriani gli attacchi sono partiti da basi britanniche e statunitensi nel nord della Giordania e durante le operazioni sono stati lanciati 9 missili balistici.

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Benessere e la salute passano attraverso i superfunghi della micoterapia

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Supportano l’organismo a 360 gradi, sono poveri di calorie e ricchi di sostanze che aiutano l’organismo a prevenire le malattie. Stiamo parlando dei funghi medicinali, dal Ganoderma lucidum, al Cordyceps sinensis, all’Hericium erinaceus per citare i più famosi. In Medicina Tradizionale Cinese erano considerati come elisir di lunga vita, recentemente hanno attirato l’attenzione della scienza occidentale tanto che gli studi scientifici su di essi aumentano esponenzialmente.

“I funghi medicinali aiutano il corpo a recuperare l’equilibrio del sistema immunitario, nervoso e ormonale aumentando la sua capacità di gestire lo stress, di rallentare l’invecchiamento e, in caso di patologie in atto, di rallentarne la progressione” spiega la Dott.ssa Stefania Cazzavillan, opinion leader italiana nel settore della micoterapia e ideatrice della linea di prodotti Micotherapy in collaborazione con AVD Reform. Ma come si approccia alla micoterapia? “Per utilizzare i funghi è importante prima di tutto comprendere che non agiscono sui sintomi, ma rinforzano l’organismo così che possa mettere in atto strategie di recupero della salute. La scelta di un fungo può essere effettuata sulla base delle proprietà benefiche, delle caratteristiche dell’individuo e, in caso di patologie in atto, degli organi interessati. La scelta di un particolare preparato può dipendere da vari fattori che vanno valutati sulla base della condizione specifica e che richiedono, soprattutto in presenza di patologie, l’intervento di un professionista competente”.

Da siti web a corsi e studi, è boom per la medicina narrativa

Da siti web a corsi e studi, è boom per la medicina narrativa © Ansa

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(di Livia Parisi)  Da libri e siti web a master e studi scientifici: gli ultimi anni hanno visto una vera e propria esplosione di iniziative basate sulla medicina narrativa, ovvero sul racconto della malattia come strumento migliorare le cure e migliorare la relazione tra medico e paziente. A fare il punto su quanto fatto e quanto c’è da fare sarà il secondo congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Narrativa (Simen), che si terrà dal 10 al 12 maggio, presso l’Ospedale San Donato di Arezzo.
“Nata negli Stati Uniti intorno alla fine degli anni Novanta, la Narrative Based Medicine ha avuto la sua consacrazione in Italia con la Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità del 2014. E da allora il fascino per la Medicina Narrativa continua a crescere”, sottolinea Antonio Virzì, presidente SIMeN. Già nel 2004 però, la Asl 10 di Firenze è stata tra le prime realtà ad averla introdotta nella pratica clinica, in particolare in cardiologia e terapia intensiva, attraverso un progetto coordinato da Stefania Polvani, dirigente ASL Toscana Sud Est e presidente eletto Simen. Oggi è utilizzata in tanti campi, dall’oncologia al diabete e l’Alzheimer, ma pochi sanno in cosa realmente consista, ovvero una metodologia d’intervento clinico che utilizza una narrazione ‘guidata’ da esperti come strumento per comprendere il paziente e integrare il suo punto di vista nel percorso di cura. Questo aiuta il malato ad esprimersi ma anche il medico a indirizzare meglio le terapie. “L’evidenza scientifica – precisa Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) – ci dice che dove è praticata bene ha risultati straordinari, sia dal punto di vista degli esiti che dal punto di vista economico, in quanto riduce una serie di trattamenti costosi, non necessari e pieni di effetti collaterali per il paziente”.
Tante ed eterogenee sono le iniziative nate in questi anni: da documentari e progetti fotografici al calendario realizzato dall’Università Federico II di Napoli, che associa a ogni mese un disegno e riflessioni sulla Medicina Narrativa. In ambito formativo, l’ultimo anno ha visto la nascita di due nuovi master universitari, a Novara e Ancona, che si affiancano a quello, storico, della Fondazione Istud a Milano, e a numerosi corsi e workshop ECM. E’ Italiana la prima piattaforma digitale per l’applicazione nella pratica clinica, o Digital Narrative Medicine, in sperimentazione in numerosi poli di cura, dalle epilessie all’HIV. Tutto questo va di pari passo con un aumento del 100%, dal 2011 al 2017, degli articoli scientifici, di cui molti “made in Italy”. A questo si affiancano saggi e manuali, ma soprattutto le “patografie”, romanzi e racconti che parlano della malattia, come ‘Storie Luminose’ scritte da persone con Sclerosi multipla. Non si contano i blog personali che vanno di pari passo con gli spazi su testate giornalistiche, come la rubrica Si può vincere di ANSA, in collaborazione con l’Associazione Oncologia Medica (Aiom) o lo spazio Viverla Tutta su Repubblica.it. “In molti di questi casi – commenta Virzì – non si tratta di medicina narrativa intesa come metodologia d’intervento clinico. Ma tutte queste esperienze fanno parte di un più ampio movimento culturale, in cui narrazioni e salute sono strettamente legate tra loro”. L’integrazione dei punti di vista e delle narrazioni sarà al centro del congresso di Arezzo, spiega Polvani. “Obiettivo finale, sarà quello di raccogliere queste esperienze in un libro, ‘Il racconto dei racconti’, che costituirà una traccia di quanto fatto e delle possibilità del futuro”.

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Lo stacanovismo nuoce alla salute, il decalogo del benessere Si guarisce con le pause, la creativita’ e semplificando

Lo stacanovismo nuoce alla salute, il decalogo del benessere © Ansa

Stacanovisti avvisati, lavorare troppo fa male alla salute. Esempio lampante ne è Aleksej Stachanov, lavoratore-modello nell’URSS degli anni Trenta: dopo essere diventato un simbolo politico per le sue performance lavorative nelle miniere sovietiche e aver dato il nome all’omonimo movimento morì, probabilmente anche a causa della fatica accumulata… proprio per un infarto. Ma il benessere del cuore non è l’unico fattore a logorarsi con una dose eccessiva di lavoro. Insonnia, depressione, problemi fisici gravi o cronici: tutti sintomi dell’eccesso di fatica e stress che la vita lavorativa comporta e che rischia di risucchiare il dipendente in una spirale da cui è difficile tirarsene fuori. Ma quali sono le cause che provocano tutto questo malessere? In un mondo lavorativo volatile che segue regole obsolete tutto è non determinabile ma frenetico: i ritmi di lavoro sono prolungati, l’ansia di sovrastare i colleghi prende il sopravvento e l’incapacità di superare feedback negativi agisce sull’idea di carriera che si frantuma insieme alle elevate aspettative. E a risentirne è la salute: lo conferma anche la scienza che con una ricerca pubblicata sulla rivista Lancet e ripresa dalla CBS, stabilisce che lavorare più di 55 ore alla settimana accresce il rischio di ictus del 27% e di sviluppare una malattia cronica del 13%. Questa instabilità porta l’organismo e la salute mentale a situazioni di stress e per cercare di “non perdere la testa” l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha istituito la Giornata Mondiale per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, utile a ricordare di ridimensionare gli impegni e a salvaguardare se stessi. “La realtà del lavoro è cambiata: oggi il modo di giudicare una buona performance infatti non è uguale a ieri – spiega Marina Osnaghi, prima Master Certified Coach in Italia – Perché si lavora per obbiettivi con azioni fulminee, decisioni veloci veicolate con poche informazioni che però devono essere efficaci e ponderate. Anche le aspettative elevate e la paura delle intelligenze artificiali che sostituiscono l’operato dell’uomo, rendendolo fragile e spaventato, sono due fattori da non sottovalutare perché il lavoratore si sente improvvisamente obsoleto. I contesti “centrifuga” fanno parte ormai della nostra realtà quotidiana e provocano pressione continua di cui è difficile liberarsi”.
Lavorare troppo fa male non solo al fisico ma anche alla mente, tesi supportata dalla ricerca della Melbourne University e pubblicato sul The Guardian, in cui è evidenziato come dopo i 40 anni è bene lavorare solo 25 ore alla settimana. “Il nostro migliore amico? Siamo noi: possiamo diventare flessibili, cambiare idee e il nostro modo di vivere per diventare bravi a orientarci nella confusione – prosegue la master coach Marina Osnaghi – in un’epoca in cui si parla di Great Place to Work e di welfare aziendale, il lavoratore si trova spesso inserito in contesti tutt’altro che ottimali con ritmi di lavoro prolungati; a volte indifferenziati tra giorno, sera e weekend, permeati dall’ansia di primeggiare e dover tenere a bada la frustrazione di conflitti e giudizi negativi, caratteristici di una cultura che non conosce le regole di base dei feedback. Dunque cosa fare per ritrovare la normalità? La soluzione è trovare spazi di decompressione, iniziando dalle piccole cose come smettere di mangiare di fronte al pc o non pranzare affatto, per arrivare alle grandi e complesse come cambiare prospettiva mentale e imparare a convivere con la pressione dei nostri tempi con cui tutti ci dobbiamo misurare ed essere in grado di commutare la velocità e il caos da anomalia a normalità”.
Questo il decalogo per alleggerire lo stress: 1. SOSPENDI LE ATTIVITÀ Non lavorare al pc nei 90 minuti precedenti al momento di andare a dormire perché lo schermo, la luce e la pressione di terminare ‘svegliano’ il cervello 2. LIBERA LA MENTE Ci sono momenti in cui non devi lavorare ma lasciar spazio a nuove idee: illustri personaggi del passato hanno prodotto le loro invenzioni nell’inattività 3. VIVI LA TUA CREATIVITÀ In essa risiede la più grande fonte di soddisfazione personale perché ci prendiamo del tempo per fare ciò che ci piace 4. FERMATI Ogni volta che senti arrivare stress, paura, preoccupazione o panico inizia a respirare profondamente. Manda il respiro in ogni parte del corpo, specialmente dove senti tensione 5. DECOMPRIMI e pianifica la tua personale cura Detox: gestisci lavoro e riposo in maniera differenziata e pianifica anche tempi di inattività 6. UTILIZZA IL FEEDBACK di riconoscimento, che ti obbliga a concentrarti sul positivo ed utilizzare il problema per migliorare senza accanirsi sulla mancanza di soluzione 7. METTI IL FOCUS SULLA SOLUZIONE Se vivi evitando fallimento e guai ti concentri sulla cosa sbagliata: devi concentrarti sulla cosa migliore da fare 8. SEMPLIFICA Quando le cose si complicano fermati e cerca una modalità più semplice: nelle cose complicate si nasconde parte del problema 9. CONSAPEVOLIZZA la ‘realtà sostenibile’. Se c’è un’aspettativa c’è anche il rischio di disattenderla quindi successo e fallimento vanno accettati come parte dell’esistenza 10. TRASFORMA LA PROSPETTIVA DEL PROBLEMA in gestione del limite, tuo e degli altri. La realtà è fatta di limiti come di opportunità: vanno gestite entrambe contemporaneamente e senza perdere di vista la possibilità di soluzione.

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